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Associazioni di categoria - page 49

Editoria, nel Bresciano sono 227 le aziende attive

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Libri, foto da Piaxabay

Artigianato e piccole imprese attive nell’editoria e nella stampa a Brescia. Numeri chiave che forniscono un’immagine di provincia vivace, legata a un mondo fatto di piccole imprese di qualità, dove il 98.3% dei 791 addetti sono occupati in PMI sotto i 50 addetti e dove marcato è il peso rappresentato proprio dalle imprese artigiane: se nella media lombarda rappresentano il 26,2% del totale delle imprese del comparto, a Brescia questa percentuale sale sino al 51,7%. A livello lombardo sono 1.974 le imprese artigiane legate alle attività editoriali e di stampa e riproduzione di supporti registrati (il 17,3% del totale Italia) e di queste, dopo Milano con 697 imprese artigiane, c’è Brescia, con 227 e al terzo posto Bergamo con 190. Brescia che segnala in questa particolare classifica, una dinamica positiva di due imprese secondo gli ultimi dati disponibili all’anno 2017. Dati che emergono dal recente studio realizzato dall’Osservatorio di Confartigianato Lombardia, in occasione dell’edizione 2018 di Librixia – la fiera del libro di Brescia, al via da sabato in piazza Vittoria e che sino al 7 ottobre animerà le giornate con incontri e presentazioni con al centro il libro. Uno studio che analizzando i più recenti dati disponibili, si addentra nel mondo delle attività editoriali e di stampa, dei piccoli editori, del processo di digitalizzazione del settore, canali di vendita e tempo dedicato ai libri.

«Un mestiere di qualità, che regge la concorrenza della stampa on line, sia per la tempestività, ma soprattutto per la versatilità e la qualità del servizio e del prodotto offerto. Grazie a qualità e artigianalità la carta stampata non morirà mai» commenta il presidente di Confartigianato Imprese Brescia e Lombardia Orientale Eugenio Massetti:

Un mestiere vario, rappresentato da molteplici attività quelle delle 227 imprese artigiane attive (a tutto il 2017) nel mondo editoriale e della stampa a Brescia (9 sono piccoli editori, il 37,5% dei 24 editori totali) somma delle imprese che sottendono la stampa e le attività editoriali e che si occupano principalmente di: stampa di riviste ed altri periodici, pubblicati meno di quattro volte alla settimana, stampa di libri e opuscoli, spartiti e manoscritti di musica, mapp, album, agende, calendari ed altri stampati commerciali; materiale stampato tramite stampa tipografica, offset, rotocalcografia, flessografia, serigrafia ed altre macchine da stampa; stampa diretta su tessuti, plastica, vetro, metallo, legno e ceramica; stampa su etichette e cartellini; stampa su articoli pubblicitari e stampa di pubblicità su automezzi.

Processo di digitalizzazione che ha spinto negli ultimi anni la diffusione di supporti elettronici, ma che non sfonda sul mercato degli e-book e che ha favorito invece l’acquisto on line dei libri con il 24,6% di persone dai 14 anni in su hanno acquistato e ordinato libri on line. Sempre da ultimi dati nazionali disponibili: gli editori che oltre ai libri a stampa hanno pubblicato anche opere esclusivamente in formato e-book sono il 6,4%, mentre la quota di opere in formato e-book sul totale delle opere pubblicate a stampa è del 35,8%. in crescita di 20,6 punti tra il 2011 e il 2016.

Un mestiere specifico dunque, come quello dell’editore e di produzione libraria, che si occupa di tutti i processi ideativi, grafici e offset, sino alle strategie editoriali, oltre alla confezione fisica del libro e alla sua distribuzione. «Essere un libraio oggi significa essere artigiani del libro e della cultura. Se da una parte l’editoria elettronica e il diffondersi dei devices favoriranno una crescita degli e-book, dall’altro aumenterà la domanda di una editoria di qualità, selezionata, alta, confezionata a regola d’arte, che dovrà offrire quello che un libro elettronico non ha, carta e rilegatura di qualità, ottima stampa, grafica accurata e tattile, un crescente ritorno all’artigianalità delle origini» conclude il presidente Eugenio Massetti.

Lo studio si dedica inoltre al tempo dedicato dai lombardi ai libri: il 48,9% delle persone hanno letto libri negli ultimi dodici mesi (anno ultimo di rif. dati Istat 2016) superiore alla media italiana del 40,5%. Lombardia al 4° posto nel rank nazionale dopo Friuli V.G., Trentino A.A. e Valle d’Aosta. Ultimo dato interessante: la quantità dei libri presenti nelle librerie degli italiani e dei lombardi: se il 63,2% delle famiglie italiane ha una libreria con al massimo 100 titoli, tra i lombardi quasi il 10% (9,9%) ne possiede più di 400.

