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Manifatturiero

Nel 2023 il settore metalmeccanico bresciano ha chiuso in negativo

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L’attività produttiva delle imprese bresciane operanti nell’industria metalmeccanica chiude il 2023 in negativo: la dinamica media annua è nel complesso stagnante per le aziende meccaniche (-0,2%), mentre per quelle metallurgiche la flessione è stata più intensa (-1,8%).

A evidenziarlo è la più recente edizione dell’indagine trimestrale condotta dal Centro Studi di Confindustria Brescia su un panel di aziende associate.

L’analisi ha inoltre evidenziato, nel 4° trimestre del 2023, un andamento negativo di intensità più marcata rispetto a quanto rilevato nel periodo precedente: nel dettaglio, la meccanica ha segnato una flessione del 4,3% rispetto all’analogo periodo del 2022, mentre la metallurgia ha registrato una contrazione relativamente più contenuta (-4,1%).

Anche nel periodo ottobre-dicembre dell’anno scorso, la domanda insufficiente è stata indicata come il principale fattore che limita la produzione: tale elemento di criticità è stato denunciato dal 41% delle aziende meccaniche e dal 45% di quelle metallurgiche. Si tratta di numeri che non si rilevavano dal 2020, da quando il sistema economico locale stava affrontando le inedite criticità derivanti dal Covid-19.

Le difficoltà incontrate nel 2023 dal settore metalmeccanico hanno riguardato anche gli scambi con l’estero: le esportazioni, attestatesi a 15.784 milioni, hanno registrato una contrazione dell’8,2% sul 2022, una dinamica zavorrata, in particolare, dalla caduta del comparto della metallurgia (-20,8%). Tale performance, che segue il +16,9% sperimentato nel 2022, va interpretata alla luce del contesto macroeconomico globale tutt’altro che esaltante, caratterizzato dall’evoluzione dell’indice PMI manifatturiero (nel 2023 sistematicamente attestatosi al di sotto della soglia di neutralità) e dalla flessione degli scambi internazionali, diminuiti dell’1,9% nei confronti del 2022. Va tuttavia sottolineato che la principale motivazione alla base della discesa del valore delle merci vendute all’estero è da ricondurre al movimento di sgonfiamento delle quotazioni delle materie prime utilizzate nei processi produttivi delle imprese metalmeccaniche: a titolo di esempio, il prezzo dell’alluminio è diminuito del 16,6%, quello del rame del 3,8%, mentre il rottame ferroso ha registrato una contrazione del 12,0%. Le principali aree di destinazione dell’export si caratterizzano per “segni meno” (Unione Europea -10,2%, America settentrionale -11,7%): tali mercati rivestono un ruolo importante per le imprese del territorio, in quanto nel 2023 hanno assorbito ben il 72,5% delle esportazioni bresciane di prodotti metalmeccanici. In tale contesto, la Germania (di gran lunga la meta privilegiata per il made in BS) ha segnato un -13,3%, passando da 3.605 milioni di vendite all’estero a 3.126. Ancora più intensa è la caduta che ha caratterizzato la Francia, che ha sperimentato un -14,4% (da 1.911 milioni a 1.636). Segnali positivi sono invece giunti dall’Asia orientale (da 577 milioni a 603, + 4,4%) e dal Medio Oriente (da 466 milioni a 511, +9,6%).

“L’anno 2023, come si vede dai dati, chiude in rallentamento – commenta Gabriella Pasotti, presidente del settore Meccanica e Meccatronica di Confindustria Brescia –. Il nostro comparto, in particolare, ha segnato un calo di volumi importante, dovuto alle tensioni geopolitiche, a un generale calo della competitività e al rallentamento dell’export, con una conseguente e importante riduzione delle marginalità. Ci addentriamo ora in un 2024 segnato dall’incertezza, con una bassa visibilità dei portafogli e un contesto generalmente molto eterogeneo tra le varie aziende, con significative differenze tra le medio-piccole e le grandi. Quello che preoccupa è soprattutto la difficoltà nel pianificare investimenti senza un sistema di progettualità nazionale, non solo nel medio periodo ma anche nel breve. Ad oggi non sappiamo cosa sarà dei benefici fiscali e di Industry 5.0: serve perciò massima attenzione nella gestione dei magazzini e sul tema della gestione del costo del denaro, oltre a questioni ormai strutturali quali l’occupazione e la formazione, vista la sempre maggiore difficoltà che riscontriamo nel reperire manodopera specializzata.”

“La flessione dei fatturati di fine 2023 delle imprese bresciane della metallurgia è dovuta in parte al lento calo delle materie prime, ma soprattutto al rallentamento della locomotiva tedesca  – aggiunge Giovanni Marinoni Martin, presidente del settore Metallurgia, Siderurgia e Mineraria di Confindustria Brescia –. Il motore dell’export europeo sta trovando grandi difficoltà, causate dal rallentamento delle esportazioni verso il Far East, ma soprattutto dalle grandi esportazioni dalla Cina verso l’Europa soprattutto di automobili. Purtroppo, il commercio di componenti ed automobili con il paese del dragone, che prima era un’opportunità, ora si sta rilevando una terribile minaccia. È sempre più urgente che l’Europa prenda coscienza della disparità di costi di produzione tra l’Europa e l’Asia, a causa delle restrizioni ambientali e sociali imposte nel vecchio continente ed eregga delle barriere a difesa dell’industria europea. Diversamente ci troveremo in una situazione di desertificazione industriale nel nostro continente, e dall’altra parte paesi come Cina o India che producono e inquinano indiscriminatamente.”

La debole dinamica produttiva riscontrata nel 2023 ha contribuito all’incremento del ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni (CIG) da parte delle imprese metalmeccaniche bresciane: le ore autorizzate fra gennaio e dicembre del 2023 sono infatti cresciute del 47% rispetto al 2022, passando da 9,4 milioni a 13,9 milioni. In particolare, la componente ordinaria è aumentata del 73% (da 5,9 a 10,3 milioni di ore), mentre quella straordinaria ha evidenziato un aumento molto più contenuto (+2%, da 3,5 a 3,6 milioni di ore). Il confronto con il 2019 mostra una crescita del 159% (sintesi di un +278% della CIGO e di un +35% della CIGS). Sulla base delle ore effettivamente utilizzate è possibile stimare che nell’ultimo anno le unità di lavoro annue (ULA) potenzialmente coinvolte nella CIG siano circa 2.100, contro le 1.300 del 2022 e le 1.200 del 2019.

Dal punto di vista della struttura produttiva, Brescia è la seconda provincia italiana per rilevanza dell’industria metalmeccanica (dopo Torino). Con circa 104 mila addetti attivi, è leader nazionale per quanto riguarda la metallurgia (15 mila addetti) e i prodotti in metallo (42 mila addetti), è al secondo posto nei macchinari e apparecchiature (30 mila addetti) e in ottava posizione relativamente ai mezzi di trasporto (poco meno di 8 mila addetti).

Un viaggio attraverso il processo di estrusione della plastica

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Il processo di estrusione della plastica può essere considerato come una delle tecniche di fabbricazione più efficaci e versatili. Si parla, infatti, di una tecnologia che ha avuto un impatto enorme nell’industria della trasformazione dei polimeri termoplastici. Questa metodologia si basa su un sistema di produzione integrato che permette la realizzazione di profili continui. Questi profili, poi, verranno impiegati in molti settori diversi, come nel caso dell’industria edile. Vediamo quindi di intraprendere un viaggio alla scoperta dell’estrusione.

Il funzionamento dell’estrusione per plastiche

Grazie al processo di estrusione, è possibile realizzare ad esempio i tubi in plastica (rigidi o dotati di un certo grado di flessibilità), le cornici per finestre e molto altro ancora. Gli estrusori per cibo, ad esempio, vengono appositamente realizzati per produrre cibo, cereali e soia. La tecnologia alla base di questo sistema non è poi così complessa da comprendere.

In pratica, è presente un macchinario apposito che riesce a condensare più operazioni in un unico sistema, il che permette di ottimizzare i tempi di produzione e di aumentare l’efficienza complessiva. Ma come funziona questa macchina? L’estrusione di materie plastiche, attraverso un macchinario apposito, spinge il materiale plastico, una volta riscaldato e portato allo stato di fusione, attraverso una filiera per dar forma al prodotto finale.

