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Tendenze - page 16

Brescia, inflazione in ripresa a gennaio

in Economia/Tendenze by
Inflazione, foto generica da Pixabay

Nel mese di GENNAIO, per il secondo mese consecutivo, si assiste ad una risalita deltasso congiunturale (+0,5%) e, dopo otto mesi di valori negativi, si registra unavariazione nulla deltasso tendenziale. A renderlo noto è l’ufficio statistica del Comune di Brescia.

Rispetto al mese precedente, gli aumenti più consistenti si sono verificati per le divisioni“Comunicazioni“ (+1,8%, con l’aumento della voce “Apparecchi telefonici e fax”), “Abitazione, acqua, elettricità e combustibili” (+1,3%, con l’aumento del “Gas”), “Trasporti” (+1,2%, con l’aumento del“Trasporto aereo passeggeri”), “Bevande alcoliche e tabacchi” (+0,9%, con l’aumentodegli “Alcolici”e dei “Vini”) e“Servizi ricettivi e di ristorazione” (+0,9%). Incrementi più lievi si sono verificati in “Altri beni e servizi” (+0,4%),“Servizi sanitari e spese per la salute” (+0,3%)e “Mobili, articoli e servizi per la casa”(+0,1%).Hanno presentato sostenute diminuzioni, invece, le divisioni“Ricreazione, spettacoli e cultura” (-1,0%, con la diminuzione stimata dei “Pacchetti vacanza”), “Prodotti alimentari e bevande analcoliche” (-0,3%)e “Abbigliamento e calzature”(-0,2%).

Rimanenulla la variazione congiunturale per la divisione “Istruzione”. Analizzando per tipologia di prodotto, si registra un deciso aumento per i “Beni” (+0,6%), dovuto principalmente all’aumento dei Beni energetici regolamentati (+5,1%) e dei Beni alimentari lavorati(+0,2%), a fronte di una diminuzione dei Beni alimentari non lavorati(-0,5%). I “Servizi”invece, complessivamente,presentano valori piuttosto stabili (+0,2%), risultato di due dinamiche opposte: l’aumento dei Servizi relativi ai trasporti(+0,6%) e dei Servizi vari (+0,4%) e la diminuzione dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona(-0,2%). Con riferimento alla frequenza di acquisto dei prodotti, si registra un sostenuto incremento congiunturale per i prodotti a bassa frequenza d’acquisto(+0,7%), seguito da incrementipiù lievi per quelli a altafrequenza di acquistoe perquelli a media frequenza di acquisto (entrambi +0,2%).

Rispetto all’anno precedente, le divisioni che presentano aumenti tendenziali più consistenti sono i “Servizi ricettivi e di ristorazione” (+1,6%), “Altri beni e servizi” (+1,4%) e “Ricreazione, spettacolo e cultura” (+1,4%). Le divisioni invece in calo sono le “Comunicazioni” (-5,4%) el’”Istruzione” (-3,6%).Infine, la “Core Inflation”, che indica l’andamento della componente di fondo della dinamica dei prezzi, cioè l’inflazione al netto della componente volatile (beni energetici e alimentari non lavorati), registravariazioni, congiunturale e tendenziale, entrambe positive (rispettivamente +0,2%e +0,4%).

Confindustria Brescia, ecco l’indice che fotografa la solvibilità delle imprese

in Aib/Associazioni di categoria/Economia/Tendenze by
  • Lo strumento, sviluppato dal Centro Studi di Confindustria Brescia in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore, restituisce in un unico valore lo stato di salute delle società di capitali attive nell’industria; può.  essere applicato senza restrizioni geografiche a tutte le imprese manifatturiere.
  • Analizzati i bilanci 2019 di 2.905 imprese, con fatturato complessivo di 34,5 miliardi di euro e valore aggiunto pari a 8,6 miliardi: ne emerge un Made in BS sano, con oltre il 40% delle imprese che si posiziona nelle classi di merito più elevate e appena l’1,2% in quelle più basse. 
  • Alla luce delle forti ricadute economiche della pandemia in atto, che rendono i numeri al 2019 non più in grado di fotografare l’effettivo stato delle imprese, è risultato necessario applicare eccezionalmente il modello ad alcuni possibili scenari volti a simulare l’impatto della crisi sui conti aziendali.
  • Le aziende bresciane hanno affrontato la crisi del 2020 partendo da una situazione più solida rispetto a quanto avvenne nel 2009 davanti alla grande recessione; negli ultimi 12 anni, in particolare, è cresciuta la patrimonializzazione delle imprese della nostra provincia.

È stato presentato, durante una conferenza stampa nella Sala Beretta di Confindustria Brescia, “I.S.M.” – Indice Sintetico Manifatturiero. Lo strumento – sviluppato dal Centro Studi di Confindustria Brescia in collaborazione con OpTer – Osservatorio per il territorio: impresa, formazione internazionalizzazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia – restituisce con un unico valore lo stato di salute delle società di capitali attive nell’industria e definisce la mappa del rischio delle stesse. Si tratta di un modello innovativo, che potrà essere applicato senza restrizioni geografiche a tutte le aziende manifatturiere.

All’incontro sono intervenuti Giuseppe Pasini, Presidente di Confindustria Brescia, Mario Taccolini, Coordinatore strategie di sviluppo del polo di Brescia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, e Giovanni Marseguerra, Ordinario di Economia Politica presso l’Università Cattolica e Direttore di OpTer.

Il gruppo di lavoro ha sviluppato, mediante appropriate tecniche statistiche, un modello che è stato utilizzato su 2.905 società di capitali manifatturiere bresciane, capaci di produrre un fatturato complessivo di 34,5 miliardi di euro e un valore aggiunto pari a 8,6 miliardi. L’obiettivo è stato quello di fornire a ognuna di loro un unico punteggio, capace di sintetizzare il relativo stato di salute economico-finanziaria.

La ricerca – illustrata nella conferenza stampa da Davide Fedreghini e Tommaso Ganugi (Centro Studi Confindustria Brescia e Università Cattolica) – si colloca in un ampio filone di studi di teoria economica originato da Edward I. Altman nel 1968 e determina il giudizio sulla solvibilità dell’impresa a partire dall’interazione dei seguenti quozienti di bilancio:

  • Capitale circolante netto su totale delle attività
  • Riserve su totale delle attività
  • EBIT su totale delle attività
  • Patrimonio netto su totale delle passività
  • Fatturato su totale dell’attività.