Artigianato e piccole imprese attive nell’editoria e nella stampa a Brescia. Numeri chiave che forniscono un’immagine di provincia vivace, legata a un mondo fatto di piccole imprese di qualità, dove il 98.3% dei 791 addetti sono occupati in PMI sotto i 50 addetti e dove marcato è il peso rappresentato proprio dalle imprese artigiane: se nella media lombarda rappresentano il 26,2% del totale delle imprese del comparto, a Brescia questa percentuale sale sino al 51,7%. A livello lombardo sono 1.974 le imprese artigiane legate alle attività editoriali e di stampa e riproduzione di supporti registrati (il 17,3% del totale Italia) e di queste, dopo Milano con 697 imprese artigiane, c’è Brescia, con 227 e al terzo posto Bergamo con 190. Brescia che segnala in questa particolare classifica, una dinamica positiva di due imprese secondo gli ultimi dati disponibili all’anno 2017. Dati che emergono dal recente studio realizzato dall’Osservatorio di Confartigianato Lombardia, in occasione dell’edizione 2018 di Librixia – la fiera del libro di Brescia, al via da sabato in piazza Vittoria e che sino al 7 ottobre animerà le giornate con incontri e presentazioni con al centro il libro. Uno studio che analizzando i più recenti dati disponibili, si addentra nel mondo delle attività editoriali e di stampa, dei piccoli editori, del processo di digitalizzazione del settore, canali di vendita e tempo dedicato ai libri.

«Un mestiere di qualità, che regge la concorrenza della stampa on line, sia per la tempestività, ma soprattutto per la versatilità e la qualità del servizio e del prodotto offerto. Grazie a qualità e artigianalità la carta stampata non morirà mai» commenta il presidente di Confartigianato Imprese Brescia e Lombardia Orientale Eugenio Massetti:

Un mestiere vario, rappresentato da molteplici attività quelle delle 227 imprese artigiane attive (a tutto il 2017) nel mondo editoriale e della stampa a Brescia (9 sono piccoli editori, il 37,5% dei 24 editori totali) somma delle imprese che sottendono la stampa e le attività editoriali e che si occupano principalmente di: stampa di riviste ed altri periodici, pubblicati meno di quattro volte alla settimana, stampa di libri e opuscoli, spartiti e manoscritti di musica, mapp, album, agende, calendari ed altri stampati commerciali; materiale stampato tramite stampa tipografica, offset, rotocalcografia, flessografia, serigrafia ed altre macchine da stampa; stampa diretta su tessuti, plastica, vetro, metallo, legno e ceramica; stampa su etichette e cartellini; stampa su articoli pubblicitari e stampa di pubblicità su automezzi.

Processo di digitalizzazione che ha spinto negli ultimi anni la diffusione di supporti elettronici, ma che non sfonda sul mercato degli e-book e che ha favorito invece l’acquisto on line dei libri con il 24,6% di persone dai 14 anni in su hanno acquistato e ordinato libri on line. Sempre da ultimi dati nazionali disponibili: gli editori che oltre ai libri a stampa hanno pubblicato anche opere esclusivamente in formato e-book sono il 6,4%, mentre la quota di opere in formato e-book sul totale delle opere pubblicate a stampa è del 35,8%. in crescita di 20,6 punti tra il 2011 e il 2016.

Un mestiere specifico dunque, come quello dell’editore e di produzione libraria, che si occupa di tutti i processi ideativi, grafici e offset, sino alle strategie editoriali, oltre alla confezione fisica del libro e alla sua distribuzione. «Essere un libraio oggi significa essere artigiani del libro e della cultura. Se da una parte l’editoria elettronica e il diffondersi dei devices favoriranno una crescita degli e-book, dall’altro aumenterà la domanda di una editoria di qualità, selezionata, alta, confezionata a regola d’arte, che dovrà offrire quello che un libro elettronico non ha, carta e rilegatura di qualità, ottima stampa, grafica accurata e tattile, un crescente ritorno all’artigianalità delle origini» conclude il presidente Eugenio Massetti.

Lo studio si dedica inoltre al tempo dedicato dai lombardi ai libri: il 48,9% delle persone hanno letto libri negli ultimi dodici mesi (anno ultimo di rif. dati Istat 2016) superiore alla media italiana del 40,5%. Lombardia al 4° posto nel rank nazionale dopo Friuli V.G., Trentino A.A. e Valle d’Aosta. Ultimo dato interessante: la quantità dei libri presenti nelle librerie degli italiani e dei lombardi: se il 63,2% delle famiglie italiane ha una libreria con al massimo 100 titoli, tra i lombardi quasi il 10% (9,9%) ne possiede più di 400.