Gli estrusori sono costituiti da vari componenti chiave, come l’unità di alimentazione e il cilindro, che insieme creano le condizioni necessarie per trasformare il termoplastico solido in un prodotto lavorato. Il cilindro dell’estrusore è la sezione dove la plastica, sotto forma di granuli o polvere, viene introdotta e fusa. Qui, grazie all’alta pressione, alla temperatura controllata e all’attrito generato dalle viti rotanti, si ottiene in primo luogo la formazione della miscela.

Tipologie di estrusori e completamento del processo

Esistono due tipologie di estrusori, ovvero quelli monovite e bivite, ognuno con caratteristiche operative e capacità di lavorazione differenti. Gli estrusori monovite vengono tradizionalmente preferiti per la loro semplicità e il costo ridotto, mentre i modelli bivite consentono una maggiore versatilità e un controllo più profondo. In genere, infatti, questi ultimi vengono impiegati quando emerge la necessità di lavorare dei prodotti con caratteristiche tecniche più complesse.

Gli additivi migliorativi rivestono una funzione molto importante nell’estrusione, perché forniscono al prodotto finale caratteristiche extra come il colore o la resistenza agli agenti atmosferici (inibitori UV). Di conseguenza, le sostanze additive intervengono sia sul lato estetico del prodotto finale, sia sulle sue proprietà fisiche e sulla sua durevolezza.

Dopo la fusione, il materiale subisce ulteriori lavorazioni, come la compattazione e il taglio. La materia plastica viene forzata, alla fine del suo percorso, attraverso lo stampo che determinerà la geometria definitiva del prodotto. Al di fuori dello stampo, si entra nella fase di raffreddamento, indispensabile per solidificare i polimeri e stabilizzare la struttura del prodotto finale.

Il raffreddamento viene attuato attraverso un nastro trasportatore dotato di sistemi ad aria o acqua. Questa fase deve essere controllata con precisione per evitare deformazioni o stress interni al materiale, che potrebbero compromettere l’integrità strutturale del prodotto. Alla fine, come anticipato, avviene il taglio: la fase che ha il compito di separare il blocco suddividendolo e porzionandolo.

Truma lascia Chiari e apre il nuovo polo a Castrezzato

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E’ stato inaugurato nelle scorse ore, a Castrezzato, il nuovo polo produttivo di Truma: oltre 6000 metri quadrati all’interno dei quali lavoreranno i 45 dipendenti della filiale italiana del gruppo, che ha sede in Germania nei pressi di Monaco di Baviera ed è leader nella produzione di apparecchiature gas destinate ai caravan.

E’ toccato al sindaco di Castrezzato Giovanni Aldi, alla presenza dei vertici dell’azienda appositamente giunti dalla Germania (compresi Fabrice Piccioli e Claudio Peli, amministratori delegati di Truma Industrial), inaugurare il nuovo polo che sostituisce, ampliandolo, lo stabilimento che aveva sede a Chiari.

“Il nuovo polo produttivo – si legge in una nota – è stato realizzato con una grande attenzione all’uomo ed alle sue esigenze con ampi spazi verdi, una palestra attrezzata, aree pausa e svago e una accogliente sala mensa, che rendono lo stabilimento Truma di Castrezzato, allestito secondo altissimi standard di automazione, un vero e proprio gioiello nella galassia variegata delle industrie non solo bresciane”.

Truma conta complessivamente oltre 1000 dipendenti (con filiali in Cina, Stati Uniti, e Australia) ed ha un fatturato che supera i 350 milioni di euro all’anno.

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Black Friday di Amazon: fatturato 4x per l’azienda tessile bresciana Ciocca

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La bresciana Ciocca, storico calzificio di Quinzano d’Oglio, è stata tra le aziende protagoniste del Black Friday di Amazon che, dal 17 al 27 novembre, ha consentito ai clienti di Amazon in tutto il mondo di acquistare centinaia di milioni di prodotti in offerta, risparmiando oltre il 70% in più rispetto allo stesso periodo del 2022.
In soli 10 giorni, sul proprio sito e-commerce e sul negozio online di Amazon, Ciocca ha registrato un incremento del fatturato del +251% rispetto a un periodo normale dell’anno, con un picco del +385% rispetto al fatturato di un giorno medio nella sola giornata del Black Friday, venerdì 24 novembre, il 40% in più rispetto all’anno precedente. 

Per l’azienda bresciana il core business resta il mercato italiano, che costituisce oltre l’80% del fatturato totale online. Eppure, anche grazie alla vetrina Made in Italy di Amazon, le calze Ciocca raggiungono l’intera Europa e gli Stati Uniti, con un incremento dell’export digitale del 50% nel solo 2023. 
Dalla calza lunga blu poco sotto il ginocchio, al calzino corto nero; dal filato di scozia alla calza in lana. Ogni Paese con le proprie abitudini e i propri gusti che, nella sola scelta delle calze, permettono a Matteo e al suo team di distinguere un cliente italiano, da uno tedesco, un americano da un francese. 

I dieci giorni del Black Friday di Amazon sono stati decisivi per Ciocca: rispetto a un periodo normale dell’anno abbiamo registrato un incremento del fatturato del 251%”, ha commentato Matteo BaronchelliResponsabile e-commerce del brand bresciano. 
Per la moda il 2023 è stato un anno complesso. Il nostro è un prodotto stagionale adatto ai mesi più freddi e il caldo anomalo registrato negli ultimi mesi non ha di certo giocato a nostro favore. Eppure, da quando siamo presenti su Amazon, ogni anno chiudiamo con un aumento di fatturato; parliamo inizialmente di un aumento a tripla cifra, ora, dopo cinque anni, in doppia. In questo 2023 questo risultato, con tutti i se e i ma del settore, acquista per noi ancora più valore” argomenta Filippo Ciocca, Presidente della Ciocca Spa.

La storia di Ciocca
Da piccolo calzificio a gestione familiare ad azienda leader in Italia nella produzione di calze in lana cotone e fibre, quella di Ciocca è una storia che dura oltre un secolo. Nata nel 1912 a Milano, due guerre mondiali e quattro generazioni fa, dopo solo pochi anni, l’impresa si trasferisce per volontà del fondatore a Quinzano d’Oglio, nel bresciano, rilevando un’ex fabbrica di coperte. 

Nel corso dei decenni, la costante ricerca di nuovi materiali e tecnologie all’avanguardia, assieme all’attenzione riservata al cliente, hanno permesso al Calzificio Ciocca di divenire sempre più competitivo e riconoscibile sul mercato, tanto da permettergli, negli anni Novanta, di aprire una nuova linea di business: la maglieria. 
Ora queste due anime, calzificio e maglieria, sono ancora in mano alla famiglia Ciocca, in capo ai nipoti del fondatore. Filippo e Michele, pur nel completo rispetto di una tradizione centenaria, hanno saputo stare al passo con i tempi, investendo sul digitale e sulla formazione di un team interno all’azienda interamente dedicato all’online e riconoscendo la sostenibilità come valore intrinseco all’azienda. Oggi la fabbrica aziendale ospita 120 macchine che, con tre turnazioni, sono attive 24 ore al giorno, producendo circa 1.500.000 di paia di calze all’anno. Sono calze Made in Italy che da Quinzano d’Oglio, tramite i canali di vendita tradizionali e il commercio online, raggiungono l’intera Europa e gli Stati Uniti. Digitale e sostenibilità dunque, per un’azienda di cui quasi metà della produzione è oggi alimentata da energia solare, grazie a un impianto fotovoltaico composto da 1.500 pannelli di ultima generazione. 

L’idea di aprirsi al digitale in modo strutturato arriva nel 2016, con l’attuale generazione della famiglia Ciocca, quando, tra i vari team interni all’azienda, si aggiunge una squadra interamente dedicata allo sviluppo dell’online. Due anni dopo, nel 2018, la storia di Ciocca e di Matteo Baronchelli, ora Responsabile E-commerce del gruppo, si uniscono: “Il progetto con Amazon è nato circa cinque anni fa dalla necessità di raggiungere nuovi clienti ma, soprattutto, di sviluppare un’anima digitale, intravedendo nell’online la possibilità di aprirsi alla vendita al dettaglio.” Ha commentato Filippo Ciocca, Presidente della Ciocca Spa. “Ciocca aveva alle spalle 100 anni di relazioni con distributori, grossisti e agenti del settore B2B. Quando nel 2018 Agenzia ICE ci ha proposto di vendere attraverso la vetrina Made in Italy di Amazon, abbiamo subito pensato che fosse la giusta cornice nella quale presentare per la prima volta direttamente al cliente finale il nostro prodotto e la sua storia lunga un secolo. Ora, anche grazie agli strumenti che Amazon ci ha messo a disposizione, tra cui anche il servizio Logistica di Amazon, siamo molto felici di essere apprezzati direttamente dai consumatori, non solo in Italia, ma anche all’estero, e i risultati ottenuti durante l’ultimo Black Friday ne sono una dimostrazione”. 

