Magazine di informazione economica di Brescia e Provincia

A2A, Brescia e Milano pensano ad una nuova vendita di quote

in A2A/Economia/Evidenza/Partecipate e controllate by

Milano e soprattutto Brescia stanno pensando ad una nuova vendita di azioni di A2A. La volontà mai nascosta del sindaco Emilio Del Bono – lo scrive il Corriere della Sera di Brescia – è quella di fare cassa per estinguere al più presto i mutui aperti per la costruzione della metro e “liberare” 14 milioni di euro all’anno da investire sulla città. Al momento l’orientamento di Del Bono sarebbe quello di cedere una quota pari al 5% delle azioni che dovrebbe portare ad un incasso di circa 200 milioni di euro.

Ieri i due sindaci si sono incontrati a palazzo Marino e pare che la volontà della vendita sia una strada percorribile da parte di entrambi (lo stesso sindaco Giuseppe Sala lo aveva più volte annunciato in campagna elettorale), anche se i tempi e i modi saranno da decidere insieme con i due uffici legali per fare in modo che tale mossa non turbi il buon andamento in Borsa del titolo che in tre anni ha più che raddoppiato il suo valore. Il momento, in realtà, è ottimo per vendere le azioni dato che l’azienda sotto la guida di Giovanni Valotti e Valerio Camerano è tornata all’utile.

Restano però da sciogliere diversi nodi. Primo fra tutti il mantenimento del controllo sulla multiutility per poter indirizzare gli investimenti e proseguire nella nomina dei vertici. «È possibile anche con il 40% delle quote visto che il resto è nelle mani di un mercato spezzettato» ha dichiarato il sindaco di Brescia al Corriere. Ma ora c’è sul tavolo l’ipotesi di coinvolgere anche i comuni che controllano Linea Group (Rovato con i paesi dell’ovest bresciano, Cremona, Crema, Lodi, Pavia) per farli entrare nel patto di sindacato con il 2% del totale delle azioni di A2A. Anche Antonio Vivenzi, neo presidente di Lgh, sembra favorevole a questa soluzione.

Indagine Api: le imprese guardano all’estero, ma il credito scarseggia

in Api/Associazioni di categoria/Export/Tendenze by

Il Centro Studi di Apindustria Brescia ha recentemente indagato lo stato delle attività estere dei propri associati verso i Paesi extra UE, tramite un questionario che ha rilevato l’attività attuale (dettagliandone presenza nelle macro aree e quindi le modalità di ingresso nei singoli Paesi) e l’intenzionalità di sviluppo futuro, correlandole alle difficoltà fino ad ora riscontrate.
Ne è emerso che il 67% dei rispondenti registra ad oggi una presenza in mercati esteri, mentre il 45% circa intende sviluppare o rafforzare rapporti commerciali con Paesi extra europei.
La principale macro area di destinazione è rappresentata da Paesi europei non presenti nell’Unione (verso cui il 49% dei rispondenti ha sviluppato rapporti commerciali), seguito dall’America (40%) e dal Medio Oriente (32%); nella sola Russia si posizionano i clienti del 29% dei rispondenti.
Nell’approccio ai Paesi esteri, la formula preferita è l’esportazione diretta (79% circa), segue l’appoggio a distributori locali (16% circa). Molto più contenuti i casi in cui si esporta tramite filiali commerciali e uffici di rappresentanza, sporadico il ricorso a joint ventures.

Sono numerose invece le difficoltà riscontrate dalle aziende associate che lavorano al di fuori dei confini europei. Quelle di maggior rilievo sono riconducibili sostanzialmente a:
questioni interne/strutturali delle imprese, che per carenza o inadeguatezza di risorse economiche e umane (o per la propria dimensione aziendale) non sono in grado di sviluppare relazioni commerciali al di fuori dei confini nazionali (52,7%);
finanziarie, in primis in termini di accesso al credito (14,45%);
geopolitiche e culturali/linguistiche tra Paesi (27,3%);
legate alla figura del cliente/partner estero, che presenta caratteri strutturali o di affidabilità che limitano l’instaurarsi della relazione commerciale (18,18%).