Imprenditori con oltre 70 anni: nel Bresciano sono ben 3.600

in Associazioni di categoria/Camera di commercio/Economia/Tendenze by
Imprenditori, foto d'epoca

Da una recente analisi del Servizio Studi della Camera di Commercio di Brescia su dati del Registro Imprese al primo semestre del 2018 emerge che sono 3.566 i titolari d’impresa individuale ultrasettantenni ancora operativi in provincia e costituiscono il 6,1% delle imprese individuali bresciane, oltre una su sedici.

Sono l’agricoltura e il commercio i settori in cui operano la maggior parte degli imprenditori over 70; rispettivamente il 44,4% e il 20,4%, anche se non manca la loro presenza nella manifattura (9,6%) e nelle costruzioni (5,7%).

Attive anche le ultrasettantenni bresciane: quelle al comando di imprese individuali sono 920 pari al 25,8% degli imprenditori over 70, più di una su quattro.

I titolari over 70 bresciani rappresentano il 14% degli imprenditori ultrasettantenni operativi in Lombardia, collocando Brescia al secondo posto in regione, dopo Milano, per numero di imprenditori individuali con più di 70 anni. Tuttavia Brescia slitta in sesta posizione per incidenza degli stessi sul totale degli imprenditori individuali operativi in provincia (6,1%)

I titolari all’estremo opposto della scala anagrafica ovvero i giovani imprenditori con meno di trent’anni sono 3.261 e rappresentano il 5,6% delle piccole imprese individuali della provincia.

Negli ultimi cinque anni il numero di imprenditori over 70 è aumentato del 12,6%, all’opposto gli under 30 sono diminuiti del 17,4%. Il risultato è stato che, nello stesso periodo, il peso percentuale dei giovani imprenditori è passato dal 6,4% al 5,6%, mentre quello degli ultrasettantenni è lievitato dal 5,1% al 6,1%.

Stilando una graduatoria comunale, gli imprenditori over 70 hanno un peso maggiore, nell’imprenditoria individuale locale, a Pertica Alta dove un titolare su quattro è ultrasettantenne; seguono Mura (21,6%) e Magasa (21,4%). Sul fronte opposto i giovani imprenditori sotto i 30anni hanno una maggiore incidenza a Irma dove due titolari individuali su cinque sono under 30, segue Paisco Loveno (18,2%) e Berlingo (12,1%).v

Cna fa causa per concorrenza sleale al colosso dell’e-commerce Amazon

in Associazioni di categoria/Cna/Economia by
Acquisti on line

Anche gli impiantisti della Cna Brescia sostengono le venti imprese, aderenti alla Confederazione, che hanno avviato un’azione legale nei confronti di Amazon per concorrenza sleale, chiedendo al Tribunale di Roma, in via d’urgenza, che sia inibita la vendita senza alcun controllo di “f-gas” (i gas fluorurati a effetto serra utilizzati soprattutto negli impianti di condizionamento dell’aria e nelle pompe di calore). Da qualche tempo Amazon vende f-gas senza che agli acquirenti venga richiesto, come previsto dalla norma, il possesso dei requisiti di legge (ovvero la certificazione f-gas).

Il regolamento dell’Unione europea 517/2014 specifica in modo chiaro che i gas fluorurati a effetto serra possono essere esclusivamente venduti a persone e imprese in possesso dell’apposita certificazione, il cosiddetto “patentino del frigorista”. Di conseguenza, operare nel settore degli f-gas senza averne titoli e vendendo a soggetti privi di patentino in violazione della legge rappresenta un evidente atto di concorrenza sleale, che determina la possibilità di creare un mercato di fornitori che, a loro volta, concorrono illecitamente e senza alcun titolo con le imprese regolarmente certificate.

“La situazione è ormai divenuta insostenibile – dichiarano la presidente Eleonora Rigotti e Guillermo Federico, portavoce Termoidraulici di Cna Brescia – per chi, rispettando la legge, ha sostenuto oneri economici e burocratici per formare gli addetti, organizzare i processi aziendali e conseguire la certificazione. Aziende in regola che ora vedono operatori poco trasparenti acquistare e vendere f-gas e installare impianti che lo contengono senza certificazione. Soprattutto senza che vi sia l’ombra di alcun controllo. È un atto di concorrenza sleale che rischia di creare due mercati paralleli: quello legittimo degli operatori abilitati e un secondo di soggetti senza la necessaria certificazione. Sarebbe opportuno avviare una seria campagna di controlli in tutta Italia per colpire chi vende f-gas contravvenendo a quanto previsto dal regolamento europeo”.

