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Tendenze - page 2

Gruppi industriali: la piattaforma bergamasca e bresciana in crescita nel 2022, nonostante un anno complesso

in Economia/Manifatturiero/Meccanica/Tendenze by

La piattaforma manifatturiera bergamasca e bresciana ha realizzato nel 2022 risultati economici in crescita sul 2021, nonostante un anno particolarmente complesso, caratterizzato in particolare dall’incertezza derivante dal conflitto in Ucraina e dagli inediti rialzi delle quotazioni del gas naturale, benchmark per il prezzo dell’energia elettrica.

A evidenziarlo è l’indagine condotta da Confindustria Brescia e Confindustria Bergamo, presentata oggi pomeriggio nella cantina Bersi Serlini Franciacorta di Provaglio d’Iseo, all’interno dell’evento “Nel cuore della manifattura – Un’analisi economico-finanziaria dei primi 200 gruppi industriali di Bergamo e Brescia” moderato dalla giornalista Stefania Scordio, che ha visto la partecipazione di Giovanna Ricuperati (presidente Confindustria Bergamo), Franco Gussalli Beretta (presidente Confindustria Brescia), Ernesto De Martinis (Ceo Coface in Italia e Head of Strategy Mediterraneo & Africa) e Antonio Solinas (Managing Partner Deloitte Financial Advisory), insieme agli interventi tecnici di Davide Fedreghini (Centro Studi Confindustria Brescia) e Massimo Longhi (Studi Territorio Competitività Internazionalizzazione Confindustria Bergamo).

L’incontro ha analizzato le dinamiche economico-finanziarie sperimentate nel biennio 2021-2022 dai primi 200 gruppi industriali bergamaschi e bresciani a vocazione manifatturiera – operatori che contano ricavi complessivi pari a 49,3 miliardi di euro e danno lavoro a 134 mila addetti – realtà di punta del tessuto imprenditoriale di uno dei segmenti produttivi più avanzati e innovativi a livello nazionale e continentale. Il campione oggetto dello studio si caratterizza poi per un’elevata proiezione internazionale, certificata dalla quota del volume d’affari realizzata al di fuori dell’Italia (pari al 64% del fatturato totale) e dalla significativa presenza di società estere nell’area di consolidamento (ben 924 sulle 1.761 imprese totali).

I principali risultati della ricerca condotta sono i seguenti:

· Nel 2022 i ricavi complessivi sono cresciuti del 19,2% sul 2021; tale dinamica è ascrivibile all’incremento dei quantitativi venduti e ai contestuali rincari dei prezzi applicati alla clientela, come risposta degli extra costi subiti dai gruppi stessi (materie prime e utenze energetiche). La crescita del volume d’affari è stata generalizzata e ha interessato il 92% delle realtà analizzate.

· I costi esterni (materie prime, semilavorati, utenze energetiche, servizi, ecc.) sono aumentati del 21,6%, evoluzione che va interpretata alla luce dei maggiori quantitativi acquistati per fare fronte alla crescente domanda e alla luce dei rialzi delle quotazioni di alcuni input utilizzati nei processi produttivi. La voce di costo maggiormente aumentata è quella dei servizi (+28,8%), al cui interno ricade quanto speso per l’energia elettrica. La maggiore crescita dei costi esterni rispetto al fatturato implica che i gruppi analizzati hanno in buona parte (ma non totalmente) trasferito sui clienti i maggiori costi riscontrati nelle fasi di approvvigionamento e trasformazione.

· Il Margine Operativo Lordo (MOL) è cresciuto del 23,1%; la sua incidenza sul fatturato è quindi aumentata, passando dal 13,9% del 2021 al 14,4% del 2022. Si tratta di un risultato particolarmente positivo, soprattutto se letto alla luce del contesto quanto mai complesso in cui le imprese hanno lavorato nel 2022. Va però segnalato che, se si esclude il settore siderurgico (caratterizzato per dinamiche particolarmente brillanti in tale senso), la crescita del MOL si ferma al 13,6%, incremento significativamente più basso di quanto realizzato dai ricavi.

· La struttura patrimoniale del campione si conferma assolutamente robusta: i mezzi propri coprono mediamente il 51,8% del totale delle attività. Il segmento più avanzato dell’industria bergamasca e bresciana si connota pertanto per un’elevata dotazione patrimoniale, frutto di gestioni particolarmente oculate negli anni passati, quando gli utili realizzati sono stati primariamente destinati alla capitalizzazione delle imprese.

· Gli investimenti in immobilizzazioni materiali e immateriali sono cresciuti del 25,4%, un ritmo più intenso di quello dei ricavi e del valore aggiunto. Le incertezze del quadro congiunturale e geopolitico non hanno frenato la propensione a investire dei gruppi analizzati, che invece hanno intensificato il processo di investimento rispetto al 2021.

L’analisi dei bilanci 2021-2022 a consuntivo è stata poi arricchita da una breve indagine somministrata agli stessi gruppi nel mese di ottobre. Tale survey si è prefissata due obiettivi: lo scatto di una prima istantanea (sebbene parziale e non definitiva) in merito alle principali dinamiche di bilancio per l’anno 2023 e la valutazione degli impatti della stretta creditizia, con la consapevolezza che i gruppi analizzati, grazie anche a un ridotto indebitamento bancario, si caratterizzano per una minore difficoltà di accesso al credito rispetto ad altre realtà, specialmente quelle di minori dimensioni.

Con riferimento al primo punto, l’indagine ha evidenziato come nel 2023 il fatturato complessivo è atteso scendere del 5% circa rispetto al 2022. Il valore aggiunto registrerebbe una dinamica nel complesso analoga, mentre il MOL diminuirebbe dell’11%. Talli evoluzioni sarebbero giustificate da una serie di fattori, come il rallentamento della domanda globale e la contrazione dei prezzi delle principali materie prime utilizzate nei processi produttivi. Il rapporto MOL/Ricavi si attesterebbe così al 13,5%, in leggera flessione rispetto al 2022 (14,4%) e al 2021 (13,9%). I dati complessivi sono poi stati segmentati per due cluster di gruppi: la metallurgia (ferrosa e non ferrosa) e i prodotti in metallo da una parte, il resto dei settori manifatturieri dall’altra, alla luce delle dinamiche divergenti da loro sperimentate. Nel 2023 i gruppi della metallurgia subirebbero un marcato rallentamento, dopo un 2022 particolarmente brillante. Per contro, i gruppi degli altri comparti evidenzierebbero evoluzioni più positive, migliori rispetto alla media rilevata.

Per quanto riguarda il secondo punto, non emergerebbero tensioni particolari, in quanto l’accessibilità al credito non risulta essere un elemento di criticità per la quasi totalità dei gruppi intervistati (84%). Va tuttavia segnalato che:

· Un gruppo su quattro prevede un ridimensionamento degli investimenti programmati.

· La copertura finanziaria degli investimenti continuerà a derivare dalla ingente liquidità accumulata in questi anni dai gruppi stessi. Il ricorso ai prestiti bancari rimarrà secondario, mentre l’apertura a fonti alternative sarà ancora fortemente marginale, a conferma di un assetto “tradizionale”, legato alle famiglie proprietarie.

DICHIARAZIONI

Giovanna Ricuperati, presidente Confindustria Bergamo

“Questo studio, che rientra a pieno titolo fra le attività di collaborazione avviate dalle due Associazioni, sfociate anche nella recente assemblea congiunta, ha consentito di approfondire struttura e dinamiche delle maggiori realtà imprenditoriali dei due territori, confermando le potenzialità di un ecosistema tra i più performanti d’Europa ed evidenziando le diverse somiglianze ma anche i numerosi caratteri distintivi che rendono le due province per molti aspetti complementari. In generale, vengono messi in luce i punti di forza di gruppi abituati a operare in contesti internazionali difficili, visti i tanti scenari di crisi aperti, pronti a sfruttare le nuove opportunità che emergono nei vari mercati e consapevoli dell’importanza di investire costantemente per preservare e migliorare la loro competitività. Grazie a questo lavoro emerge e viene valorizzata anche la capacità di trascinamento delle imprese leader che, aprendo la strada sui diversi mercati, agiscono in modo positivo facendo emergere tutta la filiera di riferimento; si tratta però di una relazione virtuosa, perché, d’altra parte, proprio la presenza di un’articolata rete territoriale contribuisce alla loro solidità e resilienza”.

Franco Gussalli Beretta, presidente Confindustria Brescia

“La presentazione del lavoro sui gruppi industriali si arricchisce quest’anno, ampliando l’analisi anche alle realtà bergamasche, in linea con quanto già fatto con l’Assemblea Generale congiunta delle scorse settimane. I positivi risultati emersi confermano la forza di quella che abbiamo definito la piattaforma manifatturiera d’Europa, nonostante le incertezze economiche e politiche a livello mondiale. In tale contesto, il ridotto ricorso a finanziatori esterni continua a rappresentare un elemento di forza, soprattutto a fronte dell’attuale stagione di rialzi dei tassi d’interesse, che rischia di compromettere l’operatività aziendale delle aziende più dipendenti dal settore bancario. Continuiamo a essere attenti agli stimoli verso l’esterno e, in particolare, a mercati in questo momento floridi come quello degli Stati Uniti. Sottolineo con piacere, infine, come le direttrici maggiormente seguite negli investimenti facciano riferimento alla digitalizzazione e alla sostenibilità, in particolare per quanto riguarda l’autogenerazione di energia da fonti rinnovabili e l’efficientamento energetico; questi ultimi sospinto dalla consapevolezza che i rialzi dei prezzi delle materie energetiche rilevati in questi mesi avranno, verosimilmente, una valenza strutturale e non transitoria.”