Nel dettaglio, la difficoltà più frequente è rappresentata dalla mancanza di economicità dell’operazione, in cui si identifica il 22% circa dei rispondenti; tuttavia si annovera anche la carenza di personale dedicato e, sovente, l’inaffidabilità dei partner locali.
Tra le difficoltà finanziarie, domina il rischio Paese (5,5%), ma anche problemi relativi alla bancabilità del potenziale cliente (poco meno del 2%) e al rapporto commerciale (4% circa), che non sembra sicuro per durata, importo o clausole contrattuali imposte.
Nonostante le difficoltà indicate, le imprese dimostrano ottimismo e intenzionalità di ulteriore sviluppo estero (45% circa dei rispondenti), ma anche necessità di supporto nella ricerca di clienti esteri (57,3%). Meno rilevante la richiesta di sviluppare in loco relazioni con partner (23%) o consulenti (8,6%).

FOCUS METALMECCANICO
Le imprese metalmeccaniche si sono dimostrate particolarmente attive verso l’estero; i risultati rilevati paiono in linea con le dinamiche segnalate dal complesso dei rispondenti.
Marcato, per queste imprese, il ricorso all’esportazione diretta. Tra le difficoltà di accesso ai mercati esteri, l’inadeguatezza della struttura aziendale (47% circa) in termini di onerosità (25% dei rispondenti) e di carenza di personale dedicato (18% circa). Le dimensioni aziendali incidono solo per il 3,5%, mentre le difficoltà legate al Paese e al cliente pesano, complessivamente, per il 43% circa.
Anche nel caso del settore metalmeccanico, la ricerca di clienti esteri sembra essere la necessità più sentita nelle aziende (42% dei rispondenti), mentre la ricerca di partner e/o consulenti in loco incide per il 18% circa degli intervistati.

Svolta in Regione: la Lombardia licenzia Equitalia

in Economia/Istituzioni/Tasse by

“Regione Lombardia abbandona Equitalia spa per il recupero coattivo dei crediti regionali”. Lo comunica una Nota di Regione Lombardia.

NUOVO CONCESSIONARIO – “La decisione – prosegue la Nota – e’ stata assunta nel corso dell’odierna seduta della Giunta regionale, che ha sancito l’avvio del nuovo sistema di riscossione coattiva a partire dal 15 settembre 2016, attraverso il nuovo Concessionario RTI Publiservizi srl e Duomo GPA srl, individuato mediante una gara ad evidenza pubblica, su scala europea. Questo comportera’, per Regione Lombardia, una riduzione dei costi di aggio, che passeranno dall’8 per cento al 5,9 per cento, e per i contribuenti una riduzione delle spese postali”.

ELIMINATA LA CARTELLA ESATTORIALE – “Viene quindi eliminata la cartella esattoriale – si legge ancora nella Nota – e introdotta l’ordinanza ingiunzione di pagamento quale strumento per il recupero coattivo delle somme dovute a Regione Lombardia e risultate inevase anche a seguito di comunicazioni informali finalizzate a regolarizzare la posizione avvalendosi degli istituti giuridici deflattivi del contenzioso (avvisi bonari, ravvedimento operoso)”.

REGOLARIZZAZIONE AGEVOLATA – “Congiuntamente all’abbandono di Equitalia spa – precisa la Nota -, Regione Lombardia ha realizzato una campagna di ‘regolarizzazione agevolata’, che, anche al fine di creare le condizioni per una efficace riscossione della tassa automobilistica, contemperando le esigenze di tutela dell’Erario con quelle del cittadino incolpevolmente moroso, ha prodotto una significativa riduzione delle posizioni”.

“La campagna ha, infatti, permesso di regolarizzare circa 1.000.000 di posizioni relative alla tassa automobilistica – si legge ancora -. Con questa iniziativa si e’, contestualmente, recuperata base imponibile per le annualita’ successive, poiche’ sono stati compiutamente individuati veicoli e contribuentiattraverso l’acquisizione di informazioni mancanti negli archivi della Motorizzazione e del Pubblico Registro Automobilistico. Un’azione, pertanto, che ha coinvolto i cittadini, assicurando la continuita’ della riscossione per gli anni tributari futuri”.

