Tre Nobel per l’Economia arrivano sul lago di Iseo
Dal 17 al 24 giugno 2017 l’appuntamento a Iseo, nel bresciano, è con la 14sima edizione della I.S.E.O Summer School, la prestigiosa scuola estiva di Economia promossa dall’Istituto I.S.E.O (Istituto di studi economici e per l’occupazione).
Il corso chiama a raccolta 65 fra i più talentuosi giovani economisti (phd students) provenienti dalle facoltà di Economia di tutto il mondo. I partecipanti arriveranno in Italia da ogni angolo del pianeta: dalla Malesia all’Azerbaijan, dagli Stati Uniti alla Russia e alla Cina, passando per Filippine, Sud Africa, Argentina e da parecchi stati europei. In totale, si tratta di 65 giovani laureati provenienti da 22 Paesi e 44 Università. L’istituto I.S.E.O, che è un ente non profit, ogni anno raccoglie sponsorizzazioni da aziente e istituzioni del territorio, per trasformarle in borse di studio a favore dei partecipanti della Summer School.
Come da tradizione, anche quest’anno alla scuola estiva (dedicata al tema “The global economy: searching for a new equilibrium”) saliranno in cattedra, fra gli altri, tre professori insigniti del premio Nobel. Si tratta di Jean Tirole, nobel per l’Economia 2014, economista francese, direttore della prestigiosa Toulouse School of Economics. Insieme a lui il premio Nobel 2007 Eric Maskin, oggi in cattedra alla prestigiosa Harvard University, pronto a tenere una lezione centrata su “Income inequality”. E, infine, Michael Spence (Nobel per l’Economia 2001), forte conoscitore di mercati ed economie emergenti, già rettore delle Università di Harvard e Stanford, attualmente in cattedra all’Università di New York e al Fung Global Institute di Hong Kong.
Completano il panel di relatori della I.S.E.O Summer School alcuni docenti di chiara fama: Daniel Gros, direttore del Ceps (Centre for European Policy Studies) di Bruxelles, Ulrich Volz (Soas, University of London), Michele Boldrin (Washington University) e Dimitra Petropulou (Surrey University).
Il 22 giugno, inoltre, l’Istituto I.S.E.O aprirà le porte a tutto il pubblico interessato per il convegno “Innovazione e proprietà intellettuale” con il Nobel Jean Tirole, Michele Boldrin (Washington University) e Jacques Darcy (Fondo Europeo degli Investimenti). Il convegno, promosso d’intesa con l’Università degli studi di Brescia, avrà luogo proprio nella facoltà di Economia dell’Università di Brescia dalle ore 10.
Per organizzare interviste con i relatori dal 17 al 24 giugno 2017: segreteria@istiseo.org oppure 030980423.
Maroni promette: entro fine anno 3% del Pil regionale in innovazione
“Produzione industriale, settore energetico, infrastrutture e manifattura sono tra i principali punti di attenzione di Regione Lombardia e, in questo, le nostre politiche coincidono, sono vicine alle vostre di Anie”. L’ha detto il presidente di Regione Lombardia Roberto Maroni all’assemblea dei soci dell’Associazione nazionale imprese elettrotecniche ed elettroniche (Anie), guidata dal presidente Giuliano Busetto, all’Hotel Gallia a Milano.
MANIFATTURA PUNTO DI RIFERIMENTO – “In campo industriale la Lombardia e’ la regione piu’ importante in Italia, e’ tra i Quattro Motori per l’Europa, con una vocazione piu’ importante alla
manifattura – ha sottolineato il presidente Maroni – e noi vogliamo preservare questa naturale vocazione e cosi’ siamo riusciti, insieme a Confindustria e al Politecnico, a rendere la Lombardia sede permanente del World Manufacturing Forum di cui abbiamo svolto a Cernobbio (Como), qualche giorno fa, una premiere e che, dall’anno prossimo sara’ sede permanente con l’invito ai personaggi piu’ importanti della manifattura e dell’economia”. “La manifattura e’ un punto di riferimento – ha
continuato – perche’ rappresenta la realta’ ed e’ un settore trainante, insieme alle energie e alle infrastrutture. Ecco, sono settori in cui noi vogliamo fare, per quanto di nostra competenza, la Regione non ha ancora tutte le competenze che vorrei, la nostra parte”.
INVESTIMENTI DELLA REGIONE NELLA GREEN ECONOMY – “Per l’energia, a esempio – ha detto il presidente Maroni – affrontiamo l’ammodernamento degli edifici pubblici. Lo stiamo facendo concretamente, e quando dico questo parlo di risorse pubbliche. Abbiamo fatto 3 misure distinte mettendo in circolo 63 milioni di euro per ridurre i fabbisogni energetici di Comuni, Comunita’ montane e Universita’ lombarde”. “Abbiamo ristrutturato – ha dettagliato – 130 edifici comunali, prevalentemente scuole, riducendo l’impronta energetica da un minimo del 52 a un massimo dell’86 per cento. E’ un investimento importante nella green economy, nell’ambiente, nel risparmio energetico”.
