Magazine di informazione economica di Brescia e Provincia

Category archive

Tendenze - page 7

Lombardia, crescita lenta: Brescia tra le migliori province per demografia d’impresa ed esportazioni

in Associazioni di categoria/Cna/Economia/Tendenze by

La ripresa economica in Italia e in Lombardia è evidente e confermata dai numeri registrati nell’anno appena passato. La crescita del 2023, complice l’aumento dell’inflazione e la crisi energetica degli ultimi mesi, si prospetta invece meno evidente e più lenta: le previsioni indicano come il PIL lombardo dovrebbe crescere dello 0,8%i consumi dell’1,8% e gli investimenti del 3,3%.

Sono questi alcuni dei dati presentati questa mattina in conferenza stampa da CNA Lombardia nel Primo Focus sull’andamento dell’economia regionale, realizzato dal Centro Studi Sintesi. Il Focus ha puntato l’attenzione sul monitoraggio dei territori fotografando la situazione della stessa nel 2022 e realizzando previsioni relative all’anno attualmente in corso.

Dalla ricerca emerge come il PIL della Lombardia nel 2022 dovrebbe attestarsi al +4,4%, con un sensibile rallentamento rispetto all’anno precedente: tuttavia, la regione nello stesso anno fa registrare una crescita del PIL del +3,9% rispetto al 2019, superando ampiamente il livello precovid. Anche sul fronte consumi nel 2022 la Lombardia è stata protagonista di un’importante progressione (+5,1%), comunque non sufficiente per recuperare quanto perso durante la fase acuta della pandemia (-0,5% rispetto al 2019). Si tratta, tuttavia, di un dato migliore della tendenza nazionale (-1,5%). Da segnalare anche la positiva evoluzione degli investimenti, che si è consolidata nel corso del 2022: infatti, il valore reale degli investimenti è aumentato del +10,8% rispetto al 2021, mentre dal confronto con il 2019 si evince un incremento di quasi 19 punti percentuali.

“Restiamo tenacemente sul sentiero della crescita. I dati che abbiamo raccolto fotografano naturalmente su molti fattori una contrazione rispetto al 2019, ma si tratta di un elemento legato all’esplosione della pandemia e al suo perdurare per un biennio – afferma Giovanni Bozzini, Presidente di CNA Lombardia -. Il dato rilevante è che la tendenza “anno su anno”, tra il 2021 e il 2022, è ormai positiva per numerosi indicatori, tra cui i consumi e le imprese attive. Bisogna guardare con grande fiducia alle voci che risultano già positive anche rispetto alla fase pre-pandemica, come investimenti ed export. Segnali di un ripreso slancio vitale della nostra economia.”

Crescita, ma anche qualche segnale di preoccupazione relativo alle imprese attive in Lombardia, in particolare quelle artigiane. A dicembre 2022 il numero di imprese lombarde ha fatto segnare un -0,6% rispetto a settembre 2022, quelle artigiane lombarde -1,1% a dicembre 2022 rispetto a settembre 2022. In pratica nell’arco di tre anni (2019-2022) il numero di imprese attive in Lombardia si è ridotto di circa 800 unità e tale variazione negativa riguarda soprattutto commercio-turismo (-10.307), manifattura (-6.221) e agricoltura (-1.673): solo la crescita significativa dei servizi ha consentito di ridimensionare l’entità della contrazione generale. Analizzando i territori lombardi, tra dicembre 2019-dicembre 2022, le provincie che fanno segnare un trend positivo relativo alle imprese attive sono Milano (+1,7%), Varese (+1%) e Brescia (+0,9%), mentre Mantova (-6,3%), Sondrio (-4,2%) e Cremona (-3,8%) registrano un segno negativo.

Ancora peggiore il dato relativo alle imprese artigiane (attualmente 233.402) nel periodo dicembre 2019-dicembre 2022 dove la dinamica appare decisamente negativa con un -3,4% (perse 8.155 imprese). Analizzando i territori, l’unica provincia a registrare una crescita di imprese lombarde nel periodo dicembre 2019-dicembre 2022 è Varese (+2,8%), tutte le altre evidenziano un segno meno, in particolare Mantova (-10%), Cremona (-6,8%) e Pavia (-6,5%).