Il punteggio che il modello assegna va da 0 ad 1. Più il valore si avvicina ad 1 migliore risulta lo stato di salute dell’azienda, al contrario più il valore tende a 0 più la probabilità di dissesto aziendale è elevata. Lo score, ottenuto tramite il metodo statistico della regressione logistica, è poi suddiviso in otto classi di rating: dalla migliore “A1” alla peggiore “D2”. Il risultato ha delle affinità con gli strumenti tipici del mondo bancario utilizzati per l’erogazione del credito («stress test»). Tuttavia, non vuole assolutamente sostituirsi a loro.

Inizialmente il lavoro è stato effettuato sui bilanci riferiti al 2019, ultimo anno per cui sono disponibili informazioni ufficiali. Il modello costruito dipinge per il 2019 un made in BS complessivamente «sano», con oltre il 40% delle imprese che si posiziona nelle classi di merito più elevate e appena l’1,2% in quelle più basse. 

Alla luce delle forti ricadute economiche derivanti dalla pandemia in atto, che rendono i numeri al 2019 non più in grado di fotografare l’effettivo stato delle imprese, è risultato necessario applicare eccezionalmente il modello ad alcuni possibili scenari volti a simulare l’impatto della crisi economica sui conti aziendali.

Sulla base di tale meccanismo, sono proposte tre simulazioni: lo scenario peggiore (denominato «Zero»), che rappresenta un minimo teorico in cui nel 2020 i ricavi calano, mentre i costi rimangono invariati rispetto all’anno precedente; lo scenario più ottimistico (tra i 3 proposti), in cui i costi calano in relazione al fatturato con la stessa intensità rilevata nella grande recessione del 2009 (e per questo rinominato proprio «2009»); lo scenario più prudenziale (denominato «Intermedio»), in cui i costi calano in relazione al fatturato con un’intensità pari alla metà di quanto rilevato nel 2009.

Gli scenari tracciati delineano tre risposte di intensità diversa dell’industria bresciana alla crisi, che corrispondono a tre livelli di potenziale gravità, a cui fanno tuttavia da contrappeso elementi di cauto ottimismo, legati principalmente a due fattori: la minore caduta del fatturato rispetto al 2009 e la maggiore patrimonializzazione delle imprese della nostra provincia.

Sebbene le prime stime per il fatturato del made in BS nel 2020 siano orientate a un calo dell’11% circa, segnando quindi una caduta notevole, l’intensità risulta significativamente inferiore rispetto a quella sperimentata nel 2009, quando il volume d’affari dell’industria locale subì un calo del 30% circa, con punte anche di oltre -50% nell’ambito della metallurgia. Come già accennato, a ciò si aggiunge il fatto che il sistema industriale bresciano si sia affacciato a questa crisi complessivamente più attrezzato rispetto a quanto non lo fosse nel 2008: nel 2019 il rapporto tra mezzi propri e il totale delle attività si è attestato al 44,8% nei confronti del 29,8% rilevato nel 2008.

Distribuzione delle imprese per classe di merito e scenario

Tali osservazioni – come dimostra la collocazione delle imprese nello schema sopra riportato – rafforzano la percezione di un sistema manifatturiero complessivamente in grado di reggere l’urto della crisi. Si tratta di una condizione necessaria, anche se non sufficiente, per la tenuta sociale dell’intero territorio.

“I.S.M. rappresenta uno strumento di alto livello, innovativo e fondamentale per le nostre aziende associate, che grazie ad esso potranno affrontare il futuro con una maggiore consapevolezza della loro situazione economica e patrimoniale – commenta Giuseppe Pasini, Presidente di Confindustria Brescia –. La recente crisi legata alla pandemia da Covid-19 ci ha insegnato quanto questi aspetti siano fondamentali, a maggior ragione in un decennio come quello che ci attende, ricco di sfide da vincere. Grazie alla collaborazione con l’Università Cattolica, che si rinnova e prosegue, potremo quindi essere ancor di più in prima fila a fianco del sistema imprenditoriale bresciano, implementando una già ricca offerta che vede Confindustria Brescia impegnata anche nel progetto Brescia Regeneration, con l’obiettivo di tracciare i possibili scenari futuri dell’economia bresciana.”

“Oggi più che mai – aggiunge Giovanni Marseguerra, Ordinario di Economia Politica presso l’Università Cattolica e Direttore di OpTer – è cruciale accrescere e intensificare la collaborazione tra Università e associazioni imprenditoriali e del mondo del lavoro per consentire alle nostre imprese di superare l’odierna crisi sanitaria, economica, sociale, ambientale, e agganciare una ripresa che ancora stenta ad arrivare. La partnership, sempre più consolidata, tra Università Cattolica e Confindustria Brescia si pone in questa prospettiva e si propone di mettere a sistema competenze economico-quantitative e conoscenza del tessuto economico locale per costruire schemi e modelli, interpretativi e previsivi, dell’evoluzione delle variabili economiche in modo da fornire uno strumento di accompagnamento e supporto al sistema produttivo bresciano”

Le attività legate allo sviluppo del modello non sono concluse, ma il progetto è in continua evoluzione. Sono in lavorazione alcuni affinamenti, anche volti a replicare l’iniziativa negli anni a venire. Ciò potrà realizzarsi anche attraverso uno snellimento del lavoro, che, una volta superata l’attuale situazione legata al Covid-19, non necessiterebbe di una valutazione dei possibili shock.

La volontà è di rendere la pubblicazione dello score per l’industria bresciana un momento ricorrente: un appuntamento, destinato non solo agli addetti ai lavori, in cui monitorare puntualmente lo stato di salute dell’industria bresciana. Tali passaggi beneficeranno della complementarità delle competenze in campo, nonché della profonda conoscenza del tessuto economico locale che caratterizza la partnership tra Confindustria Brescia e Università Cattolica. Inoltre, è in fase di redazione un working paper di matrice accademica con l’obiettivo di approfondire le tematiche discusse.