Ernesto De Martinis, Ceo Coface in Italia e Head of Strategy Mediterraneo & Africa

“Il nostro ultimo Barometro, relativo al 3° trimestre 2023, ha confermato le preoccupazioni già manifestate in precedenza riguardo alla stabilità finanziaria dei mercati per il prossimo futuro. Lo scenario che si prospetta a livello internazionale ci parla di instabilità e incertezza, che si riflettono necessariamente anche a livello locale. In Europa osserviamo importanti insolvenze nei pagamenti, contestualmente a un aumento delle dilazioni: comportamenti, questi, che parlano del protrarsi delle difficoltà da parte delle imprese, sulle quali pesano ancora gli effetti dell’inflazione e quelli del generale rallentamento economico. La nostra missione è di supportare le imprese nei loro scambi commerciali, orientando il loro business verso imprese solvibili e proteggendole dal rischio di mancato pagamento. Siamo un punto di riferimento, nell’assicurazione dei crediti, cauzioni, business information e recupero crediti.”

Antonio Solinas, Managing Partner Deloitte Financial Advisory

“La grande riserva di liquidità dei gruppi industriali bresciani e bergamaschi ha rappresentato uno dei fattori di successo nell’affrontare il contesto economico degli ultimi anni e limitarne, nella maggior parte dei casi, gli impatti. Pur evidenziando una struttura patrimoniale complessiva del campione robusta, caratterizzata da un ricorso particolarmente limitato a finanziatori esterni, l’analisi segnala che il 23% delle realtà in panel presenta un rapporto PFN/MOL superiore a 3. In un contesto di accelerazione degli investimenti rispetto al 2021 e con aspettative di ulteriori impulsi in tal senso negli anni a venire, valutare un’apertura degli attuali assetti “tradizionali” verso le opportunità alternative disponibili sul mercato dei capitali, potrebbe rappresentare una misura di tutela dei livelli di liquidità maturati. Le imprese del territorio potrebbero quindi beneficiare dell’ingresso sul mercato italiano di un numero sempre maggiore di “alternative lenders”: le fonti di finanziamento alternative insieme alla capacità di accesso al credito e alla liquidità accumulata dai grandi gruppi bresciani e bergamaschi potranno costituire il motore della crescita inorganica degli stessi, attraverso l’M&A e l’internazionalizzazione.”

Manifatturiero, in Lombardia meno produzione e ordini, ma l’artigianato resiste

in Economia/Export/Manifatturiero/Meccanica/Tendenze by

Il progressivo peggioramento del quadro internazionale raggiunge le imprese lombarde che registrano un calo delle performance, ma ancora contenuto. La produzione industriale vira in negativo, sia rispetto al trimestre precedente (-0,7%) sia su base annua (-1,5%). Resiste l’artigianato (+0,2% congiunturale) dove preoccupa però il calo degli ordini.

A causa dell’inflazione e del caro-tassi che provocano una contrazione dei consumi, sono gli ordini interni a soffrire maggiormente registrando un calo significativo per l’industria (-1,4% congiunturale) e più contenuto per l’artigianato (-0,3%). Difficile il confronto dei tendenziali con i buoni risultati dell’anno precedente: dal +6,2% al -3,5% l’industria e dal +3,6% al -1,3% l’artigianato. Anche gli ordini esteri flettono rispetto al trimestre precedente, ma meno intensamente (-0,3% l’industria e -0,1% l’artigianato).

Il dato medio complessivo sulla produzione industriale è sintesi di andamenti differenti per segno ed intensità a livello settoriale, con una maggior diffusione del segno negativo che tocca 9 settori su 13, che varia dal -9,4% del tessile al -0,7% della meccanica. All’opposto sono ancora positivi abbigliamento (+9,6%) e alimentari (+1,2%). Positivi ma deboli i mezzi di trasporto (+0,5%) e la chimica (+0,4%).

Si attenua il caro prezzi delle materie prime per l’industria con un incremento contenuto allo 0,8% sul trimestre precedente, ma crescono ancora molto per l’artigianato (+4,5%). Per quanto riguarda gli ordini, si impoverisce il portafoglio che scende a 81 giornate di produzione assicurata, perdendo 10 giornate rispetto al trimestre precedente, segno che la produzione del terzo trimestre è stata sostenuta anche dallo smaltimento di ordini pregressi.

A causa dei fattori esterni le aspettative e il clima di fiducia appaiono incerte e prevalgono le attese di stagnazione per tutti gli indicatori, segnale di un diffuso clima di insicurezza. “I fattori esterni condizionano la performance delle imprese lombarde ma la speranza è quella di poter ripartire nella giusta direzione: l’artigianato è ancora in positivo e questo è motivo di buona soddisfazione” – ha specificato Gian Domenico Auricchio, Presidente di Unioncamere Lombardia – “Il flusso di nuovi ordinativi è il vero punto debole per il 2023: in particolare sulla Lombardia grava la fase critica che sta attraversando l’economia tedesca: in tal senso le aspettative di business sono di miglioramento come evidenzia l’indice IFO. Inoltre non dobbiamo dimenticare che la qualità dei nostri prodotti e la capacità delle imprese lombarde di muoversi su nuovi mercati possono fare la differenza”. “Lo strumento delle filiere produttive, messo in campo dall’Assessorato allo Sviluppo Economico, può aiutarci a vincere questa complessa partita, in quanto valorizza e rafforza la competitività del modello lombardo, fortemente interconnesso con il territorio, favorendo la capacità di innovare, di digitalizzare, di sviluppare il capitale umano e di favorire progetti di transizione sostenibile” – ha aggiunto Mauro Sangalli, Coordinatore generale Casartigiani Lombardia.

“Il crollo degli ordini interni, la lenta inversione di tendenza dei prezzi e il calo degli investimenti generato dall’aumento del costo del denaro sono le principali cause del rallentamento della produzione industriale in Lombardia” – ha sottolineato ancora il Presidente di Confindustria Lombardia Francesco Buzzella – “Alcuni settori in particolare

mostrano segnali di maggiore sofferenza, come il chimico e il tessile. In questo contesto l’export rappresenta ormai una componente imprescindibile per il sistema lombardo. Alcuni segnali emersi dalla rilevazione trimestrale fanno però sperare in una rapida ripartenza: il saldo occupazionale positivo e la cassa integrazione in calo sono sintomo di fiducia da parte delle imprese le quali, nonostante la congiuntura negativa, continuano a produrre a pieno organico. Per sostenere in questa fase lo sforzo delle imprese è importante che le rilevanti misure di Regione Lombardia a sostegno del tessuto produttivo abbiano un iter più rapido mentre a livello europeo serve un Fondo sovrano per gli investimenti che consenta di competere con Usa e Cina” .

“Oggi i dati lombardi, in questo contesto macroeconomico estremamente negativo, possono essere considerati positivamente; la capacità del nostro sistema di rispondere alle influenze negative è forte” – ha concluso Guido Guidesi, Assessore allo Sviluppo Economico di Regione Lombardia – “Nell’evidenziare ulteriormente un contesto di guerre, speculazioni e politiche monetarie che non consentono gli investimenti, mi preme invitare la Banca Centrale Europea ad un riflessione sulla possibilità di anticipare la discesa dei tassi di interesse prima di quanto previsto per aiutare investimenti e innovazione. L’occupazione tiene e questo è il dato che dimostra la buona salute dell’ecosistema produttivo Lombardo”.

Brescia, nel 3° trimestre 2023 la produzione industriale si conferma in flessione

in Aib/Associazioni di categoria/Economia/Tendenze by

Tra luglio e settembre l’attività produttiva del settore manifatturiero bresciano ha registrato una nuova contrazione, che segue quella sperimentata tra aprile e giugno. La variazione rispetto al trimestre precedente è infatti pari a -5,0% (congiunturale), mentre l’evoluzione nei confronti dello stesso periodo del 2022 (tendenziale) si attesta a -0,3%, un valore di fatto invariato nei confronti di quanto rilevato nei tre mesi prima (-0,4%).

A evidenziarlo è l’indagine congiunturale del Centro Studi di Confindustria Brescia sui dati relativi al 3° trimestre 2023, realizzata su un panel di imprese manifatturiere associate e riportata da Brescia news, il giornale di Brescia e provincia online.

La dinamica negativa è giustificata non solo dalla consueta chiusura della maggior parte degli stabilimenti nei mesi estivi, ma anche dall’inasprimento delle condizioni operative delle imprese, su cui pesano, in particolare, la prosecuzione della fase di debolezza del contesto macroeconomico generale, che si riverbera, fra l’altro, in una nuova rarefazione della domanda. A seguito delle evoluzioni sopra indicate, il tasso acquisito, ovvero la variazione media annua che si avrebbe se l’indice della produzione non subisse variazioni fino alla fine del 2023, è pari a -0,6%.

