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Tendenze - page 16

Confartigianato: sono un imprenditore su quattro crede nella ripresa entro il 2021

in Associazioni di categoria/Confagricoltura/Economia/Tendenze by

C’è cautela. Ma anche voglia di ripartire. Fra aspettattive sugli effetti economici che arriveranno dal superbonus del 110% sulle ristrutturazioni, così come dalla ripresa degli ordinativi a luglio segnalati in aumento dalle imprese intervistate da Confartigianato Imprese Brescia e Lombardia Orientale proprio per tastarne l’umore da ripartenza post agostana, ma sopratutto post covid. Restano in attesa poco più della metà degli artigiani intervistati, principalmente impegnati a “sopravvivere” (il 50,6% degli oltre 400 intervistati) e comunque non intenzionati a nuovi investimenti o all’incremento del proprio business, con solo un’impresa artigiana su quattro (il 24,5%) convinta di poter recuperare il tempo perso e tornare ai livelli pre covid entro la fine del 2021. Dal sondaggio, condotto fra il 25 e il 31 agosto, emerge come la resilienza delle imprese sia stata fondamentale in questo periodo per tenere aperto e reagire: «Il lockdown ha costretto i piccoli imprenditori a correre verso l’applicazione di dosi massicce di digitalizzazione e questo, abbinato alla straordinaria e storica capacità degli artigiani e delle piccole imprese di saper fare bene, con gusto e capacità di personalizzazione, costituisce da sempre un mix vincente, punto di forza del made in Italy» commenta il presidente di Confartigianato Brescia e Lombardia Eugenio Massetti che prosegue – gli artigiani bresciani vedono nel superbonus un positivo segnale (segnalato dal 42,7% come provvedimento positivo) e che meriterebbe di essere prolungato sino al 2023 così da aiutare le imprese, e anche i fruitori, a coglierne tutti i benefici su un medio periodo e non solo per il prossimo anno». Oltre alle aspettative sugli effetti economici che gli artigiani si aspettano dal superbonus del 110% c’è anche una risalita degli ordini anche su luglio, dopo la ripresa di giugno alla riapertura, segnalato dal 22,6% degli intervistati: «Molte imprese hanno riferito di una crescita degli ordini anche a luglio, magari in modo disordinato, con tempi ridotti perché probabilmente chi si approvvigiona ha a sua volta tempi ridotti per completare le commesse, ma ci sono» commenta Massetti e, a riguardo, a specifica domanda solo il 9,3% teme un nuovo lockdown, mentre il 72% valuta questa opzione meno probabile. Il sondaggio riporta infine che quasi l’80% degli intervistati non ha in previsione entro l’anno nuove assunzioni (79,3%), anche a fronte di incentivi a sostegno, mentre solo il 10,2% prevede possibilità in tal senso. Tra i maggiori problemi che le imprese segnalano, oltre all’aumento dei ritardi nei pagamenti, recentemente sondato proprio da Confartigianato (con il 47,5% delle imprese che ha risposto di aver avuto un peggioramento nei tempi di pagamento), in peggioramento i rapporti con la burocrazia, in particolare nell’accedere a bonus e varie pratiche on line (34%).

Per il presidente Massetti: «Bisogna uscire dalla logica dell’emergenza e imboccare finalmente la strada delle riforme strutturali necessarie per affrontare i problemi preesistenti alla crisi scatenata dalla pandemia e rimettere in moto lo sviluppo del Paese. Con il Dl Agosto si mobilitano 100 miliardi di risorse: bisogna usarle subito e al meglio per ottenere effetti concreti. Il Dl Agosto contiene misure positive per le piccole imprese come la proroga dei versamenti sospesi da marzo a maggio, la possibilità di versare il secondo acconto di novembre 2020 entro il 30 aprile 2021 per i contribuenti che applicano gli ISA e che hanno subito un calo di fatturato e il rifinanziamento per 500 milioni del Fondo di solidarietà bilaterale dell’artigianato (FSBA). La vera sfida però è di creare le condizioni affinchè gli artigiani e le imprese possano utilizzare al meglio sia le risorse messe in campo da questi provvedimenti sia quelle che grazie al Recovery Fund dovranno rimettere in moto lo sviluppo economico del Paese» conclude il presidente Massetti.

 Coronavirus, in Lombardia bruciati oltre 22 miliardi di consumi

in Commercio/Economia/Tendenze by

“La Lombardia, regione produttiva per eccellenza e traino dell’economia nazionale, sta pagando un prezzo tra i più alti all’emergenza sanitaria e al conseguente lockdown; in più, settembre e l’autunno si preannunciano molto difficili: per questo bisogna agire subito con misure concrete per aiutare il sistema economico”.

