Magazine di informazione economica di Brescia e Provincia

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Paolo Vismara rieletto presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di Apindustria

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Giovani imprenditori di Apindustria Brescia

Paolo Vismara, titolare di VPM Group Srl di Alfianello, classe 1980, è stato rieletto ieri pomeriggio Presidente del Gruppo Giovani Imprenditori Apindustria Brescia per il triennio 2019/22 in occasione dell’Assemblea generale. Presidente anche di Unionchimica Apindustria Confapi Brescia dal 2018, Vismara è stato così confermato alla guida del Gruppo. La sua azienda, la VPM Group istituita nel 2010, si dedica alla produzione e distribuzione sul territorio italiano ed estero di prodotti chimici in genere, lubrificanti e additivi legati al settore Car Wash & Car Care, Ho.Re.Ca & Facilities, Automotive, Truck, Nautica, Industria e Agricoltura.

Al suo fianco, Monica Ferraboli (Meccanica Ponte Chiese Srl) come Vice Presidente vicario, Riccardo Costa (Elettronica Costa Srl) come Vice Presidente, e come consiglieri: Alessandro Stabile (IP Technology Srl), Daniele Vertua (Facchini Francesco Spa), Delia Costa (Elettronica Costa Srl), Marta Benussi (S.A.R.A Ing. Sandro Benussi Srl), Pietro Bresciani (Salumificio di Franciacorta Srl), Andrea Bellardi (Pieffe Oil Sas), Elia Mondini (Zima Srl), Federico Nicolini (Olimaint Sas).

«Quello che mi spinge a proseguire – spiega Vismara – è un senso di responsabilità nei confronti di un Gruppo al quale mi sento legato, con l’obiettivo di continuare a coltivare ed accrescere i buoni rapporti che si sono creati. Il programma che andremo a sviluppare avrà come punto focale la “Consapevolezza imprenditoriale”».

Il sindaco di Brescia Emilio Del Bono in visita al Consiglio Direttivo di Apindustria

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Il Consiglio Direttivo di Apindustria Brescia, tenutosi ieri, ha ospitato il sindaco di Brescia Emilio Del Bono. “Abbiamo l’obbligo e la necessità di parlare con la politica”, ha detto il Presidente di Apindustria Douglas Sivieri. E la visita del sindaco è stata un segno, un gesto di vicinanza e di presenza dell’Amministrazione locale verso il mondo di chi produce e dà lavoro. Brescia è una città che sta crescendo, ogni anno aumenta di 1000 abitanti. Tra i temi toccati dal primo cittadino della Leonessa ci sono stati il Musil, la Caffaro, il progetto della Piccola Velocità, la rigenerazione urbana compreso lo spazio dedicato alle start up in via Milano.

