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Associazioni di categoria - page 54

Cna, energia più cara per le micro e piccole imprese

in Associazioni di categoria/Confesercenti/Economia/Eleonora Rigotti/Energia/Personaggi by
La presidente di Confederazione nazionale artigianato Eleonora Rigotti

Il prezzo dell’energia elettrica pagato dalle imprese italiane è superiore di quasi il 36% alla media europea. Il differenziale arriva addirittura al 45,4% per micro e piccole imprese dai consumi annui inferiori ai 20 megawattora. La fotografia scattata dall’Osservatorio Energia 2017 curato dal Centro studi CNA (che ha elaborato dati Eurostat che si riferiscono al 2016) restituisce la situazione di forte svantaggio rispetto ai competitor europei nella quale si trovano oggi le imprese nazionali e la visione sbilanciata che continua a privilegiare le imprese energivore.

«La nuova Strategia energetica nazionale va ancora in questa direzione, intervenendo solo a favore dei settori industriali più sensibili al prezzo dell’energia e più esposti alla concorrenza estera – dichiara Eleonora Rigotti, presidente di CNA Brescia -. Ma le piccole e medie imprese non sono forse consumatrici di energia, e non subiscono forse la concorrenza straniera?».

Il costo dell’energia sopportato dalle micro e piccole imprese (10,6 c€/kWh) è il quinto più elevato d’Europa. La componente “Oneri e Imposte” della bolletta italiana – si legge nell’Osservatorio Energia – è la più alta d’Europa e del tutto indifferente alle logiche del mercato. Se nel 2016, poi, le piccole imprese hanno sopportato il 35,2% degli oneri generali complessivi (cioè 5,6 miliardi di euro) a fronte di un consumo pari al 25,9% del totale, le imprese maggiormente strutturate (energivore) hanno acquistato il 14% dell’energia consumata contribuendo però solo al 7,4% degli oneri totali.

CNA ribadisce, quindi, la necessità di operare una riforma degli oneri generali di sistema, che li distribuisca in modo equo tra le diverse categorie di imprese, già nella prossima Legge di bilancio.

«Aprendo alla competizione tra fornitori, la liberalizzazione potrebbe portare un miglioramento delle condizioni di prezzo» auspica la presidente Rigotti. Ma l’Osservatorio fa notare che l’incidenza della componente energia non supera mai il 45% della bolletta, in tutte le classi esaminate. «Un fattore molto critico, che rischia di minimizzare le eventuali riduzioni di prezzo dell’energia».

A Brescia i mestieri di una volta vivono grazie agli stranieri

in Associazioni di categoria/Camera di commercio/Commercio/Economia/Tendenze by

Mestieri di una volta, secondo i dati della Camera di commercio di Milano al secondo trimestre 2017 sono 826 mila le imprese in Italia e 60 mila in Lombardia. Resiste il settore in Italia, è stabile e scende in un anno del – 1% in Lombardia. Principali settori: agricoltura (723 mila), produzione di pane e dolci (30 mila), commercio tradizionale con tessuti, panifici, latterie (22 mila) e lavanderie (20 mila), sarti (10 mila).  Settori che continuano a dare opportunità di lavoro con circa un milione di addetti nel Paese e 114 mila in Lombardia. Più lavoro a Bari (33 mila), Roma e Bolzano (29 mila).

Un settore che resiste grazie anche agli stranieri, 24 mila nel Paese, il 3%, di cui 3 mila in Lombardia (5%). Crescono del +4% in Italia e in Lombardia. Oltre 2 mila gli stranieri nei mestieri tradizionali in Toscana, Lazio, Sicilia e Veneto. Stranieri che crescono soprattutto in Basilicata (+9,5%) e in Lazio (+7,4%). Record degli stranieri a Milano (1455, il 16% degli imprenditori del settore). Lo stesso numero di Roma (1455, il 7,8% del totale). Stranieri in aumento a Lodi (+22,5%), Matera (+13,3%), Grosseto (+13,2%), Frosinone (+12,9%).  Anche i giovani scelgono i mestieri tradizionali per aprire un’attività: 60 mila in Italia, di cui 7 mila in Sicilia, 6 mila in Campania e Puglia, 4 mila in Lombardia, Sardegna e Lazio.