Ciocca è una delle oltre 5.500 aziende italiane presenti all’interno della vetrina Made in Italy di Amazon che, ad oggi, ospita oltre 1 milione di prodottiMade in Italy, disponibili in 11 Paesi del mondo. La Lombardia, con più di 3.400 realtà che vendono attraverso Amazon, è la regione con più successo all’interno dello store online. Nel 2022, circa il 50% delle piccole e medie imprese lombarde ha esportato i propri prodotti registrando oltre 175 milioni di euro di vendite all’estero. Tra le 8 città italiane meglio performanti, Milano è la più virtuosa con oltre 1.300 PMI che vendono su Amazon e più di 85 milioni di euro di vendite all’estero.

Gruppi industriali: la piattaforma bergamasca e bresciana in crescita nel 2022, nonostante un anno complesso

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La piattaforma manifatturiera bergamasca e bresciana ha realizzato nel 2022 risultati economici in crescita sul 2021, nonostante un anno particolarmente complesso, caratterizzato in particolare dall’incertezza derivante dal conflitto in Ucraina e dagli inediti rialzi delle quotazioni del gas naturale, benchmark per il prezzo dell’energia elettrica.

A evidenziarlo è l’indagine condotta da Confindustria Brescia e Confindustria Bergamo, presentata oggi pomeriggio nella cantina Bersi Serlini Franciacorta di Provaglio d’Iseo, all’interno dell’evento “Nel cuore della manifattura – Un’analisi economico-finanziaria dei primi 200 gruppi industriali di Bergamo e Brescia” moderato dalla giornalista Stefania Scordio, che ha visto la partecipazione di Giovanna Ricuperati (presidente Confindustria Bergamo), Franco Gussalli Beretta (presidente Confindustria Brescia), Ernesto De Martinis (Ceo Coface in Italia e Head of Strategy Mediterraneo & Africa) e Antonio Solinas (Managing Partner Deloitte Financial Advisory), insieme agli interventi tecnici di Davide Fedreghini (Centro Studi Confindustria Brescia) e Massimo Longhi (Studi Territorio Competitività Internazionalizzazione Confindustria Bergamo).

L’incontro ha analizzato le dinamiche economico-finanziarie sperimentate nel biennio 2021-2022 dai primi 200 gruppi industriali bergamaschi e bresciani a vocazione manifatturiera – operatori che contano ricavi complessivi pari a 49,3 miliardi di euro e danno lavoro a 134 mila addetti – realtà di punta del tessuto imprenditoriale di uno dei segmenti produttivi più avanzati e innovativi a livello nazionale e continentale. Il campione oggetto dello studio si caratterizza poi per un’elevata proiezione internazionale, certificata dalla quota del volume d’affari realizzata al di fuori dell’Italia (pari al 64% del fatturato totale) e dalla significativa presenza di società estere nell’area di consolidamento (ben 924 sulle 1.761 imprese totali).

I principali risultati della ricerca condotta sono i seguenti:

· Nel 2022 i ricavi complessivi sono cresciuti del 19,2% sul 2021; tale dinamica è ascrivibile all’incremento dei quantitativi venduti e ai contestuali rincari dei prezzi applicati alla clientela, come risposta degli extra costi subiti dai gruppi stessi (materie prime e utenze energetiche). La crescita del volume d’affari è stata generalizzata e ha interessato il 92% delle realtà analizzate.

· I costi esterni (materie prime, semilavorati, utenze energetiche, servizi, ecc.) sono aumentati del 21,6%, evoluzione che va interpretata alla luce dei maggiori quantitativi acquistati per fare fronte alla crescente domanda e alla luce dei rialzi delle quotazioni di alcuni input utilizzati nei processi produttivi. La voce di costo maggiormente aumentata è quella dei servizi (+28,8%), al cui interno ricade quanto speso per l’energia elettrica. La maggiore crescita dei costi esterni rispetto al fatturato implica che i gruppi analizzati hanno in buona parte (ma non totalmente) trasferito sui clienti i maggiori costi riscontrati nelle fasi di approvvigionamento e trasformazione.

· Il Margine Operativo Lordo (MOL) è cresciuto del 23,1%; la sua incidenza sul fatturato è quindi aumentata, passando dal 13,9% del 2021 al 14,4% del 2022. Si tratta di un risultato particolarmente positivo, soprattutto se letto alla luce del contesto quanto mai complesso in cui le imprese hanno lavorato nel 2022. Va però segnalato che, se si esclude il settore siderurgico (caratterizzato per dinamiche particolarmente brillanti in tale senso), la crescita del MOL si ferma al 13,6%, incremento significativamente più basso di quanto realizzato dai ricavi.

· La struttura patrimoniale del campione si conferma assolutamente robusta: i mezzi propri coprono mediamente il 51,8% del totale delle attività. Il segmento più avanzato dell’industria bergamasca e bresciana si connota pertanto per un’elevata dotazione patrimoniale, frutto di gestioni particolarmente oculate negli anni passati, quando gli utili realizzati sono stati primariamente destinati alla capitalizzazione delle imprese.

· Gli investimenti in immobilizzazioni materiali e immateriali sono cresciuti del 25,4%, un ritmo più intenso di quello dei ricavi e del valore aggiunto. Le incertezze del quadro congiunturale e geopolitico non hanno frenato la propensione a investire dei gruppi analizzati, che invece hanno intensificato il processo di investimento rispetto al 2021.

L’analisi dei bilanci 2021-2022 a consuntivo è stata poi arricchita da una breve indagine somministrata agli stessi gruppi nel mese di ottobre. Tale survey si è prefissata due obiettivi: lo scatto di una prima istantanea (sebbene parziale e non definitiva) in merito alle principali dinamiche di bilancio per l’anno 2023 e la valutazione degli impatti della stretta creditizia, con la consapevolezza che i gruppi analizzati, grazie anche a un ridotto indebitamento bancario, si caratterizzano per una minore difficoltà di accesso al credito rispetto ad altre realtà, specialmente quelle di minori dimensioni.

Con riferimento al primo punto, l’indagine ha evidenziato come nel 2023 il fatturato complessivo è atteso scendere del 5% circa rispetto al 2022. Il valore aggiunto registrerebbe una dinamica nel complesso analoga, mentre il MOL diminuirebbe dell’11%. Talli evoluzioni sarebbero giustificate da una serie di fattori, come il rallentamento della domanda globale e la contrazione dei prezzi delle principali materie prime utilizzate nei processi produttivi. Il rapporto MOL/Ricavi si attesterebbe così al 13,5%, in leggera flessione rispetto al 2022 (14,4%) e al 2021 (13,9%). I dati complessivi sono poi stati segmentati per due cluster di gruppi: la metallurgia (ferrosa e non ferrosa) e i prodotti in metallo da una parte, il resto dei settori manifatturieri dall’altra, alla luce delle dinamiche divergenti da loro sperimentate. Nel 2023 i gruppi della metallurgia subirebbero un marcato rallentamento, dopo un 2022 particolarmente brillante. Per contro, i gruppi degli altri comparti evidenzierebbero evoluzioni più positive, migliori rispetto alla media rilevata.

Per quanto riguarda il secondo punto, non emergerebbero tensioni particolari, in quanto l’accessibilità al credito non risulta essere un elemento di criticità per la quasi totalità dei gruppi intervistati (84%). Va tuttavia segnalato che:

· Un gruppo su quattro prevede un ridimensionamento degli investimenti programmati.

· La copertura finanziaria degli investimenti continuerà a derivare dalla ingente liquidità accumulata in questi anni dai gruppi stessi. Il ricorso ai prestiti bancari rimarrà secondario, mentre l’apertura a fonti alternative sarà ancora fortemente marginale, a conferma di un assetto “tradizionale”, legato alle famiglie proprietarie.