Economia, i titoli ci sono, ma mancano numeri e coraggio | di Douglas Sivieri

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di Douglas Sivieri – Bisognava fermare l’aumento dell’Iva, è stata fatta in venti giorni: le giustificazioni si trovano, magari sono pure vere, ma tutto si può dire fuorché che la manovra economica presentata dal Governo nei giorni scorsi sia da cuor di leone. Trenta miliardi di euro, di cui ventitré per l’Iva, ne fanno restare sul piatto sette e tanto basta per dire che qualsiasi intervento pro crescita, fatto anche con le migliori intenzioni, sarà modesto. Il cuneo fiscale, ad esempio: da tempo e in tempi non sospetti diciamo che deve essere abbassato per ridare fiato a stipendi dei lavoratori e alla domanda interna da anni stagnante. Bene, nella nota di accompagnamento se ne annuncia la riduzione ma è evidente che con 2,7 miliardi di euro (la cifra stanziata a questo provvedimento per il 2020, diventeranno forse 5,4 dal 2021), l’impatto reale sugli stipendi sarà prossimo allo zero. Considerazioni analoghe valgono anche per Industria 4.0 e incentivi all’innovazione: verranno rimessi in campo, si dice che verranno tarati per essere più fruibili dalle PMI e fin qui tutto bene, ma se le risorse che verranno stanziate sono scarse, anche gli effetti lo saranno. In attesa del documento di Economia e finanza, l’impressione sulla nota di accompagnamento è proprio questa: titoli buoni, numeri assenti. Mancano i soldi, dirà qualcuno, e c’era l’Iva da non far aumentare. Tutto vero, ma la modestia resta perché se l’Italia, che pur con tutte le difficoltà continua a restare una delle principali economie del pianeta, riesce a fare una manovra da pochi miliardi c’è qualcosa che non va. Di sicuro, questa è una certezza, si conferma anche per questo Governo (come per i precedenti) la volontà di non intervenire in modo strutturale sui centri di costo e di acquisto. E, allo stesso modo, a parte qualche dichiarazione di intenti, non traspare nemmeno alcuna volontà di intervenire sulla semplificazione amministrativa. Non è pensabile che ogni anno un’azienda debba effettuare ben 89 operazioni tra dichiarativi, adempimenti e pagamenti fiscali. Le imprese molto spesso svolgono una mole di lavoro enorme per inserire dati che sono già in possesso della Pubblica Amministrazione: semplificare significa maggior efficienza. Se non si interviene in modo netto e radicale su costi e burocrazia le possibilità di manovra saranno sempre risicate e incentrate sulla modestia del provvedimento. Non possiamo permettercelo però. Da anni l’economia italiana va al rallentatore e da anni la domanda interna è fiacca. L’export brillante ha tenuto in piedi la barca per un po’, ma i segnali che ne indicano oggi una frenata sono diversi, tra crisi tedesca e politiche protezionistiche in ascesa (non bastasse quello tra Usa e Cina, è di queste ore il via a quello tra Usa ed Europa). È anche per questi motivi che serviva più coraggio nella manovra, sapendo che i conti non ce li paga nessuno. I titoli non bastano, servono i numeri.

* Presidente Apindustria Brescia

 

Brexit e via della seta? Le Pmi bresciane guardano all’Europa

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Brexit e Via della Seta sono guardate con attenzione ma le PMI bresciane pensano soprattutto a consolidare e rafforzare la loro presenza nei mercati dove sono già presenti e quindi, essenzialmente, a Germania, Francia e altri paesi dell’Unione. A registrarlo è l’indagine «Relazioni con l’estero 2019» realizzata dal centro Studi Apindustria intervistando 100 imprese associate. Delle imprese che hanno relazioni con l’estero (il 62% del campione) la macro area di primo e maggior interesse commerciale rimane di gran lunga la Comunità europea (9 imprese su dieci tra quelle che esportano). Seguono relazioni con altri Paesi europei non Ue. Nei primi mesi dell’anno gli intervistati non hanno investito nello sviluppo di nuove relazioni estere (91% del campione), insistendo invece nel rafforzamento delle relazioni che già hanno costruito sui mercati.

La Cina – Paese col quale le relazioni commerciali sono comunque in crescita da tempo – continua al momento a rappresentare invece una destinazione ‘terza’ rispetto a consolidate relazioni in Europa. Questo spiega anche le risposte in merito ai recenti accordi firmati sulla cosiddetta «Via della Seta». Il 45,6%, alla domanda su cosa pensi della Via della Seta, si dice al momento non interessato. Il 19% circa si dice convinto che questi accordi consentiranno alla propria impresa o di migliorare i rapporti già esistenti con il mercato cinese o di avviarne di nuovi. Vi è però quasi un 25% di rispondenti che teme effetti negativi a causa della concorrenza cinese (16%) e che si dice preoccupato per il conseguente deterioramento dei rapporti con l’Unione Europea (9%). «Il dato vero su cui ragionare e lavorare è la necessità di un riequilibrio commerciale nei rapporti tra Italia e Cina – afferma Alessandro Orizio, vicepresidente di Apindustria con delega all’Internazionalizzazione -. Curioso che mentre l’Italia veniva attaccata da tutte le parti per la firma di un protocollo, gli alleati europei firmavano accordi multimiliardari con la Cina. L’Italia deve trovare nuovi sbocchi commerciali e l’accordo con la Cina rappresenta un primo passo in tal senso».

Ancora più polarizzate da parte delle Pmi le opinioni sulla Brexit: il 93% dei rispondenti è infatti convinto che questa non avrà alcun impatto sul loro fatturato estero; il restante 7%, interessato da relazioni commerciali con il Regno Unito, ovviamente teme però una riduzione del fatturato.