Così Confcommercio Lombardia a commento dei dati dell’Ufficio studi Confcommercio che evidenziano una perdita di 22,6 miliardi di consumi nella regione per il 2020. Si tratta del dato più alto, in valori assoluti, a livello nazionale.

Il mese di agosto ha visto solo un parziale recupero, e soltanto nelle località di villeggiatura, in particolare su laghi e montagne. Assolutamente insufficiente per parlare di ripresa, sottolinea Confcommercio Lombardia, perché si tratta a tutti gli effetti di una “fiammata” agostana, e perché, al contrario, i centri storici delle grandi città, delle città d’arte e dei capoluoghi, a cominciare da Milano, hanno visto la quasi totale mancanza di turisti stranieri, scontando crolli di attività e consumi mai registrati prima. Il settore alberghiero nelle città non ha praticamente avviato la stagione, registrando cali di fatturato dell’80%, e anche le prospettive per settembre, con prenotazioni intorno al 10%, sono molto preoccupanti.

“Accanto alla mancanza dei turisti” aggiunge Confcommercio Lombardia “saranno ancora l’assenza dei lavoratori e il perdurare dello smart working nelle imprese a infliggere un altro durissimo colpo a molti operatori già in grave difficoltà”.

Per questo – rileva Carlo Massoletti, vicepresidente di Confcommercio Lombardiasono più che mai urgenti misure per scongiurare un autunno nero sul fronte delle imprese e della perdita di posti di lavoro: a cominciare da fondi a sostegno di turismo e commercio, più contributi a fondo perduto, sgravi fiscali e contributivi a livello locale e nazionale e provvedimenti per una politica di forte rilancio dei consumi“.

Auto più vendute su internet: in Lombardia la reginetta è la Fiat Panda

in Automotive/Economia/Tendenze by

Il primo semestre dell’anno si è concluso ed è tempo di bilanci, anche nel mondo dell’auto. Un 2020 iniziato non certo col piede giusto, dato che l’emergenza sanitaria ha messo in seria difficoltà il settore dell’automotive. Sono state numerose le contromisure attuate dal Governo per contenere il rischio di contagio dal coronavirus. Queste limitazioni però hanno avuto delle conseguenze: con il lockdown e la quarantena sono calati drasticamente gli acquisti di vetture, sia offline sia online.

Sono stati 1.093.616 i passaggi di proprietà in questo primo semestre del 2020, quasi il 40% di questi avvenuti nel nord ovest Italia. brumbrum, rivenditore diretto, ha stilato la classifica delle auto preferite dagli italiani avvalendosi dei dati raccolti dall’Osservatorio brumbrum. L’Osservatorio di rilevazione e indagini statistiche online in ambito automotive ha preso in considerazione le automobili che nel primo semestre del 2020 hanno fatto più vendite in rete nell’Italia del nord ovest, precisamente in Lombardia, Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta.

Vince Panda, domina FCA

Fiat Panda è l’auto più venduta in Italia. La famosissima vettura italiana è al primo posto tra le auto usate più vendute in ben 11 regioni, tre di queste sono nel nord ovest. Panda vince in Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta. L’unica regione dove non trionfa è la Lombardia, qui Volkswagen Golf conquista il primato. La berlina tedesca però è solo la quinta auto più venduta in questa parte d’Italia, battuta da Fiat 500 (sul podio in tutte e quattro le regioni), Lancia Ypsilon (seconda in Piemonte), e Jeep Renegade, che ottiene buoni risultati un po’ ovunque. Degno di nota il sorprendente terzo posto di Mercedes Classe A in Lombardia e il secondo di Fiat 500L in Valle d’Aosta.

Utilitarie sempre le più vendute

Parlando di tipologie di vetture, le utilitarie si confermano le auto più vendute nel 2020: la media in questa zona d’Italia è addirittura del 37%, di oltre sei punti percentuali superiore alla media nazionale. Un vero trionfo per le utilitarie, seguite da berline e SUV che sono praticamente a pari merito al 16%. Da notare il 10% di vendite in Lombardia sia per le station wagon che per i crossover.

