L’intelligenza artificiale applicata alla ricerca sui “capelli”

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Negli ultimi anni gli sviluppi tecnologici in ambito Intelligenza Artificiale (AI) e Machine Learning (ML) hanno preso piede nell’industria cosmetica. Nel settore dell’hair care, tra i sotto-settori più complessi del beauty, la ricerca di nuovi prodotti sulla cura dei capelli presenta sfide complesse. Uno degli step fondamentali, ma oggi ancora molto costosi, è l’esecuzione di panel per la valutazione degli effetti di un prodotto sul capello: sebbene si tratti di uno degli elementi più importanti e utile per la ricerca e sviluppo di nuovi prodotti, comporta investimenti che solo i grandi brand della cosmesi possono permettersi.

Recentemente, diverse applicazioni dell’intelligenza artificiale, che sfruttano metodi propri della computer vision e algoritmi di machine learning, sono state utilizzate nell’industria cosmetica per il rilevamento e l’analisi automatica di immagini che ritraggono soggetti ed i loro capelli.

Finora, tutta la ricerca pubblicata sul rilevamento e la classificazione dei capelli si è concentrata sulla segmentazione e classificazione automatica dei capelli in acconciature (ad es. capelli lunghi, corti, lisci/ricci, ecc.) e sulla ricostruzione della struttura 3D di una chioma basata a partire da una sola immagine, principalmente per applicazioni nell’ambito della computer graphics. Pertanto, mancano studi sui metodi di intelligenza artificiale applicati alla valutazione di piccole alterazioni dell’allineamento dei capelli, derivanti dall’uso di shampoo e conditioner. Inoltre, tutta la ricerca sull’apprendimento automatico nel settore dei cosmetici è stata condotta tramite set di dati proprietari, quindi non disponibili al pubblico.


Sulle opportunità che l’AI e il ML possono offrire alla ricerca sui trattamenti per la cura dei capelli ha indagato un gruppo di ricerca composto dal Cosmetic Science Research Group di Londra, dal Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Brescia e dall’azienda britannica Sensory Dimensions, che insieme hanno pubblicato lo studio “Artificial Intelligence in Hair Research: a Proof-of-Concept Study on Evaluating Hair Assembly Features”.*

Lo studio aveva due obiettivi. Il primo obiettivo è stato applicare tecniche di computer vision e machine learning per quantificare gli effetti dei trattamenti per la cura dei capelli sull’allineamento dei capelli e identificare correttamente se le ciocche in esame fossero state trattate o meno con uno shampoo e un conditioner. Il secondo obiettivo era esplorare e confrontare i risultati della valutazione “umana” con quelli ottenuti dagli algoritmi di intelligenza artificiale (AI) di una macchina.

L’apprendimento automatico (machine learning) è stato applicato a un dataset di 1080 immagini di ciocche di capelli (vergini e decolorate), sia non trattate che trattate con lo shampoo e il conditioner in esame: il risultato atteso dall’applicazione dei due prodotti doveva essere un aumento del volume dei capelli, un miglioramento dell’allineamento e una riduzione della carica elettrostatica del capello. Gli effetti avrebbero dovuto essere più netti sulle ciocche decolorate.

Quando si dice “questo shampoo aumenta il volume dei capelli del 30%” oppure “riallinea i capelli in un modo mai visto prima”, le dichiarazioni si basano su valutazioni ottenute da “panel” che costano molto. Riuscire ad avere un tool automatico che riesca a valutare dei cambiamenti di volume e di allineamento di capelli a valle dell’utilizzo di uno shampoo e di un conditioner, permette di misurare in modo oggettivo delle proprietà strutturali del capello prima e dopo l’uso del prodotto, e di risparmiare molti soldi.

Lo studio in oggetto ha applicato tecniche di computer vision e machine learning per quantificare l’effetto di trattamento sulle ciocche e confrontare ciò che dice l’algoritmo e ciò che dicono le persone. La percezione delle persone potrebbe essere erronea, mentre quello che dice la macchina rappresenta la verità assoluta con la quale confrontarsi in futuro.