FISCO VICINO AL CITTADINO – “L’abbandono di Equitalia centra l’obiettivo, perseguito da Giunta e Consiglio regionali, un ‘fisco vicino al cittadino’ – conclude la Nota -, creando un modello di fiscalita’ regionale piu’ vicina al contribuente, che nel rispetto delle normative vigenti, viene valorizzato primariamente in quanto cittadino”.

Fabrizio Scuri

in Economia/Personaggi by

Fabrizio Scuri ha 52 anni, è sposato e ha due figli. Vive a Cazzago San Martino, in Franciacorta. Dopo la laurea in matematica e tre anni in cattedra, ha deciso di intraprendere la professione di programmatore e analista informatico per poi mettersi in proprio nel settore, fondando prima la Intelligent Tool e quindi la Gx Italia. Nel 2004 è stato nominato dai 70 Comuni azionisti presidente di Cogeme, contribuendo in maniera determinante alla nascita del progetto federativo di Linea Group Holding (sesto gruppo in Italia nel settore utility), che ha unito le municipalizzate dei territori di Cremona, Pavia, Lodi, Crema e Rovato.

Quindi, dal 2007, è stato indicato dagli stessi soci come amministratore delegato di Lgh (confermato fino al 2012), mantenendo contestualmente la guida di Linea Com, la controllata del gruppo che si occupa di servizi di It e Tlc. Nel 2012 è stato scelto dal Comune di Palazzolo per guidare le operazioni di chiusura della controllata Sogeim. Quindi ha deciso di tornare nel mondo del privato accettando di assumere il ruolo di amministratore delegato del Gruppo Gabeca. Da due anni è anche ad di Grandi Riso, quarto produttore italiano di riso. E’ appassionato di corsa a piedi (ha corso due maratone oltre a diverse mezze maratone).

BIOGRAFIA AGGIORNATA AL 13.09.2016

Voglia di impresa nel Bresciano: nei primi sei mesi 4mila nuove aziende

in Economia/Partner/Tendenze by

Voglia d’impresa in Lombardia: nei primi sei mesi del 2016 sono oltre 33mila le nuove imprese iscritte in regione di cui 13.490 con sede a Milano, quasi 4mila a Brescia, 3.208 a Bergamo, circa 2.500 a Monza e Brianza e Varese. 3.441 operano nei lavori di costruzione specializzati, circa 2.700 nel commercio al dettaglio e 2.600 nell’ingrosso, 1.601 nella ristorazione e oltre mille nelle coltivazioni agricole. I giovani pesano il 28,4% sulle nuove imprese con punte del 36,7% a Sondrio e 31,8% a Como. Il dato bresciano parla di 1190 imprese iscritte gestite da giovani, il 30,1 per cento del totale, con un penso su base nazionale dell’1,8 per cento. Emerge da un’elaborazione Camera di commercio di Milano su dati del registro imprese al secondo trimestre 2016.

Ancora tre nomine bresciane per Confindustria. Ecco chi sono

in Aib/Associazioni di categoria/Economia/Nomine by

Ancora tre nomine bresciane per Confindustria. Il Consiglio di Presidenza ha infatti designato Paola Artioli e Fabio Astori componenti rispettivamente dei Gruppi Tecnici “Formazione professionale e alternanza” e “Lavoro e relazioni industriali” e assegnato una seconda nomina a Paolo Streparava al Gruppo Tecnico “Nuova Manifattura”.

Anche queste nomine vanno a riconoscere il grande lavoro fatto dai nostri imprenditori negli ambiti di riferimento, conseguendo negli anni risultati ragguardevoli anche a livello nazionale.

Per Paola Artioli, VP all’Education di AIB si tratta di una conferma, essendo questo il secondo mandato. “Sono lieta che tutti gli anni di lavoro svolto con AIB sul settore Education vengano riconosciuti ed apprezzati a livello nazionale. Per AIB, l’Education, oltre un servizio per gli Associati, è una missione che si esplicita con il capillare lavoro della Fondazione. Il mio obiettivo sarà lavorare per trovare soluzioni per un progetto che porterà benefici a livello sociale oltre che alle imprese: capire le necessità del mondo del lavoro ed adeguare la proposta formativa, orientando al contempo i giovani verso un percorso che valorizzi i loro talenti e sia spendibile sul mercato”.