Diesel in calo ma ancora sopra il 50%, male l’ibrido

Per ultimo parliamo di alimentazioni. Prosegue il calo del diesel nell’Italia nord occidentale. È di quasi il 10% il crollo delle vendite del gasolio in questa parte d’Italia nell’ultimo anno. La media attuale è del 52,4%, ma in Piemonte è ancora meno, solo il 46%. Di conseguenza il benzina continua a rosicchiare fette di mercato e arriva poco sopra il 40% di media. GPL al 4,8%, metano sotto l’1%. Ancora irrisori i risultati di ibrido ed elettrico.
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Classifica Censis 2020/2021: l’Università  di Brescia al primo posto in Italia per occupabilità

in Economia/facoltà Economia/Formazione/Tendenze by

Con 106 punti su 110, l’Università degli Studi di Brescia è prima in Italia tra gli atenei medi (da 10.000 a 20.000 iscritti) per occupabilità. A stabilirlo è l’edizione 2020/2021 della classifica Censis delle Università italiane, che conferma quanto già evidenziato dall’ultimo Rapporto AlmaLaurea secondo il quale, per i laureati triennali dell’Università degli Studi di Brescia, il tasso di occupazione a un anno dal titolo è pari all’89,9%, un dato ben al di sopra della media regionale e nazionale.

Con un punteggio complessivo di 89 punti, l’Università degli Studi di Brescia occupa la settima posizione nella graduatoria degli atenei medi su un totale di 17 università.

Tra gli indicatori presi in esame, l’Università degli Studi di Brescia si distingue in particolare nel campo della comunicazione e dei servizi digitali, dove conquista la quinta posizione con 99 punti, 10 punti in più rispetto allo scorso anno.

Per quanto riguarda gli altri indicatori, l’Università degli Studi di Brescia ottiene 93 punti per le strutture, 85 per i servizi, 79 per l’internazionalizzazione e 72 per le borse di studio.

«Il nostro Ateneo guida la classifica degli atenei medi sul fronte dell’occupabilità: un risultato che ci rende orgogliosi e che premia la qualità della nostra offerta didattica. Anche il Censis conferma che laurearsi all’Università degli Studi di Brescia apre le porte del mondo del lavoro» – dichiara il Rettore, prof. Maurizio Tira.

Per quanto riguarda l’impatto della ricerca scientifica, che non rientra tra gli indicatori della classifica Censis, l’Università degli Studi di Brescia si colloca, tra le università italiane, al sesto posto della classifica complessiva del QS World University Rankings 2021 e tra i 200 migliori atenei al mondo (196esimo posto) per produttività e qualità scientifica dei propri ricercatori.

Indagine Api: secondo trimestre in caduta libera per le Pmi

in Api/Associazioni di categoria/Economia/Tendenze by

Nel secondo trimestre 2020 il 75% delle imprese ha avuto un calo della produzione e del fatturato rispetto al primo trimestre. In un terzo delle imprese il calo è stato superiore al 35%. A evidenziarlo e a sottolineare la situazione estremamente critica è il report congiunturale sul secondo trimestre 2020 realizzato dal Centro Studi Apindustria su un campione di 100 imprese associate. Il confronto è fatto tra i dati del secondo trimestre e quelli del primo che, ricordiamo, nel mese di marzo era già stato interessato da un periodo di chiusura forzata delle imprese. Entrando nel dettaglio, oltre al 75% del calo della produzione e dei fatturati, molto pesante è anche quello degli ordinativi, rispetto al quale due imprese su tre registrano un calo. Gli investimenti sono fermi (73%) o in calo (20%) e iniziano a vedersi effetti negativi anche sul fronte occupazionale in più di un’impresa su cinque, nella gran parte dei casi (20% fino all’8% della forza lavoro, nel 3% delle imprese con riduzioni della manodopera superiori al 20%). Tra le componenti di rilievo del costo di produzione si conferma la maggior dinamicità nell’andamento dei costi relativi alle materie prime. Prevale la stabilità nella componente energia (che tuttavia aumenta nel 12% dei casi); materie prime stabili per il 43% degli intervistati ma per il 43% i costi crescono, in modo anche marcato (19%). L’andamento dell’utilizzo degli impianti, nel secondo trimestre 2020, risulta fortemente condizionato dall’introduzione del blocco delle attività imposto a partire da fine febbraio: la situazione rimane diffusa in tutte le categorie rilevate, tuttavia, i cali più marcati si rilevano nelle categorie più fragili, con impianti già fortemente sottoutilizzati da tempo. Differenze poco significative emergono nei dati per aree geografiche (il calo è marcato nei rapporti con l’Italia, l’Ue e l’extra Ue).

Il report ha interrogato gli associati anche relativamente al mese di giugno, nel confronto con il mese precedente, per cercare di capire se il mercato – dopo oltre due mesi di blocco e la ripartenza parziale dal mese di maggio – si stia muovendo. Secondo il report «gli ordinativi in Italia si sono mossi nel mese di giugno, grazie anche alla fine del lungo e difficile periodo di quarantena imposto alle attività economiche: per 6 imprese su 10 si è rilevato un incremento degli ordinativi domestici, che arriva al 75% nella Comunità europea e sembra più lento però al di fuori dei confini europei (60%)». Molto significativo è però anche il dato delle imprese che a giugno segnala un calo degli ordinativi in Italia (40%) e nell’area UE (25%).