“La performance negativa performance registrata dal settore manifatturiero bresciano nel trimestre estivo sconta alcuni fattori di freno, molti dei quali già evidenziati nella precedente rilevazione – commenta Franco Gussalli Beretta, presidente di Confindustria Brescia –; tra essi spiccano il generalizzato rallentamento dell’attività produttiva a livello mondiale, con l’indice PMI globale che a settembre si è attestato per il tredicesimo mese consecutivo sotto la soglia che delimita la crescita dalla contrazione, la sempre più debole dinamica della Germania, nostro principale partner commerciale, e la flessione del commercio internazionale, in contrazione dell’1,9% nei primi otto mesi del 2023 sullo stesso periodo dell’anno scorso. A ciò si aggiunge la prosecuzione della fase restrittiva del credito alle imprese, che determina, tra l’altro, l’innalzamento dei tassi applicati al settore produttivo e la contrazione dell’ammontare dei prestiti a disposizione dello stesso. Segnaliamo infine la rinnovata volatilità dal costo degli input energetici, con le quotazioni del gas naturale in forte crescita, anche se su livelli non paragonabili a quelli rilevati l’anno scorso. Siamo quindi di fronte a un contesto non semplice, per cui auspichiamo un rinnovato sostegno anche da parte governativa, alla luce dell’ultima Manovra, che recepisce alcune nostre richieste quali il mantenimento del taglio del cuneo fiscale, ma si è mostrata meno incisiva sul lato degli investimenti strutturali. In tale contesto, registriamo invece un andamento positivo di alcuni mercati oltreoceano, in particolare di quello statunitense, che continua a registrate buoni numeri nonostante il rialzo dei tassi e l’inflazione, grazie all’importante pacchetto di incentivi per le imprese lanciato dal governo: una via che seguiamo con interesse e che conferma come solo una marcata attenzione per il sistema produttivo – a livello strutturale – possa garantire un futuro di crescita alle nostre aziende.”

Nel periodo considerato, solamente il 14% degli operatori intervistati ha inoltre dichiarato una crescita dell’attività rispetto al trimestre precedente, a fronte del 30% che si è espresso per il mantenimento dei volumi prodotti e del 56% che invece ha segnalato una flessione degli stessi.

§  La disaggregazione della variazione della produzione per classe dimensionale mostra generalizzate flessioni: -3,3% per le imprese micro, -4,4% per le piccole, -5,4% per le medie e -9,5% per le grandi.

§  Con riferimento alla dinamica congiunturale per settore, l’attività produttiva ha evidenziato generalizzate contrazioni. Consuntivi positivi provengono dalle realtà dell’alimentare (+3,1%). I comparti legno e minerali metalliferi (-1,9%), chimico, gomma e plastica (-3,8%), meccanica (-5,4%), sistema moda (-7,8%) e metallurgia (-7,9%) si caratterizzano invece per delle flessioni dell’output, anche di rilevante intensità.

§  Il tasso di utilizzo della capacità produttiva è pari al 75%, in calo del 5% rispetto alla rilevazione precedente, e inferiore del 3% nei confronti di quanto misurato nel terzo trimestre del 2022 (78%).

§  Le vendite sul mercato italiano sono aumentate per il 13% delle imprese, rimaste invariate per il 32% e diminuite per il 55%. Le vendite verso i Paesi comunitari sono cresciute per il 10% degli operatori, calate per il 56% e rimaste stabili per il 34%; quelle verso i Paesi extra UE sono aumentate per il 14%, diminuite per il 46% e rimaste invariate per il 40% del campione.

§  I costi di acquisto delle materie prime sono diminuiti per il 34% delle imprese, con una flessione media dello 0,7%; si tratta della seconda variazione negativa dal primo trimestre 2020 (dopo quella riscontrata nel periodo precedente), un ulteriore elemento a riprova della fase di raffreddamento dell’economia globale. Sempre fra luglio e settembre, i prezzi di vendita dei prodotti finiti sono stati rivisti al ribasso dal 21% degli operatori, per una contrazione media dello 0,4%. Tali evoluzioni certificherebbero quindi l’assestamento delle tensioni rilevate negli ultimi anni, sebbene non si intraveda una reale inversione di tendenza dei movimenti che hanno caratterizzato la ripresa post pandemica.  Va poi evidenziato che la perdita di marginalità cumulata a partire dal terzo trimestre 2020 è senza precedenti: +37% i prezzi di vendita, contro +128% dei costi di acquisto. 

§  La domanda insufficiente si conferma come il principale fattore che limita la produzione: ciò ha riguardato il 41% delle realtà intervistate, una quota in sensibile aumento rispetto all’anno scorso (26%), non lontana dal picco del 47% raggiunto nel periodo precedente. Si tratta di numeri che non si rilevavano dal 2020, da quando il sistema economico locale stava affrontando l’emergenza Covid-19. Il secondo elemento maggiormente segnalato dalle aziende riguarda la scarsità di manodopera (13%), mentre lo shortage di materie prime e semilavorati riguarda solamente il 2%. A riguardo va poi ricordato come il 41% delle aziende non denuncia alcun problema in particolare, e che (per il momento) non emergerebbero particolari problematiche relative alla stretta creditizia innescata negli scorsi mesi: ciò sarebbe in qualche modo (anche) giustificato dal consueto ritardo con cui le restrizioni adottate dal sistema bancario tendono a ripercuotersi sull’economia reale. 

§  Le previsioni per i prossimi mesi sono all’insegna dell’incertezza e riflettono i fattori di criticità prima evidenziati, oltre all’acuirsi delle tensioni geopolitiche sul versante mediorientale. Nel dettaglio, l’attività è prevista in aumento da 21 imprese su 100 e in calo dal 38%, a fronte della maggioranza relativa degli operatori (41%) che propenderebbe per il mantenimento degli attuali livelli produttivi. I settori con le prospettive più positive sarebbero alimentare e sistema moda. Le aziende dei comparti meccanica, legno e minerali non metalliferi, metallurgia, emergono, invece, come le più pessimistiche.

§  Gli ordini provenienti dal mercato domestico sono in crescita per il 15% delle aziende, stabili dal 44% e in calo dal 41%. Quelli da parte degli operatori comunitari, sono dichiarati in aumento dal 16% delle imprese, invariati per il 46% e in flessione per il 38%. Quelli in arrivo dai mercati extra UE sono in crescita per il 17%, stabili per il 47% e in contrazione per il 36%.

§  Il numero di giorni di produzione assicurata si attesta a 64; erano 77 nel periodo precedente e 76 nel terzo trimestre del 2022. Il valore complessivo cela una forte variabilità fra e nei settori considerati: tutto ciò indicherebbe un’elevata eterogeneità di “visione” da parte delle imprese intervistate, di fronte a una fase ciclica che si conferma essere nuovamente complessa e densa di incognite.

Imprese bresciane: tra luglio e settembre sono 390 in più

in Associazioni di categoria/Camera di commercio/Economia/Tendenze by

Il bilancio della nati-mortalità delle imprese bresciane tra luglio e settembre si è chiuso con un nuovo saldo positivo di 390 unità. Dall’analisi dei flussi della natalità d’impresa, realizzata dal Servizio Studi della CCIAA di Brescia e riportata da Brescia news, emerge che nel terzo trimestre dell’anno sono state avviate 1.283 imprese, in aumento del 2,5% rispetto all’analogo periodo del 2022.

“A fronte di una sostanziale tenuta, rispetto allo scorso trimestre, del numero di imprese iscritte al registro imprese – commenta il Presidente della Camera di Commercio, Ing. Roberto Saccone – alcuni fenomeni vanno comunque tenuti in debita considerazione e attentamente monitorati nel prossimo futuro. In particolare, desta qualche preoccupazione il calo, ormai costante, del numero di imprese del settore manifatturiero (- 2% tendenziale), e, soprattutto, delle imprese giovanili (- 0,9%) Si tratta infatti di due indici che, rispettivamente, sono espressione di quello che è l’asse portante del nostro tessuto produttivo e dello spirito imprenditoriale che, da sempre, caratterizza l’economia bresciana. Per contro, si registra un positivo incremento del settore dei servizi (+ 1,5%), a testimonianza di una crescente modernizzazione del nostro sistema produttivo”.

Sul fronte della mortalità d’impresa nel periodo estivo sono 893 le imprese cancellate dall’anagrafe camerale bresciana, in aumento del 3,1% rispetto ai 12 mesi precedenti.

Il terzo trimestre dell’anno si chiude con uno stock di 119.319 imprese registrate in aumento dello 0,3% rispetto al secondo trimestre ma in leggero calo rispetto allo stesso periodo del 2022 (-0,6%).

Dal confronto territoriale è evidente che il risultato bresciano è migliore del dato nazionale che segna una diminuzione del numero delle imprese dell’1,1%.

Artigianato – Le dinamiche di nati-mortalità imprenditoriale del comparto artigiano si confermano in linea con lo stesso periodo dello scorso anno. Gli avvii d’impresa (419) e le uscite dal comparto (350) restano pressoché uguali rispetto a un anno fa, confermando il saldo positivo pari a 69 unità in più nel trimestre.

Al 30 settembre sono 33.460 le imprese artigiane registrate al Registro Imprese di Brescia, in leggero aumento (0,2%) rispetto al secondo trimestre, ma in calo dell’1% su base annua.

IL BILANCIO DEI SETTORI

Sul fronte settoriale, prosegue la crescita dei servizi (+1,5% tendenziale), comparto che rappresenta il 32,5 % del totale delle imprese bresciane, mentre prosegue il trend negativo che da diversi anni caratterizza l’industria manifatturiera (-2%) su cui continua a pesare l’importante flessione della componente artigiana (-187 imprese; -2,2%); il commercio (-1,9%) e l’agricoltura (-1,3%).

Le costruzioni chiudono il trimestre con un calo della base imprenditoriale (-1,5%), determinato dalla componente artigiana, ma nel complesso il numero delle imprese operanti nel settore si mantiene sopra i livelli pre-Covid.

Nel dettaglio dei sevizi, riportano un nuovo aumento le attività professionali, scientifiche e tecniche (+303, pari a +4,5%) che avanzano nel percorso di crescita intrapreso negli ultimi anni; le attività assicurative (+96 unità, +2,9%); i servizi di trasporto e magazzinaggio (+50 unità; +1,8%) e i servizi di informazione e comunicazione (+23 imprese; +0,8%).

Si conferma in stallo la dinamica dei servizi di alloggio e ristorazione che chiudono il trimestre con un leggero calo (-0,3% pari a -30 unità rispetto allo stesso periodo dello scorso anno).