20 MILIONI PER ILLUMINAZIONE PUBBLICA: RISPARMIO E SICUREZZA – “Oltre ai citati 63 milioni – ha spiegato il presidente Maroni – ne abbiamo aggiunti altri 20 con un bando per il miglioramento dell’efficienza energetica degli impianti di illuminazione pubblica dei Comuni lombardi che significa anche garantire maggiore sicurezza”. “Il miglioramento dell’efficienza energetica – ha aggiunto – vuol dire risparmio e vuol dire investire sulla nuova energia”.
CENTREREMO OBIETTIVO 3% PIL REGIONALE INNOVAZIONE E RICERCA – “Tecnologia, innovazione e ricerca – ha affermato il presidente – sono gli altri settori in cui siamo molto impegnati. Io penso che la Lombardia e’ una regione che ha la vocazione all’innovazione, ci sono ben 16 universita’ e 500 centri di ricerca tra pubblico e privato e, quando mi sono insediato quattro anni fa, io ho detto che volevo elevare la spesa di investimento nell’innovazione e nella ricerca, da quella che era, l’1,6 del Pil regionale, al 3 per cento. E posso dire con soddisfazione che, prima della conclusione del mio mandato tra pochi mesi, raggiungeremo questo obiettivo”.
AZIONI PER LE IMPRESE – “Un dato importante – ha chiosato – perche’ investire nell’innovazione e nella ricerca significa investire nel futuro, ma per fare questo abbiamo inventato strumenti di programmazione negoziata, oltre ai bandi per gestire i fondi europei, rivolti alle imprese, per sollecitarle
a presentare progetti che abbiano questa caratteristica, di innovazione di prodotto o di infrastruttura”. “Un rapporto b2b – ha aggiunto -, le aziende ci presentano questi progetti, noi li facciamo valutare da una commissione di esperti e diamo un contributo a fondo perduto fino al 50 per cento. A una condizione: che per realizzare questi progetti l’azienda assuma dei giovani”.
GLI STRUMENTI DI FINANZIAMENTO REGIONALE – “Abbiamo realizzato due strumenti – ha affermato il presidente Maroni -, uno e’ l’Accordo di Competitivita’ mettendo a disposizione 30 milioni di
euro che, in pochi mesi, sono fortunatamente andati esauriti e, per questo, stiamo pensando, nella legge di assestamento di bilancio che presentero’ nei prossimi giorni, di replicare questa misura mettendo altre risorse. E l’altro, con la legge regionale ‘Manifattura 4.0’, che abbiamo fatto prima noi che il Governo, abbiamo promosso ‘Lombardia e’ Ricerca’ e abbiamo messo a disposizione 106 milioni di euro. Sono gia’ stati presentati 32 progetti per ciascuno dei quali, dalla Regione potra’ arrivare un contributo fino a 5 milioni di euro”. “Investimenti rilevati – ha sottolineato -, perche’ noi crediamo nell’innovazione e nella ricerca”.
LOMBARDIA INTERESSATA A UNA CITTA’ ELETTRICA – “Regione Lombardia – ha concluso il presidente Maroni – e’ interessata alla proposta del presidente Busetto di una citta’ elettrica, come modello di sviluppo. Abbiamo la capacita’ di realizzarla e sono interessato a parlarne gia’ nei prossimi giorni per tradurre in pratica il vostro progetto”. (Lnews)
I chatbot e l’evoluzione dei servizi al cliente | INNOVATION CLUB
(a cura di Innovation Club) Discutono con noi; rispondono alle nostre domande; sono sempre pronti ad aiutarci e, spesso, riescono anche ad anticipare le nostre esigenze. Vivono in mezzo a noi ma non sono esseri umani. Sono i chatbot – noti anche come bot o chatterbot – e, secondo gli analisti, sono pronti a diventare i migliori amici delle persone e dei brand.
Non è un caso se chatbot e customer experience sono argomenti che viaggiano insieme, perché questa nuova (ma non tanto) tecnologia potrebbe rivoluzionare per sempre il rapporto tra aziende e clienti. Nel nome dell’intelligenza artificiale.
Qualche tempo fa Satya Nadella, CEO di Microsoft, durante un’intervista ha dichiarato che quella dei bot è una “tecnologia inevitabile”. Basta un giro veloce tra le news online per comprendere la portata di questa ossessione, a partire proprio da Microsoft che, secondo alcuni, starebbe già testando i bot come strumento di supporto di primo livello.
I margini di azione delle reti neurali e del machine learning sono molto sfumati, e i bot ne sono la dimostrazione più evidente:
Si integrano con i siti web, come primo elemento di contatto e customer service (ad esempio sui siti di comparazione prezzi) o come assistente (Siri in versione Mac o Cortana);
Comunicano con le app mobile, imparano dall’utilizzo e forniscono informazioni (i due ‘contenitori di bot più importanti al momento sono Facebook Messenger e Telegram);
Agiscono come centro nevralgico del dispositivo mobile, rendendo possibile accedere ai servizi senza digitare e senza dover passare da una app all’altra (Siri ma anche Google Instant Apps).