Prime per attività in Italia: Bari (29 mila imprese e 33 mila addetti), Foggia (26 mila imprese e 19 mila addetti) e Cuneo (21 mila imprese e 27 mila addetti), Roma (19 mila imprese e 29 mila addetti), Salerno (19 mila imprese e addetti), Bolzano (17 mila imprese e 29 mila addetti) e Verona (17 mila imprese e 22 mila addetti), Catania (16 mila imprese e 15 mila addetti), Torino (16 mila imprese e 23 mila addetti) e Treviso (16 mila imprese e 19 mila addetti).

Prime per attività in Lombardia: Brescia (12 mila imprese e 16 mila addetti), Milano (9 mila e 27 mila addetti), Mantova (8 mila e 10 mila addetti), Pavia (7 mila imprese e 8 mila addetti). Cresce Milano (+0,5%) grazie anche agli stranieri (+5,7%), che pesano il 16% dei settori tradizionali.

Industria 4.0, seminari tecnici di AIB a Lumezzane e Adro

in Aib/Associazioni di categoria/Economia/Formazione/Tech/Web e digitale by

Due seminari promossi da AIB con Anima e Ucimu per approfondire gli aspetti tecnici e fiscali di Industria 4.0, con in più l’opportunità per gli imprenditori di incontrare individualmente i relatori e sottoporre loro quesiti specifici.

Il primo incontro è in programma giovedì 14 settembre alle 18 al Centro formazione volontari Croce Bianca di Lumezzane (via Madre Lucia Seneci, 34 – Lumezzane San Sebastiano) e vedrà intervenire Massimo Zanardini (Laboratorio RISE, Università degli Studi di Brescia – Industria 4.0: lo stato dell’arte della manifattura italiana), Giuseppina Lapenna – Ufficio Fiscale e Societario AIB – Profili fiscali dell’iperammortamento), Alessandro Maggioni (direttore area tecnica Anima – Iperammortamento: requisiti tecnici). Al termine, spazio al dibattito e ai colloqui individuali (su prenotazione).

Il secondo incontro, dedicato alle aziende della Franciacorta e della Valcamonica, si terrà con lo stesso programma giovedì 21 settembre alle 18 all’Azienda agricola Ferghettina (via Saline, 11 – Adro).

La partecipazione agli incontri è libera e gratuita (informazioni e prenotazioni: zone@aib.bs.it – 030 2292.311/339).