«I dati preoccupano per l’estrema negatività con cui si presentano – osserva il Presidente di Apindustria Douglas Sivieri -. Il calo era chiaramente nell’ordine delle cose, ma l’impressione è che la ripartenza sia molto più lenta di quanto alcuni sperassero. C’è stato chiaramente un effetto rimbalzo dopo due mesi di chiusura di molte attività, ma si sta andando a ritmi molto bassi. Col risultato che le imprese che erano in difficoltà adesso sono molto più deboli e quelle che stavano abbastanza bene oggi si sono indebolite parecchio. Una situazione estremamente pericolosa e preoccupante, che si somma a un Pil già stagnante da tempo e a un’economia che era in forte rallentamento già prima di quest’ultima crisi. Il timore è che a breve possano esserci ricadute occupazionali significative».

Un affondo anche alla politica economica del Governo: «Dire che non ha fatto nulla sarebbe ingeneroso, ma ha fatto meno di quanto avrebbe dovuto e potuto. Ha usato strumenti ordinari per una situazione straordinaria ed è avvolto in lungaggini decisionali non adatte ai tempi. E, soprattutto, non si può continuare a procedere a tentoni, mese per mese. Lo sguardo, ancora più oggi, deve essere capace di superare l’ostacolo ma, a oggi, nulla di tutto questo si vede».

 

Brescia, 16 luglio 2020

Inflazione a Brescia: a giugno tassi ancora negativi

in Economia/Tendenze by

Per il mese di giugno, secondo quanto riporta Brescia news, il tasso congiunturale dei prezzi al consumo per l’intera collettività e il tasso tendenziale registranolievi diminuzioni(rispettivamente -0,3%e -0,2%).

A livello di divisione, gli incrementi più consistenti si verificanoper i “Trasporti” (+1,1%) e per “Ricreazione, spettacoli e cultura” (+0,9%). A seguire, presentanolievi aumenti “Altri beni e servizi” (+0,3%), “Abitazione, acqua, elettricità e combustibili” (+0,1%) e “Servizi sanitari e spese per la salute” (+0,1%). Al contrario, forti contrazioni delle variazioni congiunturali si registranoper le divisioni “Servizi ricettivi e di ristorazione” (-2,8%) e “Comunicazioni” (-1,2%). Anche i“Prodotti alimentari e bevande analcoliche”(con i Vegetali, -3,4%)e “Bevande alcoliche e tabacchi”(con le birre, -1,9%) diminuiscono rispetto al mese precedente (rispettivamente -0,6%e -0,5%).

Rimangono nulle le variazioni congiunturali delle restanti divisioni: “Istruzione”, “Mobili, articoli e servizi per la casa” e “Abbigliamento e calzature”.Analizzando per tipologia di prodotto, rispetto al mese precedente, i“Beni”e i “Servizi”, presentano lievidiminuzioni congiunturali(rispettivamente -0,2%e -0,3%). In particolare, all’interno della tipologia dei “Beni” siregistrauna sostenutadeflazione degli “Alimentarinon lavorati”(-1,0%), pur mantenendo un aumento tendenziale sostenuto(+5,6%)e degli “Alimentari lavorati” (-0,5%). Comportamento opposto hanno invece gli “Altri beni energetici”, che presentano un lieve aumento congiunturale(+0,2%)a fronte di una consistente diminuzione tendenziale (-11,4%).

Per quanto riguarda i “Servizi”, quelli relativi ai trasporti registranoun aumento deciso (+1,9%), mentre diminuiscono le variazioni congiunturali dei “Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona” (-1,6%).Con riferimento alla frequenza di acquisto dei prodotti, questomesesono in calo rispetto al mese precedente i prodotti a alta e a media frequenza (rispettivamente -0,3% e -0,4%), mentre quelli a bassa frequenza d’acquisto rimangono stazionari.Infine, la “Core Inflation”, che indica l’andamento della componente di fondo della dinamica dei prezzi, cioè l’inflazione al netto della componente volatile (beni energetici e alimentari non lavorati), registra una variazione congiunturale lievemente negativa (-0,2%), pur presentando un tasso tendenziale positivo (+0,7%).