L’organizzazione giuridica – Sul fronte organizzativo la crescita del trimestre è dovuta all’aumento delle società di capitali che segnano un nuovo incremento (+0,8%) proseguendo un trend crescente in atto da diversi anni che porta al 33% la loro incidenza sul totale. Confermano il segno negativo le società di persone (-1,6%), e le ditte individuali (-1,1%) che restano l’organizzazione più diffusa (47,9% del totale).

Le imprese femminili, giovanili e straniere

Dall’analisi delle caratteristiche demografiche degli imprenditori emerge che nel terzo trimestre dell’anno continua la robusta crescita delle imprese straniere (+1,2%) che rappresentano il 12,6% delle imprese della provincia (incidevano per l’11,1% nello steso periodo del 2019).

Le imprese femminili si mantengono pressoché stabili (-0,2%), rispetto al terzo trimestre dello scorso anno con 24.617 imprese pari al 20,6% del totale.

In leggera flessione le imprese giovanili (-0,9%) che si attestano a 10.033 unità pari all’8,4% del totale.

Fonte: Elaborazioni Servizio Studi della C.C.I.A.A di Brescia su dati Registro Imprese- Infocamere

Settori strategici, la Lombardia fa squadra con Piemonte e Liguria

in Economia/Innovazione/Tendenze by

Prosegue e si consolida l’alleanza strategica economica su settori specifici tra Lombardia, Piemonte e Liguria.

Dopo il primo incontro di Genova del luglio scorso i tre assessori regionali allo Sviluppo Economico Guido Guidesi (Lombardia), Andrea Tronzano (Piemonte) e Andrea Benveduti (Liguria) si sono ritrovati oggi a Milano per una giornata di lavoro con imprese, università e associazioni di categoria per sviluppare azioni condivise a sostegno delle aziende.

É la ‘Cabina economica del Nord Ovest’ in cui sono stati approfonditi, con tavoli di lavoro specifici, i settori automotive, aerospazio, filiera logistica, industria energetica e microelettronica.

“La strada è tracciata – hanno detto i tre assessori – e l’obiettivo è senza dubbio ambizioso, costruire filiere interregionali su tematiche di interesse comune che permettano ai tre territori un maggiore sviluppo e nuove opportunità alle imprese”.

Il prossimo incontro si terrà a Torino il 7 febbraio 2024.

AUTOMOTIVE – Per la prima tematica, quella dell’automotive, è importante ricordare quanto le regioni del Nord Ovest siano da sempre leader in Italia e ai primissimi posti in Europa. Davanti a questa realtà diventa fondamentale la tutela della filiera con la possibilità, grazie alle nuove tecnologie e studi scientifici, di far nascere nuove possibilità di sviluppo. Per questo i tre assessori hanno espresso unanimemente la necessità di una strategia comune di sostegno, oltre ad aver discusso proposte insieme alle associazioni di categoria e a importanti realtà imprenditoriali, cercando così di essere maggiormente protagonisti in Europa.

MICROELETTRONICA – Punti di assoluta convergenza anche per il settore della microelettronica. In questo caso, l’attenzione delle tre regioni si è concentrata sulle risorse umane e sulla formazione, quest’ultimo aspetto fondamentale per affrontare con adeguata preparazione le sfide della digitalizzazione. Le regioni, quindi, condividono la “necessità di colmare il gap domanda-offerta mettendo al centro il rapporto tra mondo dell’istruzione e mondo dell’azienda”. Le proposte sono quelle di iniziative “verso le scuole superiori che facciano comprendere quanto l’elettronica incida nella vita quotidiana e come lo sviluppo di percorsi alternativi all’università sia fondamentale per creare profili altamente qualificati”.

AEROSPAZIO – Il terzo tema affrontato, sui cui è stata registrata ampia convergenza tra le regioni, è quello dell’aerospazio. È stata sottolineata l’importanza di un coordinamento multi-regionale dei bandi che creerebbe una maggiore integrazione tra le filiere aerospaziali delle tre regioni. Torino, con la partenza della città dell’aerospazio a fine anno, diventerà un centro importante di ricerca e di sviluppo per tutto il Nord Ovest dell’industria aeronautica e spaziale.

FILIERA LOGISTICA – Sono state poi affrontate le tematiche relative alle imprese operanti nel settore della logistica. Lombardia, Piemonte e Liguria rappresentano la principale area di origine/destinazione per il trasporto delle merci in Italia, con un settore della logistica che può vantare numeri di straordinaria importanza: oltre 10 miliardi di euro il valore del comparto industriale (circa il 25-30% del fatturato di logistica nazionale, stimato da Assologistica in 35 miliardi), oltre 18.000 imprese che danno lavoro a 90.000 addetti, 12 terminal intermodali in cui operano le imprese di trasporto combinato generando il 30% del traffico nazionale, in gran parte verso destinazioni internazionali, 400 milioni di merci con origine o destinazione la Lombardia, il 93% delle quali movimentate su gomma, il 7% movimentate su ferro; il trasporto ferroviario rappresenta il 14% del traffico merci totale, esclusi i traffici interni alla Lombardia e il 67% del traffico totale internazionale e circa 500.000 tonnellate all’anno il quantitativo di merci movimentate da Malpensa che si conferma primo aeroporto in Italia per le merci.

AL LAVORO PER CREARE UN’AREA LOGISTICA VASTA DI LIVELLO EUROPEO – “Questi numeri e condizioni idonee – è stato il ragionamento dei tre assessori e degli stakeholder presenti al tavolo di lavoro – spingono a dare risposte adeguate e a lavorare per la creazione di un sistema integrato di servizi nell’ambito di un’area logistica vasta di livello europeo. Una macroregione economica che rappresenta oltre il 45% del mercato nazionale di logistica e genera circa il 50% del PIL italiano, cui in un’ottica di sistema riferito agli assi europei va integrato il Brennero e quindi l’area veneta occidentale”.

INDUSTRIA ENERGETICA – Il quinto e ultimo tavolo di lavoro è stato dedicato all’industria energetica; consapevoli del fatto che la transizione energetica avrà un impatto sulle filiere produttive tradizionali fortemente presenti nel nord-ovest, molti sono stati i temi trattati e i punti di incontro tra le tre regioni. Si è dibattuto sui possibili scenari di mercato settoriali e di tematiche specifiche quali: l’industria energetica a partire dalla produzione, dalla componentistica e dall’impiantistica, l’efficienza energetica, lo sviluppo della filiera della bioraffinazione e dello sviluppo della produzione di energia da fonti rinnovabili. Un’analisi specifica è stata dedicata a tutte le alternative della filiera dell’industria energetica concordando di “mettere a sistema la filiera completa in ragione delle conoscenze e delle aziende già attive nelle tre regioni”.

“Made in Brescia”: 144 le imprese a partecipazione estera; generano un fatturato di 4,3 miliardi

in Economia/Manifatturiero/Tendenze by

Le imprese manifatturiere bresciane a partecipazione estera ammontano a 144 unità: nel 2021 (ultimo anno disponibile) hanno realizzato un fatturato pari a 4.321 milioni di euro, un valore aggiunto di 1.104 milioni e hanno dato lavoro a oltre 11.300 addetti, a testimonianza del loro peso sul territorio.

A evidenziarlo è l’edizione 2023 della ricerca “Multinazionale Brescia”, realizzata dal Centro Studi di Confindustria Brescia e riportata da Brescia news: lo studio offre un approfondito censimento delle aziende locali partecipate da operatori stranieri (investimenti inward) e delle iniziative all’estero da parte delle realtà bresciane (investimenti outward). Il report ha riguardato, per entrambi i fronti, esclusivamente le realtà manifatturiere, con forma giuridica “società di capitali”, caratterizzate da un volume d’affari superiore a 1 milione di euro.

Sulla base di quanto emerso dallo studio, le imprese manifatturiere a partecipazione estera rappresentano il 4,6% della popolazione di riferimento, ma incidono per il 10,3% dei ricavi complessivamente generati dell’industria bresciana, per il 10,8% del valore aggiunto e per il 10,3% dell’occupazione.

Dal punto di vista delle aree geografiche di provenienza del soggetto investitore, l’Unione Europea guida la classifica delle multinazionali attive sul territorio: ben 80, per un totale di quasi 5.700 dipendenti. Al secondo posto si colloca, a distanza, il Nord America, con 30 partecipazioni e oltre 2.700 addetti. Seguono, entrambe con 15 imprese detenute, l’Asia e l’Europa non UE. Più nel dettaglio, per quanto riguarda i Paesi di provenienza, al primo posto si posiziona la Germania, che vanta 35 imprese bresciane partecipate, con oltre 2.600 addetti; seguono gli Stati Uniti (27 imprese, con più di 2.500 addetti) e la Francia (19 aziende, con oltre 800 dipendenti), in una classifica che vede la presenza, sul territorio bresciano, di investitori originari di 24 Paesi esteri.

“Il censimento realizzato dal Centro Studi permette di scattare una fotografia più ampia sul fenomeno dell’internazionalizzazione delle aziende bresciane, andando a integrare le informazioni sui flussi import/export rilevati periodicamente dall’ISTAT, con dettagli sulle multinazionali attive nel territorio – commenta Mario Gnutti, vice presidente di Confindustria Brescia delegato all’Internazionalizzazione –. In questo modo abbiamo ottenuto una rappresentazione per certi versi più completa dei reali rapporti con l’estero da parte del sistema produttivo bresciano, che i soli dati sulle importazioni ed esportazioni tendono necessariamente a sottostimare. I risultati testimoniano, una volta di più, l’integrazione del Made in Brescia nel contesto globale, oltre alla sua capacità di contaminare e, allo stesso tempo, di ricevere stimoli dall’estero. In tale contesto, va sottolineato come risultino ancora minoritarie le iniziative realizzate da realtà provenienti da aree a più recente industrializzazione: a riguardo, vanno segnalate, tra l’altro, le cinque imprese partecipate da operatori cinesi, le due indiane, le due brasiliane e l’unica turca. Si tratta comunque di una tendenza piuttosto recente e in crescita, avviata intorno alla metà del primo decennio di questo secolo, che – come Associazione – siamo chiamati a monitorare, valutando la possibilità di aprire un dialogo costruttivo e costante con tutte le realtà multinazionali, affinché la loro crescita vada di pari passo allo sviluppo sociale ed economico del territorio bresciano, in cui sono inserite”.