DICHIARAZIONI

Giovanna Ricuperati, presidente Confindustria Bergamo

“Questo studio, che rientra a pieno titolo fra le attività di collaborazione avviate dalle due Associazioni, sfociate anche nella recente assemblea congiunta, ha consentito di approfondire struttura e dinamiche delle maggiori realtà imprenditoriali dei due territori, confermando le potenzialità di un ecosistema tra i più performanti d’Europa ed evidenziando le diverse somiglianze ma anche i numerosi caratteri distintivi che rendono le due province per molti aspetti complementari. In generale, vengono messi in luce i punti di forza di gruppi abituati a operare in contesti internazionali difficili, visti i tanti scenari di crisi aperti, pronti a sfruttare le nuove opportunità che emergono nei vari mercati e consapevoli dell’importanza di investire costantemente per preservare e migliorare la loro competitività. Grazie a questo lavoro emerge e viene valorizzata anche la capacità di trascinamento delle imprese leader che, aprendo la strada sui diversi mercati, agiscono in modo positivo facendo emergere tutta la filiera di riferimento; si tratta però di una relazione virtuosa, perché, d’altra parte, proprio la presenza di un’articolata rete territoriale contribuisce alla loro solidità e resilienza”.

Franco Gussalli Beretta, presidente Confindustria Brescia

“La presentazione del lavoro sui gruppi industriali si arricchisce quest’anno, ampliando l’analisi anche alle realtà bergamasche, in linea con quanto già fatto con l’Assemblea Generale congiunta delle scorse settimane. I positivi risultati emersi confermano la forza di quella che abbiamo definito la piattaforma manifatturiera d’Europa, nonostante le incertezze economiche e politiche a livello mondiale. In tale contesto, il ridotto ricorso a finanziatori esterni continua a rappresentare un elemento di forza, soprattutto a fronte dell’attuale stagione di rialzi dei tassi d’interesse, che rischia di compromettere l’operatività aziendale delle aziende più dipendenti dal settore bancario. Continuiamo a essere attenti agli stimoli verso l’esterno e, in particolare, a mercati in questo momento floridi come quello degli Stati Uniti. Sottolineo con piacere, infine, come le direttrici maggiormente seguite negli investimenti facciano riferimento alla digitalizzazione e alla sostenibilità, in particolare per quanto riguarda l’autogenerazione di energia da fonti rinnovabili e l’efficientamento energetico; questi ultimi sospinto dalla consapevolezza che i rialzi dei prezzi delle materie energetiche rilevati in questi mesi avranno, verosimilmente, una valenza strutturale e non transitoria.”

Ernesto De Martinis, Ceo Coface in Italia e Head of Strategy Mediterraneo & Africa

“Il nostro ultimo Barometro, relativo al 3° trimestre 2023, ha confermato le preoccupazioni già manifestate in precedenza riguardo alla stabilità finanziaria dei mercati per il prossimo futuro. Lo scenario che si prospetta a livello internazionale ci parla di instabilità e incertezza, che si riflettono necessariamente anche a livello locale. In Europa osserviamo importanti insolvenze nei pagamenti, contestualmente a un aumento delle dilazioni: comportamenti, questi, che parlano del protrarsi delle difficoltà da parte delle imprese, sulle quali pesano ancora gli effetti dell’inflazione e quelli del generale rallentamento economico. La nostra missione è di supportare le imprese nei loro scambi commerciali, orientando il loro business verso imprese solvibili e proteggendole dal rischio di mancato pagamento. Siamo un punto di riferimento, nell’assicurazione dei crediti, cauzioni, business information e recupero crediti.”

Antonio Solinas, Managing Partner Deloitte Financial Advisory

“La grande riserva di liquidità dei gruppi industriali bresciani e bergamaschi ha rappresentato uno dei fattori di successo nell’affrontare il contesto economico degli ultimi anni e limitarne, nella maggior parte dei casi, gli impatti. Pur evidenziando una struttura patrimoniale complessiva del campione robusta, caratterizzata da un ricorso particolarmente limitato a finanziatori esterni, l’analisi segnala che il 23% delle realtà in panel presenta un rapporto PFN/MOL superiore a 3. In un contesto di accelerazione degli investimenti rispetto al 2021 e con aspettative di ulteriori impulsi in tal senso negli anni a venire, valutare un’apertura degli attuali assetti “tradizionali” verso le opportunità alternative disponibili sul mercato dei capitali, potrebbe rappresentare una misura di tutela dei livelli di liquidità maturati. Le imprese del territorio potrebbero quindi beneficiare dell’ingresso sul mercato italiano di un numero sempre maggiore di “alternative lenders”: le fonti di finanziamento alternative insieme alla capacità di accesso al credito e alla liquidità accumulata dai grandi gruppi bresciani e bergamaschi potranno costituire il motore della crescita inorganica degli stessi, attraverso l’M&A e l’internazionalizzazione.”

Manifatturiero, in Lombardia meno produzione e ordini, ma l’artigianato resiste

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Il progressivo peggioramento del quadro internazionale raggiunge le imprese lombarde che registrano un calo delle performance, ma ancora contenuto. La produzione industriale vira in negativo, sia rispetto al trimestre precedente (-0,7%) sia su base annua (-1,5%). Resiste l’artigianato (+0,2% congiunturale) dove preoccupa però il calo degli ordini.

A causa dell’inflazione e del caro-tassi che provocano una contrazione dei consumi, sono gli ordini interni a soffrire maggiormente registrando un calo significativo per l’industria (-1,4% congiunturale) e più contenuto per l’artigianato (-0,3%). Difficile il confronto dei tendenziali con i buoni risultati dell’anno precedente: dal +6,2% al -3,5% l’industria e dal +3,6% al -1,3% l’artigianato. Anche gli ordini esteri flettono rispetto al trimestre precedente, ma meno intensamente (-0,3% l’industria e -0,1% l’artigianato).

Il dato medio complessivo sulla produzione industriale è sintesi di andamenti differenti per segno ed intensità a livello settoriale, con una maggior diffusione del segno negativo che tocca 9 settori su 13, che varia dal -9,4% del tessile al -0,7% della meccanica. All’opposto sono ancora positivi abbigliamento (+9,6%) e alimentari (+1,2%). Positivi ma deboli i mezzi di trasporto (+0,5%) e la chimica (+0,4%).

Si attenua il caro prezzi delle materie prime per l’industria con un incremento contenuto allo 0,8% sul trimestre precedente, ma crescono ancora molto per l’artigianato (+4,5%). Per quanto riguarda gli ordini, si impoverisce il portafoglio che scende a 81 giornate di produzione assicurata, perdendo 10 giornate rispetto al trimestre precedente, segno che la produzione del terzo trimestre è stata sostenuta anche dallo smaltimento di ordini pregressi.

A causa dei fattori esterni le aspettative e il clima di fiducia appaiono incerte e prevalgono le attese di stagnazione per tutti gli indicatori, segnale di un diffuso clima di insicurezza. “I fattori esterni condizionano la performance delle imprese lombarde ma la speranza è quella di poter ripartire nella giusta direzione: l’artigianato è ancora in positivo e questo è motivo di buona soddisfazione” – ha specificato Gian Domenico Auricchio, Presidente di Unioncamere Lombardia – “Il flusso di nuovi ordinativi è il vero punto debole per il 2023: in particolare sulla Lombardia grava la fase critica che sta attraversando l’economia tedesca: in tal senso le aspettative di business sono di miglioramento come evidenzia l’indice IFO. Inoltre non dobbiamo dimenticare che la qualità dei nostri prodotti e la capacità delle imprese lombarde di muoversi su nuovi mercati possono fare la differenza”. “Lo strumento delle filiere produttive, messo in campo dall’Assessorato allo Sviluppo Economico, può aiutarci a vincere questa complessa partita, in quanto valorizza e rafforza la competitività del modello lombardo, fortemente interconnesso con il territorio, favorendo la capacità di innovare, di digitalizzare, di sviluppare il capitale umano e di favorire progetti di transizione sostenibile” – ha aggiunto Mauro Sangalli, Coordinatore generale Casartigiani Lombardia.