Mercato dell’acciaio, operatori del settore: segnali incoraggianti sui prezzi

in Acciaio/Economia/Tendenze by

Gli operatori del mercato siderurgico nazionale si attendono, per fine mese, un lieve rialzo del prezzo di tre prodotti benchmark per l’acciaio: coils a caldo, rottame ferroso e tondo per cemento armato. Così – come comunica una nota – gli operatori si sono espressi nel corso del sondaggio di siderweb, nel corso del secondo webinar “Mercato & Dintorni”, dedicato alla congiuntura economica e del mercato dell’acciaio. Un evento organizzato in collaborazione con UBI Banca, sponsorizzato da Coface, Danieli Automation, Metallurgica Legnanese e RICREA, e con il patrocinio di Assofermet, Assofond e Federacciai.

LE OPINIONI DEGLI OPERATORI – «Nonostante il mese di fermo a causa del lockdown, a maggio abbiamo avuto una leggera ripresa e a giugno abbiamo iniziato a correre verso i numeri pre-Covid – ha detto Luigi Rapullino, ad del Gruppo Rapullino e Sideralba, produttore di tubi campano -. Il nostro ruolo di imprenditori ci impone di essere ottimisti, veniamo da anni buoni che ci danno comunque sicurezza. Il problema resta il mese di fatturato perso, che peserà per un 15% sul bilancio finale. Un calo che il nostro gruppo potrebbe vedere, a fine anno, compensato in toto o in parte dalla crescita produttiva dei nostri asset in Tunisia».

A preoccupare Luigi Cuzzolin ad di Pipex Italia, società attiva nei tubi senza saldatura, è il rinnovato sistema di Salvaguardia, il meccanismo di quote di importazione di prodotti siderurgici introdotto dall’Ue per scongiurare il rischio di dumping e di pratiche commerciali sleali, pubblicato ieri in Gazzetta ufficiale e in vigore da oggi. «La Commissione Ue ha fatto un errore a non modificare la Salvaguardia – ha dichiarato Cuzzolin -.  Non puoi mantenere lo status quo con un mercato che cala del 50%. Come European Steel Tube Association (Esta), di cui sono presidente, proporremo di usare due strumenti per difendere le industrie europee: il primo è OLAF, un sistema anti contraffazione che permette di evitare le frodi sulla qualità del materiale importato. Con il secondo strumento, da implementare, vogliamo proporre una certificazione per i materiali in entrata che attesti che il produttore estero applica i medesimi standard ambientali europei».

LE ANALISI – Gli interventi degli analisti si sono concentrati sui prezzi dell’acciaio e sulla situazione macroeconomica italiana.

«I prezzi nazionali dei coils a caldo – ha detto Achille Fornasini, Partner & Chief Analyst di siderweb – hanno prima perso il 15,5% rispetto al top raggiunto nel primo trimestre dell’anno. Ora la curva sta girando verso l’alto, ma non ha ancora intercettato gli aumenti europei. Mi aspetto una crescita moderata». E si è comunque in un canale declinante iniziato a fine 2018. A tre cifre è stato, invece, l’aumento dei noli marittimi: +330% rispetto a maggio. «C’è una domanda straordinaria di trasporto per carichi secchi: cereali, ma soprattutto iron ore e coke metallurgico, trainata dalla rotta Australia-Cina – ha spiegato Fornasini -. Non c’è speculazione finanziaria in tutto questo, è un segnale positivo» di ripresa delle attività, seppure in un momento di crisi economica generalizzata.

Quanto al comparto energetico, è imperativo «ridurre sia il disavanzo della bilancia energetica nazionale, sia i rischi di lungo termine di potenziali shock sui prezzi delle materie prime energetiche. Nonostante la discesa corsi petroliferi – ha detto Giovanni Barone, responsabile del Servizio Studi di UBI Banca – l’Italia ha oltre 2 miliardi di euro al mese di deficit. Nelle situazioni peggiori siamo arrivati a un deficit di 6 miliardi. Si ripensi la politica energetica per non sottrarre punti di PIL e non far pagare alle aziende un conto troppo caro».

Coronavirus, segnali di ripresa dopo il lockdown: traffico pesante cresciuto del 20%

in Economia/Tendenze by

Dopo lo shock di marzo e aprile, mesi che hanno visto crollare l’attività economica lombarda del -35% e del -45% su base annua, e la leggera risalita di maggio (-30%), a giugno l’economia sembra mostrare timidi segnali di ripresa. È quanto emerge dall’aggiornamento del Booklet Economia di Assolombarda, pubblicato su “Genio & Impresa”, il web magazine dell’associazione delle imprese che operano nelle province di Milano, Lodi, Monza e Brianza. La fiducia delle famiglie cresce a giugno di 6 punti percentuali in Italia e di 5 nel nord ovest, riportandosi sui livelli di marzo. Si mantiene, però, alto il differenziale rispetto a inizio 2020, con un distacco di circa -10 punti. Aumenta anche, seppur più lentamente, la fiducia delle imprese: benché il crollo record registrato a marzo non sia ancora recuperato (l’indice del manifatturiero ha un gap di -19 punti in Italia e -23 nel Nord-Ovest, nei servizi -47 e -37 punti), a giugno si registra una crescita in tutti i settori come si evince dagli indicatori soft.