La collaborazione con Yonder, spin-off del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Brescia, partner di Myti  

“Siamo stati contattati dal Cosmetic Science Research Group per collaborare allo studio che due ricercatrici stavano conducendo sui capelli. Avevano letto un nostro studio in cui ci eravamo occupati in passato di un metodo per riconoscere in modo automatico la presenza di capelli in un’immagine” spiega Sergio Benini, Professore Associato nel settore scientifico-disciplinare di Telecomunicazioni del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università degli Studi di Brescia e socio titolare di Yonder. “L’intelligenza artificiale, però, non era mai stata utilizzata in precedenza per studiare le proprietà strutturali del capello. Nel dominio pubblico inoltre mancavano dataset che non fossero proprietari dei grandi brand della cosmesi e cura dei capelli.”

Il progetto si è evoluto attraverso diversi stadi. Nel primo stadio è stato prodotto il dataset di immagini (1080), che è stato anche pubblicato e ora è di dominio pubblico, ed è stato definito quello che doveva essere il comportamento atteso dei capelli a fronte di un trattamento. Sono state eseguite analisi automatiche mediante algoritmi di computer vision e machine learning. Poi c’è stata la fase che ha coinvolto l’essere umano e si è proceduto in due direzioni: è stato eseguito un assessment sensoriale davanti alle ciocche di capelli (la persona poteva girare intorno alle ciocche); un altro panel, diverso e più numeroso, è stato posto di fronte a immagini che la macchina ha processato esclusivamente in vista frontale per capire se per l’umano il cambiamento di volume e allineamento fosse percettibile oppure no.

Per la realizzazione dell’algoritmo prodotto dal Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Brescia sono servite alcune settimane di lavoro. Il processo di training della macchina ha richiesto qualche ora. Una volta pronta, la macchina è stata in grado di eseguire il test e l’assessment in pochi millesecondi. L’algoritmo è stato in grado di percepire in modo oggettivo le variazioni, mentre la valutazione umana ha solo parzialmente confermato l’analisi dell’immagine e ha evidenziato, inoltre, le sfide imposte dalle modalità di presentazione degli elementi da valutare. La valutazione umana delle immagini in due dimensioni è risultata più difficile rispetto a quando le ciocche vengono visualizzate in 3D. Nel complesso, i capelli decolorati hanno evidenziato effetti di maggiore entità rispetto ai capelli vergini.

Le conclusioni sono state le seguenti:

l’algoritmo di intelligenza artificiale è utile per fare la valutazione di capelli trattati e non. Agendo in modo oggettivo, e misurando dei volumi oggettivi e degli allineamenti oggettivi, l’algoritmo riesce a percepire dei dettagli difficilmente percepibili dagli umani. Dimostra quindi che possono essere applicati metodi per misurare in modo oggettivo delle caratteristiche che altrimenti sarebbero difficili da misurare o che gli umani potrebbero misurare ma i cui riscontri risulterebbero difficilmente affidabili e attendibili.
I costosi panel “umani” possono essere sostituiti con l’applicazione di algoritmi di intelligenza artificiale.

“Tutte le aziende che devono condurre dei panel per misurare alcune caratteristiche dei loro prodotti dovrebbero considerare l’AI come una via per ridurre i costi degli assessment e avere una misurazione delle caratteristiche quanto più oggettiva possibile, senza l’interferenza delle percezioni umane soggette a influenze o inquinamenti” conclude Benini.

Per consentire la replicabilità e incoraggiare ulteriori ricerche in questo campo, il codice e altri materiali pertinenti utilizzati per questo studio sono stati rilasciati e sono a disposizione nella pubblicazione.

“Artificial Intelligence in Hair Research: a Proof-of-Concept Study on Evaluating Hair Assembly Features”, di Gabriela Daniels e Slobodanka Tamburic del Cosmetic Science Research Group, London College of Fashion; Sergio Benini e Mattia Savardi del Dipartimento di Ingegneria Informatica dell’Università di Brescia; Jane Randall e Tracey Sanderson di Sensory Dimensions Ltd, pubblicato in International Journal of Cosmetic Science, Volume 43, Issue 4, pp. 405–418, August 2021.

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