Coronavirus, indagine Confartigianato: tra le aziende crescono intertezza e pessimismo

in Associazioni di categoria/Confartigianato/Economia/Tendenze by
Eugenio Massetti, Confartigianato Brescia

Una riduzione media del fatturato del -25,3% è quanto dichiarano le MPI bresciane per il 2020. Ma se questo risultato è sicuramente prevedibile visto l’anno sconvolto dalla pandemia da Covid-19, c’è da aggiungere che le stesse prevedono per la prima metà del 2021 un ulteriore calo del 17,9% (-15,7% a livello lombardo) rispetto ai primi sei mesi del 2020. Le categorie che segnalano perdite più pesanti (superiori del 30%) di fatturato nel 2020 rispetto al 2019 sono: Trasporto persone, Alimentari (rosticcerie/cibi d’asporto, birrifici, etc.), Moda, Area benessere e Grafici. Sono le stesse imprese che prevedono di iniziare l’anno 2021 registrando variazioni tendenziali del fatturato negative e più ampie rispetto alla riduzione media. 

Aumenta l’incertezza e si allungano i tempi di recupero del fatturato pre-Covid: il 47,1% delle MPI bresciane sono incerte rispetto alle dinamiche future del mercato. Le altre imprese – non incerte – prevedono invece di recuperare i livelli di fatturato pre-crisi entro la prima metà del 2022. Sono i risultati della rilevazione periodica, giunta alla 5a edizione, curata dall’Osservatorio di Confartigianato Lombardia e svolta a inizio 2021 e che ha coinvolto circa 2mila imprese associate, su diverse tematiche: dalla dinamica passata (2020) e futura (primi 9 mesi del 2021) del fatturato, previsioni di recupero, strategia di risposta della crisi, effetto Brexit, digitalizzazione, Piano Transizione 4.0 e gap di genere. 

«Un campanello d’allarme l’aumento dell’incertezza – a Brescia come nell’intera Lombardia – così come preoccupa il previsto allungamento dei tempi per recuperare il fatturato pre-Covid e questo è senza dubbio influenzato da una pandemia con la quale proviamo a convivere, ma ancora lontana dall’essere sconfitta e superata» commenta il presidente di Confartigianato Brescia e Lombardia Eugenio Massetti che prosegue: «Certo, c’è tutta la voglia, la resilienza e la capacità intrinseca di trovare nuove strategie per recuperare il tempo perso, ma non possiamo condividere la preoccupazione delle imprese e che è cresciuta negli ultimi mesi, segno evidente dell’incertezza che sta caratterizzando queste prime settimane del nuovo anno, nonostante tutte le premesse ci avevano indotti a pensare ad una possibile e più veloce uscita dalla crisi. Ora, i prossimi sei mesi saranno cruciali e molte aziende si giocano tutto. Ci sarà bisogno di sostegno con interventi mirati, ristori, ma soprattutto fiducia e sicurezza, investimenti e scelte ragionate e condivise». 

Tornando all’analisi di dell’Osservatorio di Confartigianato: l’87,5% delle imprese bresciane prevede di adottare strategie reattive nei primi mesi dell’anno per cercare di rispondere alla crisi: diversificando la produzione (il 42,1%), ampliando il numero di committenti (il 57,4%), entrando in nuovi mercati (il 43%) e attivando nuovi canali di vendita (il 51,6%). La quota i MPI bresciane che fino a metà 2021 teme seri rischi operativi e di sostenibilità dell’attività raggiunge il 60,2% (contro il 49,3% a livello lombardo). Si tratta di imprese vitali – precisa lo studio – che nonostante tutto sono riuscite a sopravvivere allo shock conseguente alla diffusione del virus fino ad ora, ma che adesso, trascorso quasi un anno, devono fare i conti con un mercato ancora non favorevole al loro business (trasporto persone, rosticcerie/cibo d’asporto, birrerie, etc.). Va tenuto conto che queste MPI, che oggi si trovano davanti un mercato che risente ancora delle limitazioni per il contenimento della pandemia, avrebbero quasi certamente ancora spazio nel mercato post pandemia. 

Piano Transizione 4.0 e digitalizzazione: Brescia c’è. Il 18,9% delle MPI bresciane (contro il 16,4% a livello lombardo) intende usufruire di una o più misure del Piano Transizione 4.0. Contando che tra coloro che non intendono farne uso, un 9% ne ha usufruito in passato.  Sale positivamente anche di 9,3 punti la quota di MPI che oggi utilizza almeno uno strumento digitale a seguito dell’emergenza sanitaria.

Superbonus 110%: considerato opportunità dal 46,4% delle MPI delle Costruzioni. Il 24,4% delle imprese del settore che hanno già ricevuto segnali di mercato – dai primi contatti e preventivi, fino all’inizio lavori, identifica come principale ostacolo la burocrazia (nel 53,3% dei casi).  

Brexit: 38,7% MPI lombarde che esportano verso UK ha già riscontrato problematiche di costo/tempo, un ulteriore 32% prevede di subirne in futuro. Per le imprese che intercettano la domanda turistica calo del fatturato 2020 più pesante (-34,3%) ma speranza per le Olimpiadi 2026: per il 18,9% delle MPI bresciane le Olimpiadi invernali potranno fare da volano per la ripresa futuro. Tale quota si alza al 43,5% se consideriamo le sole imprese che intercettano direttamente o indirettamente la domanda turistica. 