Per quanto riguarda i settori coinvolti, al primo posto si posizionano gli operatori dei macchinari ed apparecchiature (39 imprese partecipate, con oltre 2.100 addetti), seguiti dai prodotti in metallo (27 realtà produttive con quasi 1.900 addetti). Le multinazionali estere risultano quindi particolarmente attive nei settori tradizionalmente di punta del Made in Brescia, ovvero la filiera metalmeccanica; tuttavia, la loro presenza appare non trascurabile anche in comparti forse meno significativi dal punto di vista dell’occupazione e del fatturato prodotto, ma comunque rinomati per eccellenze e specializzazioni. È il caso dei settori alimentare e chimico, gomma e plastica, ambiti in cui il ruolo ricoperto dalle multinazionali estere nel territorio bresciano è tutt’altro che secondario.

L’analisi condotta dal Centro Studi di Confindustria Brescia – che, secondo una tassonomia proposta anni fa da Banca d’Italia, rientra nell’alveo delle cosiddette “statistiche non istituzionali e armonizzate” – si è inoltre focalizzata sulle iniziative all’estero da parte delle imprese manifatturiere locali. Da tale prospettiva, si contano 265 aziende che hanno avviato investimenti, di natura produttiva e/o commerciale, fuori dai confini nazionali: queste realtà rappresentano l’8,3% della popolazione di riferimento. L’impegno sui mercati esteri da parte di queste aziende è quanto mai vario: si passa da una sola partecipazione (che riguarda oltre la metà delle imprese censite), a casi di veri e propri “gruppi multinazionali”, caratterizzati da investimenti in oltre 20 realtà straniere.  Le suddette iniziative si concretizzano in 797 aziende estere, partecipate, a vario titolo, da operatori industriali bresciani. Analogamente a quanto rilevato per gli investimenti inward, anche nel caso degli outward l’Unione Europea primeggia come la principale destinazione (308 partecipate) degli investimenti da parte della manifattura locale.

L’analisi dettagliata per Paese ospitante vede primeggiare gli Stati Uniti (con 110 realtà partecipate, fra produttive e commerciali). Le altre destinazioni più seguite dal Made in Brescia sono: Germania (60), Cina (55), Francia (54), Spagna (43), India (39) e Brasile (33), in una classifica che vede ben 72 Paesi esteri coinvolti, con diversa intensità, in tale fenomeno. A riguardo va poi sottolineato che le iniziative avviate con finalità di pura delocalizzazione della produzione in aree geografiche caratterizzate da un minor costo dei fattori produttivi (in particolare il lavoro) sono oramai divenute fortemente minoritarie (se non addirittura marginali) e appartengono, dal punto di vista della data di avvio dell’operazione, perlopiù alla prima fase del processo di internazionalizzazione dell’industria bresciana, collocabile, a grandi linee, negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso. La delocalizzazione è stata quindi soppiantata da strategie di più ampio respiro, in cui gli investimenti all’estero hanno l’obiettivo di servire direttamente mercati divenuti strategici.

La ricerca ha inoltre permesso di segmentare le aziende multinazionali locali per settore di attività. Il comparto dei macchinari ed apparecchiature si conferma come il più presente sui mercati esteri, sia in termini di realtà investitrici (69), sia per le società partecipate (228); al secondo posto il settore prodotti in metallo (53 iniziative per 153 presenze in Paesi esteri). Anche in questo caso non mancano le rappresentanze di comparti non metalmeccanici, come alimentare e chimico, gomma e plastica, ma con una rilevanza inferiore di quanto registrato sul versante inward.

Moda, Cieffe chiude il primo semestre a 26 milioni e fa acquisti

in Abbigliamento/Bilanci/Economia/Tendenze/Tessile by

Soncino, – Cieffe, partner strategico dei principali brand mondiali del lusso nella confezione di capi prêt-à-porter di alta gamma, chiude il primo semestre del 2023 con un fatturato di 26 milioni di euro (+ 25% vs H1 2022), che proietta i ricavi alla fine del 2023 a €50 milioni (+ 21% vs 2022) con un EBITDA di oltre il 12%. Una crescita che segue quella del 2022, chiuso con ricavi a €41 milioni e un EBITDA superiore al 10%, fatturato triplicato negli ultimi 10 anni. Indicatori in grande incremento anche rispetto al 2021, chiuso con ricavi della gestione caratteristica a 24 milioni di euro1.

Continua inoltre il percorso verso la creazione di una piattaforma produttiva integrata con l’acquisizione del 35% dello storico Maglificio Peve che, con sede a Varese, da più di 70 anni è partner dei più importanti brand di moda nella produzione di maglieria calata di qualità. Peve, che si distingue per un’attenzione particolare verso l’artigianalità Made in Italy, l’innovazione e la sostenibilità delle tecniche di produzione e dei materiali, ha chiuso il 2022 con ricavi per €5 milioni con un EBITDA pari al 12%, e con ordini in portafoglio per il 2023 pari a circa €9,5 milioni.

Un’operazione che si inserisce nella strategia di crescita anche per linee esterne di Cieffe, che ha visto la Società acquisire 4 realtà in soli due anni con l’obiettivo di creare un “ecosistema di prossimità” nell’alto artigianato industriale, unendo professionalità trasversali. Cieffe, che oggi è partner di riferimento per le produzioni dei più importanti gruppi mondiali del lusso, ha infatti l’obiettivo di creare una piattaforma integrata, che raggruppi la maggior parte delle fasi della produzione entro 150km, sposando una filosofia in controtendenza rispetto al “fast business”, che faciliti così la logistica, incrementi la sostenibilità e massimizzi il controllo della qualità per i clienti.

Con un approccio industriale di lungo termine, Cieffe intende infatti acquisire piccoli e medi laboratori di produzione, vere eccellenze del territorio e custodi di uno straordinario “saper fare”, integrandoli e valorizzando il loro DNA e il loro ruolo all’interno della piattaforma. Con l’ingresso nell’azionariato del Maglificio Peve, Cieffe oggi controlla anche il 100% di 3 laboratori, FRANC’OBOLLO SRL, NEW MOOD SRL, SILVERMACS SRL. Una strategia che ha generato valore per tutta la filiera, creando sinergie tra aziende, facendo crescere le società target, attraverso progetti di sviluppo ad hoc e aprendole così a nuovi clienti e commesse.

Marco Panzeri, CEO di Cieffe, commenta: “Abbiamo chiuso il primo semestre dell’anno con una crescita importante. L’andamento del 2023 conferma quindi che il percorso di sviluppo avviato è solido e strutturale e ci proietta verso una chiusura dell’anno con un incremento di fatturato a doppia cifra. In questi mesi continueremo a concentrarci sulla nostra strategia di crescita sostenibile anche per linee esterne, aggregando laboratori con le migliori competenze, realizzando così nuovo valore per tutta la filiera, nel rispetto delle persone e dell’ambiente. Tutto questo mantenendo sempre un approccio industriale di lungo termine per custodire, proteggere e far evolvere uno straordinario “saper fare” come quello delle tantissime piccole eccellenze che popolano il nostro territorio”.

Parte integrante della crescita di Cieffe è anche l’attenzione alla sostenibilità e alla ricerca e innovazione. L’azienda ha infatti investito 7 milioni di euro per l’ampliamento dello stabilimento di Soncino e nel biennio 2022-2023 ha stanziato 3 milioni di euro per nuovi investimenti in Ricerca & Sviluppo. Inoltre, ha creato un reparto (D4D – Design for Designers) interamente dedicato allo studio e sviluppo di nuove lavorazioni per i tessuti e di nuove modalità di creazione e progettazione degli abiti con l’obiettivo di diventare un partner sempre più strategico in tutto il processo di ideazione, progettazione e produzione delle collezioni dei suoi clienti. Grazie agli investimenti in innovazione, oggi l’azienda è in grado di realizzare modelli in 3D che le permettono di ridurre al minimo l’impatto della creazione dei prototipi sull’ambiente, riducendo lo scarto di tessuto, eliminando la necessità di spedire fisicamente il prodotto e accorciando sensibilmente i tempi di produzione. Un processo innovativo, in linea con l’attenzione di Cieffe verso la responsabilità sociale, che garantisce minori sprechi e maggiore efficienza.

Mercato immobiliare della casa: ecco le tendenze in Lombardia

in Economia/Tendenze by

I prezzi di vendita in Lombardia rallentano la propria corsa ma non si fermano del tutto, registrando un aumento dello 0,7% su base regionale nell’ultimo trimestre, mentre su base annua la crescita rimane solida: +6,7%. Rincari più pronunciati per gli affitti, pari al +3,2% nell’ultimo trimestre, mentre la crescita annua si attesta al +7,5%. Queste le principali evidenze tratte dall’Osservatorio trimestrale sul mercato residenziale lombardo ad opera di Immobiliare punto it Insighits, la proptech company del gruppo di Immobiliare punto it, il portale immobiliare leader in Italia, specializzata in analisi di mercato e data intelligence.

Comprare casa in Lombardia costa, oggi, 2.500 euro al metro quadro di media, mentre per affittarla servono 16,7 euro/mq.