Questa loro natura fluida rappresenta il motivo principale per cui i chatbot stanno conquistando velocemente i settori più disparati. Scorrendo le ultime notizie troviamo:
American Express che lavora a un bot per fornire servizi finanziari agli utenti;
Shine che vuole aiutare gli adolescenti in difficoltà con un supporto morale via Facebook Messenger;
Kayak che punta a un ambizioso progetto di agenzia di viaggi intelligente;
Kip che utilizza gli emoji per aiutare gli utenti a trovare e acquistare prodotti;
DoNotPay che, come un bot ‘avvocato’, contesta le multe per parcheggio non pagato a Londra e New York.
Secondo le ultime stime, solo su Facebook sono già stati diffusi 11mila bot, che stanno evolvendo verso una maggiore interattività e capacità di imparare dal contesto. I tempi in cui uomini e macchine potranno comunicare in una modalità ‘seamless’ sono lontani, ma forse non così tanto come pensano gli apocalittici della tecnologia.
Per guardare al futuro, però, dobbiamo tornare al passato. Cercando di capire, innanzitutto, cosa sono i chatbot e da dove arrivano. Detto in poche parole, i bot sono entità artificiali progettate per automatizzare i compiti che di solito facciamo noi (una prenotazione per la cena, la pianificazione di un appuntamento).
Oggi, sono utilizzati principalmente per mantenere una conversazione intelligente con gli utenti umani, imparando costantemente dal contesto. Negli anni li abbiamo già visti sotto forma di software (SmarterChild) e assistenti integrati (Cortana, Siri). Come detto, però, sono destinati a diventare qualcosa di più complesso.
Non vi è dubbio che l’artificial intelligence contribuirà a ridefinire i confini del business negli anni a venire. Per citare il discorso di Pedro Domingos, l’autore di The Master Algorithm, al SXSW 2016: “La artificial intelligence non è poi così spaventosa come sembra quando si traduce in artificial smartness.” Un gioco di parole che nasconde una evoluzione decisiva.
È la natura delle cose: Proprio come gli esseri umani evolvono, a seguito delle variazioni nell’ambiente sociale e tecnologico, lo stesso fanno i bot. Diventano più raffinati e proattivi davanti ai nostri occhi, tanto che alcuni futuristi hanno già annunciato che stiamo muovendo verso un incubo distopico in cui non si potrà più distinguere ciò che è umano da ciò che non lo è.
Certo, il fallimento dell’esperimento Tay, condotto da Microsoft, dimostra che il percorso verso una macchina davvero ‘smart’ è ancora lungo, ma questo non autorizza a paventare scenari alla Philip K. Dick. Piuttosto, evidenzia come anche la più intelligente delle tecnologie debba imparare a fare i conti con i comportamenti imprevedibili degli esseri umani.
“In sé la tecnologia non è né buona né cattiva, ma gli ingegneri hanno la responsabilità di assicurarsi che non sia progettata in modo da riflettere gli aspetti peggiori dell’umanità.” (TechCrunch)
Arrivati a questo punto, è necessario chiarire un punto importante: non tutti i chatbot sono uguali, così come non sono una invenzione degli ultimi anni. Esistono da decenni, fin da quando Alan Turing definì i confini del celeberrimo Test per riconoscere un uomo da una macchina.
Ancora oggi alcuni bot sono intelligenti, altri non tanto. Alcuni sono utili, altri sono solo ludici. Alcuni lavorano in completa autonomia, altri necessitano di intervento umano. La strada, però, è segnata: l’evoluzione dei bot li porterà a essere indipendenti, intuitivi e capaci di adattarsi al cambiamento.
Ed eccoci alla domanda centrale di questo articolo: I bot rappresentano davvero il futuro della digital customer experience? Oppure si tratta di un trend ancora non ben definito e destinato a svanire? L’idea è quella di creare un bot in grado di fornire assistenza, trovare sempre la risposta giusta e aiutare i clienti senza alcun intervento esterno. Come? Utilizzando le app per andare oltre le app come le conosciamo.
L’obiettivo finale è quello di realizzare qualcosa che – finalmente – renda la vita dei clienti più facile. Invece di perdere tempo a passare manualmente da un servizio all’altro, l’utente dovrà solo esporre vocalmente la sua domanda, e il suo assistente personale full-time farà tutto il lavoro.
Vuoi sapere quale sarà la temperatura nel prossimo fine settimana? Chiedi a un bot. Vuoi prenotare un pacchetto completo per la prossima vacanza? Lasciati guidare da un bot. Hai bisogno di restituire un paio di scarpe che non sono della misura giusta? Fatti aiutare da un bot.
In questi termini, i chatbots sono l’ultimo, il più grande tentativo di migliorare la user experience, senza dover assumere legioni di operatori di customer service che prendano per mano i clienti.