“Il crollo degli ordini interni, la lenta inversione di tendenza dei prezzi e il calo degli investimenti generato dall’aumento del costo del denaro sono le principali cause del rallentamento della produzione industriale in Lombardia” – ha sottolineato ancora il Presidente di Confindustria Lombardia Francesco Buzzella – “Alcuni settori in particolare

mostrano segnali di maggiore sofferenza, come il chimico e il tessile. In questo contesto l’export rappresenta ormai una componente imprescindibile per il sistema lombardo. Alcuni segnali emersi dalla rilevazione trimestrale fanno però sperare in una rapida ripartenza: il saldo occupazionale positivo e la cassa integrazione in calo sono sintomo di fiducia da parte delle imprese le quali, nonostante la congiuntura negativa, continuano a produrre a pieno organico. Per sostenere in questa fase lo sforzo delle imprese è importante che le rilevanti misure di Regione Lombardia a sostegno del tessuto produttivo abbiano un iter più rapido mentre a livello europeo serve un Fondo sovrano per gli investimenti che consenta di competere con Usa e Cina” .

“Oggi i dati lombardi, in questo contesto macroeconomico estremamente negativo, possono essere considerati positivamente; la capacità del nostro sistema di rispondere alle influenze negative è forte” – ha concluso Guido Guidesi, Assessore allo Sviluppo Economico di Regione Lombardia – “Nell’evidenziare ulteriormente un contesto di guerre, speculazioni e politiche monetarie che non consentono gli investimenti, mi preme invitare la Banca Centrale Europea ad un riflessione sulla possibilità di anticipare la discesa dei tassi di interesse prima di quanto previsto per aiutare investimenti e innovazione. L’occupazione tiene e questo è il dato che dimostra la buona salute dell’ecosistema produttivo Lombardo”.

“Made in Brescia”: 144 le imprese a partecipazione estera; generano un fatturato di 4,3 miliardi

in Economia/Manifatturiero/Tendenze by

Le imprese manifatturiere bresciane a partecipazione estera ammontano a 144 unità: nel 2021 (ultimo anno disponibile) hanno realizzato un fatturato pari a 4.321 milioni di euro, un valore aggiunto di 1.104 milioni e hanno dato lavoro a oltre 11.300 addetti, a testimonianza del loro peso sul territorio.

A evidenziarlo è l’edizione 2023 della ricerca “Multinazionale Brescia”, realizzata dal Centro Studi di Confindustria Brescia e riportata da Brescia news: lo studio offre un approfondito censimento delle aziende locali partecipate da operatori stranieri (investimenti inward) e delle iniziative all’estero da parte delle realtà bresciane (investimenti outward). Il report ha riguardato, per entrambi i fronti, esclusivamente le realtà manifatturiere, con forma giuridica “società di capitali”, caratterizzate da un volume d’affari superiore a 1 milione di euro.

Sulla base di quanto emerso dallo studio, le imprese manifatturiere a partecipazione estera rappresentano il 4,6% della popolazione di riferimento, ma incidono per il 10,3% dei ricavi complessivamente generati dell’industria bresciana, per il 10,8% del valore aggiunto e per il 10,3% dell’occupazione.

Dal punto di vista delle aree geografiche di provenienza del soggetto investitore, l’Unione Europea guida la classifica delle multinazionali attive sul territorio: ben 80, per un totale di quasi 5.700 dipendenti. Al secondo posto si colloca, a distanza, il Nord America, con 30 partecipazioni e oltre 2.700 addetti. Seguono, entrambe con 15 imprese detenute, l’Asia e l’Europa non UE. Più nel dettaglio, per quanto riguarda i Paesi di provenienza, al primo posto si posiziona la Germania, che vanta 35 imprese bresciane partecipate, con oltre 2.600 addetti; seguono gli Stati Uniti (27 imprese, con più di 2.500 addetti) e la Francia (19 aziende, con oltre 800 dipendenti), in una classifica che vede la presenza, sul territorio bresciano, di investitori originari di 24 Paesi esteri.

“Il censimento realizzato dal Centro Studi permette di scattare una fotografia più ampia sul fenomeno dell’internazionalizzazione delle aziende bresciane, andando a integrare le informazioni sui flussi import/export rilevati periodicamente dall’ISTAT, con dettagli sulle multinazionali attive nel territorio – commenta Mario Gnutti, vice presidente di Confindustria Brescia delegato all’Internazionalizzazione –. In questo modo abbiamo ottenuto una rappresentazione per certi versi più completa dei reali rapporti con l’estero da parte del sistema produttivo bresciano, che i soli dati sulle importazioni ed esportazioni tendono necessariamente a sottostimare. I risultati testimoniano, una volta di più, l’integrazione del Made in Brescia nel contesto globale, oltre alla sua capacità di contaminare e, allo stesso tempo, di ricevere stimoli dall’estero. In tale contesto, va sottolineato come risultino ancora minoritarie le iniziative realizzate da realtà provenienti da aree a più recente industrializzazione: a riguardo, vanno segnalate, tra l’altro, le cinque imprese partecipate da operatori cinesi, le due indiane, le due brasiliane e l’unica turca. Si tratta comunque di una tendenza piuttosto recente e in crescita, avviata intorno alla metà del primo decennio di questo secolo, che – come Associazione – siamo chiamati a monitorare, valutando la possibilità di aprire un dialogo costruttivo e costante con tutte le realtà multinazionali, affinché la loro crescita vada di pari passo allo sviluppo sociale ed economico del territorio bresciano, in cui sono inserite”.

Per quanto riguarda i settori coinvolti, al primo posto si posizionano gli operatori dei macchinari ed apparecchiature (39 imprese partecipate, con oltre 2.100 addetti), seguiti dai prodotti in metallo (27 realtà produttive con quasi 1.900 addetti). Le multinazionali estere risultano quindi particolarmente attive nei settori tradizionalmente di punta del Made in Brescia, ovvero la filiera metalmeccanica; tuttavia, la loro presenza appare non trascurabile anche in comparti forse meno significativi dal punto di vista dell’occupazione e del fatturato prodotto, ma comunque rinomati per eccellenze e specializzazioni. È il caso dei settori alimentare e chimico, gomma e plastica, ambiti in cui il ruolo ricoperto dalle multinazionali estere nel territorio bresciano è tutt’altro che secondario.

L’analisi condotta dal Centro Studi di Confindustria Brescia – che, secondo una tassonomia proposta anni fa da Banca d’Italia, rientra nell’alveo delle cosiddette “statistiche non istituzionali e armonizzate” – si è inoltre focalizzata sulle iniziative all’estero da parte delle imprese manifatturiere locali. Da tale prospettiva, si contano 265 aziende che hanno avviato investimenti, di natura produttiva e/o commerciale, fuori dai confini nazionali: queste realtà rappresentano l’8,3% della popolazione di riferimento. L’impegno sui mercati esteri da parte di queste aziende è quanto mai vario: si passa da una sola partecipazione (che riguarda oltre la metà delle imprese censite), a casi di veri e propri “gruppi multinazionali”, caratterizzati da investimenti in oltre 20 realtà straniere.  Le suddette iniziative si concretizzano in 797 aziende estere, partecipate, a vario titolo, da operatori industriali bresciani. Analogamente a quanto rilevato per gli investimenti inward, anche nel caso degli outward l’Unione Europea primeggia come la principale destinazione (308 partecipate) degli investimenti da parte della manifattura locale.

L’analisi dettagliata per Paese ospitante vede primeggiare gli Stati Uniti (con 110 realtà partecipate, fra produttive e commerciali). Le altre destinazioni più seguite dal Made in Brescia sono: Germania (60), Cina (55), Francia (54), Spagna (43), India (39) e Brasile (33), in una classifica che vede ben 72 Paesi esteri coinvolti, con diversa intensità, in tale fenomeno. A riguardo va poi sottolineato che le iniziative avviate con finalità di pura delocalizzazione della produzione in aree geografiche caratterizzate da un minor costo dei fattori produttivi (in particolare il lavoro) sono oramai divenute fortemente minoritarie (se non addirittura marginali) e appartengono, dal punto di vista della data di avvio dell’operazione, perlopiù alla prima fase del processo di internazionalizzazione dell’industria bresciana, collocabile, a grandi linee, negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso. La delocalizzazione è stata quindi soppiantata da strategie di più ampio respiro, in cui gli investimenti all’estero hanno l’obiettivo di servire direttamente mercati divenuti strategici.

La ricerca ha inoltre permesso di segmentare le aziende multinazionali locali per settore di attività. Il comparto dei macchinari ed apparecchiature si conferma come il più presente sui mercati esteri, sia in termini di realtà investitrici (69), sia per le società partecipate (228); al secondo posto il settore prodotti in metallo (53 iniziative per 153 presenze in Paesi esteri). Anche in questo caso non mancano le rappresentanze di comparti non metalmeccanici, come alimentare e chimico, gomma e plastica, ma con una rilevanza inferiore di quanto registrato sul versante inward.