Inoltre nella regione, nel corso del 2022, si contano 56.510 nuove imprese, a fronte di 45.095 cessazioni: pertanto, il saldo a fine anno tra imprese iscritte e cessate risulta ampiamente positivo (+11.415 imprese). A livello territoriale, invece, su tutte Milano (+8.126), Brescia (+1.262) e Monza e Brianza (+811) hanno un saldo positivo, mentre Mantova (-134) e Cremona (-32) negativo.

“Una voce preoccupante è sicuramente quella della mortalità di imprese artigiane verificatasi dal 2019 alla fine del 2022 – commentail Presidente di CNA Lombardia . La pandemia e le speculazioni sui costi energetici e delle materie prime hanno inciso molto. Continuiamo a pensare che occorra agire in fretta e che la prossima Giunta regionale abbia il dovere di mettere tra le vere priorità l’accesso al credito e i costi energetici. Per questo le elezioni regionali devono costituire un appuntamento democratico capace di rilanciare prontamente il confronto. Come CNA Lombardia, in queste settimane abbiamo consegnato ai tre candidati Presidenti il quadro delle nostre priorità: efficienza energetica e costo delle materie prime, accesso al credito, infrastrutture materiali ed immateriali, formazione professionale e soprattutto una risposta ad un bisogno di autonomia differenziata che potrebbe aiutare sia in termini di budget disponibile per le politiche regionali sia in termini di efficienza amministrativa.”

Sul fronte occupazione, nel terzo trimestre 2022 l’occupazione in Lombardia fa segnare una leggera contrazione rispetto al trimestre precedente: tuttavia, considerando il valore medio nei primi nove mesi del 2022, si riscontra una crescita del numero di occupati del +2,3% rispetto allo stesso periodo del 2021, trend positivo che però non riguarda l’agricoltura. Rispetto al periodo pre-covid, invece, la Lombardia manifesta una perdita di circa 44 mila occupati (-1%): tale tendenza interessa tutti i settori economici, con l’eccezione delle costruzioni, in crescita di quasi 20 punti percentuali tra il 2019 e il 2022.

Per quanto riguarda l’export, la Lombardia si conferma eccellenza italiana pur facendo registrare nel terzo trimestre del 2022 una lieve flessione rispetto al periodo precedente: tuttavia, considerando i primi nove mesi del 2022, il valore delle esportazioni ammonta a 120 miliardi di euro, con una variazione del +21% rispetto allo stesso periodo del 2021. Un dato che permette alla regione di assorbire completamente l’impatto negativo della pandemia sull’export, il cui valore, a settembre 2022, risulta superiore del 27% al dato cumulato a settembre 2019. In particolare nei primi tre trimestri del 2022 i comparti manifatturieri fanno segnare un incremento delle esportazioni del 27% rispetto al medesimo periodo del 2019. Sul fronte territoriale, invece, tra dicembre 2019-dicembre 2022, le provincie che fanno segnare un trend maggiormente positivo relativo alle esportazioni sono Lodi (+51%), Cremona (+39%), Brescia (+36%) e Sondrio (+33%).

“L’economia lombarda è vitale ma la fotografia che abbiamo scattato rende evidente come arresti e cadute dipendano da fattori esogeni che nella globalizzazione continueranno ad agire periodicamente – spiega Stefano Binda, Segretario Generale CNA Lombardia -. Appena il quadro ritrova un margine di stabilità, gli indicatori tornano a salire. Bisogna capire come rendere strutturali le variabili positive e neutralizzare o minimizzare quelle negative. Molto dipende come noto da fattori sovranazionali, sia di ordine geoeconomico sia di ordine politico. Qualcosa tuttavia resta anche nelle mani delle politiche messe in atto sul territorio e la futura Giunta potrà fare la sua parte. Noi in ogni caso saremo sempre a disposizione per il confronto. L’importante è come sempre articolare scenari e visioni a partire dalla realtà dei fatti.”

Indagine Confapi: segnali di ripresa per le Pmi lombarde

in Api/Associazioni di categoria/Economia/Tendenze by

Segnali di ripresa sul finire del 2022 per le piccole e medie imprese lombarde che si mostrano fiduciose per l’anno appena cominciato. È quello che emerge principalmente dall’analisi congiunturale redatta dal Centro Studi di Confapindustria Lombardia relativa al quarto trimestre 2022 e inizio 2023. Indagine che ha coinvolto circa 300 pmi lombarde del sistema Confapi, in gran parte del settore metalmeccanico di medie dimensioni.