Lo scandalo dei gas refrigeranti liberamente venduti su internet fu denunciato per la prima volta due anni fa da Cna Installazione impianti, che sottolineò come la mancanza dei controlli stesse creando seri problemi di credibilità per le imprese riguardo a tutto l’impianto legislativo degli f-gas.

La prima udienza in tribunale a Roma sarà l’11 ottobre davanti alla nona sezione civile: in quella sede le imprese ricorrenti e la Cna chiederanno di far cessare al più presto queste vendite per riportare il settore alla piena legalità.

Aib contro il Governo: col Decreto dignità più incertezza sul mercato del lavoro

in Aib/Associazioni di categoria/Economia/Istituzioni by

Più incertezza e ulteriore complicazione nella già tortuosa normativa che regola il mercato del lavoro in Italia. A poco più di un mese dalla conversione in legge del “Decreto dignità”, Associazione Industriale Bresciana (AIB) ha promosso un incontro per una valutazione delle misure contenute nel provvedimento, approfondendo anche dal punto di vista tecnico molti aspetti rilevanti per l’attività quotidiana delle imprese.

“Serve andare oltre slogan e tweet che hanno segnato l’approvazione del Decreto dignità e ragionare sui contenuti – ha osservato Roberto Zini, vice presidente di AIB con delega a Lavoro, Relazioni industriali e Welfare, aprendo stamane i lavori del seminario –. Anzitutto, vanno fatte due considerazioni sul metodo: la prima sulla scelta di utilizzare lo strumento del decreto legge, che ha portato a far coesistere in quattro mesi, ben quattro regimi normativi diversi, con le conseguenti difficoltà applicative. La seconda chiama in causa il ruolo della contrattazione collettiva, che non trova sufficiente spazio in questo provvedimento, che giudichiamo troppo rigido e che va nella direzione opposta a quanto sottoscritto a marzo da Confindustria e Sindacato con il Patto per la fabbrica”.

“Entrando invece nel merito delle misure, diciamo subito che comprendiamo gli obiettivi della riduzione della precarietà e il tentativo di evitare delocalizzazioni selvagge – ha proseguito il vice presiedente di AIB, Roberto Zini –. Tuttavia, con gli strumenti utilizzati si rischia di ottenere l’effetto contrario. In particolare, la stretta sui contratti a termine e in somministrazione non sembra motivata dai numeri: i dati contenuti nel Rapporto annuale sulle comunicazioni obbligatorie 2018 del Ministero del Lavoro evidenziano, a partire dal 2015, un aumento dell’incidenza delle trasformazioni a tempo indeterminato dei contratti a tempo determinato superiori a 12 mesi, quota che si attesta al 25,7% nel 2017. Inoltre, l’incidenza del lavoro temporaneo in Italia (16,4% del totale dell’occupazione dipendente nel primo trimestre 2018) è in linea con il dato medio dell’Eurozona (16,3%), come lo è anche il tasso di transizione a 12 mesi dai contratti a termine ai contratti a tempo indeterminato (pari a circa il 20%). Il ritorno delle causali rischia poi di portare a un nuovo aumento del contenzioso, che le riforme degli anni scorsi avevano contribuito ad abbattere: le cause di lavoro sui contratti a termine sono passate infatti da oltre 8.000 nel 2012 a 1.250 nel 2016. Viene stabilito pure l’innalzamento del 50% delle indennità dovute in caso di licenziamento illegittimo con il possibile effetto di scoraggiare le assunzioni a tempo indeterminato. Insomma – ha concluso Zini – con il varo di questo provvedimento si rischia l’esito paradossale non solo di non fare l’interesse delle imprese, ma neppure quello dei lavoratori, che si ritroveranno per lo più con contratti di durata inferiore, sfavorendo lo sviluppo di competenze ed esperienza, fattori chiave per la crescita delle aziende”.