Metra acquisisce Extruded Aluminium Corporation, uno dei principali produttori nordamericani di profilati in alluminio

in Economia/Export/Manifatturiero by

Metra S.p.A. di Rodengo (insieme alle sue controllate e affiliate, “Metra”), uno dei principali produttori mondiali di alluminio estruso e società del portfolio di KPS Capital Partners, LP (“KPS”), ha annunciato oggi di aver completato l’acquisizione di Belding Machinery and Equipment Leasing, LLC e delle sue controllate (insieme ” Extruded Aluminum Corporation” o “EAC”). I termini finanziari della transazione non sono stati resi noti.

EAC è uno dei principali produttori statunitensi di profilati in alluminio estruso e relative lavorazioni a valore aggiunto nonché servizi di assemblaggio e finitura.  EAC fornisce una varietà di clienti nei settori del solare, trasporti, militare, logistica, edilizia residenziale e commerciale e applicazioni marine.  EAC ha circa 170 dipendenti in due stabilimenti situati a Belding e Kentwood in Michigan (USA).

Enrico Zampedri, Chief Executive Officer di Metra, ha dichiarato: “L’acquisizione di EAC è una pietra miliare per Metra in quanto completa la nostra espansione geografica in Nord America e accelera la nostra strategia di diversificazione di mercato con l’ingresso nel settore strategico della produzione dei pannelli solari, in forte crescita nel Nord America.  Abbiamo molto apprezzato l’esperienza tecnica e le capacità produttive di EAC, nonché il suo impegno nel fornire ai clienti un elevato livello di qualità e di servizio. L’acquisizione di EAC rafforzerà significativamente la presenza di Metra in Nord America e consentirà di garantire un livello ancora più alto di servizio alla nostra clientela globale. Siamo lieti di dare il benvenuto all’intero team di EAC in Metra insieme a cui continueremo a costruire la strategia volta a far divenire il nostro Gruppo un’azienda leader nel mercato globale dell’alluminio estruso”.

Charles Hall, Presidente di EAC, ha dichiarato: “EAC è una realtà in crescita, da un’attività a due presse nel 1987, dispone oggi di cinque linee di produzione. Ha costruito la sua reputazione puntando sulla qualità e su un servizio clienti di prim’ordine.

Nei 37 anni della sua storia l’azienda ha sviluppato consolidate relazioni sia con i suoi dipendenti che con la sua clientela. Questa acquisizione offrirà ulteriori opportunità ai nostri dipendenti e l’accesso a risorse e capacità aggiuntive per i nostri clienti, in sinergia con la consolidata esperienza della organizzazione di Metra. L’intero team EAC è entusiasta di entrare a far parte del Gruppo Metra con la proprietà di KPS”.

Come advisor per i mercati dei capitali di debito è stato utilizzato TD Cowen, mentre Paul, Weiss, Rifkind, Wharton & Garrison LLP è stato consulente legale di Metra e KPS. Origin

Merchant Partners è stato consulente finanziario e Varnum LLP è stato consulente legale di EAC.

Informazioni su Metra

Metra è un produttore globale integrato verticalmente di profilati in alluminio estruso e servizi a valore aggiunto, tra cui verniciatura, ossidazione, lavorazione, saldatura e assemblaggio.  Metra offre una gamma completa di profili in alluminio estruso, utilizzati principalmente nei mercati finali industriali e dell’edilizia e delle costruzioni in Europa e Nord America.  Con sede a Rodengo Saiano, in Italia, Metra impiega circa 1.450 dipendenti in tutto il mondo e gestisce dieci stabilimenti di produzione strategicamente situati in Italia, Canada e Stati Uniti.  Per ulteriori informazioni, visitare www.metra.eu .

Informazioni su Extruded Aluminum Corporation

EAC è un produttore statunitense di profilati in alluminio estruso customizzati e relativi servizi a valore aggiunto di lavorazione, assemblaggio e finitura. EAC fornisce una varietà di profili in alluminio estruso personalizzati a diversi mercati finali, tra cui solare, trasporti, militare, movimentazione di materiali, edilizia residenziale e commerciale e applicazioni marine. EAC ha circa 170 dipendenti in due stabilimenti situati a Belding e Kentwood, MI. Per ulteriori informazioni, visitare www.extrudedaluminum.com.

Manifatturiero, il 43% delle imprese bresciane ha migliorato la competitività sull’estero

in Aib/Associazioni di categoria/Economia/Manifatturiero/Meccanica/Tendenze by

Nel 2022 la competitività sui mercati esteri delle imprese manifatturiere bresciane risulta in miglioramento rispetto a quanto da loro stesse indicato per il periodo pre-pandemico: nei confronti con il 2019, ben il 43% delle aziende industriali bresciane ha infatti ampliato i mercati e/o ha acquisito nuovi clienti e/o ha incrementato i volumi di vendita, a fronte dell’11% che ha invece dichiarato di avere perso (temporaneamente o definitivamente) quote di mercato.

A rilevarlo è l’approfondimento bresciano – realizzato dal Centro Studi di Confindustria Brescia – dell’edizione 2023 dell’Indagine Internazionalizzazione, condotta dalle Associazioni Territoriali lombarde del Sistema Confindustria, coordinate da Confindustria Lombardia e presentata lo scorso 12 settembre in Regione Lombardia.

Lo studio ha visto la partecipazione di quasi 180 imprese manifatturiere bresciane (80% delle quali PMI), che complessivamente fatturano 9,4 miliardi di euro e occupano quasi 18 mila addetti.

La ricerca ha evidenziato come, tra le realtà del nostro territorio, le esportazioni dirette si confermino nettamente come la modalità più diffusa di presenza all’estero (94% delle aziende intervistate), mentre iniziative che prevedono filiali commerciali o negozi direttamente gestiti interessino il 12% delle imprese. Altre forme di internazionalizzazione, considerate come più strutturate, si caratterizzano per percentuali di diffusione ancora più basse.

Lo studio ha inoltre confermato la forte proiezione internazionale del made in Brescia: nel 2022 le vendite all’estero hanno interessato il 49,3% del fatturato complessivo, con punte del 63,7% tra le realtà di medie dimensioni. Ogni azienda è mediamente presente in 24 Paesi esteri, un valore che tende a crescere all’aumentare dalla dimensione degli operatori intervistati (ben 34 Paesi serviti fra le grandi imprese). Allo stesso tempo, emerge una tendenza delle aziende a concentrare geograficamente le proprie esportazioni: la quota di fatturato generato all’estero realizzata nel primo Paese di destinazione è infatti pari al 27%. In tale contesto, le micro imprese (col 32%) emergono come le realtà potenzialmente più esposte, in quanto un calo della domanda proveniente dal loro principale Paese estero cliente provocherebbe, a parità di altre condizioni, un maggiore impatto negativo sulle vendite complessive.

Come anche certificato dai dati periodicamente forniti dall’ISTAT, i mercati europei rimangono i principali Paesi di destinazione delle vendite bresciane: il 65% dei rispondenti ha dichiarato di esportare in Germania, il 54% in Francia e il 36% in Spagna. Alla base di tali destinazioni concorrono una serie di motivazioni di carattere culturale, economico e geografico. Per quanto riguarda i Paesi prospect, ossia quelli verso i quali le imprese sono maggiormente interessate a espandersi da qui al 2025, la stabilità geopolitica sembra guidare le strategie di internazionalizzazione per il prossimo futuro: ai primi cinque posti indicati dalle aziende del campione troviamo storici Paesi partner per la manifattura bresciana (come Stati Uniti, Germania e Francia) e due territori scarsamente presidiati (Australia e Canada), tutti accumunati dal fatto di appartenere chiaramente a un ben identificato “blocco geoeconomico”, a cui le posizioni italiane sono ben allineate. Sintomatico di questa tendenza è il notevole ridimensionamento dell’interesse da parte delle nostre imprese per Cina e Russia, rispettivamente al sesto e al ventesimo posto nelle indicazioni fornite dal campione. Nell’edizione 2021 dell’Indagine, Cina e Russia si posizionavano idealmente sul podio, come seconda e terza meta per la manifattura locale. Sulle valutazioni delle aziende avrebbero quindi pesato, in particolare, l’incertezza commerciale e la politica zero Covid, ancora in atto al momento della rilevazione (nel caso della Cina) e il conflitto con l’Ucraina (nel caso della Russia).