Industria 4.0, firmato oggi l’accordo tra Ubi Banca e Confindustria

in Aib/Associazioni di categoria/Banche/Economia/UBi by

E’ stato firmato oggi dal presidente di Confindustria Vincenzo Boccia e dalla Presidente del Consiglio di Gestione di UBI Banca Letizia Moratti, il Protocollo d’Intesa tra Confindustria e UBI Banca per sostenere le imprese impegnate in processi di innovazione e trasformazione digitale e promuoverne la crescita dimensionale e l’accesso ai mercati dei capitali. Alla presentazione dell’Accordo hanno partecipato anche Frederik Geertman, Chief Commercial Officer e Vice Direttore Generale di UBI Banca, Giulio Pedrollo, Vice Presidente di Confindustria per la Politica Industriale, Elio Catania, Presidente di Confindustria Digitale e Matteo Zanetti, Presidente del Gruppo Tecnico Credito e Finanza di Confindustria.
L’Accordo, che si estende fino al 31 dicembre 2019, prevede, in particolare, una serie di iniziative per offrire, attraverso i Digital Innovation Hub (DIH) costituiti presso il sistema confindustriale, supporto finanziario e consulenza alle imprese intenzionate ad investire in innovazione e beneficiare delle opportunità esistenti all’interno del Piano Nazionale Industria 4.0.
In dettaglio, il Procollo prevede che UBI Banca:
• istituisca il “Plafond ricerca, sviluppo e innovazione”, con dotazione pari a 1 miliardo di euro finalizzato a concedere finanziamenti a medio e lungo termine alle imprese che investono in innovazione e digitalizzazione. Gli associati a Confindustria beneficieranno di un canale privilegiato di accesso tramite i DIH.
• metta a disposizione delle imprese, tramite i DIH, esperti dedicati al finanziamento di progetti di trasformazione digitale delle imprese, oltre a consulenza specialistica (fornita da società specializzate partecipate dal Gruppo UBI) riguardo all’accesso ai fondi europei e alle agevolazioni previste dal “Piano Nazionale Industria 4.0.
Inoltre, Confindustria e UBI Banca realizzeranno un programma di formazione destinato:
• al personale di UBI, riferito alla progettualità tipica dell’industria 4.0 e all’attività dei DIH;
• al personale dei DIH e delle associazioni territoriali di Confindustria, relativo alle modalità di valutazione dei progetti di investimento delle imprese, all’accesso al credito e alla finanza delle Imprese, alle agevolazioni del “Piano Nazionale Industria 4.0”
Inizialmente il Protocollo coinvolgerà i DIH di Lombardia Marche, Piemonte, Puglia e Umbria.
UBI, prima banca in Italia nell’accompagnare imprese verso la Borsa attraverso le SPAC (Special Purpose Acquisition Company), organizzerà una serie di eventi formativi dedicati alle imprese e agli imprenditori, finalizzati a sensibilizzarli rispetto alle varie strategie d’accesso al mercato dei capitali, e a diffondere la cultura della quotazione.
Infine, UBI Banca attiverà – nell’ambito del Programma ELITE di Borsa italiana – una “ELITE Lounge” in collaborazione con Confindustria e con gli ELITE Desk istituiti presso le Associazioni territoriali del sistema, destinata alle imprese impegnate nella realizzazione di processi di innovazione e digitalizzazione. UBI Banca sosterrà la fee di partecipazione ad ELITE delle imprese clienti associate a Confindustria e selezionate congiuntamente che saranno accompagnate nella Lounge.
“Questo accordo – secondo Vincenzo Boccia, Presidente di Confindustria – si riconosce nel quadro delle sfide che l’industria italiana vuole cogliere attraverso Confindustria sia in un rapporto strutturato con l’Abi che realizzando iniziative con singoli istituti come in questa circostanza con l’UBI. In tutti i casi l’obiettivo è evolvere insieme, banche e imprese, per costruire un sistema Paese più forte e competitivo. Con l’UBI, in particolare, lavoreremo per valorizzare le opportunità offerte da Industria 4.0 attraverso i Digital Hub che diventano, così, acceleratori della crescita in coerenza con le scelte di politica industriale”.
“I principali indicatori dell’attività economica quali occupazione, andamento del PIL e clima di fiducia di imprese e consumatori, indicano il consolidamento del trend di uscita del Paese dalla crisi”, spiega Letizia Moratti, Presidente del Consiglio di Gestione di UBI Banca. “In questa fase l’accordo tra UBI Banca e Confindustria è il segno dell’Italia che fa sistema, per promuovere l’obiettivo comune del rinnovamento e della competitività del mondo produttivo”.
“Ci associamo con convinzione al progetto dei Digital Innovation Hub di Confindustria” sostiene Frederik Geertman, Chief Commercial Officer e Vice Direttore Generale di UBI Banca, “perché riteniamo che per accompagnare le imprese nella quarta rivoluzione industriale serva un approccio integrato. UBI mette a disposizione non solo una provvista di credito dedicata di 1 miliardo, ma anche e soprattutto una rete di specialisti collegati agli Hub, competenti sugli strumenti del Piano Nazionale Industria 4.0 e sul finanziamento di progetti di trasformazione, anche attraverso fondi agevolati e accesso al mercato dei capitali”.

Camera di commercio, via alle domande per il premio alternanza

in Associazioni di categoria/Camera di commercio/Economia/Evidenza by

La Camera di Commercio di Brescia sostiene il Premio “Storie di alternanza”, iniziativa promossa da Unioncamere e delle Camere di Commercio italiane dedicata agli studenti degli Istituti scolastici di II grado. L’iniziativa premia a livello provinciale e nazionale i migliori video-racconti realizzati dagli studenti riguardanti le attività svolte in alternanza scuola-lavoro. Per partecipare è necessario iscriversi inviando la domanda a partire dal 1° settembre al 27 ottobre 2017. Per informazioni: Ufficio Competitività Imprese, tel.030.3725264- 298-346, e-mail: pni@bs.camcom.it. Regolamento e modulistica sul sito www.bs.camcom.it