 

Confesercenti, Brescia istituisca un fondo straordinario per i creditori di Qui! Group

in Associazioni di categoria/Commercio/Confesercenti/Economia by

Confesercenti della Lombardia Orientale si rivolge al Sindaco di Brescia per chiedere l’istituzione di un fondo straordinario a sostegno delle imprese che hanno crediti aperti nei confronti di  Qui! Group, l’azienda distributrice dei buoni pasto Qui!Ticket, per pasti somministrati a dipendenti del Comune. “Com’è noto, il 6 settembre il Tribunale di Genova ha dichiarato il fallimento di QUI!Group Spa. Avendo il Comune di Brescia aderito alla convenzione Consip con la società, numerosi pubblici esercizi hanno conseguentemente sottoscritto specifici contratti con Qui!Group per somministrare ai dipendenti comunali pasti mediante il sistema a “buoni pasto parametrali”, spiega Alessio Merigo, Direttore Generale di Confesercenti della Lombardia, nella cui sede si è svolto un incontro per informare gli esercenti sull’iter fallimentare della società e sulle modalità di presentazione delle domande di recupero crediti .

“Qui!Group – prosegue il Direttore Merigo – nel corso del tempo ha avuto alcuni ritardi nei pagamenti delle competenze degli esercenti, poi rientrati. La situazione è però drasticamente precipitata nel luglio di quest’anno, fino ad arrivare al fallimento. Purtroppo, numerosi esercizi risultano oggi creditori di Qui!Group per le fatture di luglio ed agosto 2018 ed, in alcuni casi anche, di giugno. Si può ben immaginare cosa significhi per una micro impresa una perdita di questa natura. Oltre al danno economico, vi è l’amarezza di subire il fallimento di un’azienda selezionata da Consip secondo le più rigide procedure di finanza pubblica”.

Da qui l’iniziativa dell’associazione, che ha inviato una lettera al primo cittadino per chiedere un intervento a sostegno delle imprese coinvolte. “Stiamo attivando le procedure affinché le imprese possano insinuarsi al passivo del fallimento, tuttavia sarà molto difficile poter recuperare i crediti vantati, se non in minima parte. Perciò, pur nella consapevolezza che il fallimento di Qui! Group non sia direttamente ascrivibile a ritardi di pagamento o comportamenti non corretti del Comune di Brescia, chiediamo al Sindaco l’istituzione di un fondo straordinario al quale possano accedere coloro che vantino crediti certificati per pasti somministrati a dipendenti del Comune di Brescia”.

Riparazione auto, un business per 3434 imprese bresciane

in Associazioni di categoria/Automotive/Confartigianato/Economia/Partner/Tendenze by
Riparazione auto