Positivi, ma ancora lontani dai numeri pre-Covid anche i dati legati alla mobilità: il traffico dei veicoli pesanti sulle tangenziali milanesi, indicativo dell’intensità degli scambi economici del territorio raggiunge il -8% a giugno, recuperando 20 punti percentuali rispetto all’inizio della fase 2 e 5 rispetto a fine maggio. Il traffico dei veicoli leggeri, si assesta invece al –22% su base annua, in decisa risalita rispetto al -48% toccato a metà maggio. Inoltre, il Comune di Milano fotografa un gap degli ingressi di autoveicoli in Area B (soprattutto pendolari) del -11% tra il 15 e il 19 giugno rispetto a inizio anno. Anche gli spostamenti per motivi di lavoro, pur in aumento di 14 punti rispetto a metà maggio (-46%), restano in un quadro di consistente flessione: il bilancio alla fine del sesto mese dell’anno è di -32% in Lombardia rispetto a inizio 2020. Numeri leggermente inferiori rispetto a quelli degli spostamenti sul territorio nazionale dove si sono registrati un-28% a fine giugno e un -42% a metà maggio. Riparte con più decisione la mobilità delle persone nel complesso, soprattutto nelle province di Monza e Brianza, Lodi e Pavia: gli spostamenti monitorati da Enel X nel mese appena trascorso risultano prossimi ai livelli antecedenti l’emergenza, mentre a Milano si registra un -9%

Se i numeri legati a fiducia e mobilità lasciano intravedere uno spiraglio, a preoccupare sono i dati sulle esportazioni: in Lombardia le vendite all’estero sono diminuite del 13% a marzo, segnando perdite pari ad un valore di 1,5 miliardi di euro. La maggior parte delle province registra un crollo a due cifre e, considerata l’importanza che ricoprono nell’economia regionale, incidono particolarmente le contrazioni di Milano (-6,5% a marzo pari a –246 milioni di euro), Brescia (-17,7% per un valore di 261 milioni) e Bergamo (-17,5% pari a 251 milioni). Consistenti anche le flessioni relative alle province di Monza (-11%), Lodi (-7,2%) e Pavia (-8,5%). Infine, il rapido peggioramento del quadro economico ha portato a un crescente bisogno nel breve termine di risorse finanziarie da parte delle imprese lombarde, con una crescita dei prestiti bancari a marzo del +1,1% su base annua e ad aprile del +1,4%. Aumentano soprattutto le erogazioni per le imprese più grandi (+1,6% a marzo per le realtà oltre 20 addetti) e, tra i settori, per manifattura (+3,4%) e servizi (+1,3%); calano, invece, i prestiti per le imprese con meno di 20 addetti (-1,9%).

Brescia, pesante calo della produzione metalmeccanica nel primo trimestre

in Aib/Associazioni di categoria/Economia/Evidenza/Tendenze by

In provincia di Brescia, nel primo trimestre del 2020, l’attività produttiva dei settori metalmeccanici ha segnato variazioni negative rispetto allo stesso trimestre del 2019, dopo la frenata del periodo precedente che aveva invertito un trend di crescita durato per numerosi trimestri. In particolare, il comparto della meccanica ha registrato una diminuzione dell’attività del 17,6% nel confronto con il 1° trimestre 2019, quello della metallurgia del 12,0%. A seguito di queste variazioni, i livelli produttivi riferiti all’intera industria metalmeccanica bresciana sono ritornati sui minimi del 2013, andando a vanificare sei anni di crescita. A evidenziarlo è l’indagine trimestrale condotta dal Centro Studi AIB, che ha dedicato spazio anche alla valutazione delle prime conseguenze economiche dell’emergenza sanitaria sulle imprese.“In questo momento non abbiamo preoccupazioni solo sul versante della produzione, ma siamo bloccati anche dalla burocrazia – spiega Loretta Forelli, Presidente del Settore Metallurgia, Siderurgia e Mineraria di AIB –. E non è tutto: con il calo della meccanica e dell’automotive, si è arrestata anche la rottamazione. Facciamo quindi fatica a comprare materia prima dai Paesi che solitamente sono nostri fornitori. Brescia, che è al centro della metallurgia europea, sta attraversando un momento durissimo, e vedo la situazione che ci attende in autunno, per quanto riguarda la metallurgia, in modo preoccupante. Anche molte grosse aziende si stanno purtroppo fermando.”