Camera di commercio, il 20 un seminario gratuito sull’e-commerce

in Associazioni di categoria/Camera di commercio/Economia/Istituzioni/Partner 2/Web e digitale by

Mercoledì 20 settembre 2017 dalle ore 10.00 si terrà presso la Camera di Commercio di Brescia il quarto incontro della rassegna formativa gratuita Eccellenze in digitale 2017 dal titolo ”E-commerce: la tua vetrina sempre aperta, ovunque”. Nel pomeriggio si terranno laboratori a numero chiuso di approfondimento del tema trattato, su prenotazione. Per informazioni: Ufficio Competitività Imprese, tel.030.3725298/264/346 pni@bs.camcom.it. Iscrizioni on line dal sito www.bs.camcom.it.

Insegnare a fare l’imprenditore, si può | di Bortolo Agliardi

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di Bortolo Agliarti – La crisi – quella che sperabilmente ci stiamo lasciando alle spalle – come tutte le crisi ha qualche aspetto positivo. Secondo la nota riflessione di Albert Einstein, in realtà le crisi sono vicende tutte positive, tutte taumaturgiche, perchè impongono schemi nuovi, indicano strade alternative, segnalano nuove opportunità. Sono considerazioni che hanno il loro valore, anche se, guardandomi alle spalle e segnando le molte aziende in questi anni scomparse e quindi mettendo in conto le fatiche e le lacrime di tanti artigiani, faccio onestamente fatica a gridare “viva le crisi”.

Ma bisogna convenire che su un aspetto, questa tremenda crisi un qualche beneficio l’ha portato. Ed è, a mio parere, una convinzione nuova, diffusa, ragionata, circa la necessità di avere un lavoro; si è un po’ capito – forse più che in precedenti situazioni di difficoltà, forse perchè appunto questa crisi è stata particolarmente feroce – che il lavoro è vita, che senza si fa fatica non solo a tirare a fine mese ma anche a vivere, a dare un senso più pieno alla vita. Il lavoro, parafrasando un vecchio adagio, è come l’aria: ne capiamo l’importanza quando viene a mancare. Il lavoro, quindi, come condizione privilegiata, non come una condanna come lo si leggeva fino a qualche tempo fa. Se quindi il lavoro è importante, importantissimo, a come crearlo, come mantenerlo, come accrescerlo, vanno dedicate attenzioni particolari. Naturalmente ci sono tante cose da fare per ottenere questo obiettivo: fisco più semplice, tasse più basse, incentivi allo sviluppo, agevolazioni a chi vuole fare impresa eccetera eccetera. Ma c’è un aspetto che a mio avviso si sottovaluta, ovvero il ruolo della scuola. Ma come, si potrà obiettare, che c’entra la scuola con il creare lavoro? La scuola deve guidare, preparare e insegnare. Appunto: perchè la scuola non può considerare anche questo aspetto: insegnare a fare l’imprenditore. Intuisco le possibili obiezioni (la scuola ha già tanto da fare, i mezzi sono pochi, poi ci sono i programmi, le leggi e via elencando). Intuisco, ripeto, e in parte comprendo.

Settembre è iniziato e sò bene che il problema primo di presidi e dirigenti è quello di avere cattedre coperte, come si dice, evitando sperabilmente i vuoti e i problemi dello scorso anno. E quindi d’accordo: vediamo e speriamo di partire col piede giusto e di metterci in carreggiata. Ma poi, più avanti, è così impossibile immaginare di avviare un confronto con le associazioni di categoria delle imprese per vedere se e come sia possibile immaginare di insegnare a fare l’imprenditore. Penso naturalmente alle scuole superiori, e non necessariamente agli ultimi anni. Perchè non si potrebbe insegnare a fare l’imprenditore? Perchè non si dovrebbe poter cominciare a spiegare, ad esempio, che cos’è un artigiano, come si diventa, che cosa può fare, che problemi si incontrano ma anche che soddisfazioni dà l’essere padroni di se stessi; perchè non fare incontrare degli artigiani con i ragazzi, capire un mestiere, scoprire le curiosità e sentire dai nostri artigiani perchè hanno deciso (al tempo) di diventare tali e perchè hanno continuato a farlo anche se, magari, avevano qualche alternativa di lavoro. Oppure perchè non raccontare ai nostri ragazzi che l’innovazione non è solo alta tecnologia (anche se ovviamente ci sono artigiani che utilizzano tecnologie avanzatissime) ma che l’innovazione, generata da menti fresche, si presta ad essere inserita anche in mestieri “antichi”.