Lo tsunami pandemico allarga il gap di genere e incrementa le difficoltà di conciliazione: -29% il trend del fatturato 2020 delle imprese femminile. Va inoltre segnalato che tra gli imprenditori con figli e/o persone non autosufficienti di cui prendersi cura a segnalare di riscontrare maggiori difficoltà nella gestione sono proprio le donne (sono il 34,3% le imprenditrici con figli o altre persone di cui prendersi cura vs 23,8% degli uomini). Ciò influisce in maniera negativa sui risultati d’impresa, difatti le donne con figli e/o altre persone di cui prendersi cura che segnalano difficoltà nella gestione, segnano un calo di fatturato più elevato della media, con una riduzione del -31,2% nel 2020 rispetto al 2019

«Le nostre imprese sono pronte a cambiare per affrontare il futuro. Il Superbonus visto come opportunità dalla metà degli intervistati nonostante oltre la metà segnali ritardi dovuti a burocrazia, complessità e mancate risposte dagli uffici preposti deve essere colto come occasione e prorogato a tutto il 2023 e poi le Olimpiadi lombarde viste come volano per la ripresa, così come la digitalizzazione, sempre più spinta nel suo impatto di investimenti materiali e immateriale.L’analisi ha confermato una triste certezza: come nel mondo dell’occupazione, anche nell’impresa la più colpita – e la meno sostenuta è quella femminile. Le imprese gestite da donne confermano una perdita di fatturato nel 2020 maggiore che quelle maschili. Differenza dovuta al fatto che le imprese femminili si concentrano per lo più in settori fortemente colpiti dalla crisi da Covid-19 della cura della persona e del benessere, oltre che della moda e dove ha influito negativamente sui risultati d’impresa il fatto che il 42% delle imprenditrici ha ritenuto insoddisfacenti i servizi a supporto della persona, costringendole perciò a sopperire a questa mancanza–conclude il presidente di Confartigianato Brescia e Lombardia Eugenio Massetti – la certezza la troviamo nel valore artigiano dei prodotti e dei servizi delle nostre imprese ed è quello che fa e farà la differenza sul mercato interno, così come nella più articolata filiera europea, nella quale potremo senz’altro giocare ancora un ruolo da protagonisti». 

Imprese bresciane: nel 2020 produzione giù del 16,2%

in Aib/Associazioni di categoria/Economia/Tendenze by

Il 2020 delle imprese bresciane si chiude nel complesso con una variazione media della produzione pari al -16,2%, dopo la crescita zero del 2019 e il dato positivo del 2018 (+2,9%).

Nel quarto trimestre 2020, la variazione rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (tendenziale) della produzione è invece risultata pari al -11,1%, una caduta inferiore a quella del terzo trimestre (-14,0%). L’evoluzione complessiva è la sintesi di dati aziendali fortemente eterogenei.

A evidenziarlo è l’indagine congiunturale del Centro Studi di Confindustria Brescia sui dati relativi al quarto trimestre 2020.

Il risultato annuale risente della forte caduta realizzata tra marzo e aprile, quando la produzione ha segnato, in media, valori inferiori di oltre il 50% rispetto al pre Covid-19.  Il recupero dei mesi estivi ha contribuito a limitare le perdite nell’anno e il quarto trimestre è stato solo in parte condizionato dall’introduzione delle nuove misure restrittive adottate in seguito al riacutizzarsi della crisi sanitaria.

Nel dettaglio, la produzione industriale evidenzia un aumento sul trimestre precedente (congiunturale) di +4,8%. Il risultato complessivo del 2020 è frutto di quanto ereditato dal 2019 (-1,2%) e di una componente propria pari a -15,2%. La variazione trasmessa al 2021 è positiva (+4,9%): ciò sta a indicare che la crescita nell’anno in corso troverà beneficio dalla ripresa registrata nella seconda parte del 2020.

Dopo aver toccato i minimi storici nel trimestre estivo, i livelli produttivi realizzano un recupero; la distanza dal picco di attività pre-crisi finanziaria (primo trimestre 2008) risulta pari a -30,2%.

Le previsioni a breve termine sono positive: le aziende che stimano un miglioramento della situazione nei prossimi tre mesi sono il 41%. Quelle che prevedono di mantenere i livelli attuali sono il 37%, mentre il 22% stima un calo dell’attività. Le aspettative sono condizionate dal protrarsi delle misure anti Covid-19 nel mese di gennaio. Un forte rimbalzo della produzione è atteso solo dal terzo trimestre di quest’anno ed è legato all’efficacia e alla rapidità del piano di vaccinazione di massa. L’allentamento completo delle restrizioni anti-pandemia rilancerebbe la fiducia e quindi la domanda, liberando per i consumi le risorse accumulate in questi mesi con il risparmio “forzato”. 

  • La disaggregazione della variazione della produzione per classi dimensionali mostra incrementi superiori alla media nelle piccole imprese (+7,0%), nelle medie (+5,4%) e nelle grandi (+6,1%). La produzione è invece diminuita nelle micro imprese (-0,8%).
  • Con riferimento alla dinamica congiunturale per settore, l’attività produttiva è aumentata: oltre la media nel comparto chimico, gomma, plastica (+10,7%) e della metallurgia (+7,7%); sotto la media nella meccanica (+4,4%), legno e minerali non metalliferi (+4,0%), alimentare (+1,9%). È diminuita nel sistema moda (-0,8%). 
  • Il tasso di utilizzo della capacità produttiva, che si è attestato al 76%, è aumentato nei confronti della rilevazione precedente (73%) e risulta inferiore a quello del quarto trimestre del 2019 (77%).
  • Le vendite sul mercato italiano sono aumentate per il 58% delle imprese, rimaste invariate per il 10% e diminuite per il 32%. Le vendite verso i Paesi comunitari sono cresciute per il 25% degli operatori, calate per il 36% e rimaste stabili per il 39%; quelle verso i Paesi extra UE sono aumentate per il 31%, diminuite per il 28% e rimaste invariate per il 41% del campione.
  • I consumi energetici sono cresciuti per il 56% degli operatori, con una variazione media di +3,7%. Le giacenze di prodotti finiti sono ritenute adeguate alle necessità aziendali dall’83% delle imprese; le scorte di materie prime sono giudicate normali dall’80% del campione.
  • I costi di acquisto delle materie prime sono cresciuti per il 41% delle imprese, con un incremento medio del 2,8%. I prezzi di vendita dei prodotti finiti sono rimasti invariati per il 76% degli operatori, per una variazione media pari a 0,0%.
  • Tra i fattori che limitano la produzione, le aziende hanno segnalato: per il 47% la domanda insufficiente a causa del Covid-19; per il 4% la scarsità di manodopera; per il 2% la scarsità di materie prime/macchinari; per il 34% nessuno.
  • Le aspettative a breve termine appaiono positive. La produzione è prevista in aumento da 41 imprese su 100, stabile dal 37% e in calo dal rimanente 22%. I comparti attesi in crescita sono: alimentare, chimico, gomma, plastica, meccanica, metallurgia e sistema moda. La produzione è prevista in calo nel legno e minerali non metalliferi.
  • Gli ordini provenienti dal mercato interno sono in aumento per il 32% degli operatori, stabili per il 39% e in diminuzione per il 29%; quelli dai Paesi UE sono in crescita per il 23% degli operatori del campione, invariati per il 57% e in calo per il 20%; quelli provenienti dai mercati extracomunitari sono in aumento per il 27% delle imprese, stabili per il 62% e in calo per l’11%.