Come anticipato, ben il 43% delle aziende industriali bresciane ha ampliato i mercati e/o ha acquisito nuovi clienti e/o ha incrementato i volumi di vendita, a fronte dell’11% che ha dichiarato di aver perso (temporaneamente o definitivamente) quote di mercato. Si tratta di un segnale particolarmente incoraggiante, che troverebbe primaria giustificazione nella qualità e nel contenuto innovativo dei prodotti offerti (indicati dal 73% delle realtà che hanno aumentato o mantenuto le quote di mercato). Allo stesso tempo, le imprese bresciane devono la propria brillante performance all’estero a un mix di altri fattori, che comprende, in particolare, la competitività di prezzo (32%), la maggiore flessibilità rispetto ai competitor (31%) e la bassa rischiosità percepita dalla clientela (23%). In tale contesto, solamente l’11% dichiara la propria competitività sul versante della sostenibilità, fattore che, verosimilmente, diverrà sempre più cruciale nelle future scelte di acquisto da parte di imprese e famiglie.

Il 39% delle aziende bresciane ha poi modificato le proprie catene di fornitura con l’estero (o è in procinto di farlo). Tra coloro che hanno effettivamente cambiato fornitori nel corso del 2022, la maggior parte (il 62%) si è rivolta ad altri fornitori siti in Unione Europea. Il meccanismo di sostituzione dei fornitori esteri ha poi favorito i player italiani, sia lombardi (23%), sia provenienti da altre regioni (23%). Le motivazioni alla base di tali sostituzioni vanno ricercate, in primo luogo, in una mera logica di costo (indicata dal 54% delle aziende che hanno modificato le catene di fornitura). Ma risultano comunque significative le scelte compiute in virtù di un minore rischio di fornitura (33%), di una maggiore disponibilità dei prodotti (33%), nonché di una maggiore competitività in termini di qualità e contenuto innovativo dei prodotti (31%).

“Anche per la realtà bresciana appare evidente quanto già sottolineato nel report regionale, in merito a una distanza tra i fattori determinanti per la tenuta competitiva delle imprese e le logiche con cui esse scelgono i propri fornitori – commenta Mario Gnutti, vice presidente di Confindustria Brescia con delega all’Internazionalizzazione –: nel primo caso prevale la focalizzazione sul contenuto qualitativo e innovativo, mentre nel secondo si favorisce il contenimento dei costi. Tutto ciò indicherebbe che l’elevata qualità delle merci esportate dalle imprese manifatturiere bresciane sia in buona parte da attribuire alle stesse e alla loro capacità di creare valore. Purtroppo, non basta: la volontà di puntare sulla qualità deve essere accompagnata da adeguate scelte politiche a livello europeo, che continuino a garantire la competitività delle imprese. Negli ultimi anni, sotto questo punto di vista, siamo stati penalizzati su diversi fronti: penso ad esempio alle tematiche energetiche. Ora serve un cambio di rotta.”

Da ultimo, l’indagine ha approfondito quali macro trend andranno a influenzare maggiormente le scelte strategiche delle imprese nel quadro internazionale. A riguardo, gli scenari geopolitici (51% delle risposte) emergono chiaramente come il principale fattore che guiderà le decisioni degli imprenditori, con riferimento alle logiche di presenza all’estero.

Le imprese bresciane frenano nel secondo semestre

in Economia/Evidenza/Manifatturiero/Servizi/Tendenze by

“La frenata dell’economia europea, iniziata nel quarto trimestre del 2022  – commenta il Presidente della Camera di Commercio di Brescia, Ing. Roberto Saccone – è poi proseguita. Anche in Italia la ripresa si è fermata, come dimostrato dalla la contrazione del Pil del secondo trimestre.

La domanda interna sta, peraltro, decelerando In tutti i maggiori Paesi, in particolare nei settori legati ai beni di consumo e alle costruzioni (pesa, in particolar modo, l’effetto dell’aumenti dei tassi d’interesse).

Il calo della domanda di prodotti determina, in molti Paesi, una flessione delle importazioni e, di conseguenza, una contrazione del commercio mondiale.

Per quanto riguarda la provincia di Brescia – prosegue Roberto Saccone – il quadro congiunturale del secondo trimestre evidenzia una dinamica in rallentamento dell’attività produttiva: la produzione industriale ha registrato una contrazione dopo nove trimestri consecutivi di crescita.

L’artigianato manifatturiero prosegue anche nel secondo trimestre con una dinamica migliore dell’industria ma il ritmo di crescita continua nel percorso discendente già evidenziato nei trimestri scorsi

L’andamento del fatturato delle imprese bresciane del commercio al dettaglio evidenzia una tendenza ancora positiva ma in forte rallentamento: la variazione rispetto ai primi tre mesi dell’anno è stata pari a +0,4%,

Il fatturato delle imprese dei servizi chiude con risultati negativi: la variazione rispetto ai primi tre mesi dell’anno è stata pari a – 0,7%, mentre su base annua il calo è stato più intenso (-1,0%).

Il quadro congiunturale bresciano è pertanto coerente con il contesto internazionale e nazionale divenuto negli ultimi mesi sempre più critico.

Le preoccupazioni degli imprenditori bresciani riguardano il rallentamento del commercio mondiale, la recessione tedesca che assorbe il 20% delle esportazioni bresciane, l’aumento dei tassi d’interesse che incidono sugli investimenti e l’inflazione galoppante che pesa sul potere d’acquisto dei consumatori e sulle vendite dei beni di consumo.

In tale contesto, le notizie positive provengono dai costi dell’energia e delle materie prime, rientrati dai picchi sperimentati lo scorso anno”.

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L’industria manifatturiera – Nel secondo trimestre la produzione industriale delle imprese manifatturiere bresciane diminuisce dello 0,5% rispetto allo stesso periodo del 2022, si tratta del primo valore negativo da fine 2020 ovvero il periodo in cui le imprese facevano fronte alle criticità causate dalla pandemia da Covid-19. La dinamica congiunturale della produzione, al netto degli effetti stagionali, resta stabile (0,0%). Il numero indice si assesta 128,1 oltre 14 punti sopra i valori pre-pandemici, a conferma della robustezza della fase di crescita da poco conclusa.

Il risultato bresciano è leggermente inferiore a quello lombardo: a livello regionale la produzione industriale è rimasta stabile rispetto al primo trimestre, mentre nel confronto con lo stesso periodo dello scorso anno è aumentato dello 0,5%.

In rallentamento la produzione della Meccanica (-1,9% su base tendenziale), della Siderurgia (-5,6%), dei Minerali non metalliferi (-4,8%) della Carta- Stampa (-9%) e della Gomma-plastica (-7,9%).

Tra i settori industriali, chiude con risultati positivi, rispetto al secondo trimestre dello scorso anno, il comparto dei mezzi di trasporto.

Il fatturato riporta una variazione negativa (-0,5% tendenziale; -1,4% congiunturale) dopo un lungo periodo di crescita sostenuto dal forte aumento dei prezzi. L’allentamento delle tensioni sui prezzi è confermato dai risultati del trimestre: i prezzi dei prodotti finiti, infatti, aumentano appena dello 0,9% (su base congiunturale) proseguendo il percorso di rallentamento dopo il picco segnato nel primo semestre del 2022. Anche la dinamica dei prezzi delle materie prime si conferma positiva ma su livelli più contenuti (+1,0%) rispetto ai valori massimi raggiunti lo scorso anno.

Segnali di difficoltà arrivano sul fronte della domanda sia domestica che estera. Gli ordini provenienti dall’Italia segnano una battuta d’arresto ( -1,1% su base congiunturale; – 2,2% su base tendenziale).

Gli ordinativi provenienti dai mercati esteri diminuiscono dell’1,5% sul primo trimestre e dello 0,2% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, si tratta del primo valore negativo dopo dieci trimestri di crescita che sconta il rallentamento del commercio mondiale e della manifattura tedesca primo partner commerciale delle industrie bresciane.

Positiva la dinamica dell’occupazione che al di là delle oscillazioni legate agli effetti stagionali conferma la tendenza di fondo già evidenziata nel biennio 2021-2022. In aumento la quota di imprese che dichiara di avere utilizzato la CIG che passa dal 6,5% del trimestre scorso all’11,6% del periodo osservato.