La lista di modalità con cui le aziende tentano di connettersi con i clienti è già molto lunga. La differenza essenziale è che i chatbots “danno agli esseri umani l’illusione che stanno comunicando con un’entità che capisce e può rispondere con frasi che abbiano un senso.” (Marketplace)
Visti da questa prospettiva, i chatbot sembrano impostare una situazione win-win per gli sviluppatori e clienti:
Da un lato ci sono gli sviluppatori, che hanno scommesso sul successo dei mercati conversazionali e che creano nuovi bot intelligenti e piattaforme per venderli (come fanno già Telegram e Kik).
Dall’altro lato abbiamo le organizzazioni, ormai consapevoli che le persone vivono al tempo stesso online e offline. Le aziende hanno nuovi strumenti ma lo stesso problema di sempre: imparare a coinvolgere e monetizzare i propri clienti, offrendo esperienze significative in tutti i canali e touch point.
Ecco perché pensiamo che i bot potrebbero rappresentare un’opportunità preziosa per i brand (soprattutto i brand retail) per allineare l’esperienza offline del negozio con la costante presenza online dei loro clienti.
La vera sfida sarà nella capacità di realizzare strumenti in grado di uscire dalla dimensione ludica, per apportare un effettivo miglioramento della customer experience. La differenza si vedrà quando i bot riusciranno ad apparire e agire in modo del tutto naturale.
Customer Journey: 5 passi per reinventare la relazione con il cliente | INNOVATION CLUB
(a cura di Innovation Club) “Un viaggio di mille miglia comincia sempre con il primo passo.” Con l’emergere di una nuova generazione di clienti – immersi in un ecosistema digitale – le aziende non possono più fare affidamento sulla customer journey map tradizionale. Ovvero ogni singola mappa che abbia più di cinque anni.
Il mondo intorno a noi è cambiato – e continua a cambiare – così velocemente che tutto ciò che era utile allora potrebbe non esserlo più oggi. L’esperienza dei clienti cambia e, con essa, le regole dell’engagement e della loyalty.
Qual è, quindi, la differenza tra il customer journey tradizionale e il digital customer journey? Proviamo a schematizzare i due processi di seguito:
Viaggio tradizionale: una sequenza dall’awareness all’acquisto e poi alla loyalty, attraverso pochi punti di contatto (conosciuti e presidiati dalle aziende). Il cliente può scegliere tra una serie limitata di alternative; la comunicazione è mono-direzionale e gestita dal brand; la scelta è influenzata da fattori quali pubblicità, prezzo, abitudine e dalle opinioni di una cerchia ristretta di influencer.
Viaggio digitale: un percorso circolare che attraversa numerosi punti di contatto, sia fisici che virtuali. La mappa non necessariamente inizia dalla awareness o finisce con la loyalty. Il cliente può scegliere tra un set potenzialmente infinito di alternative, e la scelta quasi mai è influenzata da pubblicità, prezzo o abitudine. Le opinioni fidate ora includono anche le comunità online (social network, recensioni sui siti e-commerce, forum, blog), persone che conosco a stento o non conosco affatto.
Se il client journey definisce i presupposti della tua strategia di marketing, a sua volta viene determinato da fattori sempre diversi, e spesso fuori dal controllo dell’azienda:
> Aumento del potere d’acquisto dei clienti più giovani – i millennial così esigenti, consapevoli e pronti a spendere.
> Diffusione dei dispositivi mobile – smartphone, tablet, smartwatch.
> Crescita delle tecnologie connesse – activity tracker, tecnologia indossabile, Internet delle Cose.
> Comparsa dei micro momenti – interazioni in tempo reale, determinate da esigenze specifiche.
Le persone nate e cresciute in un ecosistema digitale sono sempre connesse e in costante bilico tra fisico e virtuale. Costruiscono la loro identità interagendo con le loro community offline e online, e non riconoscono altra modalità di esperire il mondo.
In un mercato reso sempre più piatto dalla globalizzazione, i digital customer mostrano un netto rifiuto nei confronti della massa, sensazione ancora più urgente quando si parla di decisioni d’acquisto. Il rigetto della massificazione costringe le aziende a focalizzare sforzi e budget sulla personalizzazione, mettendo al centro del discorso la customer experience piuttosto che il prodotto.
Se davvero i clienti si ritrovano a dover scegliere tra decine – se non centinaia – di alternative, perché dovrebbero scegliere proprio te? È evidente che non stai combattendo solo contro il tuo vicino; ti trovi nel bel mezzo di una battaglia con migliaia di protagonisti. In un contesto simile, anche il prodotto migliore del mondo potrebbe non essere sufficiente per vincere.
La soluzione – dovrebbe ormai essere chiaro – è puntare sulla customer experience, che diventa il vero elemento di differenziazione. E la creazione di una nuova journey map rappresenta la base di un’esperienza davvero innovativa e coinvolgente. Non fosse che i clienti oggi pretendono un approccio personalizzato, con il risultato che identificare pattern comuni diventa sempre più difficile.