Indagine Confartigianato: un’impresa su cinque rischia di non sopravvivere al 2021

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Una stima diffusa da Confartigianato preoccupa il comparto economico della nostra provincia: un’impresa su 5 (il 21%) è soggetta a rischi operativi e avrà difficoltà nel proseguire l’attività nei prossimi mesi. Nella sola provincia di Brescia potrebbe voler dire 7mila imprese artigiane (su 33.442 totali) a rischio. «Nonostante le aspettative delle imprese, soprattutto quelle micro e piccole siano in miglioramento, come emerso dalla più recente indagine realizzata da Confartigianato Imprese Brescia su un panel di imprenditori associati, l’ultima nota dell’anno della nostra organizzazione, a livello nazionale, conferma i dubbi riempiendo il cielo di ombre minacciose sul futuro di molte, troppe attività» commenta il presidente di Confartigianato Brescia e Lombardia Eugenio Massetti che prosegue: «Si tratta di rischi perlopiù legati ad una generale debolezza finanziaria, a una crisi di liquidità senza precedenti, al calo del fatturato e all’aumento del ricorso al debito bancario che insieme possono mettere in difficoltà la sostenibilità e la prosecuzione per molte attività, in vista del prossimo decisivo anno, quando dovremo fare i conti con il ritorno alla normalità. Una fase che ha richiesto interventi di sostegno mediante moratorie sui prestiti e garanzie pubbliche che dovrà dunque protrarsi almeno sino a giugno 2021 e, comunque, finché non si sarà conclusa l’attuale fase critica evidentemente vissuta in “stand by” dalle imprese e cristallizzata per via degli aiuti e degli ammortizzatori sociali messi in campo dal governo. Non possiamo permetterci di perdere tante imprese, dopo tanti sforzi. Sarebbe drammatico per l’intero tessuto sociale di tutto il territorio» conclude il presidente Massetti».

Immobili, ecco i prezzi degli affitti nei Comuni bresciani

in Economia/Edilizia/Tendenze by

Le analisi dell’Ufficio Studi Gruppo Tecnocasa confermano un calo dei canoni di locazione, avvertito soprattutto nelle grandi città: -0,2% per i monolocali, -0,9% per i bilocali e i trilocali. I ribassi più importanti si sono avuti a Milano, Bologna e Roma, le metropoli che più di tutte le altre hanno sofferto per il calo dei flussi turistici, degli studenti e dei lavoratori fuori sede.

Nei capoluoghi di provincia, al contrario, si segnala un incremento dei canoni di locazione di bilocali (+0,3%) e di trilocali (+0,7%). In queste realtà la domanda è sostenuta e l’offerta, talvolta, non sufficiente.  

DI SEGUITO I PREZZI NEI COMUNI BRESCIANI

BRESCIA PROVINCIAZonaMonolocaliBilocaliTrilocali
ADROC300450550
ARTOGNECNd350400
ARTOGNEPNd250350
AZZANO MELLAC300400500
BAGNOLO MELLAC300450480
BARBARIGAC250400450
BASSANO BRESCIANOC270350400
BEDIZZOLEC330440480
BEDIZZOLEP330440480
BERLINGOC250350450
BERZO INFERIORECNd380430
BORGOSATOLLOC350450500
BOTTICINO – MATTINAC300400500
BOTTICINO – SAN GALLOP250350400
BOTTICINO – SERAC350450500
BOVEZZOC280450550
BOVEZZOP260420500
BRANDICOC200350450
CALCINATOC350450550
CALCINATOP350450550
CAPRIANOC350430490
CAPRIOLOC300400450
CARPENEDOLOC200350450
CARPENEDOLOPNd300400
CASTEGNATOC350450550
CASTEGNATOP350450550
CASTEL MELLA C350470570
CASTENEDOLOC350450500
CASTENEDOLOP300380450
CAZZAGO SAN MARTINOC350400500
CELLATICACNd450550
CHIARIC280400500
CHIARIP280400500
CIGOLEC250320370
COCCAGLIOCNd400500
COLLEBEATOC340500650
COLOGNECNd400500
CONCESIOC350450600
CONCESIOP300420500
CORTE FRANCAC300450550
CORZANOC200300400
DARFO BOARIO TERMEC320400450
DARFO BOARIO TERMEPNd380420
DELLOC300400450
DESENZANO DEL GARDAP400550700
DESENZANO DEL GARDA – RIVOLTELLAC350500600
DESENZANO DEL GARDA – RIVOLTELLAP350500600
ERBUSCO – VILLA – PEDERGNANOC350400500
ERBUSCO – ZOCCO – SPINAP350400450
ESINECNd420480
FIESSECNd320350
FLEROC400500600
GAMBARAC250300350
GAVARDOC380450550
GAVARDOP300420500
GOTTOLENGOCNd330380
GUSSAGOC300450600
GUSSAGOP300400500
ISEOC400500650
ISEOP350450550
ISORELLACNd320400
LENOC300350400
LENO – CASTELLETTOP300340390
LENO – PORZANOP290340390
LOGRATOC300400450
LONGHENAC250350400
MACLODIOC300400450
MAIRANOC300400450
MANERBIOC290370430
MAZZANOC300400450
MONTICELLI BRUSATIC280400550
MONTICHIARIC300450500
MONTICHIARIP300400450
MONTIRONEC300400450
MUSCOLINEC300400450
NUVOLENTOC300400450
NUVOLERAC350450500
OMEC300400550
OMEP300400500
ORZINUOVIC250350500
ORZINUOVIP150350400
OSPITALETTOC300400500
PADERNO FRANCIACORTAC300400500
PAITONEP390480500
PALAZZOLO SULL’OGLIOC350450500
PALAZZOLO SULL’OGLIO – SAN PANCRAZIOC300400450
PARATICOC400500550
PASSIRANOC300450550
PAVONE DEL MELLAC250330380
PIAN CAMUNOCNd400450
PIAN CAMUNOPNd300400
PIANCOGNO – COGNOCNd300350
PIANCOGNO – PIAMBORNOCNd380430
PISOGNECNd450500
PISOGNEPNd400450
POMPIANOC200300400
PONCARALEC350450500
PONTOGLIOC300380420
PRALBOINOCNd320350
PREVALLEC350450500
PROVAGLIO D’ISEOC350500600
QUINZANO D’OGLIOC250300400
REMEDELLOCNd280350
REZZATOC350400450
RODENGO SAIANOCNd450600
RODENGO SAIANOPNd450500
RONCADELLEC380500600
ROVATOCNd400500
ROVATOPNd400450
SALÒC400550700
SALÒP350450550
SAN FELICE DEL BENACOCNd450550
SAN FELICE DEL BENACOPNd400500
SAN PAOLOC200350450
SAN ZENO NAVIGLIOC350450500
SAREZZOC300400500
SAREZZOP250300450
SERLEC300380450
SIRMIONEC300400500
SIRMIONEP300400550
TORBOLE CASAGLIAC300400450
TRAVAGLIATOC300400500
TRENZANOCNd350450
VEROLANUOVAC300400450
VEROLAVECCHIAC250300350
VILLANUOVA SUL CLISIC380470530
VILLANUOVA SUL CLISIP300370450