In generale, per quanto riguarda le previsioni per i prossimi mesi, il 41% del campione non immagina variazioni di rilievo. Il 28% circa di chi opera nel mercato Ue teme invece delle riduzioni, talvolta anche significative. Il 31% pensa invece ci saranno variazioni positive. In merito alle difficoltà ad operare sui mercati esteri, la dimensione aziendale inadeguata (23%), la carenza di personale dedicato (19%) e i costi troppo elevati (26%) continuano a essere le cause principali individuate dalle Pmi. Le piattaforme digitali B2B per far incontrare domanda e offerta sui mercati esteri interessano a oggi circa un terzo delle Pmi. Che, però, solo nel 5% dei casi (un sesto di quelle interessate) già le utilizza. L’esportazione diretta rimane la formula di relazione con l’estero più utilizzata dalle imprese intervistate (81,5%), seguita a grande distanza da distributori locali (15%).

 

Brescia, disoccupazione in calo, Sivieri (Api): dati molto positivi

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Nel 2018, secondo i dati Istat diffusi oggi, in provincia di Brescia il tasso di disoccupazione è stato del 5,2%, in calo di un punto percentuale rispetto al 2017. Il tasso di disoccupazione provinciale è inferiore sia rispetto alla media regionale (6,0%), sia rispetto alla media nazionale (10,6%). «Si tratta di dati molto positivi – afferma Douglas Sivieri, presidente di Apindustria Brescia -. Brescia migliora in modo significativo, sia rispetto ai dati dell’anno precedente, sia rispetto a quanto avvenuto a livello lombardo. Un tasso di disoccupazione così basso non lo si vedeva in questa provincia dal 2009 e credo che si debba essere più che soddisfatti. Complimenti ai colleghi imprenditori che continuano a credere nel loro lavoro e a creare quindi occupazione per tutti. Confidiamo fortemente sulla capacità degli imprenditori di continuare su questa linea, nonostante non siano certo aiutati da questa fase di incertezza governativa. Soprattutto sul lato infrastrutturale».

Lavoro: nuove figure? Nelle Pmi bresciane vince ancora l’ingegnere meccanico

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Douglas Sivieri

Le competenze digitali contano sempre di più ma nella realtà delle Pmi bresciane più che nuove figure dedicate si cerca di accrescere le competenze digitali del personale già presente in azienda. La chiave di volta per la crescita digitale 4.0 delle PMI bresciane è quindi la formazione. A cui dedicare risorse. A dirlo è l’indagine realizzata dal centro studi Apindustria “Risorse Umane 4.0 e Barometro digitale nelle PMI”.

«La formazione – si legge nella ricerca del Centro Studi -, piuttosto del reperimento di ulteriori risorse esterne, rappresenta la vera chiave di sviluppo digitale delle risorse umane per le PMI: una formazione che entra a tappeto in azienda, invadendo ogni ruolo, ma che si sofferma in modo massiccio su ben definiti ruoli». Proprio per sostenere tale processo il 14 marzo, in collaborazione con la società HPE, nella sede di Apindustria prenderà il via un corso di trasformazione digitale pensato per le PMI. Per ragionare di «Internet delle cose: scenari evolutivi e trends in atto», «Sicurezza del processo industriale», «Modellazione Solida e Prototipazione Rapida in 3D», «Intelligenza artificiale».

Il metodo

La ricerca si è sviluppata attraverso l’analisi delle domande di selezione del personale e di corsi di formazione con contenuti digitali relativi al periodo 2013-2018 arrivate agli uffici di Apindustria e attraverso un questionario specifico che ha coinvolto un campione di 100 PMI associate.

Risultati

Il 42% degli intervistati dichiara di aver fatto investimenti in Industria 4.0. Di questi ben oltre la metà (57%) ha avviato la trasformazione digitale della propria impresa indipendentemente da norme nazionali.  Oltre la metà conta di proseguire con il processo di trasformazione digitale anche nel prossimo futuro. Tali dati si accompagnano al percorso formazione digitale del personale: chi l’ha già avviato (poco meno della metà del campione) continuerà in gran parte a farlo anche in futuro; chi non l’ha fatto, correrà ai ripari (80% di risposte positive o possibili).

