Donne e lavoro, foto generica da Pixabay

Brescia, gli occupati sono 542mila

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Nel 2022 il mercato del lavoro bresciano ha mostrato segnali misti, frutto di una stabilizzazione del numero degli occupati (dopo la crescita rilevata nel 2021) e di una contestuale flessione dei disoccupati, il cui numero si attesta su minimi pluriennali.  Nel dettaglio, gli occupati sono pari a 542 mila unità, sostanzialmente invariati rispetto all’anno precedente e ancora inferiori di circa 11 mila unità nei confronti dei livelli pre-Covid (553 mila).

A evidenziarlo sono i dati ISTAT elaborati dal Centro Studi di Confindustria Brescia.

La dinamica rilevata nel 2022 ha visto una crescita degli occupati maschi (passati da 322 mila a 326 mila), a fronte di una leggera contrazione di quella femminile (da 219 mila a 217 mila). Tali variazioni hanno determinato marginali variazioni nel tasso di occupazione (15-64 anni), nel 2022 attestatosi al 65,9%, rispetto al 65,7% del 2021. Il tasso di occupazione rilevato in provincia di Brescia è minore di quello riscontrato in Lombardia (68,2%), ma ampiamente superiore alla media nazionale (60,1%), ambiti territoriali che sperimentano, tra il 2021 e il 2022, un incremento della quota degli occupati sul totale della popolazione.

Come già anticipato, nel 2022 il numero dei disoccupati scende a 23 mila, in calo di cinque mila unità nei confronti dell’anno precedente. La flessione ha riguardato la componente maschile (da 13 mila a 6 mila), mentre il numero delle femmine in cerca di occupazione sarebbe passato da 15 mila a 16 mila.  A seguito di tali dinamiche, il tasso di disoccupazione (15-74 anni) misurato a Brescia e provincia nel 2022 è sceso al 4,1% (dal 4,9% nel 2021), di fatto ai minimi storici e non lontano da livelli definiti “frizionali”, ovvero fisiologici. Il confronto con Lombardia (4,9%) e Italia (8,1%) vede il nostro territorio in posizione privilegiata, confermando una storica tendenza su questo ambito.

Il minor numero di persone in cerca di occupazione si sarebbe tuttavia riversato sulla categoria degli inattivi, passati da 247 mila a 251 mila, un’evoluzione che in parte vanifica i miglioramenti rilevati nel 2021, quando gli inattivi, a seguito della rinnovata vivacità del mercato del lavoro dopo la fase acuta della pandemia, erano considerevolmente diminuiti dai 256 mila rilevati nel 2020. Il tasso di inattività ha così raggiunto il 31,2% (dal 30,8% dell’anno precedente); fra le femmine bresciane tale tasso è pari al 41,7%, purtroppo più vicino al dato nazionale (43,6%), che alla virtuosa media lombarda (35,6%). Tutto ciò indicherebbe una limitata partecipazione delle donne del nostro territorio al mercato del lavoro locale, a espressione di un potenziale, solo in parte sfruttato.

“Chiudiamo un 2022 complessivamente positivo dal punto di vista del lavoro a Brescia, in particolar modo per quanto riguarda il fronte dei disoccupati, ormai scesi a una soglia che abbiamo definito fisiologica, e quindi sostanzialmente compatibile con la piena occupazione – commenta Roberto Zini, vice presidente di Confindustria Brescia con delega a Relazioni Industriali e Welfare –. Allo stesso tempo, tuttavia, avevamo aspettative migliori per quanto riguarda gli occupati, che invece sono rimasti su un livello invariato rispetto al 2021, e ancora distanti dai livelli pre-Covid. Questo aspetto ci deve quindi far riflettere, anche alla luce dell’ormai noto problema di mismatch tra domanda e offerta di lavoro che caratterizza il territorio bresciano, e della crescita degli inattivi. Su quest’ultimo aspetto, in particolare, incidono purtroppo i ritardi della componente femminile, tematica su cui, come Associazione, siamo da sempre attenti. Continueremo perciò a monitorare la situazione e a proporre soluzioni per un mondo del lavoro sempre più inclusivo e orientato alla parità di genere. Non dimentichiamo, in tale contesto, anche le ormai annose problematiche legate alla denatalità, che caratterizzano il nostro Paese, e l’esigenza di un lavoro straniero di qualità, attraverso una politica migratoria gestita e non subita, e rivolta anche a profili medio-alti, soprattutto laureati, che ad oggi non riusciamo ad intercettare. Sui profili più richiesti dalle nostre imprese, infine, voglio sottolineare come la maggior parte di esse sia rivolta su profili di livello medio-alto, a testimonianza di un percorso verso l’eccellenza che continua a caratterizzare il Made in Brescia, con forti investimenti sul capitale umano.”