Dichiara Fabio Astori, VP di AIB per le relazioni industriali “Sono onorato di essere stato chiamato al tavolo strategico per il lavoro e le relazioni industriali, al quale partecipo con impegno ed entusiasmo. Il mio obiettivo sarà rappresentare le aspettative del mondo produttivo del nostro territorio in materia di innovazione delle relazioni industriali in un’ottica moderna”.

Paolo Streparava VP Sviluppo di impresa, innovazione ed economia di AIB, dichiara: “Sono soddisfatto dell’attenzione rivolta all’Associazione ed alla mia persona su un tema specifico così importante per il mondo manifatturiero. Spero di contribuire ad innovare l’attuale modello produttivo, che deve rileggersi per essere ancora più competitivo in un contesto in costante evoluzione. La digitalizzazione dei processi produttivi è oggi una necessità improrogabile, da implementare con lungimiranza per arrivare ad un modello virtuoso dove bisogno e sostenibilità si incontrano.”

Il presidente di AIB, Marco Bonometti, rinnova la sua piena soddisfazione per queste nuove designazioni che, ancora una volta, confermano la qualità dell’imprenditoria bresciana.

Brescia, 11 settembre

Elnòs Ikea Shopping, partito il conto alla rovescia per l’apertura

in Commercio/Economia by

Si stanno avviando a conclusione i lavori del centro commerciale ELNÒS Shopping, che aprirà il 22 settembre a Roncadelle (Brescia). 88mila metri quadri di superficie commerciale, compreso il negozio IKEA, un’architettura di design scandinavo disegnata dallo studio inglese Benoy Architects London in collaborazione con Crew e Brescia 2 Progetti, lo Shopping Centre è pronto ad accogliere i clienti dalle 9 del mattino del 22 settembre con un programma di eventi dedicati al pubblico di grande impatto.

GRAND OPENING – Il Grand Opening sarà un’occasione speciale per visitare il centro: nei primi giorni di apertura, infatti, lungo le gallerie vi saranno attrazioni e momenti di spettacolo inediti, che ruoteranno attorno al tema dei “nuovi punti di vista”, con giochi di specchi e prospettive.

TESTIMONIAL – Sta per terminare l’attesa anche per scoprire i testimonial della campagna pubblicitaria di lancio, abitanti del bresciano scelti attraverso un’attività promozionale di “street casting” nelle vie principali della città.

”I testimonial della campagna di lancio di ELNÒS Shopping – spiega Alessandro Pugliesi, Marketing Manager Italia e Svizzera di IKEA Centres – sono espressione di questo territorio, così come il nome stesso dello shopping centre, e già nei prossimi giorni appariranno nelle immagini pubblicitarie. I loro sorrisi, uniti a quello presente nel nostro logo, vogliono essere la rappresentazione della filosofia che caratterizza l’operato del nostro gruppo: offrire ai visitatori un’esperienza di shopping moderna e piacevole, relazionarsi e collaborare strettamente con il territorio, creare shopping destinations accoglienti che abbiamo la capacità di soddisfare le esigenze della maggioranza delle persone, così come espresso e riassunto anche dal nostro payoff: Riservato a tutti”.

Una quindicina di bresciani, quindi, si riconosceranno nei manifesti stradali e nella campagna pubblicitaria che si avvierà sul web e sulla pagina Facebook del Centro (www.facebook.com/ELNOS.Shopping). Questa, lanciata nelle scorse settimane, conta già oltre 2.600 “fan” e ha di fatto avviato, per gli appassionati di shopping, una sorta di “conto alla rovescia” verso l’apertura, scandito dalla possibilità di scoprire in anteprima i marchi presenti.