Per quanto riguarda le risorse umane un aspetto dell’indagine balza all’occhio: le imprese mostrano una notevole propensione alla formazione del personale esistente, ma sembrano assai distanti all’idea di assumere personale dedicato ex novo. Alla domanda se intendono assumere nuovo personale con formazione digitale/tecnologica solo l’11% ha infatti risposto in modo affermativo.

L’utilizzo di un «barometro digitale» ha individuato i ruoli che all’interno della realtà delle Pmi rivestono maggior peso in termini di competenze digitali. Le aree interessate, con tutta evidenza, risultano essere quella amministrativa (sia impiegati che responsabili), la ricerca e sviluppo (design compreso) e l’area comunicazione/marketing.

Se l’analisi riguarda l’introduzione di nuove figure quali data analyst, social media manager, cyber security manager, computer system analyst, mechanical engineer o It Specialist Engineer la percentuale di risposte «Non in organico, non in previsione l’assunzione nei prossimi anni» varia dal 63% (mechanical engineer) al 77% (data analyst). Nessuna delle cosiddette ‘nuove professioni’ sembra quindi qualificare il percorso di trasformazione digitale per il prossimo triennio. «Circa il 70% degli intervistati – sottolinea il report del Centro studi – conferma quanto le caratteristiche tipiche delle PMI poco sollecitino la ricerca di figure così specializzate dal punto di vista tecnologico-digitale da inserire stabilmente nel proprio organico, è pur vero che una quota parte (le restanti) manifestano un interesse che si proietta anche nel triennio a venire». In particolare verso la figura dell’ingegnere meccanico. Un discreto interesse sembrano avere anche figure come il social media manager. La nuova manovra di governo, invece, sembra ancora essere poco nota agli intervistati: solo il 13% sta raccogliendo informazioni sul voucher per innovation manager, il 44% si sta informando sugli interventi per la Formazione 4.0.

«Le Pmi bresciane hanno mostrato reattività alla trasformazione digitale 4.0 – afferma Douglas Sivieri, presidente di Apindustria Brescia -. Chi ha investito in questa direzione lo ha fatto per tempo, senza attendere l’arrivo di incentivi o piani nazionali che, almeno fino ad oggi, hanno privilegiato più le aziende di maggiori dimensioni. La trasformazione digitale ha ovviamente interessato il personale. Nelle Pmi, per questioni di dimensioni, di costi e di incertezza, inevitabilmente ci si è mossi più verso la formazione di personale già presente in azienda che non verso l’assunzione di nuove figure dedicate, se non quando strettamente necessario. Sarà così anche nel prossimo futuro, perché la fase economica incerta non facilita certo, e di qui la necessità di pensare a incentivi ben più significativi rispetto alla formazione o per l’assunzione di figure specifiche: la trasformazione digitale è un processo che deve accompagnare l’intera realtà imprenditoriale – e non solo le lepri che hanno iniziato a correre. Quelle da sole non bastano. Esattamente come l’export che, senza una domanda interna più solida, da solo non è sufficiente». Il corso di trasformazione digitale promosso da Apindustria Brescia in collaborazione con HPE vuole essere un contributo a sostenere l’intera realtà imprenditoriale nel processo di cambiamento in atto.

“Per cogliere appieno le potenzialità di questa nuova rivoluzione industriale – come imprese e come sistema Paese – occorre, in primo luogo, aprirsi alla cultura digitale costruita sulla base di nuove competenze e, allo stesso tempo, considerare l’importanza di flessibilità, disponibilità al cambiamento e formazione continua. Per lo sviluppo di una Impresa 4.0, le competenze digitali rappresentano quindi un differenziale di redditività e di produttività del lavoro”, ha dichiarato Claudio Bassoli, Vice President, Industries Segment Sales di Hewlett Packard Enterprise.