Perché non dare la possibilità agli insegnanti di conoscere meglio il tessuto produttivo artigiano, le caratteristiche e soprattutto le potenzialità? Sono convinto che anche gli insegnanti apprezzerebbero l’opportunità e lo stimolo di conoscere da vicino un mondo ai più sconosciuto. Perchè, in una parola, non avvicinare di più la scuola alle imprese, perchè non considerarle complementari. In fondo, entrambi – la scuola e le imprese – la stessa cosa vogliamo per i nostri giovani: un futuro migliore; siamo – la scuola e le imprese – un po’ la doppia faccia di una medaglia unica. Solo che, come nella medaglia, il fronte e il recto non si guardano. Spesso così accade. E questo non è positivo. Faccio queste considerazioni offrendo la disponibilità mia personale e quella dell’Associazione che presiedo: ci fosse qualche scuola interessata ad approfondire il tema noi ci siamo. Vediamoci e vediamo se e come un possibile primo percorso in questo senso sia possibile, con l’augurio che, come detto agli inizi, l’avvio del nuovo anno scolastico sia un po’ meno tribolato di quello passato.  ​

Presidente Associazione Artigiani

Mercato dell’usato, Brescia seconda in Lombardia

in Associazioni di categoria/Camera di commercio/Commercio/Economia/Tendenze by

Cresce il settore dell’usato in Italia: +2,1% in un anno. Nel 2016 si contano 3.553 imprese italiane attive nella vendita di merce che il tempo impreziosisce, rende trendy secondo la moda vintage del momento o permette di risparmiare rispetto all’acquisto ex-novo. Quali sono gli articoli che si prestano ad essere rivenduti? Mobili usati e oggetti di antiquariato generano lavoro per 1.720 imprese, 1.289 le attività addette alla vendita di indumenti e altri oggetti usati e 296 quelle che commerciano al dettaglio libri di seconda mano. Roma (10,7%), Milano (7,7%) e Torino (5,8%) sono prime in Italia, contando rispettivamente 379, 275 e 207 attività. Napoli (198) e Firenze (158) ospitano il 5,6% e il 4,4% delle imprese del mercato dell’usato. Emerge da un’elaborazione della Camera di Commercio di Milano su dati del registro delle imprese al quarto trimestre 2016 e 2015.

Cresce il settore dell’usato in Lombardia nel 2016: +3,8%, più della crescita media italiana (2,1%). La Lombardia è sede di 572 imprese del settore che rappresentano il 16,1% del totale nazionale. In un anno si espande del 19,4% il mercato del commercio dei libri usati (da 31 a 37 imprese), del 6,4% la vendita di vestiti usati (da 220 a 234 imprese ) e dello 0,8% l’interesse per i pezzi di antiquariato (da 246 a 248 imprese). I principali centri dell’usato in Lombardia: Milano, Brescia, Bergamo e Varese. Hanno sede a Milano 275 imprese, la metà del settore in regione. A seguire Brescia (69), Bergamo (51) e Varese (45).

Pmi e burocrazia della PA: si perdono fino a 5 giorni al mese

in Associazioni di categoria/Cna/Economia/Eleonora Rigotti/Evidenza/Personaggi by
Eleonora Rigotti, Cna Brescia

Il 41,3% delle pmi impiega fino a 3 giorni lavorativi al mese per portare a termine tutti gli adempimenti richiesti dalla pubblica amministrazione. Il 32,2% impegna fino a 5 giornate al mese. Il 62,4% degli imprenditori ritiene che la burocrazia sia tra i principali vincoli alla competitività. Proprio la burocrazia costa alle pmi 22 miliardi di euro l’anno.