I LAVORI IN VISTA DELL’OPENING – Sono oltre 1200, in questi giorni, gli addetti in cantiere: alle maestranze di IKEA CENTRES si sommano infatti gli addetti dei punti vendita che si stanno occupando dell’allestimento dei singoli negozi, un lavoro di squadra che mette in rilievo l’aspettativa e il grande entusiasmo per l’apertura. Saranno circa 120 i negozi che apriranno contestualmente all’inaugurazione, con altri opening che caratterizzeranno le settimane seguenti. Nello shopping centre ci saranno prime nazionali e insegne esclusive come il primo ristorante in Europa della catena Johnny Rockets, i primi stores italiani di Snipes e Franklin&Marshall, e ancora le novità Mayoral e Superdry, fino ad arrivare all’attesissima inaugurazione di Primark il 13 dicembre.

“Il conto alla rovescia è iniziato – ha commentato il direttore di ELNÒS Shopping, Giovanni Umberto Marzini – il cantiere è alle sue fasi di rifinitura e anche i tenants stanno lavorando con grande dedizione in vista dell’apertura. Da settembre a dicembre il centro commerciale vivrà giornate molto intense e tutte dedicate al nostro pubblico: siamo pronti a offrire un’esperienza di shopping unica e “riservata a tutti”, come racconta la nostra campagna di lancio, saranno giorni di festa, con tante occasioni per scoprire il Centro e tutti i suoi punti vendita”.

IL PROGRAMMA DEL GRAND OPENING – Il centro commerciale aprirà al pubblico alle 9 di giovedì 22 settembre, ma sono stati fissati ulteriori appuntamenti come nella tradizione di IKEA CENTRES. Il 21 settembre, alle ore 10, si terrà la conferenza stampa con visita allo Shopping Centre riservata ai giornalisti, mentre il 22 settembre alle 8.30 si svolgerà la cerimonia del “ribbon cutting”, il taglio del nastro, che è dedicata in particolare a tutti coloro che lavoreranno nel Centro e a quanti hanno contribuito a costruirlo. Una cerimonia “in famiglia” che in tutti i centri commerciali IKEA CENTRES dedica alle persone direttamente coinvolte nel progetto.

GLI ORARI – Il centro commerciale aprirà ogni giorno alle 9 e chiuderà alle 21: orari speciali per la zona dedicata alla ristorazione, la “food court”, che sarà aperta ogni giorno fino alle 22.30. Tutte le informazioni e le novità sul Centro sono reperibili da subito anche sul web: è attivo infatti il sito internet dello shopping centre, www.elnosshopping.info .

A Bagnolo due nuovi supermercati? Il sindaco Almici fa chiarezza

in Commercio/Economia/Istituzioni by

Da alcune settimane Bagnolo è balzata al centro dell’attenzione quella che è stata definita la “questione commerciale”. Si parla infatti con crescente insistenza di possibili interessamenti per l’avvio di nuovi punti commerciali sul territorio comunale. In questo senso, oltre alla possibilità dell’apertura di un nuovo punto vendita nell’ex supermercato Conad di via Gramsci, le proprietà delle aree in via Leno (Materossi) e in viale Italia (ex Sheratonn) starebbero meditando la possibilità di aprire un nuovo supermercato.

L’eventuale apertura di nuove strutture ha dato il via ad una discussione e animato gli oppositori dell’amministrazione e dei nuovi centri. Una situazione per il momento piuttosto controversa che ha spinto il sindaco Cristina Almici ad intervenire con lo scopo di fare chiarezza: “Dobbiamo innanzitutto premettere che fino a questo momento in Comune non è stata depositata nessuna pratica e che non si è andati al di là di manifestazioni informali di interesse. Mi sembrano quindi del tutto premature queste crociate, è molto meglio seguire l’evoluzione della situazione e valutare a tempo debito gli interventi nel rispetto della normativa edilizia, di quanto previsto dal PGT del nostro Comune e cercando, in ogni caso, di mantenere sempre al primo posto un’attenzione costante per il bene di Bagnolo “.