 

Il programma del corso di Trasformazione digitale Apindustria – HPE

 

Giovedì 14 marzo (17,30 – 19,30)

La digitalizzazione industriale. Le Tecnologie Internet of Things: scenari evolutivi e trends in atto 

Sergio Crippa Industry 4.0 & IoT Country Manager SMB Sales Manager at Hewlett Packard Enterprise

Carlo Vaiti Distinguished Technologist at Hewlett Packard Enterprise

 

Giovedì 23 maggio (17,30 – 19,30)

La sicurezza del processo industriale. Fattori umani e organizzativi per l’accesso in sicurezza

Alessandro Ercoli, Team leader Aruba SE Italy

 

Giovedì 27 giugno (17,30 – 19,30)

Modellazione Solida e Prototipazione Rapida in 3D 

Davide Ferrulli, Country Lead 3D Printing at HP inc., PTC

Enrico Gnani, Sales CAD Specialist Southern Europe – Italy, Iberia & Switzerland

 

Giovedì 17 ottobre (17,30 – 19,30)

Intelligenza artificiale applicata al processo industriale

Edmondo Orlotti, HPC & AI Sales Manager Southern Europe at Hewlett Packard Enterprise

 

Fatturazione elettronica, nel bresciano otto imprese su dieci la bocciano

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Fatturazione elettronica

Fatturazione elettronica? No grazie. A poco più di un mese dalla sua entrata in vigore (1 gennaio 2019), l’indagine flash elaborata dal Centro Studi Apindustria Brescia attraverso un questionario on line tra i propri associati fa emergere un diffuso disagio nei confronti del nuovo strumento. Oltre 8 imprese su dieci (83%) ritengono infatti che la fatturazione elettronica «non sia uno strumento adatto alla realtà delle piccole imprese», 6 su dieci «che generi ansia e preoccupazione negli imprenditori» e ancor più negli addetti ai lavori (8 su 10) per l’elevata complessità tecnica (62%) e per una sentita carenza di competenze tecniche pregresse (57%).

Non solo, la formazione per supportare la fatturazione elettronica assorbe troppo tempo e denaro per 7 imprese su 10: il tempo viene quantificato in poco meno di 24 ore di formazione, il costo intorno ai 1.220 euro (ma con punte che superano i 5.000 euro). In oltre la metà dei casi (52%) la fatturazione elettronica impone ulteriori costi, legati al rinnovamento tecnologico (acquisto-aggiornamento della dotazione tecnologica e rafforzamento rete di connessione innanzitutto). Per due intervistati su tre crescerà anche il conto del commercialista mentre il 63% si dice anche certo che si genereranno problematiche relative alla privacy. «La fatturazione elettronica va bene nelle grandi aziende strutturate – afferma Mario Magazza, vicepresidente e tesoriere di Apindustria Brescia -. Per le piccole aziende è in realtà una fonte di disagio che si tradurrà in maggiori costi operativi, dal momento che in molti casi la si risolverà passando la palla al commercialista. Nel medio periodo esiste però un rischio ancora maggiore, legato alla tutela dei dati aziendali che verranno diffusi: prezzi articoli, clienti. Il garante della privacy è intervenuto sulla tutela dei dati personali, ma esiste anche un problema di sicurezza legato a quelli aziendali».

Se costi e privacy sono problemi, a fronte di questa situazione scarsi sono i benefici percepiti: come rileva l’indagine solo 4 imprenditori su 10 credono che il rischio di perdita di documenti si ridurrà e solo il 27% pensa che ci sarà una «semplificazione amministrativa». Esiste anche un nucleo di imprese più strutturate che, al contrario, ritiene che si ridurranno i rischi di perdita dei documenti (42%), ci sarà una semplificazione amministrativa (27%), semplificherà i rapporti con i commercialisti (23%). Un quinto delle imprese usa già fatturazione elettronica, o nel rapporto con i privati o con la Pubblica Amministrazione (obbligatorio).

Le 100 imprese intervistate compongono un campione di riferimento particolarmente rappresentativo di realtà medio piccole, nelle quali trovano mediamente impiego in amministrazione 2 persone, che si occupano di 73 fatture a settimana (con una variabilità però molto elevata, dalle 2-3 del piccolo produttore manifatturiero alle più di 500 dell’impresa del settore alimentare).