Le principali evidenze di mercato

Dai principali indicatori di mercato emergono segnali di raffreddamento per quanto concerne il comparto delle compravendite, con la domanda che continua a contrarsi: -4,2% nell’ultimo trimestre (-6,9% sull’anno). Allo stesso tempo l’offerta, pur mantenendosi stabile negli ultimi dodici mesi (-0,2%) si riduce di oltre 6 punti percentuali nel trimestre.

Diversa la situazione per gli affitti, con lo stock in aumento di quasi 20 punti percentuali nel trimestre (+24,7% sull’anno) mentre la domanda, che rispetto a questo punto del 2022 è cresciuta poco meno di 5 punti percentuali, nell’ultimo trimestre vola al +15%.

I principali trend di vendita in regione

La città più cara della regione (e d’Italia), resta Milano, che raggiunge quota 5.300 euro al metro quadro di media. In un anno i prezzi nel capoluogo meneghino sono cresciuti del 3,6%, ma non hanno smesso di aumentare nemmeno nell’ultimo trimestre, registrando il +0,9%. Non è però la città che cresce di più: in un quadro tendenzialmente positivo, Varese sperimenta rincari di oltre 3 punti percentuali nel trimestre, arrivando a quota 1.650 euro al metro quadro. Tra le eccezioni al trend di crescita regionale troviamo invece Como, che vede i prezzi di vendita in contrazione del 2,9% nel trimestre scendendo a 2.611 euro al metro quadro. Cremona si afferma invece come città più economica della Lombardia, con i suoi 1.367 euro al metro quadro.

Per quanto riguarda gli ulteriori indicatori di mercato, la provincia di Milano è quella che vede l’offerta contrarsi di più: -10,5% nel trimestre, a guidare un trend regionale di segno meno. Tra le poche eccezioni troviamo la provincia di Sondrio, dove l’accumulo di stock è pari al +3,8%.

Guardando alla domanda di immobili in vendita, il comune di Como è quello che subisce la maggiore contrazione trimestrale, sfiorando il -10%. In un quadro non completamente allineato all’andamento medio regionale, il territorio di Mantova si mostra in decisa controtendenza, con il comune che vede la domanda aumentare del 18% nel trimestre, e la propria provincia al +9,4% nello stesso periodo.

I principali trend delle locazioni in regione

Come per il comparto compravendite, la città di Milano rappresenta il territorio più caro in regione, con 22,4 euro al metro quadro di canone medio. Questo dato è in crescita dell’1,7% nel trimestre, ed è aumentato di oltre 10 punti percentuali in un anno. Il trend di crescita è omogeneo per quasi tutti i territori lombardi, con le eccezioni della provincia di Brescia (-6,1%) e di tutto il territorio bergamasco (città e provincia), leggermente in negativo. Cremona si conferma la città più economica anche per gli affitti (7,7 euro al metro quadro, nonostante una crescita trimestrale di tre punti percentuali), mentre il territorio in assoluto meno costoso in regione è la provincia di Lodi (7,2 euro/mq, stabile nel trimestre).

L’offerta di immobili in locazione sul territorio non è omogenea: se da un lato si osservano importanti accumuli nella città di Como (+64,8%), in provincia di Sondrio (+56,5%), e anche la stessa città di Milano mostra aumenti importanti di disponibilità di immobili destinati all’affitto (+28,6%), si osservano importanti decumuli di stock trainati dal -17,6% della città di Varese e da tutto il territorio di Monza e della Brianza, dove sia in città sia in provincia si osserva una contrazione di oltre 14 punti percentuali.

Discorso estremamente più omogeneo per l’andamento della domanda di immobili in affitto, con il territorio di Mantova che vede una crescita intorno ai 45 punti percentuali sul trimestre sia in città sia in provincia. L’unica eccezione in tutta la regione è rappresentata dalla provincia di Bergamo, dove si osserva una contrazione di 25 punti percentuali negli ultimi tre mesi.

I prezzi di vendita in Lombardia rallentano la propria corsa ma non si fermano del tutto, registrando un aumento dello 0,7% su base regionale nell’ultimo trimestre, mentre su base annua la crescita rimane solida: +6,7%. Rincari più pronunciati per gli affitti, pari al +3,2% nell’ultimo trimestre, mentre la crescita annua si attesta al +7,5%. Queste le principali evidenze tratte dall’Osservatorio trimestrale sul mercato residenziale lombardo.

Comprare casa in Lombardia costa, oggi, 2.500 euro al metro quadro di media, mentre per affittarla servono 16,7 euro/mq.

Le principali evidenze di mercato

Dai principali indicatori di mercato emergono segnali di raffreddamento per quanto concerne il comparto delle compravendite, con la domanda che continua a contrarsi: -4,2% nell’ultimo trimestre (-6,9% sull’anno). Allo stesso tempo l’offerta, pur mantenendosi stabile negli ultimi dodici mesi (-0,2%) si riduce di oltre 6 punti percentuali nel trimestre.

Diversa la situazione per gli affitti, con lo stock in aumento di quasi 20 punti percentuali nel trimestre (+24,7% sull’anno) mentre la domanda, che rispetto a questo punto del 2022 è cresciuta poco meno di 5 punti percentuali, nell’ultimo trimestre vola al +15%.

I principali trend di vendita in regione

La città più cara della regione (e d’Italia), resta Milano, che raggiunge quota 5.300 euro al metro quadro di media. In un anno i prezzi nel capoluogo meneghino sono cresciuti del 3,6%, ma non hanno smesso di aumentare nemmeno nell’ultimo trimestre, registrando il +0,9%. Non è però la città che cresce di più: in un quadro tendenzialmente positivo, Varese sperimenta rincari di oltre 3 punti percentuali nel trimestre, arrivando a quota 1.650 euro al metro quadro. Tra le eccezioni al trend di crescita regionale troviamo invece Como, che vede i prezzi di vendita in contrazione del 2,9% nel trimestre scendendo a 2.611 euro al metro quadro. Cremona si afferma invece come città più economica della Lombardia, con i suoi 1.367 euro al metro quadro.

Per quanto riguarda gli ulteriori indicatori di mercato, la provincia di Milano è quella che vede l’offerta contrarsi di più: -10,5% nel trimestre, a guidare un trend regionale di segno meno. Tra le poche eccezioni troviamo la provincia di Sondrio, dove l’accumulo di stock è pari al +3,8%.

Guardando alla domanda di immobili in vendita, il comune di Como è quello che subisce la maggiore contrazione trimestrale, sfiorando il -10%. In un quadro non completamente allineato all’andamento medio regionale, il territorio di Mantova si mostra in decisa controtendenza, con il comune che vede la domanda aumentare del 18% nel trimestre, e la propria provincia al +9,4% nello stesso periodo.

I principali trend delle locazioni in regione

Come per il comparto compravendite, la città di Milano rappresenta il territorio più caro in regione, con 22,4 euro al metro quadro di canone medio. Questo dato è in crescita dell’1,7% nel trimestre, ed è aumentato di oltre 10 punti percentuali in un anno. Il trend di crescita è omogeneo per quasi tutti i territori lombardi, con le eccezioni della provincia di Brescia (-6,1%) e di tutto il territorio bergamasco (città e provincia), leggermente in negativo. Cremona si conferma la città più economica anche per gli affitti (7,7 euro al metro quadro, nonostante una crescita trimestrale di tre punti percentuali), mentre il territorio in assoluto meno costoso in regione è la provincia di Lodi (7,2 euro/mq, stabile nel trimestre).

L’offerta di immobili in locazione sul territorio non è omogenea: se da un lato si osservano importanti accumuli nella città di Como (+64,8%), in provincia di Sondrio (+56,5%), e anche la stessa città di Milano mostra aumenti importanti di disponibilità di immobili destinati all’affitto (+28,6%), si osservano importanti decumuli di stock trainati dal -17,6% della città di Varese e da tutto il territorio di Monza e della Brianza, dove sia in città sia in provincia si osserva una contrazione di oltre 14 punti percentuali.

Discorso estremamente più omogeneo per l’andamento della domanda di immobili in affitto, con il territorio di Mantova che vede una crescita intorno ai 45 punti percentuali sul trimestre sia in città sia in provincia. L’unica eccezione in tutta la regione è rappresentata dalla provincia di Bergamo, dove si osserva una contrazione di 25 punti percentuali negli ultimi tre mesi.

Manifatturiero, il 43% delle imprese bresciane ha migliorato la competitività sull’estero

in Aib/Associazioni di categoria/Economia/Manifatturiero/Meccanica/Tendenze by

Nel 2022 la competitività sui mercati esteri delle imprese manifatturiere bresciane risulta in miglioramento rispetto a quanto da loro stesse indicato per il periodo pre-pandemico: nei confronti con il 2019, ben il 43% delle aziende industriali bresciane ha infatti ampliato i mercati e/o ha acquisito nuovi clienti e/o ha incrementato i volumi di vendita, a fronte dell’11% che ha invece dichiarato di avere perso (temporaneamente o definitivamente) quote di mercato.

A rilevarlo è l’approfondimento bresciano – realizzato dal Centro Studi di Confindustria Brescia – dell’edizione 2023 dell’Indagine Internazionalizzazione, condotta dalle Associazioni Territoriali lombarde del Sistema Confindustria, coordinate da Confindustria Lombardia e presentata lo scorso 12 settembre in Regione Lombardia.

Lo studio ha visto la partecipazione di quasi 180 imprese manifatturiere bresciane (80% delle quali PMI), che complessivamente fatturano 9,4 miliardi di euro e occupano quasi 18 mila addetti.