Fatta questa precisazione il sindaco Almici tocca altri due tasti di indubbio rilievo: “Queste manifestazioni di interesse rappresentano anche un’altra conferma dell’attenzione che sta meritando un territorio che è in fase di cambiamento come il nostro. Bagnolo ha ritrovato la sua identità e questo spiega l’interesse che sta suscitando per nuove opportunità di sviluppo, opportunità che, comunque, dovranno sempre prendere atto della compatibilità di questi interventi con il territorio. I nuovi interventi dovranno portare benefici al territorio ed alla comunità, non dovranno certe essere occasioni commerciali fine a se stesse. Inoltre l’intervento sull’area della ex Sheratonn, che si affaccia su via Gramsci, assume anche finalità sociali. Si tratta del progetto di recupero sociale della zona, oltre che di riqualificazione edilizia del sito, dopo una bonifica ambientale effettuata a spese della proprietà. Un intervento che restituirebbe alla comunità di Bagnolo un angolo al centro del proprio territorio che giace da troppi anni degradato”.

L’altra nota pone in evidenza quanto previsto dal PGT: “Per l’area dell’ex Sheratonn – spiega Cristina Almici – già il PRG del 1997 (sindaco Renato Ferrari) prevedeva, a seguito di cessazione dell’attività, la riconversione dell’area con le destinazioni residenziale e commerciale. Entrambe le aree, con il PGT del 2010, hanno visto l’assegnazione di una capacità insediativa commerciale pari a 5.000 mq per l’ex Sheratonn e di 3.000 mq per vis Leno, consentendo l’inserimento di medie strutture di vendita con superficie massima di vendita di 1.500 metri quadrati per ogni attività. E’ quindi indiscutibile che situazioni del genere di quelle che stiamo discutendo sono già contemplate nei PGT che sono stati approvati nel ’97 e nel 2010 ed anche di questo si dovrà tener conto”.

Banca Valsabbina: è ora di trasformarla in una Spa?

in Economia/Opinioni by
Aurelio Bizioli

di Aurelio Bizioli – L’ultima quotazione sul mercato Hi-Mtf delle azioni di Banca Valsabbina ha fermato il prezzo di scambio a 7,17 euro con una riduzione, rispetto ai 18 euro di inizio anno, di circa il 60% del suo valore. La notizia, se considerata all’interno del panorama azionario con specifico riferimento al settore bancario, non è certo significativa: dall’inizio dell’anno Unicredit ha perso il 55%, Ubi Banca il 58% e Monte dei Paschi l’87%; decisamente meglio Intesa (-9%) e Popolare di Sondrio (-21%).

Potrebbe sembrare tutto normale se non fosse che le cinque banche citate sono tutte quotate sulla Borsa di Milano e quindi è chiaro ed evidente, per chi opera su quei titoli, il rischio implicito delle operazioni di investimento azionario. Al contrario le azioni Valsabbina, fino alla primavera del 2016, sono state quotate su un mercato ristretto e per decenni hanno avuto una evoluzione di prezzo limitata che le ha portate ad essere “promosse” come un investimento sicuro per risparmiatori tranquilli.

Banca Valsabbina non è più da anni una piccola banca locale. Con 61 sportelli su 5 province, 480 dipendenti e 4 miliardi di attivo è una realtà economico-finanziaria importante con una caratteristica significativa: è un banca popolare con 40 mila azionisti-risparmiatori che è diventata una “istitituzione” per il territorio valsabbino allargandosi di fatto a tutta la provincia di Brescia.

C’è quindi un interesse ed una attenzione diffusa sia al suo funzionamento quale istituto bancario nei confronti dei clienti che alla gestione della partecipazione azionaria nei confronti dei piccoli azionisti che, proprio per la sua natura di banca popolare, sono la maggioranza della compagine societaria. Ed è quindi importante evidenziare che questi sono due aspetti correlati in un mercato razionale (dove il valore delle azioni riflette il valore della società) che si disgiungono pericolosamente in un mercato speculativo dove il titolo azionario segue dinamiche estranee alle dimensioni reali dell’economia.

L’assemblea di approvazione del bilancio 2015 di Valsabbina, tenutasi nell’aprile 2016, ha evidenziato questa distonia: si approvava un risultato positivo di 8 milioni di euro ma il clima che si percepiva, in parte anche manifestato, era di insoddisfazione per la proposta di svalutazione a 14 euro del valore azionario.