“Non possiamo che esprimere la massima preoccupazione: si fanno tante riunioni, si spendono tante parole, ma di fatti se ne vedono pochi da parte del Governo – aggiunge Gabriella Pasotti, Presidente del Settore Meccanica di AIB –. Le aziende sono in difficoltà soprattutto sulla liquidità, e inoltre i dati sulla Cassa Integrazione sono impressionanti. Ribadisco: abbiamo bisogno di liquidità, a settembre prevediamo un calo preoccupante degli ordini, anche del 40-50%. Purtroppo, c’è stata l’illusione che ci fosse lavoro dopo il lockdown, ma nel medio periodo non sarà così.”Le prospettive a breve termine espresse dagli operatori sono, nel complesso, nettamente sfavorevoli per tutti e due i comparti, con gli ordinativi in diminuzione sia in Italia che sui mercati esteri. Nel settore della meccanica, la rilevanza degli effetti negativi è stata severa (gli obiettivi per l’anno in corso non sono più raggiungibili) per il 44% delle aziende intervistate; significativa (con la riorganizzazione del piano aziendale per l’anno in corso) per il 34%; gestibile (con revisioni minori al piano aziendale) per il 17%; gravissima (è necessario un ridimensionamento della struttura aziendale) per il restante 5%. Gli operatori hanno dichiarato di aver registrato un calo percentuale del fatturato del 23% e delle ore lavorate del 25% rispetto alla “normalità” (il confronto è con il primo trimestre 2019).Nel settore metallurgico la rilevanza degli effetti negativi è stata severa (gli obiettivi per l’anno in corso non sono più raggiungibili) per il 33% delle aziende del campione; significativa (con la riorganizzazione del piano aziendale per l’anno in corso) per il 47%; gestibile (con revisioni minori al piano aziendale) per il rimanente 20%. Gli operatori hanno dichiarato un calo percentuale del fatturato del 22% e delle ore lavorate del 18% rispetto alla “normalità”.

Le deboli prospettive di crescita impattano negativamente sui prezzi delle materie prime industriali, che sono tradizionalmente un termometro dello stato di salute del quadro congiunturale. Tra le commodity principalmente impiegate nei cicli di produzione delle aziende metalmeccaniche bresciane si rilevano cali diffusi. A maggio, rispetto allo stesso mese del 2019, l’alluminio ha segnato un ribasso del 17,7%, il rame del 12,9%, lo zinco del 28,0% e il rottame ferroso del 14,8%. Sul versante del mercato del lavoro, si segnala l’impennata nel mese di aprile (con il parziale riassorbimento in maggio) della Cassa Integrazione Guadagni nei settori metalmeccanici. Mentre nel primo trimestre, rispetto allo stesso periodo del 2019, le ore complessivamente autorizzate nei due comparti sono cresciute del 9,9%, quelle autorizzate nei primi cinque mesi del 2020 sono aumentate del 1.536% rispetto allo stesso periodo del 2019, passando da 1,5 a 24,2 milioni.

In particolare, la componente ordinaria nei primi cinque mesi del 2020 è cresciuta del 3.865% (da 583.704 ore a oltre 23 milioni di ore), quella straordinaria del 10% (da 892.950 a 984.329 ore). Sulla base delle ore effettivamente utilizzate è possibile stimare che le unità di lavoro annue (ULA) potenzialmente coinvolte dalla CIG siano circa 12 mila e seicento, contro le 800 dello stesso periodo del 2019. Si tratta tuttavia di una stima prudenziale, basata su un tasso di tiraggio nel 2020 in linea con quello registrato nel 2019 (che è stato storicamente basso).  Dal punto di vista della struttura produttiva, Brescia è la terza provincia italiana per rilevanza dell’industria metalmeccanica (dopo Torino e Milano). Con circa 100 mila addetti attivi, è leader nazionale per quanto riguarda la metallurgia (16 mila addetti) e i prodotti in metallo (36 mila), è al terzo posto nei macchinari e apparecchiature (31 mila) e in quinta posizione relativamente ai mezzi di trasporto (poco più di 8 mila addetti).