Brescia, inflazione in caro a novembre

in Economia/Tendenze by
Inflazione, foto generica da Pixabay

tasso tendenziale (variazione sullo stesso mese dell’anno precedente): -0,6%

tasso congiunturale (variazione sul mese precedente): -0,2%

Per il mese di novembre continua la discesa dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC): la variazione congiunturale è lievemente negativa (-0,2%) e il tasso tendenziale è negativo per il settimo mese consecutivo (-0,6%).

Rispetto al mese precedente, le diminuzioni più consistenti si sono verificate per la divisione “Servizi ricettivi e di ristorazione” (-1,2%, il cui calo è imputabile soprattutto alla voce “Servizi di alloggio“), seguite dalle lievi variazioni congiunturali negative dei “Trasporti” (-0,6%), “Comunicazioni” (-0,6%), “Ricreazione, spettacoli e cultura” (-0,1%) e “Mobili, articoli e servizi per la casa” (-0,1%).

Lievi aumenti congiunturali si evidenziano, invece, in ordine decrescente, nelle divisioni dei “Prodotti alimentari e bevande analcoliche” (+0,3%, con in particolare l’aumento dei Prodotti Ittici e della Frutta), “Bevande alcoliche e tabacchi” (+0,2%), “Altri beni e servizi” (+0,1%), “Abbigliamento e calzature” (+0,1%), “Abitazione, acqua, elettricità e combustibili” (+0,1%), “Servizi sanitari e spese per la salute” (0,1%). Nulla la variazione congiunturale per la divisione “Istruzione”.

Analizzando per tipologia di prodotto, le tipologie dei “Beni” e dei “Servizi” presentano comportamenti congiunturali divergenti: in lieve aumento i primi e in diminuzione i secondi (rispettivamente +0,1% e -0,5%). Nei “Beni” si notano gli aumenti consistenti degli “Alimentari non lavorati” (+0,7%), a fronte di variazioni congiunturali nulle dei beni energetici.

All’interno dei “Servizi”, invece, si presentano diminuzioni congiunturali per i “Servizi relativi ai trasporti” (-1,0%) e per i “Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona” (-0,8%). Con riferimento alla frequenza di acquisto dei prodotti, si registra un lieve incremento congiunturale per i prodotti a alta frequenza d’acquisto (+0,1%) e una lieve diminuzione per quelli a bassa frequenza di acquisto (-0,1%). Più sostenuta invece la diminuzione dei prodotti a media frequenza d’acquisto (-0,5%).

Rispetto all’anno precedente, le divisioni che presentano diminuzioni consistenti sono le “Comunicazioni” (-6,5%), i “Trasporti” (-3,8%), l’”Istruzione” (-3,6%) e “Abitazione, acqua, elettricità e combustibili” (-3,4%). Al contrario, presentano variazioni positive le divisioni “Altri beni e servizi” (+1,6%), “Prodotti alimentari e bevande analcoliche” (+1,4%), “Servizi ricettivi e di ristorazione” (+1,2%), e “Bevande alcoliche e tabacchi” (+0,8%). (Graf.2)

Infine, la “Core Inflation”, che indica l’andamento della componente di fondo della dinamica dei prezzi, cioè l’inflazione al netto della componente volatile (beni energetici e alimentari non lavorati), continua a registrare variazioni, congiunturale e tendenziale, lievemente negative (rispettivamente -0,2% e -0,1%).

L’impatto del Covid-19 sull’economia in Lombardia, Cna: nel 2020 Pil in calo del 9,6%

in Associazioni di categoria/Cna/Economia/Tendenze by
woman wears yellow hard hat holding vehicle part

L’impatto del Covid-19 sull’economia in Lombardia

Il Pil lombardo dalle ultime stime di CNA Lombardia risulta in flessione del 9,6% nel 2020. Consumi ed investimenti si confermano in picchiata, rispettivamente del 9,1 e del 13,6%. I danni economici e sociali dello stop and go cui me attività imprenditoriali sono state sottoposte nel corso del 2020 per contenere il virus Covid 19 saranno purtroppo di lungo periodo, anche se reversibili. Al termine del 2021 potremmo essere risaliti ad un livello di PIL che ci collocherà al – 3,6% rispetto al 2019.

È una fotografia dolorosa quella che CNA Lombardia ha scattato nelle ultime ore per spiegare a media, politica, pubblica amministrazione e stakeholder il livello di allarme della crisi pandemica e per chiedere misure energiche e tempestive.