Al II trimestre dell’anno in corso a Brescia sono 3.434 le imprese totali appartenenti alla filiera auto composta da produzione e servizi, fabbricazione di autoveicoli, fabbricazione di carrozzerie, produzione parti e accessori, fabbricazione di motociclette e dei servizi di vendita autovetture, manutenzione e riparazione di autoveicoli. Di queste 135 sono attive nella produzione (in calo del -2,2% dallo stesso periodo dello scorso anno) e 3.299 sono imprese dei servizi e del commercio con una variazione positiva del 1,8%. Una filiera che dà lavoro a 16.835 addetti, 9.741 dei quali (il 57,9%) in imprese con meno di 50 addetti. È quanto emerge dall’analisi del comparto “Alcuni numeri chiave sulla filiera auto in Lombardia” pubblicato dall’Osservatorio Mpi di Confartigianato Lombardia in occasione della consegna del 36esimo premio Confartigianato Motori all’Autodromo di Monza nello scorso weekend, in concomitanza con il Gran Premio d’Italia di Formula 1. Entrando nel dettaglio, sul totale delle imprese sono 1.695 le imprese artigiane attive nella manutenzione e riparazione di autoveicoli, in lieve calo rispetto alle 1.704 del II trim 2017 (-0,5%). Sempre artigiane, questa volta in aumento del 1,2%, sono le 414 imprese (erano 409 nel II trim 2017) attive nelle riparazioni di carrozzerie.
«Tradizione e innovazione, tecniche artigiane e tecnologia sono tutte caratteristiche che appartengono al mondo dell’autoriparazione» commenta il presidente di Confartigianato Brescia e Lombardia Eugenio Massetti che prosegue: «I nostri artigiani, le nostre carrozzerie, meccanici, autoriparatori hanno il dovere di crescere per la sicurezza stradale e il rispetto dell’ambiente. Inoltre abbiamo incrementato l’attenzione alla formazione, potenziato le attrezzature di officine e imprese per restare al passo con l’innovazione delle nuove tecnologie. La tecnologia è cambiata completamente in questi anni, l’elettronica è il motore dei veicoli moderni e un’alleata importante delle automobili di oggi e di domani. Proprio sulla formazione professionale si sta giocando la partita del rilancio dell’occupazione giovanile italiana, da sempre una delle curve più pericolose della nostra economia. Il nostro Ufficio Studi ha da poco diffuso i dati sull’apprendistato, dimostrando come sia questa la porta d’accesso privilegiata al mondo del lavoro per i nostri giovani. Nonostante questo, l’Italia non si rende conto che apprendere un mestiere è fondamentale, per i giovani e per tanti territori come quello bresciano così ricco di piccole imprese e il settore dell’automotive racchiude un’ampia gamma di mestieri, di comparti e di figure professionali che richiedono una formazione completa e qualificata. In questo senso, l’apprendistato è l’unica via intelligente e sostenibile in chiave futura per i giovani».
Ma dal recente studio nazionale sul settore emerge anche la preoccupazione per il rischio dazi Usa sulle auto di produzione Ue che colpirebbe in modo diretto e indiretto anche i piccoli produttori della componentistica Made in Italy. L’Italia è infatti il primo paese Ue per addetti nelle piccole imprese della componentistica e le imprese italiane che esportano parti e accessori per autoveicoli sono ancor più esposte al problema in quanto il primo mercato estero di riferimento (21 per cento delle esportazioni) è la Germania, primo esportatore europeo di auto e parti accessorie negli Stati Uniti.
Inoltre, un sondaggio proposto in occasione dell’evento e che ha coinvolto un migliaio di imprese della filiera dell’autoriparazione, sempre realizzato da Confartigianato a livello regionale, annovera come prima problematica legata alla propria attività, quella legata al rischio della diffusione di prodotti acquistati on line, che entrano così nella circuito dell’automobile, con danno per le imprese e rischio per gli utenti. Una problematica, quella della concorrenza sleale, sentita da oltre la metà degli interessati (50,8%).
«Operatori abusivi che popolano il sommerso, in un mondo parallelo in cui non esistono regole e che produce danni ingenti alle casse dello Stato, alle imprese regolari, ai consumatori. Un fenomeno che ha ripercussioni negative non solo sui fatturati delle imprese che producono gli originali, ma anche per la concorrenza sleale subita dai distributori ufficiali e per i rischi che corrono gli acquirenti, spesso inconsapevoli» commenta il presidente di Confartigianato Massetti. Un sondaggio che ha purtroppo riscontri numerici accertati dalla stessa Confartigianato nell’ultima assemblea: l’economia sommersa nella filiera auto è un fenomeno in crescita: in quattro anni il valore aggiunto creato dal lavoro irregolare è aumentato di quasi il 9% e il numero degli operatori abusivi è lievitato del 2,5%.

Aib, Valerio Vago è il nuovo responsabile dell’area Comunicazione

in Aib/Associazioni di categoria/Economia by

Valerio Vago è il nuovo responsabile dell’Area Comunicazione, Marketing e Rapporti Associativi dell’Associazione Industriale Bresciana, realtà di primo piano in ambito confindustriale con oltre 1.300 imprese e 70mila dipendenti.

Vago è un professionista particolarmente esperto nel campo della comunicazione e del marketing. In particolare, ha maturato una forte competenza nell’ambito della comunicazione esterna e interna (off line e digitale), assumendo la responsabilità di numerosi progetti di comunicazione istituzionale, finanziaria (con oltre venti quotazioni in Borsa), di crisi e di responsabilità sociale. Ha gestito numerosi progetti di marketing e pubblicitari e nell’ambito delle sponsorizzazioni culturali e sportive.

È stato Direttore Comunicazione di RAS Assicurazioni, di Allianz Italia e della Banca Popolare di Vicenza. Ha ricoperto ruoli manageriali in importanti società di consulenza di comunicazione quali: Barabino & Partners, Hill & Knowlton, Brunswick Group ed Ecomunicare. Dopo la Laurea in Economia e Commercio presso l’Università Bocconi ha lavorato in Price Waterhouse in qualità di Auditor.

L’Associazione Industriale Bresciana, la più antica associazione industriale d’Italia, associa oltre 1.300 imprese per un totale di circa 70mila dipendenti. Rappresenta una provincia leader in Italia a livello economico, al quinto posto per valore aggiunto complessivo (dietro Milano, Roma, Torino e Napoli), al terzo per quanto riguarda l’industria manifatturiera (dopo Milano e Torino) e al quarto per le esportazioni (dopo Milano, Torino e Vicenza).