«Non è pensabile che nel 2017 non sia possibile pagare online bolli e tariffe riferiti alle pratiche amministrative, o che le istanze non possano essere compilate per via esclusivamente telematica. Sono interventi che, già da soli, consentirebbero alle imprese di ridurre i costi della burocrazia» dichiara Eleonora Rigotti, presidente di CNA Brescia, facendo riferimento al sondaggio targato CNA “Le Pmi alle prese con la burocrazia”, proposto a un campione di 1035 imprese associate alla Confederazione, di cui l’80% con meno di 10 addetti. «Le imprese chiedono strumenti per gestire per via telematica la mole di richieste della pubblica amministrazione».

«La PA, nelle proprie diverse articolazioni, dovrebbe essere partner delle imprese, non puro controllore; soggetto facilitatore, non vessatore e pubblicatore di sentenze. Ancora non vediamo quella burocrazia semplice, efficiente e relazionale di cui gli imprenditori hanno bisogno – prosegue la presidente Rigotti -. Abbiamo rilevato segnali di miglioramento nell’ultimo triennio, ma auspichiamo più efficacia e convinzione nell’attuazione dell’ammodernamento che è stato avviato con la “Riforma Madia” ed i successivi decreti, anche grazie all’impegno e alle proposte che CNA ha raccolto a livello locale per portarle sul tavolo della trattativa nazionale».

Case: volano le vendite, ma le imprese edili restano in difficoltà

in Associazioni di categoria/Confartigianato/Economia/Edilizia/Eugenio Massetti/Personaggi by

Le compravendite immobiliari a Brescia sono cresciute a doppia cifra lo scorso anno: nel residenziale i dati a tutto il 2016 indicano un totale di 12.360 compravendite, +23,5% rispetto alle 10.011 del 2015. Non siamo ancora ai livelli 2006 (con 16.436 compravendite) ma è una performance che fa ben sperare. Persino meglio il non residenziale: nel 2016 sono state 1.738 le compravendite con una variazione del 39,5% rispetto al 2015, anche se più ampia è la differenza con il 2008 quando si registrarono 2.606 compravendite. Ma è l’intero mondo del mattone che da allora è cambiato radicalmente. Ne sa qualcosa il mondo dell’artigianato. A fare il punto è Eugenio Massetti, presidente di Confartigianato Brescia e Lombardia, a seguito della divulgazione del rapporto Confartigianato Edilizia 2017.

Un settore caratterizzato e mutato dalla crisi, ma con ampi margini di miglioramento se capace di trovare alleanze sul territorio, come può essere quella offerta dal turismo. Dopo 10 anni l’intero comparto ne esce profondamente trasformato: basti pensare che oggi nell’intero settore dell’edilizia il recupero degli edifici rappresenta il 70% del mercato complessivo. Per questo è necessario che si rendano strutturali le misure come le detrazioni per le riqualificazioni che possono generare un circolo virtuoso capace di ripercuotersi sull’intera economia, sull’occupazione e l’ambiente. Ed è necessario passare dall’intervento della singola residenza a quella dell’edificio e infine del quartiere. Un mercato che va alimentato, anche con la fiducia. Quella che sembra essere ritornata soprattutto per quanto riguarda il mercato delle compravendite, anche a Brescia, dove la lunga fase di crisi economica sembra avere finito il suo ciclo e segnali incoraggianti si vedono sia nel mercato immobiliare, che negli andamenti relativi ai permessi di costruire”.

Nel 2008 gli occupati nell’edilizia a Brescia erano all’incirca 48mila, ora, al primo trimestre 2017, sono circa 43mila.

Al I trimestre 2017 a Brescia si contano 14.196 imprese operanti nell’edilizia, di queste sono artigiane il 69,3% cioè 9.834 che registrano una variazione negativa del 2,9%. Tradotto, rispetto allo stesso periodo di un anno fa sono scomparse altre 291 imprese artigiane.

Ultima buona notizia, ma che fa il paio con il calo delle imprese, è la diminuzione degli infortuni in provincia di Brescia nell’edilizia: 756 sono stati quelli registrati nel 2016, con una variazione di – 90 rispetto ad un anno prima (- 10,6%), di cui, nelle sole imprese artigiane delle costruzioni sono 436, – 69 infortuni rispetto ad un anno prima, il 13,7 per cento in meno.

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