Esistono, però, dei requisiti base che non sono cambiati da quando il concetto di customer journey map è stato introdotto per la prima volta. Anche se il quadro di riferimento cambia con l’evolvere della tecnologia, questi sono – e saranno sempre – le fondamenta della pianificazione:
> Clienti
> Ricerca
> Touch point
> Obiettivi (di azienda e cliente)
> Misurazione
Possiamo distinguere due forze contrastanti: da un lato la necessità, da parte delle aziende, di raggiungere i clienti fin dalle prime fasi del viaggio; dall’altro la moltiplicazione dei punti di contatto, che rende sempre più difficile per le stesse conoscere i propri clienti. Le metodologie classiche non sono più in grado di mostrare cosa davvero le persone pensano e fanno prima di entrare su un sito o in un negozio.
Ecco perché hai bisogno di una nuova metodologia, che tenga conto dei cambiamenti e parta dall’identificazione dei seguenti nodi focali.
RIVOLUZIONA IL VIAGGIO
Ogni singolo trend evolutivo che abbiamo segnalato finora porta alla inevitabile rivoluzione del journey. Non c’è valore alcuno in una mappatura che ignori le differenti fonti di interazione generate a ritmo continuo dalla tecnologia. L’innovazione estende la relazione tra brand e clienti, producendo valore aggiunto per entrambi. Il brand migliore è quello che osserva con attenzione ciò che accade, ed è pronto a raccogliere la sfida per trovare nuove modalità di engagement per conquistare il cuore dei clienti.
NON DIMENTICARE IL CLIENTE
Qual è l’elemento centrale del viaggio? Il viaggiatore, naturalmente. Eppure sareste sorpresi di scoprire quanti professionisti disegnano la mappa partendo dall’azienda piuttosto che dai clienti. Dal momento che lo scopo ultimo è di migliorare la customer experience, però, l’unica strada che porta al successo è quella che parte dalla prospettiva del cliente: analizza e descrivi non tanto l’esperienza che tu vorresti offrire quanto quella che i clienti vorrebbero ricevere da te.
STUDIA IL COMPORTAMENTO
Abbiamo detto che conoscere clienti che urlano la loro unicità non è affatto semplice. Questo non significa certo che devi rinunciare a studiare il loro comportamento. La chiave per migliorare la strategia è comprendere come i digital customer decidono cosa e come comprare. Non tutti i percorsi nascono uguali: le persone partono da punti diversi, attraversano fasi diverse e decidono in base a criteri differenti. Se non riconosci questa diversità non potrai mai pianificare contenuti e azioni tagliate su misura.
PENSA MOBILE, AGISCI LOCAL
La tecnologia mobile ha contribuito a plasmare la connessione tra clienti e aziende – influenzando il tempo e lo spazio dell’interazione. Secondo un recente report di Nielsen, la metà dei clienti considera il mobile come la risorsa più importante nella fase di decisione di acquisto. Le piattaforme mobile già ora raccolgono il 60% del tempo totale speso sui digital media. La tua strategia dovrebbe pensare mobile e agire local, combinando localizzazione e comportamento per costruire contenuti utili, ovunque i clienti si trovino.
SBLOCCA IL POTERE DEI DATI
Sebbene sia diventato più difficile comprendere cosa fanno le persone nelle prime fasi del journey, d’altro canto le aziende possono sfoderare una nuova arma per cambiare le carte in tavola. Un’arma chiamata Big Data. Le tecnologie connesse generano una quantità incredibile di informazioni sul percorso del cliente. Una mole che le aziende devono imparare a plasmare per sbloccare il vero potere dei dati. Ciò che crea il vero valore, infatti, non è l’informazione in sé ma l’utilizzo che ne fai.
Farmacie comunali di Brescia, bilancio 2016 a 15 milioni di euro
Un anno positivo per Farcom Brescia Spa, società presieduta da Rocco Vergani, che gestisce le dodici farmacie Comunali di Brescia dall’anno 2001, la cui maggioranza, per una quota del 79,9% appartiene alla Cooperativa esercenti Farmacia scrl, mentre il 20,01% è del Comune di Brescia.
Con un patrimonio netto di 13.4 milioni di euro, la Farcom Brescia Spa ha chiuso l’esercizio 2016 con un fatturato di 15 milioni 179mila euro e costi di produzione 15 milioni 96mila euro.
Gli acquisti di farmaci hanno richiesto 10 milioni 70mila euro, il costo per servizi 761mila euro, il costo per godimento di terzi 614 milioni in cui confluisce il canone di concessione a favore del Comune di Brescia per 462mila euro, il costo per il personale 2 milioni 842mila euro, gli ammortamenti per 554mila euro di cui 391mila euro per il diritto di gestione delle farmacie, 80mila euro per le rimanenze di magazzino ed infine oneri diversi di gestione per 175mila euro.
Nel corso dell’anno 2016 sono stati realizzati importanti investimenti, al fine di migliorare il servizio della farmacia. In particolare sono stati acquistati dal Comune di Brescia gli immobili delle farmacie di Pendolina e del Villaggio Violino, per un importo complessivo di 308mila euro.