 

 

L’economia bresciana rallenta, Sivieri (Api): segnali da non sottovalutare

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Douglas Sivieri

Il terzo trimestre 2018 registra una contrazione congiunturale per ordini, fatturato e produzione rispetto al secondo trimestre. A osservarlo è il report congiunturale del Centro Studi Apindustria Brescia, realizzato attraverso un questionario rivolto a cento imprese associate. «I principali indicatori economici – sottolinea il report – segnalano una contrazione generale, che sembra dettare un punto di svolta rispetto al generale clima di crescita registrato nei mesi precedenti». Il 36% dei rispondenti parla di contrazione dei fatturati nel terzo trimestre (due terzi di questi con cali superiori al 9%) rispetto al trimestre precedente. Diminuisce in misura sensibile anche la percentuale di imprese che crescono, dal 64% al 45%. A pesare sarebbe soprattutto «una sentita instabilità a livello nazionale».

Stabili o in crescita continuano invece a essere i rapporti commerciali oltralpe. In crescita si confermano anche i costi di produzione. Sul fronte occupazionale, dopo un 2017 caratterizzata da una generale crescita, il 2018 registra variazioni più modeste: nel terzo trimestre la metà degli intervistati non segnala variazioni, un terzo rileva un lieve aumento, un 15% ha invece ridotto al forza lavoro. Nonostante il clima di apparente contrazione, nel terzo trimestre, le imprese non smettono di investire: se per la metà dei rispondenti questi sono stabili, per l’altra metà sono invece in crescita. A livello tendenziale, nel confronto con il 2017, i primi tre trimestri del 2018 presentano comunque nel complesso dati positivi per le imprese associate ad Apindustria. Le imprese presentano un fatturato in crescita nel 64% dei casi e stabile nel 10 per cento.

«Da mesi avvertivamo i segnali di un rallentamento – afferma Douglas Sivieri, Presidente di Apindustria Brescia -. La tendenza resta positiva, ma la congiuntura registra un freno da non sottovalutare. Anche nei periodi di crescita più convinta abbiamo registrato difficoltà per un gruppo di imprese. Adesso la platea che segnala rallentamento sembra stia aumentando, e questo in un contesto nel quale la domanda interna continua a essere debole e la situazione internazionale è un po’meno favorevole. Sono questi segnali da tenere presente e non trascurare».

Brescia, cresce l’interesse delle imprese verso Asia, Africa e Medio Oriente

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I mercati esteri sono sempre più importanti per le PMI bresciane e consentono margini spesso significativi: così è stato nel primo semestre 2018 e così sarà, almeno nell’Unione Europea, nei prossimi mesi. A rilevarlo è l’analisi semestrale dei dati sullo sviluppo internazionale delle imprese associate realizzata dal centro studi di Apindustria attraverso un’indagine che ha coinvolto un campione di 100 imprese associate, prevalentemente metalmeccaniche. Nel primo semestre 2018 il fatturato nella comunità europea è cresciuto per il 46% delle imprese, nel 15% dei casi in misura superiore al 10%. Segno positivo anche per chi ha esportato negli altri Paesi europei non Ue e, in modo marcato, in Africa e Medio Oriente. Se questa è la fotografia del passato recente, le aspettative sul commercio internazionale per i prossimi mesi sono per lo più stabili. Le note più ottimistiche riguardano il mercato comunitario: la metà del campione ritiene infatti che i commerci intra Ue possano crescere ulteriormente. Col segno positivo anche le previsioni per i mercati europei non Ue, ad eccezione di quello russo, dove quasi un quinto dei rispondenti prevede una sensibile riduzione nel prossimo futuro. Stabile il mercato nordamericano, le prospettive maggiori di crescita vengono individuate nel Nord Africa (67% dei rispondenti) e nel Medio Oriente (50%), aree queste dove negli anni passati (a causa delle tensioni geopolitiche) si erano registrate significative battute d’arresto.