 

 

Imprese, Massetti lancia l’allarme: dai dati fatturati in picchiata, serve uno scatto

in Associazioni di categoria/Confartigianato/Economia/Tendenze by
Eugenio Massetti, Confartigianato Brescia

«Fatturato in picchiata, mancanza di ordinativi e di liquidità sono le conferme dalle nostre imprese. La ripartenza è troppo lenta: le imprese non possono più aspettare e serve uno scatto e se non ricominceranno la cassa integrazione non basterà con conseguenze già dopo l’estate che si ripercuoteranno invebitabilmente sull’occupazione» commenta il presidente di Confartigianato Brescia e Lombardia Eugenio Massetti i dati relativi all’indagine dell’Osservatorio di Confartigianato Lombardia “Effetti del coronavirus tra le Mpi lombarde”.

Una crisi pesante per le Mpi che nella terza edizione della survey confermano per il terzo mese consecutivo dall’inizio della crisi innestata dalla pandemia da coronavirus, un netto calo del fatturato: a maggio media giù del 41,5% per le oltre 200 imprese bresciane che hanno risposto all’articolata analisi. Meglio rispetto a marzo (-61,2%) e aprile (-61,6%), in linea con il dato lombardo (-43,8%) e che equivale nel complesso una perdita di fatturato annuale per le imprese lombarde del 14,5%: in valore assoluto, 32 miliardi di mancati ricavi. In testa, nella classifica, spiccano in negativo i settori del benessere, della moda e del legno-arredo.

Tempi del recupero del fatturato pre-covid: rispetto alla capacità delle Mpi bresciane di recuperare i livelli di fatturato pre-covid, oltre la metà (il 55,2%) esprime incertezza rispetto all’andamento futuro del mercato, il 13,9% prevede che saranno necessari oltre 12 mesi, almeno sino a giugno 2021 per poter recuperare i livelli di fatturato pre-emergenza sanitario, mentre il 12,1% conta entro marzo 2021 di poter rialzare la testa.

Una ripartenza gradule, iniziata da 40 giorni tra difficoltà e qualche segnale di resilienza: più di una micro e piccola impresa artigiana bresciana su due (il 52,6% degli intervistati) ha cercato di dare una risposta al proprio business adottando, migliorando e intensificando l’uso di tecnologie digitali durante l’emergenza: con i social network, attivando nuovi canali di vendita, entrando in nuovi mercati e attivando nuove relazioni d’impresa (reti d’impresa e ATI in primis).

La maggior parte delle MPI bresciane intervistate aperte hanno segnalato per lo più difficoltà per l’assenza di nuovi ordini (66,9%), mancanza di liquidità (68%) e riduzione di visite commerciali presso iclienti (56,4%). Tra le problematiche rilevate, il maggior ostacolo: la comprensione di normative e disposizioni, nazionali, regionali e comunali per il 64,4% delle imprese e l’accesso agli uffici degli enti pubblici. In questo contesto, riconosciuto è stato il ruolo associativo di Confartigianato: per il 72,3% delle imprese bresciane coinvolte nella survey, l’associazione con gli uffici e l’web è stata punto di riferimento e supporto durante l’emegenza e per l’87,2% punto di riferimento e supporto.

Tra le note positive: la solidarietà artigiana. Più di una Mpi bresciana su tre (il 39,2%) durante l’emergenza ha contributo ad aiutare la comunità in cui opera e vive. Seppur in situazione di difficoltà, durante l’emergenza le imprese si sono date da fare per supportare la comunità in cui vivono e operano sul fronte sia sociale che economico partecipando a iniziative promosse dall’associazione (raccolta fondi e donazione respiratori agli ospedali) per il 33,8% delle MPI intervistate, confermando, inoltre, l’associazione, quale punto di riferimento e supporto in questa difficile fare per l’87,2% degli intervistati.

«Speravamo in una ripresa più forte, ma le imprese ci confermano una mancanza di fiducia a breve termine ai minimi storici e in particolare per quanto riguarda il mercato interno. Le riaperture a maggio sono state graduali e con scorte di magazzino da smaltire. Due terzi del secondo trimestre potrebbero essere già compromessi per la produzione che mostra quindi aspettative ulteriori di caduta – prosegue il presidente Massetti che conclude – risulta più che mai fondamentale veicolare le risorse per sostenere le imprese, poiché da questo dipende anche la struttura su cui regge il mercato del lavoro e la società tutta. Risorse per aiutare chi è in difficoltà ma anche per permettere alle imprese tutte di reagire mettendosi in gioco sul fronte dell’innovazione, della digitalizzazione e della sostenibilità. Il Decreto Rilancio deve ‘scaricare a terra’ i propri effetti con la massima rapidità, senza intralci burocratici, e con un’intensità di dotazione finanziaria adeguata a consentire la ripresa del sistema produttivo, altrimenti sarà troppo tardi».

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