L’utile netto è stato di 111.648 euro a fronte di imposte correnti di 60.053 euro.
“Il settore è caratterizzato da una stagionalità che incide significativamente sui dati economici, spesso in maniera imprevedibile. Guardando con attenzione i dati del 2016” continua Vergani, “la performance di Farcom Brescia Srl, la migliore degli ultimi 10 anni, si inserisce e va letta come un risultato determinato dalla gestione attenta ed oculata del management e dal lavoro quotidiano delle maestranze cui si è aggiunto un percorso di investimenti mirati e strategici”.
L’Assemblea dei Soci del 24 maggio 2017 ha deliberato di corrispondere ai soci di Farcom Brescia Spa un dividendo per un importo complessivo di 194.445 euro comprensivo sia dell’utile d’esercizio 2016 al netto della riserva legale, che della riserva straordinaria, formata da accantonamenti di utili di esercizi precedenti.
Al Comune di Brescia sono stati distribuiti dividendi per 40mila euro che aggiunti al canone di concessione annuale per la gestione delle farmacie e all’importo incassato dalla vendita degli immobili ha introitato complessivamente un importo di 810mila euro.
“Il settore è sempre più difficile, ogni anno fa a sé e bisogna sempre essere straordinari nel gestire l’ordinario. Da parte dei soci CEF e Comune di Brescia emerge la volontà di migliorare sempre di più il servizio ai cittadini in relazione alle diverse specificità dei territori serviti, quasi tutti in periferia. Qui le farmacie comunali sono agenzia sociale e centro di servizi sanitari per la popolazione: la nostra vera sfida è garantire un livello di qualità pari a quello dei privati e partecipare al sistema delle farmacie condividendone la comune missione nei confronti dei cittadini”.
Export lombardo verso l’Ue vale 61,9 miliardi
L’Unione Europea, secondo un’elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati Istat per l’anno 2016, vale per la Lombardia 138 miliardi di scambi nel 2016 (61,9 miliardi l’export e 76,3 miliardi l’import), in crescita (+1,5%) rispetto all’anno precedente. In dieci anni restano abbastanza stabili i rapporti economici con i paesi dell’Europa, circa 140 miliardi (da 136 a 138 miliardi, + 1,3%), ma accelera il business extra europeo (da 76 miliardi a 89 miliardi, +16,8%).
La dipendenza dai Paesi dell’Unione cala così nel decennio di tre punti percentuali, dal 64% degli scambi al 61%. Di opportunità economiche nei Paesi dell’Unione Europea, in particolare nel settore degli appalti pubblici, si è parlato oggi in un convegno in Camera di commercio di Milano. Unione Europea, per scambi la Lombardia pesa il 30,4% sul totale italiano, che ammonta a 454 miliardi (+2,5%). Milano prima tra le province lombarde con uno scambio di 57 miliardi (+1,8%): 41 miliardi (+0,4%) l’import e 15 miliardi (+5,7%) l’export, rispettivamente il 54% e il 25% del totale lombardo. Seguono Bergamo (+2,8%) e Brescia (-0,2%) con quasi 15 miliardi, Varese con 9 miliardi (-2,9%), Pavia con 7 miliardi (+1,2%) e Mantova con 6 miliardi (+2,1%).
Importa soprattutto prodotti manifatturieri per un valore di 73 miliardi, in crescita del 1,3% rispetto al 2015. Bene anche l’import di prodotti dell’agricoltura, silvicoltura e della pesca con 1,6 miliardi, +5,7%. In calo, invece, l’import di prodotti dell’attività di trattamento dei rifiuti: passa da 1,4 miliardi nel 2015 a 1,1 miliardi nel 2016 (-15,3%). Anche nell’export lombardo prevalgono i prodotti manifatturieri per un valore di 61 miliardi (+2,2%): Milano resiste al primo posto tra le province con 15 miliardi (+6,5%), seguita da Brescia con 9,2 miliardi (+0,5%) e Bergamo con 8,8 miliardi (+1,7%). Nello specifico tra i prodotti manifatturieri, la Lombardia importa sostanze e prodotti chimici (12 miliardi, -3,4%), computer e apparecchi elettronici (9,6 miliardi, -2,8%) e macchinari (7,9 miliardi, +9,3%). Mentre esporta soprattutto prodotti in metallo per un valore di 11 miliardi (+3,5%), macchinari per 10 miliardi (+1,6%), sostanze e prodotti chimici per 7 miliardi (+4,4%) e abbigliamento (+1,8%) e mezzi di trasporto (-2,1%) per oltre 5 miliardi.
Milano esporta in Unione Europea soprattutto macchinari e sostanze e prodotti chimici per oltre 2 miliardi. Bene anche l’export di abbigliamento e prodotti in metallo, rispettivamente 1,6 miliardi e 1,9 miliardi. Tra le altre province Brescia esporta prodotti in metallo per un valore di 3 miliardi e macchinari per 2 miliardi; Bergamo esporta macchinari e sostanze chimiche per quasi 2 miliardi; Lecco e Monza e Brianza esportano soprattutto prodotti in metallo per oltre un miliardo; Lodi, infine, esporta un miliardo di apparecchi elettronici.