 

Massetti (Confartigianato) al governo: siamo preoccupati, ascoltateci

in Associazioni di categoria/Confartigianato/Economia by

«Condividiamo in pieno le preoccupazioni del presidente di Confindustria Boccia e di gran parte del mondo economico, ma noi non intendiamo scendere in piazza: piuttosto continueremo a bussare alle porte dei ministri offrendo le nostre idee e i nostri progetti per rilanciare le imprese, vero motore dell’economia e base per poter realizzare molte delle misure annunciate dal governo in campagna elettorale». Così – secondo quanto riportato da Brescia News – si è espressso Eugenio Massetti, presidente di Confartigianato Brescia Lombardia che prosegue: «Poche volte siamo scesi in piazza ma, forse sarà un caso, dopo l’ultima è caduto un Governo. Per questo ritengo importante, per noi ma anche per i nostri interlocutori, cercare il dialogo. Un confronto dove scambiarsi idee e pareri e dal quale possono nascere quelle soluzioni necessarie perché le cose ricomincino a girare per il verso giusto. Del resto, dopo mesi di proclami, bisognerà arrivare alle scelte vere e alcune di queste ci preoccupano molto. Soprattutto visto il clima di incertezza e di continua battaglia che sembra essere calato sul Paese, che frena la fiducia degli imprenditori e rende la ripartenza sempre più difficoltosa».

Per Massetti ciò che serve, prima di tutto, è una seria riflessione da parte del Governo. Un esempio? «Si dà tanto addosso alla Germania, senza pensare che dobbiamo ringraziare le grandi case automobilistiche tedesche se le fabbriche italiane e gli artigiani italiani vengono scelti come loro fornitori. Perché se è vero che noi siamo i migliori, è altrettanto verto che questa cosa va riconosciuta. Non possiamo dare continuamente addosso a chi ci dà il lavoro. Certamente alcuni atteggiamenti vanno chiariti; si può ridiscutere di tutto, ma c’è modo e modo. Non possiamo continuare ad assistere a chi fa campagna elettorale per le prossime elezioni demolendo anche quel che di buono è stato fatto in passato. Gli imprenditori non ci stanno. Vogliono un cambiamento, ma che sia un cambiamento vero nei confronti delle imprese. È per questo che come Confartigianato stiamo mettendo in atto azioni di persuasione e di collaborazione nei confronti di vari ministeri, con delle controproposte sulla tassazione, sull’Iva, sulla riduzione della percentuale del cuneo fiscale. Sulle cose che chiediamo da sempre, cioè, ma che di fatto sono ancora ferme al palo. Anche perché i problemi sono gli stessi di sempre, ma c’è un atteggiamento di paura che si sta innescando e non fa bene. Per questo continueremo a proporre soluzioni: il tema vero è se ci ascoltano. In Italia, solo per citare il comparto artigiano, ci sono 500mila imprese, 96mila delle quali in Lombardia, che decidono spontaneamente di pagare una tessera annuale per associarsi: vuol dire che ripongono la loro fiducia in noi. E noi non vogliamo tradire quella fiducia. Mi auguro che i ministri di questo governo lo capiscano» conclude Massetti.

Brescia, cresce l’interesse delle imprese verso Asia, Africa e Medio Oriente

in Api/Associazioni di categoria/Economia/Export/Tendenze by

I mercati esteri sono sempre più importanti per le PMI bresciane e consentono margini spesso significativi: così è stato nel primo semestre 2018 e così sarà, almeno nell’Unione Europea, nei prossimi mesi. A rilevarlo è l’analisi semestrale dei dati sullo sviluppo internazionale delle imprese associate realizzata dal centro studi di Apindustria attraverso un’indagine che ha coinvolto un campione di 100 imprese associate, prevalentemente metalmeccaniche. Nel primo semestre 2018 il fatturato nella comunità europea è cresciuto per il 46% delle imprese, nel 15% dei casi in misura superiore al 10%. Segno positivo anche per chi ha esportato negli altri Paesi europei non Ue e, in modo marcato, in Africa e Medio Oriente. Se questa è la fotografia del passato recente, le aspettative sul commercio internazionale per i prossimi mesi sono per lo più stabili. Le note più ottimistiche riguardano il mercato comunitario: la metà del campione ritiene infatti che i commerci intra Ue possano crescere ulteriormente. Col segno positivo anche le previsioni per i mercati europei non Ue, ad eccezione di quello russo, dove quasi un quinto dei rispondenti prevede una sensibile riduzione nel prossimo futuro. Stabile il mercato nordamericano, le prospettive maggiori di crescita vengono individuate nel Nord Africa (67% dei rispondenti) e nel Medio Oriente (50%), aree queste dove negli anni passati (a causa delle tensioni geopolitiche) si erano registrate significative battute d’arresto.