La ricerca ha evidenziato come, tra le realtà del nostro territorio, le esportazioni dirette si confermino nettamente come la modalità più diffusa di presenza all’estero (94% delle aziende intervistate), mentre iniziative che prevedono filiali commerciali o negozi direttamente gestiti interessino il 12% delle imprese. Altre forme di internazionalizzazione, considerate come più strutturate, si caratterizzano per percentuali di diffusione ancora più basse.

Lo studio ha inoltre confermato la forte proiezione internazionale del made in Brescia: nel 2022 le vendite all’estero hanno interessato il 49,3% del fatturato complessivo, con punte del 63,7% tra le realtà di medie dimensioni. Ogni azienda è mediamente presente in 24 Paesi esteri, un valore che tende a crescere all’aumentare dalla dimensione degli operatori intervistati (ben 34 Paesi serviti fra le grandi imprese). Allo stesso tempo, emerge una tendenza delle aziende a concentrare geograficamente le proprie esportazioni: la quota di fatturato generato all’estero realizzata nel primo Paese di destinazione è infatti pari al 27%. In tale contesto, le micro imprese (col 32%) emergono come le realtà potenzialmente più esposte, in quanto un calo della domanda proveniente dal loro principale Paese estero cliente provocherebbe, a parità di altre condizioni, un maggiore impatto negativo sulle vendite complessive.

Come anche certificato dai dati periodicamente forniti dall’ISTAT, i mercati europei rimangono i principali Paesi di destinazione delle vendite bresciane: il 65% dei rispondenti ha dichiarato di esportare in Germania, il 54% in Francia e il 36% in Spagna. Alla base di tali destinazioni concorrono una serie di motivazioni di carattere culturale, economico e geografico. Per quanto riguarda i Paesi prospect, ossia quelli verso i quali le imprese sono maggiormente interessate a espandersi da qui al 2025, la stabilità geopolitica sembra guidare le strategie di internazionalizzazione per il prossimo futuro: ai primi cinque posti indicati dalle aziende del campione troviamo storici Paesi partner per la manifattura bresciana (come Stati Uniti, Germania e Francia) e due territori scarsamente presidiati (Australia e Canada), tutti accumunati dal fatto di appartenere chiaramente a un ben identificato “blocco geoeconomico”, a cui le posizioni italiane sono ben allineate. Sintomatico di questa tendenza è il notevole ridimensionamento dell’interesse da parte delle nostre imprese per Cina e Russia, rispettivamente al sesto e al ventesimo posto nelle indicazioni fornite dal campione. Nell’edizione 2021 dell’Indagine, Cina e Russia si posizionavano idealmente sul podio, come seconda e terza meta per la manifattura locale. Sulle valutazioni delle aziende avrebbero quindi pesato, in particolare, l’incertezza commerciale e la politica zero Covid, ancora in atto al momento della rilevazione (nel caso della Cina) e il conflitto con l’Ucraina (nel caso della Russia).

Come anticipato, ben il 43% delle aziende industriali bresciane ha ampliato i mercati e/o ha acquisito nuovi clienti e/o ha incrementato i volumi di vendita, a fronte dell’11% che ha dichiarato di aver perso (temporaneamente o definitivamente) quote di mercato. Si tratta di un segnale particolarmente incoraggiante, che troverebbe primaria giustificazione nella qualità e nel contenuto innovativo dei prodotti offerti (indicati dal 73% delle realtà che hanno aumentato o mantenuto le quote di mercato). Allo stesso tempo, le imprese bresciane devono la propria brillante performance all’estero a un mix di altri fattori, che comprende, in particolare, la competitività di prezzo (32%), la maggiore flessibilità rispetto ai competitor (31%) e la bassa rischiosità percepita dalla clientela (23%). In tale contesto, solamente l’11% dichiara la propria competitività sul versante della sostenibilità, fattore che, verosimilmente, diverrà sempre più cruciale nelle future scelte di acquisto da parte di imprese e famiglie.

Il 39% delle aziende bresciane ha poi modificato le proprie catene di fornitura con l’estero (o è in procinto di farlo). Tra coloro che hanno effettivamente cambiato fornitori nel corso del 2022, la maggior parte (il 62%) si è rivolta ad altri fornitori siti in Unione Europea. Il meccanismo di sostituzione dei fornitori esteri ha poi favorito i player italiani, sia lombardi (23%), sia provenienti da altre regioni (23%). Le motivazioni alla base di tali sostituzioni vanno ricercate, in primo luogo, in una mera logica di costo (indicata dal 54% delle aziende che hanno modificato le catene di fornitura). Ma risultano comunque significative le scelte compiute in virtù di un minore rischio di fornitura (33%), di una maggiore disponibilità dei prodotti (33%), nonché di una maggiore competitività in termini di qualità e contenuto innovativo dei prodotti (31%).

“Anche per la realtà bresciana appare evidente quanto già sottolineato nel report regionale, in merito a una distanza tra i fattori determinanti per la tenuta competitiva delle imprese e le logiche con cui esse scelgono i propri fornitori – commenta Mario Gnutti, vice presidente di Confindustria Brescia con delega all’Internazionalizzazione –: nel primo caso prevale la focalizzazione sul contenuto qualitativo e innovativo, mentre nel secondo si favorisce il contenimento dei costi. Tutto ciò indicherebbe che l’elevata qualità delle merci esportate dalle imprese manifatturiere bresciane sia in buona parte da attribuire alle stesse e alla loro capacità di creare valore. Purtroppo, non basta: la volontà di puntare sulla qualità deve essere accompagnata da adeguate scelte politiche a livello europeo, che continuino a garantire la competitività delle imprese. Negli ultimi anni, sotto questo punto di vista, siamo stati penalizzati su diversi fronti: penso ad esempio alle tematiche energetiche. Ora serve un cambio di rotta.”

Da ultimo, l’indagine ha approfondito quali macro trend andranno a influenzare maggiormente le scelte strategiche delle imprese nel quadro internazionale. A riguardo, gli scenari geopolitici (51% delle risposte) emergono chiaramente come il principale fattore che guiderà le decisioni degli imprenditori, con riferimento alle logiche di presenza all’estero.

Le imprese bresciane frenano nel secondo semestre

in Economia/Evidenza/Manifatturiero/Servizi/Tendenze by

“La frenata dell’economia europea, iniziata nel quarto trimestre del 2022  – commenta il Presidente della Camera di Commercio di Brescia, Ing. Roberto Saccone – è poi proseguita. Anche in Italia la ripresa si è fermata, come dimostrato dalla la contrazione del Pil del secondo trimestre.

La domanda interna sta, peraltro, decelerando In tutti i maggiori Paesi, in particolare nei settori legati ai beni di consumo e alle costruzioni (pesa, in particolar modo, l’effetto dell’aumenti dei tassi d’interesse).

Il calo della domanda di prodotti determina, in molti Paesi, una flessione delle importazioni e, di conseguenza, una contrazione del commercio mondiale.

Per quanto riguarda la provincia di Brescia – prosegue Roberto Saccone – il quadro congiunturale del secondo trimestre evidenzia una dinamica in rallentamento dell’attività produttiva: la produzione industriale ha registrato una contrazione dopo nove trimestri consecutivi di crescita.

L’artigianato manifatturiero prosegue anche nel secondo trimestre con una dinamica migliore dell’industria ma il ritmo di crescita continua nel percorso discendente già evidenziato nei trimestri scorsi

L’andamento del fatturato delle imprese bresciane del commercio al dettaglio evidenzia una tendenza ancora positiva ma in forte rallentamento: la variazione rispetto ai primi tre mesi dell’anno è stata pari a +0,4%,

Il fatturato delle imprese dei servizi chiude con risultati negativi: la variazione rispetto ai primi tre mesi dell’anno è stata pari a – 0,7%, mentre su base annua il calo è stato più intenso (-1,0%).

Il quadro congiunturale bresciano è pertanto coerente con il contesto internazionale e nazionale divenuto negli ultimi mesi sempre più critico.

Le preoccupazioni degli imprenditori bresciani riguardano il rallentamento del commercio mondiale, la recessione tedesca che assorbe il 20% delle esportazioni bresciane, l’aumento dei tassi d’interesse che incidono sugli investimenti e l’inflazione galoppante che pesa sul potere d’acquisto dei consumatori e sulle vendite dei beni di consumo.

In tale contesto, le notizie positive provengono dai costi dell’energia e delle materie prime, rientrati dai picchi sperimentati lo scorso anno”.

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L’industria manifatturiera – Nel secondo trimestre la produzione industriale delle imprese manifatturiere bresciane diminuisce dello 0,5% rispetto allo stesso periodo del 2022, si tratta del primo valore negativo da fine 2020 ovvero il periodo in cui le imprese facevano fronte alle criticità causate dalla pandemia da Covid-19. La dinamica congiunturale della produzione, al netto degli effetti stagionali, resta stabile (0,0%). Il numero indice si assesta 128,1 oltre 14 punti sopra i valori pre-pandemici, a conferma della robustezza della fase di crescita da poco conclusa.

Il risultato bresciano è leggermente inferiore a quello lombardo: a livello regionale la produzione industriale è rimasta stabile rispetto al primo trimestre, mentre nel confronto con lo stesso periodo dello scorso anno è aumentato dello 0,5%.

In rallentamento la produzione della Meccanica (-1,9% su base tendenziale), della Siderurgia (-5,6%), dei Minerali non metalliferi (-4,8%) della Carta- Stampa (-9%) e della Gomma-plastica (-7,9%).

Tra i settori industriali, chiude con risultati positivi, rispetto al secondo trimestre dello scorso anno, il comparto dei mezzi di trasporto.