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Brescia seconda in Lombardia per imprese che fanno rete
Sono oltre 2.800 le imprese lombarde che hanno scelto di “mettersi in Rete”. In otto mesi, da maggio 2016 a
Esportazioni bresciane: +8,7% nel primo trimestre
Nel primo trimestre del 2017, rispetto ai tre mesi precedenti, le vendite bresciane di beni sui mercati esteri risultano in aumento del 3,0%; gli acquisti dall’estero sono in crescita dell’11,2%.
Su base tendenziale (rispetto al primo trimestre 2016), le esportazioni aumentano dell’8,7% e le importazioni dell’11,2%. In valore assoluto, ammontano, rispettivamente, a 3.782 e a 2.241 milioni di euro. Il risultato delle esportazioni è il quarto più alto dall’inizio della serie storica (1° trimestre 1991) ed è il migliore considerando solo il primo trimestre dei vari anni; la variazione tendenziale dell’8,7%, inoltre, è la più elevata dal quarto trimestre 2011 (+9,9% su base tendenziale). Le dinamiche dell’import e dell’export hanno tratto vantaggio dalla ripresa del commercio mondiale, cresciuto del 3,9% annuo nei primi tre mesi del 2017; in particolare, le vendite all’estero hanno anche beneficiato dell’indebolimento dell’euro nei confronti delle principali valute.
Rispetto al primo trimestre del 2016, la tendenza positiva delle esportazioni è in linea con quanto rilevato in Lombardia (+8,6%) e leggermente inferiore con quanto risulta a livello nazionale (+9,9%); la dinamica delle importazioni bresciane è superiore a quella lombarda (+9,9%) ed è più contenuta rispetto al dato nazionale (+13,7%).
Questi i risultati più significativi che emergono dalle elaborazioni effettuate dal Centro Studi AIB e dall’Ufficio Studi e Statistica della Camera di Commercio sui dati Istat del commercio internazionale, recentemente diffusi a livello provinciale.
Tra i settori, su base tendenziale, l’aumento delle vendite all’estero di prodotti delle attività di trattamento dei rifiuti (+64,4%), metalli di base e prodotti in metallo (+11,5%), articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici (+10,8%), mezzi di trasporto (+10,7%), legno e prodotti in legno, carta e stampa (+10,0%) contribuisce alla crescita dell’export bresciano.
Una diminuzione delle esportazioni riguarda solo: computer, apparecchi elettronici e ottici (-2,1%) e prodotti delle altre attività manifatturiere (-2,3%).
Tra i mercati di sbocco, crescono sensibilmente le esportazioni verso l’India (+59,6%), la Turchia (+41,5%), la Russia (+22,5%), la Germania e la Spagna (entrambe +15,1%). Diminuiscono le vendite verso l’Algeria (-59,4%) e il Brasile (-4,9%). In termini di aree geografiche spiccano le dinamiche positive dei Paesi europei extra UE (+21,3%), dell’Asia (+12,0%) e dei Paesi UE28 (+10,3%).
Per quanto riguarda le importazioni, sono in aumento quelle di prodotti delle attività di trattamento dei rifiuti (+35,7%), coke e prodotti petroliferi raffinati (+35,4%), metalli di base e prodotti in metallo (+15,0%), articoli in gomma e materie plastiche (+13,5%).
Risultano, invece, in calo gli acquisti nei settori: computer, apparecchi elettronici e ottici (-18,7%) e macchinari ed apparecchi (-5,5%).
Aumentano le importazioni da: Stati Uniti (+92,2%), India (+52,8%), Belgio (+30,2%), Brasile (+28,2%), Germania (+18,8%). Cala, invece, il flusso in entrata di merci provenienti dalla Cina (-10,2%).
Il saldo commerciale è positivo (+1.541 milioni di euro), in aumento del 5,3% rispetto a quello del primo trimestre del 2016 (+1.464 milioni di euro).
Antiriciclaggio, sportello di Confesercenti per aiutare le imprese
ANAMA (Associazione Nazionale Agenti Mediatori d’Affari) Confesercenti della Lombardia Orientale ha attivato presso la sede di Via Salgari 2/6 a Brescia un nuovo sportello di consulenza, finalizzato a fornire alle imprese le necessarie informazioni e chiarimenti sugli adempimenti dettati dalla normativa antiriciclaggio. L’attivazione del servizio cade in un momento di particolare attenzione per la materia: è del 24/05/2017, infatti, la notizia che il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente Paolo Gentiloni e del Ministro dell’Economia e delle Finanze Pier Carlo Padoan, ha approvato un decreto legislativo che detta disposizioni più severe in materia di antiriciclaggio e di contrasto al finanziamento delle attività terroristiche. In questo contesto la normativa, (che risale alla fine 2007 con il recepimento della III direttiva europea nel DLgs 231/2007) vede un’ampia platea di soggetti obbligati ai relativi adempimenti ma, in considerazione dell’importanza e delicatezza attribuita dal legislatore all’ambito delle transazioni nel settore immobiliare, investe in modo particolarmente gravoso le Agenzie Immobiliari come soggetti obbligati all’identificazione e adeguata verifica della clientela e approccio basato sul profilo di rischio.