Il primo aspetto su cui il Presidente degli artigiani e delle micro e piccole imprese lombarde di CNA insiste è la tempestiva disponibilità del Governo a fare di più per le imprese delle zone rosse: “Apprezziamo l’impianto del decreto varato dal Governo con il Consiglio dei Ministri del 6 novembre. Bene l’allargamento e l’incremento dei ristori, ma ci vogliono molte molte più risorse.”

Una misura che CNA Lombardia chiede con forza per le imprese chiuse delle zone rosse è l’individuazione di un periodo d’imposta da azzerare completamente in relazione al regime del fermo delle attività. Parolo è netto: “Non basta congelate, non basta rinviare, occorre azzerare le imposte per gli operatori economici chiusi nelle zone rosse, naturalmente in relazione temporale al periodo di chiusura”.

Le disposizioni delle ultime ore riservano ancora margini di contraddizione che secondo CNA Lombardia andrebbero tempestivamente risolti. Nelle zone rosse mentre le imprese di acconciatura possono giustamente operare, finalmente riconosciute come attività di fondamentale servizio alla persona e come ambienti per definizione salubri e di grande attenzione all’aspetto igienico-sanitario, tutta la filiera dell’estetica viene arbitrariamente esclusa.

“Un fatto di cui sfugge la ratio” osserva il Presidente Parolo. “La filiera dell’estetica non presenta rischi di assembramento. Ci si va su prenotazione. È oltremodo rispettosa delle norme igienico-sanitarie. È del tutto omologa alla filiera dell’acconciatura. Parliamo di 6 miliardi di fatturato annui, 263 mila addetti in 130 mila saloni dedicati al benessere, con oltre 1 milione di visite all’anno. Solo in Lombardia sono 25 mila i saloni, per un fatturato di oltre 1 miliardo di euro.”

Imprese, tra luglio e settembre nel Bresciano sono 439 in più

in Economia/Tendenze/Uncategorized by
industry metal fire radio

Il bilancio della nati-mortalità delle imprese bresciane tra luglio e settembre si mantiene positivo con un aumento di 439 unità.

Dopo i primi due trimestri – i cui effetti delle misure di contenimento adottate per contrastare la diffusione dell’epidemia da COVID-19 avevano rallentato l’iniziativa imprenditoriale – nel periodo estivo, caratterizzato dalla ripresa di tutte le attività, si intravede un ritorno alla “normalità” sul fronte delle aperture di nuove imprese.

Sono, infatti, 1.351 le iscrizioni d’impresa in linea con le 1.340 di luglio-settembre 2019. Sul fronte delle chiusure permane il forte rallentamento delle cessazioni, sono, infatti, 912 le cessazioni contro le 1.056 dello stesso periodo del 2019, corrispondente a un calo del 13,6%. Calo che potrebbe manifestare un atteggiamento di attesa da parte delle imprese. Il risultato di tali dinamiche ha portato a fine settembre il numero delle imprese registrate a 117.537 in crescita dello 0,4% rispetto a fine giugno ma in calo dello 0,3% nel confronto con lo stesso periodo del 2019.

Anche il bilancio del comparto artigiano si chiude in positivo (+50 unità) replicando le stesse dinamiche.

E’ questa la dinamica che emerge dall’analisi sulla natalità e mortalità delle imprese bresciane realizzata dal Servizio Studi della CCIAA di Brescia e dal centro Studi AIB sui dati Movimprese.

IL BILANCIO DEI SETTORI

Guardando ai settori, si confermano in crescita, rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno, i servizi di supporto alle imprese (+3,3%), le attività professionali (+4,2%) e i servizi di informazione e comunicazione (+1,4%).

In difficoltà il commercio che riporta un calo della propria base imprenditoriale dell’1,3% e le attività di alloggio e ristorazione (-0,8%).

Prosegue il trend negativo dell’agricoltura (-1,8%) e delle attività manifatturiere (-0,9%).

Il saldo positivo del trimestre è stato determinato (per il 64%) dalle società di capitale (+282 unità), in aumento anche le imprese individuali (+0,4%) che si confermano la forma più diffusa in provincia.

Prosegue, tra luglio e settembre, l’arretramento delle società di persone (-42).

Nel comparto artigiano il risultato trimestrale è stato determinato dal saldo positivo delle imprese individuali (+86).

LE FORME GIURIDICHE

Il saldo positivo del trimestre è stato determinato (per il 64%) dalle società di capitale (+282 unità), in aumento anche le imprese individuali (+0,4%) che si confermano la forma più diffusa in provincia.

Prosegue, tra luglio e settembre, l’arretramento delle società di persone (-42).

Nel comparto artigiano il risultato trimestrale è stato determinato dal saldo positivo delle imprese individuali (+86).

Metalmeccanica: a Brescia cala ancora la produzione nel secondo trimestre 2020

in Economia/Meccanica/Tendenze by

In provincia di Brescia, nel secondo trimestre del 2020, l’attività produttiva dei settori metalmeccanici ha segnato ulteriori variazioni negative rispetto allo stesso trimestre del 2019 (tendenziali), dopo la brusca caduta del periodo precedente. In particolare, il comparto della meccanica ha registrato una diminuzione dell’attività del 31,8% rispetto al medesimo trimestre 2019 (dopo il -17,6% del primo trimestre), quello della metallurgia del 21,9% (-12,0% nel primo trimestre). A seguito di queste variazioni, i livelli produttivi riferiti all’intera industria metalmeccanica bresciana sono ai minimi storici, andando a vanificare sei anni di crescita.

A evidenziarlo è l’indagine trimestrale condotta dal Centro Studi AIB, che ha dedicato ampio spazio anche alla valutazione delle conseguenze economiche dell’emergenza sanitaria sulle imprese.