Per quanto concerne le modalità di approccio ai mercati esteri, in linea con i dati rilevati nei semestri precedenti la formula prevalente è l’esportazione diretta, utilizzata dal 64% degli interpellati. Le piattaforme digitali B2B – sviluppatesi negli ultimi anni con l’intento di facilitare l’incontro tra domanda e offerta – sono al momento utilizzate da circa una impresa su dieci. Sei imprese su dieci non mostrano al momento interesse allo sviluppo di questo canale, anche perché impegnate a consolidare i legami diretti già esistenti o da ricostruire dopo gli anni di crisi. Tre imprese su dieci, pur non utilizzando tali piattaforme, dichiarano invece l’intenzione di approfondire la conoscenza di tale strumento. Facile immaginare quindi che, nel prossimo futuro, ci sarà un incremento nell’uso delle piattaforme B2B. Per quanto riguarda l’impegno ad aumentare quote di mercato nel prossimo futuro, l’Unione Europea appare come area di sviluppo naturale di una presenza già consolidata. I maggiori sforzi si rivolgeranno verso l’Asia: «L’80% di coloro che intendono rivolgersi a questo mercato – si legge nel focus estero dell’ufficio studi di Apindustria – investiranno per implementare o sviluppare nuove relazioni commerciali. Interessante notare come l’Asia a cui puntano i rispondenti non sia strettamente la Cina, rispetto alla quale prestano apparentemente poca attenzione». Più che nel Paese del Dragone, le imprese sembrano quindi guardare ad altri Paesi dell’area del Sud-Est asiatico, attraversati da solidi processi di crescita e con la possibilità di costruire relazioni commerciali positive.

Rispetto alle difficoltà, la dimensione aziendale limitata (con annessi problemi di carenza di personale dedicato, costi e talvolta barriere linguistiche) rappresenta per le aziende associate l’ostacolo principale allo sviluppo di ulteriori rapporti commerciali con l’estero. In tal senso va anche letto l’ufficio estero attivato oramai da tre anni da Apindustria, finalizzato proprio a sostenere le imprese nel necessario processo di internazionalizzazione. Oltre che i fattori endogeni, pesano però anche aspetti esogeni, il primo dei quali è rappresentato dalle barriere protezionistiche. «L’analisi del nostro centro studi conferma l’importanza crescente dei mercati esteri per le imprese bresciane – sottolinea il vice presidente di Apindustria Brescia con delega all’internazionalizzazione Alessandro Orizio -, interessate non solo a consolidare la loro presenza in Europa ma desiderose di approfondire le opportunità significative che ci sono in Asia. Emerge però anche una preoccupazione per i venti protezionistici, che certo non aiutano un tessuto produttivo aperto e vocato all’export come il nostro. Il nostro augurio è che si possano trovare soluzioni positive ai dissidi attuali, a tutto vantaggio delle imprese e dei consumatori».

Sindacati e Apindustria firmano un accordo per la formazione dei lavoratori

in Api/Associazioni di categoria/Cgil/Cisl/Economia/Sindacati/Uil by
Douglas Siveri presidente Apindustria

Le organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil di Brescia e Valle Camonica e Apindustria di Brescia hanno sottoscritto giovedì mattina un’intesa territoriale che  prevede che le attività di formazione del personale nel settore delle tecnologie previste dal Piano Industria 4.0 dovranno essere definite da un accordo sindacale aziendale o territoriale anche nella nostra provincia, come previsto dall’accordo interconfederale siglato il 23 luglio 2018, tra Confapi e Cgil, Cisl, Uil che mira ad agevolare la definizione degli accordi sulla c.d. “formazione 4.0” per le aziende prive di rappresentanza sindacale in azienda, al fine di facilitarne l’accesso ai benefici fiscali previsti dalla Legge di bilancio per il 2018.

Vengono infatti attribuite alla commissione paritetica territoriale per la formazione della provincia di Brescia le competenze per sottoscrivere tali accordi infatti, la legge di bilancio 2018 ed il successivo Decreto Interministeriale 4 maggio 2018, ha messo a disposizione per le aziende che svolgano attività di formazione per acquisire o consolidare le conoscenze delle tecnologie (da big data a integrazione digitale dei processi aziendali) previste dal Piano nazionale Industria 4.0, un credito d’imposta per i  lavoratori e lavoratrici impegnati (40% del costo del personale che svolge formazione).

Cgil, Cisl e Uil di Brescia e Valle Camonica, ritengono  che la competitività del sistema produttivo e delle imprese si debba fondere sempre più sul patrimonio di competenze delle lavoratrici e dei lavoratori, perché è tramite la formazione che si riesce a innovare e mantenere un’occupazione che garantisca un futuro al territorio.

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