Presso l’Associazione via Salgari, ogni primo mercoledì del mese, a partire dal prossimo 14 giugno, previo appuntamento, le imprese avranno a disposizione un consulente che farà loro un “checkup” per mostrare rispetto ai singoli casi concreti i passi che l’imprenditore deve muovere per restare in regola con la normativa e i suoi prossimi aggiornamenti.
Per maggiori informazioni e per appuntamenti sono disponibili gli uffici Confesercenti Lombardia Orientale tel. 030-2421697; e-mail: info@comservizi.it
Allevatori, Pé: tutti in campo per salvare i servizi alle aziende
Un piano di intervento regionale per salvare le Associazioni degli allevatori che garantiscono servizi alle aziende e sicurezza ai consumatori. E’ questa la proposta lanciata da Germano Pé, presidente dell’Associazione Interprovinciale Allevatori di Brescia e Bergamo e presidente dell’Aral (l’associazione regionale degli allevatori lombardi) dopo gli ultimi tagli dei fondi nazionali per i servizi agli allevamenti. “La situazione poco rosea è sotto gli occhi di tutti e dalla Conferenza fra Stato e Regioni non sono emerse soluzioni rispetto alla diminuzione delle risorse – spiega Pé –. Penso che remando tutti nella stessa direzione, svolgendo ognuno il proprio compito, senza divisioni o polemiche inutili, possiamo trovare una strada da percorrere che porti a una riorganizzazione condivisa ed equilibrata delle Apa. Certo non possiamo aspettarci miracoli, soprattutto quando i tagli sono a livello nazionale, ma conosciamo tutti l’impegno dell’assessore Fava per gli allevatori e le nostre produzioni”.
Nel frattempo, a livello lombardo, le Apa hanno già avviato ognuna per la parte di propria competenza, una riorganizzazione che coinvolge servizi e personale, snellendo procedure e burocrazia e stringendo ancora di più i controlli sui costi. La situazione è comunque complicata. Ad esempio l’ultimo bilancio dell’Aipa di Brescia e Bergamo ha chiuso in rosso di due milioni a causa della riduzione delle risorse pubbliche. “Ma la nostra è una realtà economicamente solida – conclude il presidente Germano Pè – Abbiamo riserve superiori a 6,2 milioni di euro, stanziate nel corso degli anni per far fronte a rischi ed iniziative varie: tuttavia la riduzione dei finanziamenti pubblici ci deve portare a ragionare sempre più con una visione regionale. Dobbiamo rendere sempre più efficiente il nostro sistema in modo da gestire al meglio le risorse disponibili”.
Qatar, scambi per la Lombardia da quasi mezzo miliardo all’anno
Il Qatar vale per la Lombardia quasi mezzo miliardo: sono circa 400 milioni gli scambi all’anno, 69 milioni di import e 290 di export. La Lombardia pesa l’8% nazionale sull’import con 69 milioni e il 32% sull’export con 290 milioni. Vanno in Veneto, Lombardia, Toscana, Sicilia, Emilia la maggior parte delle importazioni nazionali ed è lombarda la leadership dell’export con un terzo del totale nazionale. Seguono Veneto, Toscana ed Emilia. Milano, con circa 200 milioni di scambi nel 2016 rafforza i rapporti economici, + 2% in un anno. Emerge da una elaborazione della Camera di commercio di Milano e della sua azienda speciale Promos per l’internazionalizzazione, sui dati Istat 2016 e 2015.
Lombardia, i territori. Prime per esportazioni: Milano con 153 milioni (-2%), Bergamo (26 milioni, – 2%), Brescia (20 milioni, -15%), Monza (28 milioni, -27%), Varese (18 milioni, – 68%). Per import prima Cremona con 35 milioni (-18%), poi Milano (15 milioni, +94%), Varese (5 milioni, + 22%), Bergamo (4 milioni, +591%), Monza e Como (entrambe 3 milioni, rispettivamente +182% e + 46%). Forte la crescita dell’import a Lecco e Lodi (da 2 mila euro a 600 mila e 132 mila euro in un anno).
Lombardia, principali settori. Al primo posto per gli scambi lombardi i macchinari (84 milioni), poi i prodotti chimici (70 milioni), apparecchi elettrici (51 milioni), abbigliamento (49 milioni). Tra i territori lombardi, a Milano spiccano export di macchinari con 49 milioni di export, di apparecchi elettrici con 34 milioni, abbigliamento con 26 milioni. Milano importa 11 milioni di prodotti chimici. Cremona importa 35 milioni di prodotti chimici. Varese importa 5 milioni di prodotti chimici. Brescia esporta 5 milioni di macchinari e 4 milioni di articoli in gomma. Bergamo esporta 4 milioni di apparecchi elettrici.