Con riferimento ai dati di fonte amministrativa (INPS) relativi alle dinamiche registrate nei primi nove mesi dell’anno, tra gennaio e settembre del 2022, la variazione netta dei rapporti di lavoro in essere (Assunzioni +/- Trasformazioni – Cessazioni) mostra un saldo ampiamente positivo (+18.487 unità), sebbene in attenuazione rispetto a quanto sperimentato nello stesso periodo del 2021 (+23.318). Il dato è comunque in linea con la dinamica pre-Covid ed è trascinato dalla significativa performance del tempo indeterminato (+10.133). In tale contesto va tuttavia evidenziato come il saldo assunzioni – cessazioni sia negativo (-8.353), a fronte di un contributo ampiamente positivo da parte delle trasformazioni da forme contrattuali alternative (+18.486). Per quanto riguarda le sole assunzioni, l’evoluzione nei primi nove mesi del 2022 (139.759) risulta in accelerazione rispetto al 2021 (130.197), con una quota del tempo indeterminato che si attesta al 18,3%, valore non dissimile da quanto registrato negli anni precedenti.

Sul versante dei profili maggiormente richiesti nel bresciano, secondo le elaborazioni del Centro Studi di Confindustria Brescia effettuate sulla piattaforma WOLLYBI-Lightcast che monitora gli annunci di lavoro online rilevati nel territorio, nel 2022 le domande di lavoro formulate dalle imprese bresciane hanno riguardato prevalentemente le macro categorie delle professioni non qualificate (20,3% degli oltre 53 mila annunci analizzati), dei tecnici (16,6%), degli artigiani e operai specializzati (13,4%), delle professioni tecniche e scientifiche (12,8%). La segmentazione dei profili per livello di competenza vede primeggiare le figure medium skill (44,2% delle richieste), seguite da quelle high skill (35,5%) e dalle low skill (20,3%). Con riferimento ai profili più ricercati, la top 5 vede al primo posto gli addetti allo spostamento e alla spedizione dei materiali o delle merci (7,0% della domanda complessiva), seguiti dal personale non qualificato delle attività industriali (6,0%), dagli assistenti alle vendite (5,4%), dagli addetti alle pulizie in uffici, esercizi alberghieri ed altri esercizi (4,9%) e dai modellatori e tracciatori meccanici di macchine utensili (3,3%). Ben tre di queste figure appartengono alle professioni non qualificate, una alle professioni nelle attività commerciali e nei servizi e una agli artigiani e operai specializzati.

Va infine segnalato il nuovo sgonfiamento della Cassa Integrazione Guadagni, che però rimane ancora su livelli superiori a quanto riscontrato prima della pandemia. Le ore autorizzate nell’ultimo anno sono diminuite del 66% rispetto al 2021, passando da 40,8 a 13,9 milioni. In particolare, la componente ordinaria è calata del 60% (da 21,1 a 8,5 milioni di ore), mentre quella straordinaria ha subito una flessione del 43% (da 9,4 a 5,3 milioni di ore). Tuttavia, il confronto con il 2019 mostra una crescita del 100% (sintesi di un +149% della CIGO e di un +49% della CIGS). Sulla base delle ore effettivamente utilizzate è possibile stimare che nel 2022 le unità di lavoro annue (ULA) potenzialmente coinvolte dalla CIG siano circa 2.200, contro le oltre 9 mila del 2021, e le 1.500 del 2019.

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