Nello stesso periodo un’altra banca locale, anch’essa a capitale diffuso rientrando nella fattispecie del credito cooperativo, approvava un bilancio in perdita per 4 milioni nella piena tranquillità della compagine societaria.

La differenza stava nella diversa impostazione nella partecipazione al capitale sociale: nella banca di credito cooperativo ogni socio aveva sottoscritto solo la quantità minima, poche centinaia di euro, necessaria per acquisire il diritto di partecipazione.

Nel caso di Valsabbina da anni la società ha invece promosso ed incentivato un processo di crescita sia del numero di azionisti che del numero delle azioni possedute (la media è di circa 890 azioni per socio) che rispondeva, ci si augura, ad un progetto di sviluppo gestionale e societario che coincideva, nel breve periodo, con l’interesse del socio. La criticità dell’operazione viene dalla composizione della compagine societaria, priva di investitori istituzionali od imprenditoriali, che ha trasformato in azionisti dei semplici risparmiatori.

La crisi economica ha evidenziato questa criticità a fronte di un rallentamento della crescita dei soci che non ha permesso, negli ultimi due anni, di dare corso regolarmente agli ordini di vendita che si sono accumulati in attesa di acquirenti. L’insoddisfazione in assemblea era un presentimento di quello che è successo con la quotazione sul mercato regolamentato: ogni settimana ordini di vendita per quasi 1 milione di azioni a fronte di ordini di acquisto per circa 10 mila azioni nel migliore dei casi, un prezzo che è sceso a 7 euro per azione con la preoccupante certezza di assistere nelle prossime settimane ad ulteriori ribassi.

Ci sarà anche “il sospetto di una speculazione” (come titolava il Giornale di Brescia di fine agosto) ma la realtà, al di là di operazioni individuali che possono accelerare il processo ma non modificarlo, è che il riequilibrio fra acquisti e vendite non verrà ristabilito a breve. Vi è infatti la percezione che oltre ai quantitativi offerti in vendita ci siano altre posizioni in attesa di vedere una concreta possibilità di cessione prima di immettere i loro titoli sul mercato.

E’ su questo punto che emergono le contraddizioni di una banca popolare (dove, è opportuno ricordarlo, ogni socio conta un voto indipendentemente dal numero di azioni possedute, il cosiddetto “voto capitario”) in cui i pacchetti azionari sono cresciuti in misura eccessiva.

Perché in questa situazione, se si possono intuire le ragioni di necessità o prudenza che spingono i risparmiatori a vendere, non si riesce ad immaginare le motivazioni che possono spingere gli investitori, privati od istituzionali, ad intervenire in acquisto sul mercato.

Il mercato azionario ordinario è influenzato dalla presenza di fondi comuni di investimento che, per fini istituzionali, acquistano azioni per raggiungere i loro obiettivi di breve o medio periodo sulla base di analisi specifiche sulla solidità economico-finanziaria della società. Conditio sine qua non per effettuare un investimento azionario è però la contendibilità della società, cioè la possibilità per chi investe di poter esprimere, direttamente o in accordo con altri soci di riferimento, la governance societaria con riferimento anche a processi di aggregazione ed integrazione.

Un reportage giornalistico del recente convegno economico internazionale di Cernobbio titolava “Banche, pressing per le fusioni. Renzi: “Gli istituti devono aggregarsi: ci sono più poltrone e filiali che nel resto del mondo”. L’invito di Renzi alle aggregazioni bancarie trovava (paradossalmente) consensi tra molti dei principali banchieri italiani.

Nel corso dell’assemblea di aprile si è detto che Valsabbina è la prima banca popolare lombarda; si tratta però di capire se sia un aspetto di soddisfazione o di preoccupazione. Una legge specifica infatti ha costretto le prime dieci banche popolari italiane ad abbandonare il voto capitario trasformandosi in società per azioni; Valsabbina non rientra, per limiti dimensionali, nella previsione legislativa che ha interessato istituti bancari rilevanti come Ubi Banca. Ma è un controsenso che per risolvere le criticità emerse nei decenni di economia in crescita (con la abnorme crescita anche delle compagini societarie in tutte gli istituti interessati) sia sempre necessario un intervento legislativo.