Il fatturato riporta una variazione negativa (-0,5% tendenziale; -1,4% congiunturale) dopo un lungo periodo di crescita sostenuto dal forte aumento dei prezzi. L’allentamento delle tensioni sui prezzi è confermato dai risultati del trimestre: i prezzi dei prodotti finiti, infatti, aumentano appena dello 0,9% (su base congiunturale) proseguendo il percorso di rallentamento dopo il picco segnato nel primo semestre del 2022. Anche la dinamica dei prezzi delle materie prime si conferma positiva ma su livelli più contenuti (+1,0%) rispetto ai valori massimi raggiunti lo scorso anno.

Segnali di difficoltà arrivano sul fronte della domanda sia domestica che estera. Gli ordini provenienti dall’Italia segnano una battuta d’arresto ( -1,1% su base congiunturale; – 2,2% su base tendenziale).

Gli ordinativi provenienti dai mercati esteri diminuiscono dell’1,5% sul primo trimestre e dello 0,2% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, si tratta del primo valore negativo dopo dieci trimestri di crescita che sconta il rallentamento del commercio mondiale e della manifattura tedesca primo partner commerciale delle industrie bresciane.

Positiva la dinamica dell’occupazione che al di là delle oscillazioni legate agli effetti stagionali conferma la tendenza di fondo già evidenziata nel biennio 2021-2022. In aumento la quota di imprese che dichiara di avere utilizzato la CIG che passa dal 6,5% del trimestre scorso all’11,6% del periodo osservato.

Le aspettative delle imprese industriali bresciane per il terzo trimestre dell’anno, al dì là delle chiusure estive degli stabilimenti, riflettono l’attuale clima di incertezza: le previsioni per il prossimo futuro vedono una prevalenza di attese di diminuzione per tutte le variabili (-8,4 per produzione; -4,8 per domanda estera; -16,1 per domanda interna) a esclusione dell’occupazione dove prevalgono le attese di stabilità.

Le preoccupazioni degli industriali bresciani riguardano il rallentamento del commercio mondiale, la recessione tedesca che assorbe il 20% delle esportazioni bresciane, l’aumento dei tassi d’interesse che incidono sugli investimenti e l’inflazione galoppante che pesa sul potere d’acquisto dei consumatori e sulle vendite dei beni di consumo.

Artigianato manifatturiero – L’artigianato manifatturiero bresciano prosegue anche nel secondo trimestre con una dinamica migliore dell’industria ma il ritmo di crescita continua nel percorso discendente già evidenziato nei trimestri scorsi. La produzione artigiana cresce su base annua dello 0,6% mentre rispetto al primo trimestre diminuisce dello 0,2% portando il numero indice al 108,6, valore che comunque si colloca sopra i livelli pre-pandemici di oltre 10 punti.

I segnali di rallentamento nella produzione artigiana sono percepiti anche a livello lombardo dove i livelli produttivi nell’ultimo trimestre non sono cresciuti (+0,0% quella congiunturale; +1,1% la variazione tendenziale).

Sul fronte settoriale, chiudono con risultati positivi, rispetto al secondo trimestre dello scorso anno, il comparto Alimentare (+10,6%), la Carta-Stampa (+5,6%) e la Gomma-Plastica (+3,6%).

In rallentamento la produzione della Siderurgia (-1,7%), dell’Abbigliamento (-4,4%) e del Tessile (-14,6%), mentre resta stabile per la meccanica (+0,07%).

I prezzi di materie prime (+3,9% congiunturale) e prodotti finiti (+3,2%) mostrano un incremento ancora importanti e più marcati rispetto al comparto industriale, ma anche per l’artigianato è evidente un fenomeno di rientro dei tassi di crescita.

Benché i prezzi dei listini siano ancora in crescita la dinamica del fatturato arretra leggermente (-0,2% congiunturale), nel contempo gli ordinativi domestici si contraggono (-1,8% tendenziale) per la prima volta dopo da fine 2020. Diminuisce anche la domanda estera (-0,7%) che comunque non rappresenta una destinazione marginale per gli artigiani (la quota estera rappresenta il 7% del fatturato totale).

Sul fronte occupazionale il trimestre in esame riporta una variazione, al netto degli effetti stagionali, leggermente positiva (+0,6%) confermando la lieve tendenza alla crescita già registrata nel 2022. La percentuale di imprese che dichiara di aver fatto ricorso alla Cassa Integrazione è in aumento dal 4,3% del primo trimestre al 6% attuale.

Il raffreddamento della dinamica produttiva unitamente al calo degli ordini interni, che rappresentano la principale destinazione, hanno deteriorato il clima di fiducia degli imprenditori artigiani. Le previsioni per il terzo trimestre sono pessimistiche per produzione e domanda interna. Meno negative le attese sui mercati esteri e sull’occupazione.

Il commercio al dettaglioL’andamento del fatturato delle imprese bresciane del commercio al dettaglio evidenzia una tendenza ancora positiva ma in forte rallentamento: la variazione rispetto ai primi tre mesi dell’anno è stata pari a +0,4%, mentre nel confronto con lo stesso trimestre dello scorso anno la crescita è stata pari a +0,6 (a fronte dell’incremento del 6,5% del secondo trimestre del 2022). Sebbene contenuto l’incremento ha consentito al numero indice del fatturato di attestarsi a quota 105,6, circa diciassette punti sopra i livelli medi del 2019.

Nel confronto regionale la dinamica bresciana è stata peggiore di quella osservata in Lombardia (+2,6% la variazione tendenziale regionale e +0,5% quella congiunturale).

Il forte rallentamento del fatturato è stato attenuato da un nuovo aumento dei prezzi dei listini che nel trimestre osservato crescono su base congiunturale del 3,7% pressoché in linea con il trimestre scorso. Le dinamiche inflattive che stentano a rientrare, evidentemente, impattano sulla domanda dei consumatori compromettendo la crescita del settore.

Il rallentamento è maggiormente evidente nel comparto non specializzato (ambito nel quale rientra la grande distribuzione) che riporta una flessione del volume d’affari, su base annua, dello 0,4%. Mentre incrementi importanti del volume d’affari si registrano nel comparto alimentare (+5,6%), la cui domanda, nonostante il calo del potere d’acquisto dei consumatori, stenta a essere ridotta.

L’occupazione delle imprese del commercio al dettaglio, dopo il rallentamento che aveva caratterizzato la seconda metà del 2022 e lo stallo dei primi tre mesi dell’anno chiude il trimestre con una variazione del numero di addetti tra inizio e fine trimestre, al netto degli effetti stagionali, pari a +0,2%.

La frenata del trimestre osservato preoccupa gli imprenditori del commercio al dettaglio che esprimono un importante peggioramento delle aspettative per il prossimo trimestre: i saldi tra attese di crescita e diminuzione per quanto riguarda il fatturato svoltano in territorio negativo (-2,5); rimangono positivi ma in ridimensionamento le attese sull’occupazione (1,9 vs 6,1 del trimestre scorso). Si confermano negative le previsioni sugli ordini ai fornitori (-3,8).

Servizi – Il fatturato delle imprese dei servizi, dopo il rallentamento del trimestre scorso, chiude con risultati negativi: la variazione rispetto ai primi tre mesi dell’anno è stata pari a – 0,7%, mentre su base annua il calo è stato più intenso (-1,0%). Si tratta di una dinamica peggiore di quella osservata in Lombardia (+4,6% la variazione tendenziale regionale).

L’andamento del fatturato resta condizionato dall’aumento dei prezzi dei listini che nel trimestre osservato mostra una decelerazione (+1,5% su base trimestrale dopo il +2,7% dei primi tre mesi dell’anno) favoriti dall’allentamento delle tensioni sul fronte dei costi.

Tra i comparti segnano un nuovo aumento del fatturato i servizi alla persona (+4,7%) e i servizi alle imprese (+0,7%). In calo il fatturato, su base annua, del commercio all’ingrosso e delle attività di alloggio e ristorazione.

Il dato occupazionale al netto degli effetti stagionali si conferma positivo (+0,5% su base congiunturale) ma in decelerazione rispetto alla dinamica dei trimestri scorsi.

I risultati negativi del trimestre si traducono in un importante deterioramento del clima di fiducia degli imprenditori dei servizi bresciani: le previsioni sul volume d’affari e sull’occupazione per il terzo trimestre dell’anno, sebbene positive, evidenziano un netto peggioramento.

I dati presentati derivano dall’indagine congiunturale realizzata da Unioncamere Lombardia ed elaborati dal Servizio Studi della Camera di Commercio.

Il campione industria comprende imprese con più di 10 addetti, mentre i campioni artigianato, commercio e servizi comprendono imprese con più di 3 addetti.

Nel secondo trimestre 2023 per l’indagine congiunturale sono state realizzate 841 interviste, così distribuite per settore:

Tab. 1. Campione indagine congiunturale 2° Trimestre 2023

Provincia di Brescia

Comparto Campione
INDUSTRIA277
ARTIGIANATO200
COMMERCIO158
SERVIZI206
TOTALE841

Il campione industria comprende aziende con più di 10 addetti, mentre il campione dell’artigianato, dei servizi e del commercio comprende imprese con più di 3 addetti.

Le informazioni ottenute dall’indagine sono disaggregabili per settore di attività economica in:

  • 13 settori (Siderurgia, Minerali non metalliferi, Chimica, Meccanica, Mezzi di trasporto, Alimentare, Tessile, Pelli calzature, Abbigliamento, Legno mobilio, Carta editoria, Gomma plastica e Varie) per l’industria e l’artigianato manifatturiero;
  • 4 settori(commercio all’ingrosso, alberghi e ristoranti, servizi alle persone e servizi alle imprese) per i servizi;
  • 3 settori di attività economica (specializzato alimentare, specializzato non alimentare, non specializzato) per il commercio al dettaglio.
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