In particolare, sul fronte della gestione del personale, le realtà della meccanica intervistate hanno intrapreso le seguenti azioni: utilizzo della Cassa Integrazione Guadagni (89%); introduzione o intensificazione dello smart working (75%); ferie obbligatorie (70%); riduzione delle ore di lavoro (48%). Sugli effetti economici previsti fino alla fine del 2020, le aziende del settore hanno espresso: si ridurrà la domanda nazionale dei prodotti offerti (73%); si ridurrà la domanda dall’estero dei prodotti offerti (70%); si ridurrà l’attrattiva nei confronti dei prodotti o servizi offerti in seguito alla cancellazione/rinvio di fiere ed eventi promozionali (32%). Riguardo alle strategie che l’impresa ha adottato per far fronte alla crisi, gli intervistati hanno dichiarato: riorganizzazione dei processi e degli spazi di lavoro (34%); differimento o annullamento dei piani di investimento (inclusi quelli in R&S) (34%); accelerazione della transizione digitale (30%). Rispetto alla “normalità pre-Covid”, i livelli di attività del settore si sono attestati al: 39% in aprile, 72% in maggio, 80% in giugno. Per il periodo gennaio-giugno, gli operatori hanno stimato un calo percentuale del fatturato del 19% e delle ore lavorate del 22% rispetto alla “normalità” (il confronto è con il primo semestre 2019).

Nel settore metallurgico, tra le misure di gestione del personale adottate a seguito dell’emergenza, le imprese intervistate hanno dichiarato: utilizzo della Cassa Integrazione Guadagni (87%); introduzione o intensificazione dello smart working (80%); riduzione delle ore di lavoro (67%); ferie obbligatorie (60%). Sugli effetti economici previsti fino alla fine del 2020, le aziende del settore hanno espresso: si ridurrà la domanda nazionale dei prodotti offerti (60%); si ridurrà la domanda dall’estero dei prodotti offerti (60%); aumenteranno i prezzi di materie prime, semilavorati o input intermedi (20%). Riguardo alle strategie che l’impresa ha adottato per far fronte alla crisi, i rispondenti hanno dichiarato: differimento o annullamento dei piani di investimento (inclusi quelli in R&S) (67%); riorganizzazione dei processi e degli spazi di lavoro (53%); accelerazione della transizione digitale (27%). Rispetto alla “normalità pre-Covid”, i livelli di attività del settore si sono attestati al: 58% in aprile, 87% in maggio, 83% in giugno. Per il semestre, gli operatori hanno dichiarato un calo percentuale del fatturato del 22% e delle ore lavorate del 20% rispetto alla “normalità” (primo semestre 2019).

La caduta della produzione si è riflessa sul commercio con l’estero: nel secondo trimestre 2020, le esportazioni di prodotti metalmeccanici sono diminuite del 30,6% sullo stesso periodo del 2019, con punte più accentuate nei mezzi di trasporto (-37,9%) e nella metallurgia (-33,0%). Ne hanno risentito tutti i principali mercati di sbocco: UE a 27 Paesi (-31,9%), Paesi europei non UE (-29,4%), America settentrionale (-27,2%), America centro meridionale (-51,2%), Asia centrale (-46,4%). Nel complesso del primo semestre 2020, le esportazioni sono diminuite del 20,1% rispetto ai primi sei mesi del 2019.

Sul versante del mercato del lavoro, si segnala l’impennata della Cassa Integrazione Guadagni nei settori metalmeccanici. Le ore autorizzate nei primi otto mesi del 2020 sono aumentate del 1.098% rispetto allo stesso periodo del 2019, passando da 3,3 a 39,2 milioni. In particolare, la componente ordinaria nei primi otto mesi del 2020 è cresciuta del 2.800% (da 1,3 a quasi 38 milioni di ore); quella straordinaria invece è diminuita del 38% (da 2 a 1,2 milioni di ore). Nello specifico, la componente ordinaria è cresciuta del 1.947% nel metallurgico (da 375.138 ore nel periodo gennaio-agosto 2019 a quasi 7,7 milioni) e del 3.144% nella meccanica (da 931.696 ore a oltre 30 milioni). Sulla base delle ore effettivamente utilizzate è possibile stimare che le unità di lavoro annue (ULA) potenzialmente coinvolte dalla CIG siano quasi 13 mila, contro le mille e cento dello stesso periodo del 2019.

“Sicuramente i dati del secondo trimestre sono preoccupanti, ma rispecchiano il massimo picco della pandemia da COVID-19 e quindi erano attesi – commenta Gabriella Pasotti, Presidente del Settore Meccanica di Confindustria Brescia –: da luglio ad oggi ci sono stati segnali di ripresa. Si tratta di un aspetto positivo, nonostante ci troviamo davanti a un periodo molto difficile per situazioni anche internazionali e quindi fuori dal nostro contesto. Tra i fattori di maggiore criticità figurano l’aumento delle ore di cassa integrazione, la mancanza di liquidità, il calo del fatturato e i costi per la sicurezza in azienda, oltre all’incertezza sugli aiuti che potrebbero arrivare alle nostre aziende per affrontare il futuro. Sono aspetti che non ci confortano, ma siamo imprenditori determinati, ci crediamo e sono certa che con un po’ di ottimismo ce la faremo.”

“Sapevamo che i dati del secondo trimestre 2020, per effetto della pandemia da COVID-19, sarebbero stati molto negativi – aggiunge Giovanni Marinoni Martin, neo Presidente del Settore Siderurgia, Metallurgia e Mineraria di Confindustria Brescia –. Tuttavia, il settore della sidermeccanica bresciana, nonostante l’importante frenata, è da sempre resiliente, e composto da aziende tecnologicamente all’avanguardia, in grado di tenere il passo nella sfida competitiva europea. Oggi più che mai ci troviamo ad affrontare una congiuntura che per sua natura rischia di cambiare le regole del gioco, soprattutto nella meccanica, dove nuovi standard e nuove regole europee e nazionali impongono un abbassamento delle emissioni, sia nelle produzioni che nella mobilità. Ci auguriamo quindi che il Governo, per favorire la ripartenza dell’intero comparto, continui a sostenere questa sfida supportando i consumatori nella scelta di nuovi veicoli a minore impatto ambientale, e rottamando la flotta ancora circolante di classe Euro 0-1-2-3”.

Dal punto di vista della struttura produttiva, Brescia è la terza provincia italiana per rilevanza dell’industria metalmeccanica (dopo Torino e Milano). Con circa 100 mila addetti attivi, è leader nazionale per quanto riguarda la metallurgia (16 mila addetti) e i prodotti in metallo (36 mila), è al terzo posto nei macchinari e apparecchiature (31 mila) e in quinta posizione relativamente ai mezzi di trasporto (poco più di 8 mila addetti).

 

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