Per quanto concerne le modalità di approccio ai mercati esteri, in linea con i dati rilevati nei semestri precedenti la formula prevalente è l’esportazione diretta, utilizzata dal 64% degli interpellati. Le piattaforme digitali B2B – sviluppatesi negli ultimi anni con l’intento di facilitare l’incontro tra domanda e offerta – sono al momento utilizzate da circa una impresa su dieci. Sei imprese su dieci non mostrano al momento interesse allo sviluppo di questo canale, anche perché impegnate a consolidare i legami diretti già esistenti o da ricostruire dopo gli anni di crisi. Tre imprese su dieci, pur non utilizzando tali piattaforme, dichiarano invece l’intenzione di approfondire la conoscenza di tale strumento. Facile immaginare quindi che, nel prossimo futuro, ci sarà un incremento nell’uso delle piattaforme B2B. Per quanto riguarda l’impegno ad aumentare quote di mercato nel prossimo futuro, l’Unione Europea appare come area di sviluppo naturale di una presenza già consolidata. I maggiori sforzi si rivolgeranno verso l’Asia: «L’80% di coloro che intendono rivolgersi a questo mercato – si legge nel focus estero dell’ufficio studi di Apindustria – investiranno per implementare o sviluppare nuove relazioni commerciali. Interessante notare come l’Asia a cui puntano i rispondenti non sia strettamente la Cina, rispetto alla quale prestano apparentemente poca attenzione». Più che nel Paese del Dragone, le imprese sembrano quindi guardare ad altri Paesi dell’area del Sud-Est asiatico, attraversati da solidi processi di crescita e con la possibilità di costruire relazioni commerciali positive.

Rispetto alle difficoltà, la dimensione aziendale limitata (con annessi problemi di carenza di personale dedicato, costi e talvolta barriere linguistiche) rappresenta per le aziende associate l’ostacolo principale allo sviluppo di ulteriori rapporti commerciali con l’estero. In tal senso va anche letto l’ufficio estero attivato oramai da tre anni da Apindustria, finalizzato proprio a sostenere le imprese nel necessario processo di internazionalizzazione. Oltre che i fattori endogeni, pesano però anche aspetti esogeni, il primo dei quali è rappresentato dalle barriere protezionistiche. «L’analisi del nostro centro studi conferma l’importanza crescente dei mercati esteri per le imprese bresciane – sottolinea il vice presidente di Apindustria Brescia con delega all’internazionalizzazione Alessandro Orizio -, interessate non solo a consolidare la loro presenza in Europa ma desiderose di approfondire le opportunità significative che ci sono in Asia. Emerge però anche una preoccupazione per i venti protezionistici, che certo non aiutano un tessuto produttivo aperto e vocato all’export come il nostro. Il nostro augurio è che si possano trovare soluzioni positive ai dissidi attuali, a tutto vantaggio delle imprese e dei consumatori».

Sindacati e Apindustria firmano un accordo per la formazione dei lavoratori

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Douglas Siveri presidente Apindustria

Le organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil di Brescia e Valle Camonica e Apindustria di Brescia hanno sottoscritto giovedì mattina un’intesa territoriale che  prevede che le attività di formazione del personale nel settore delle tecnologie previste dal Piano Industria 4.0 dovranno essere definite da un accordo sindacale aziendale o territoriale anche nella nostra provincia, come previsto dall’accordo interconfederale siglato il 23 luglio 2018, tra Confapi e Cgil, Cisl, Uil che mira ad agevolare la definizione degli accordi sulla c.d. “formazione 4.0” per le aziende prive di rappresentanza sindacale in azienda, al fine di facilitarne l’accesso ai benefici fiscali previsti dalla Legge di bilancio per il 2018.

Vengono infatti attribuite alla commissione paritetica territoriale per la formazione della provincia di Brescia le competenze per sottoscrivere tali accordi infatti, la legge di bilancio 2018 ed il successivo Decreto Interministeriale 4 maggio 2018, ha messo a disposizione per le aziende che svolgano attività di formazione per acquisire o consolidare le conoscenze delle tecnologie (da big data a integrazione digitale dei processi aziendali) previste dal Piano nazionale Industria 4.0, un credito d’imposta per i  lavoratori e lavoratrici impegnati (40% del costo del personale che svolge formazione).

Cgil, Cisl e Uil di Brescia e Valle Camonica, ritengono  che la competitività del sistema produttivo e delle imprese si debba fondere sempre più sul patrimonio di competenze delle lavoratrici e dei lavoratori, perché è tramite la formazione che si riesce a innovare e mantenere un’occupazione che garantisca un futuro al territorio.

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