Le aspettative delle imprese industriali bresciane per il terzo trimestre dell’anno, al dì là delle chiusure estive degli stabilimenti, riflettono l’attuale clima di incertezza: le previsioni per il prossimo futuro vedono una prevalenza di attese di diminuzione per tutte le variabili (-8,4 per produzione; -4,8 per domanda estera; -16,1 per domanda interna) a esclusione dell’occupazione dove prevalgono le attese di stabilità.

Le preoccupazioni degli industriali bresciani riguardano il rallentamento del commercio mondiale, la recessione tedesca che assorbe il 20% delle esportazioni bresciane, l’aumento dei tassi d’interesse che incidono sugli investimenti e l’inflazione galoppante che pesa sul potere d’acquisto dei consumatori e sulle vendite dei beni di consumo.

Artigianato manifatturiero – L’artigianato manifatturiero bresciano prosegue anche nel secondo trimestre con una dinamica migliore dell’industria ma il ritmo di crescita continua nel percorso discendente già evidenziato nei trimestri scorsi. La produzione artigiana cresce su base annua dello 0,6% mentre rispetto al primo trimestre diminuisce dello 0,2% portando il numero indice al 108,6, valore che comunque si colloca sopra i livelli pre-pandemici di oltre 10 punti.

I segnali di rallentamento nella produzione artigiana sono percepiti anche a livello lombardo dove i livelli produttivi nell’ultimo trimestre non sono cresciuti (+0,0% quella congiunturale; +1,1% la variazione tendenziale).

Sul fronte settoriale, chiudono con risultati positivi, rispetto al secondo trimestre dello scorso anno, il comparto Alimentare (+10,6%), la Carta-Stampa (+5,6%) e la Gomma-Plastica (+3,6%).

In rallentamento la produzione della Siderurgia (-1,7%), dell’Abbigliamento (-4,4%) e del Tessile (-14,6%), mentre resta stabile per la meccanica (+0,07%).

I prezzi di materie prime (+3,9% congiunturale) e prodotti finiti (+3,2%) mostrano un incremento ancora importanti e più marcati rispetto al comparto industriale, ma anche per l’artigianato è evidente un fenomeno di rientro dei tassi di crescita.

Benché i prezzi dei listini siano ancora in crescita la dinamica del fatturato arretra leggermente (-0,2% congiunturale), nel contempo gli ordinativi domestici si contraggono (-1,8% tendenziale) per la prima volta dopo da fine 2020. Diminuisce anche la domanda estera (-0,7%) che comunque non rappresenta una destinazione marginale per gli artigiani (la quota estera rappresenta il 7% del fatturato totale).

Sul fronte occupazionale il trimestre in esame riporta una variazione, al netto degli effetti stagionali, leggermente positiva (+0,6%) confermando la lieve tendenza alla crescita già registrata nel 2022. La percentuale di imprese che dichiara di aver fatto ricorso alla Cassa Integrazione è in aumento dal 4,3% del primo trimestre al 6% attuale.

Il raffreddamento della dinamica produttiva unitamente al calo degli ordini interni, che rappresentano la principale destinazione, hanno deteriorato il clima di fiducia degli imprenditori artigiani. Le previsioni per il terzo trimestre sono pessimistiche per produzione e domanda interna. Meno negative le attese sui mercati esteri e sull’occupazione.

Il commercio al dettaglioL’andamento del fatturato delle imprese bresciane del commercio al dettaglio evidenzia una tendenza ancora positiva ma in forte rallentamento: la variazione rispetto ai primi tre mesi dell’anno è stata pari a +0,4%, mentre nel confronto con lo stesso trimestre dello scorso anno la crescita è stata pari a +0,6 (a fronte dell’incremento del 6,5% del secondo trimestre del 2022). Sebbene contenuto l’incremento ha consentito al numero indice del fatturato di attestarsi a quota 105,6, circa diciassette punti sopra i livelli medi del 2019.

Nel confronto regionale la dinamica bresciana è stata peggiore di quella osservata in Lombardia (+2,6% la variazione tendenziale regionale e +0,5% quella congiunturale).

Il forte rallentamento del fatturato è stato attenuato da un nuovo aumento dei prezzi dei listini che nel trimestre osservato crescono su base congiunturale del 3,7% pressoché in linea con il trimestre scorso. Le dinamiche inflattive che stentano a rientrare, evidentemente, impattano sulla domanda dei consumatori compromettendo la crescita del settore.

Il rallentamento è maggiormente evidente nel comparto non specializzato (ambito nel quale rientra la grande distribuzione) che riporta una flessione del volume d’affari, su base annua, dello 0,4%. Mentre incrementi importanti del volume d’affari si registrano nel comparto alimentare (+5,6%), la cui domanda, nonostante il calo del potere d’acquisto dei consumatori, stenta a essere ridotta.

L’occupazione delle imprese del commercio al dettaglio, dopo il rallentamento che aveva caratterizzato la seconda metà del 2022 e lo stallo dei primi tre mesi dell’anno chiude il trimestre con una variazione del numero di addetti tra inizio e fine trimestre, al netto degli effetti stagionali, pari a +0,2%.

La frenata del trimestre osservato preoccupa gli imprenditori del commercio al dettaglio che esprimono un importante peggioramento delle aspettative per il prossimo trimestre: i saldi tra attese di crescita e diminuzione per quanto riguarda il fatturato svoltano in territorio negativo (-2,5); rimangono positivi ma in ridimensionamento le attese sull’occupazione (1,9 vs 6,1 del trimestre scorso). Si confermano negative le previsioni sugli ordini ai fornitori (-3,8).

Servizi – Il fatturato delle imprese dei servizi, dopo il rallentamento del trimestre scorso, chiude con risultati negativi: la variazione rispetto ai primi tre mesi dell’anno è stata pari a – 0,7%, mentre su base annua il calo è stato più intenso (-1,0%). Si tratta di una dinamica peggiore di quella osservata in Lombardia (+4,6% la variazione tendenziale regionale).

L’andamento del fatturato resta condizionato dall’aumento dei prezzi dei listini che nel trimestre osservato mostra una decelerazione (+1,5% su base trimestrale dopo il +2,7% dei primi tre mesi dell’anno) favoriti dall’allentamento delle tensioni sul fronte dei costi.

Tra i comparti segnano un nuovo aumento del fatturato i servizi alla persona (+4,7%) e i servizi alle imprese (+0,7%). In calo il fatturato, su base annua, del commercio all’ingrosso e delle attività di alloggio e ristorazione.

Il dato occupazionale al netto degli effetti stagionali si conferma positivo (+0,5% su base congiunturale) ma in decelerazione rispetto alla dinamica dei trimestri scorsi.

I risultati negativi del trimestre si traducono in un importante deterioramento del clima di fiducia degli imprenditori dei servizi bresciani: le previsioni sul volume d’affari e sull’occupazione per il terzo trimestre dell’anno, sebbene positive, evidenziano un netto peggioramento.

I dati presentati derivano dall’indagine congiunturale realizzata da Unioncamere Lombardia ed elaborati dal Servizio Studi della Camera di Commercio.

Il campione industria comprende imprese con più di 10 addetti, mentre i campioni artigianato, commercio e servizi comprendono imprese con più di 3 addetti.

Nel secondo trimestre 2023 per l’indagine congiunturale sono state realizzate 841 interviste, così distribuite per settore:

Tab. 1. Campione indagine congiunturale 2° Trimestre 2023

Provincia di Brescia

Comparto Campione
INDUSTRIA277
ARTIGIANATO200
COMMERCIO158
SERVIZI206
TOTALE841

Il campione industria comprende aziende con più di 10 addetti, mentre il campione dell’artigianato, dei servizi e del commercio comprende imprese con più di 3 addetti.

Le informazioni ottenute dall’indagine sono disaggregabili per settore di attività economica in:

  • 13 settori (Siderurgia, Minerali non metalliferi, Chimica, Meccanica, Mezzi di trasporto, Alimentare, Tessile, Pelli calzature, Abbigliamento, Legno mobilio, Carta editoria, Gomma plastica e Varie) per l’industria e l’artigianato manifatturiero;
  • 4 settori(commercio all’ingrosso, alberghi e ristoranti, servizi alle persone e servizi alle imprese) per i servizi;
  • 3 settori di attività economica (specializzato alimentare, specializzato non alimentare, non specializzato) per il commercio al dettaglio.
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