Una compagine societaria in sofferenza che non sia in grado di autoregolamentarsi e di autoriformarsi evidenzia delle gravi patologie di funzionamento.

Gli organi direzionali societari che si sono succeduti in Valsabbina (peraltro con poche modificazioni, ed anche questo è un sintomo di avversione al cambiamento) in questi anni hanno evidentemente delle responsabilità sulla gestione del valore del titolo azionario; ma credo che in questa sede sia di scarsa rilevanza il giudizio sul passato.

Difficilmente può risolvere il problema dell’affidabilità del titolo azionario l’annunciata acquisizione di sette sportelli, dislocati su cinque diverse province, da una banca, Hypo Alpe Adria Bank, che non ha certo lasciato un buon ricordo nel territorio bresciano dopo una gestione particolarmente aggressiva nel settore del leasing industriale.

Il futuro di Banca Valsabbina, che non ha come obiettivo solo una ripresa di valore del titolo azionario ma anche il consolidamento e lo sviluppo sul territorio bresciano di una istituzione finanziaria rilevante, non è una questione che riguarda solo gli organi sociali ma l’intera comunità dei 40 mila soci che deve farsi carico di scelte difficili ed incerte nella convinzione che l’immobilismo non è una soluzione.

Presento qui la stessa proposta che ho avuto modo di esprimere, ovviamente con le limitazioni di un intervento nell’assemblea sul bilancio 2015, nel corso della discussione sulla riduzione del valore di riferimento delle azioni a 14 euro: la trasformazione in società per azioni ordinaria con l’eliminazione del voto capitario. Con questa modificazione statutaria ogni socio conta per il capitale investito attuando una correlazione diretta e proporzionale fra numero di azioni e diritti di voto. Una modifica che, anche non considerando l’opzione di quotazione su un mercato azionario più strutturato del Hi-Mtf (che attualmente quota solo sei banche non certo di rilievo), può avviare un percorso di sviluppo e crescita tramite aggregazioni e fusioni.

All’obiezione espressa in assemblea che nelle società per azioni i soci contano meno è facile, soprattutto ora, rispondere che il mercato ha dimostrato che continuando con questa strategia sono i conti degli azionisti-risparmiatori che non tornano.

La trasformazione in una società per azioni ordinaria è una scelta significativa, peraltro nella stessa direzione dell’indirizzo legislativo, che comporta aspetti positivi (non esclusa la ripresa di valore del titolo azionario anche senza bisogno di quotarsi su mercati finanziari più o meno diffusi) che a mio avviso superano gli aspetti negativi; richiede una serie di argomentazioni che non posso qui esplicitare per non abusare della disponibilità del direttore di questo giornale.

Mi auguro peraltro di poter ritornare sull’argomento, esprimendo compiutamente le motivazioni a favore di questa proposta, in un ulteriore intervento qualora si avviasse, approfittando ulteriormente della cortesia di questa testata giornalistica, un dibattito serio e costruttivo fra i soci.

AURELIO BIZIOLI

Socio Banca Valsabbina dal 1996.

aureliobizioli@gmail.com

Valsabbina, niente si muove sul fronte delle azioni

in Banche/Economia/Evidenza/Valsabbina by

Nulla di fatto nella giornata odierna per i soci che vogliono vendere le azioni della Banca Valsabbina. Dopo la fissazione del prezzo a 7,17 euro nella precedente seduta del Hi-Mtf gli ordini per questa settimana non facevano presagire risultati positivi. A fronte di ordini di vendita per 983.887 azioni le offerte di acquisto per sole 24 azioni ponevano un valore di 6,00 euro che, considerato il ribasso massimo del 10%, non permettevano di concludere neppure una piccola frazione di acquisto. Tutto rinviato quindi alla contrattazione della settimana prossima quando probabilmente il valore del titolo si assesterà su 5,74 euro.

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