Dopo un anno, vissuto affrontando vari ostacoli (aumento dei prezzi delle materie prime, energia, gas e conseguenze della guerra in Ucraina) il 2022 si chiude con segnali positivi per il manifatturiero lombardo. Bene soprattutto il fatturato che aumenta per 5 aziende su 10, ampiamente stabili occupazione e investimenti, gli ordini crescono però solo per il 36% degli intervistati. Si registra un rallentamento nei costi delle materie prime e dell’energia che ha quindi un effetto positivo sulle aziende.

Per quanto riguarda gli ordini l’Italia rappresenta il territorio con maggiori segnali di vitalità, per più della metà degli imprenditori il “fatturato nazionale” è in aumento, fuori dall’Europa si registra stabilità, ma per più di 4 intervistati su 10 la domanda sta calando anche in modo marcato.

Complessivamente il 2022 si chiude con risultati buoni nei tre principali indicatori di congiuntura: gli ordini domestici sono positivi per 6 aziende su 10, la produzione altrettanto per meno di 7 intervistati su 10, occupazione stabile per 6 su 10. Sono indicatori migliori rispetto al resto dell’anno che ci siamo lasciati alle spalle e si registra una parziale revisione al rialzo delle previsioni al 2023 che rappresenta un’iniezione di fiducia per le pmi lombarde.

Il raffreddamento dei prezzi delle materie prime e i valori energetici in forte calo hanno avuto un effetto positivo sulle nostre imprese – commenta Luigi Sabadini presidente di Confapindustria Lombardia -. Questi due aspetti sono determinanti per tornare a lavorare con maggior fiducia e serenità rispetto all’anno scorso, anche se prevale un atteggiamento di forte cautela tra gli imprenditori, speriamo in particolare che i prezzi relativi all’energia continuino con questo trend e che le tensioni internazionali non tornino a farla da padrone. Possiamo riassumere la situazione affermando che nel 2022 abbiamo toccato il fondo e ora stiamo risalendo”.

Brescia, sale ancora l’inflazione a dicembre

in Economia/Tendenze by

Rispetto al mese precedente, si registra un rallentamento della crescita dell’inflazione: il tasso congiunturale si ferma a +0,1%, mentre scende lievemente il tasso tendenziale (+10,9%). A renderlo noto – secondo quanto riporta BsNews.it – è l’ufficio statistica del Comune di Brescia.

L’incremento congiunturale del mese di DICEMBRE è determinato soprattutto dall’aumento della divisione “Ricreazione, spettacoli e cultura“ (+4,0%). Seguono in ordine di importanza le “Comunicazioni” (+1,1%), “Mobili, articoli e servizi per la casa” (+0,5%), “Prodotti alimentari e bevande analcoliche” (+0,5%) e “Altri beni e servizi” (+0,4%). Altri lievi incrementi sono stati registrati dalle divisioni “Trasporti” (+0,2%), “Abbigliamento e calzature” (+0,2%) e “Servizi sanitari e spese per la salute” (+0,1%). In diminuzione, invece, le divisioni “Abitazione, acqua, elettricità e combustibili” (-1,9%), “Servizi ricettivi e di ristorazione” (-1,0%) e “Bevande alcoliche e tabacchi” (-0,5%). Rimane nulla la divisione “Istruzione”.

In termini tendenziali, le divisioni che presentano elevati aumenti, sopra l’indice generale, sono “Abitazione, acqua, elettricità e combustibili” (+51,8%), “Prodotti alimentari e bevande analcoliche” (+11,3%). Aumenti inferiori all’indice medio si sono registrati per le divisioni “Mobili, articoli e servizi per la casa” (+8,9%), “Trasporti” (+7,0%), “Servizi ricettivi e di ristorazione” (+6,2%), “Abbigliamento e calzature” (+4,9%), “Ricreazione, spettacoli e cultura” (+4,2%), “Altri beni e servizi” (+4,2%), “Bevande alcoliche e tabacchi (+2,5%) e “Servizi sanitari e spese per la salute” (+1,8%). In calo rispetto all’anno precedente, le “Comunicazioni” (-1,7%) e l’“Istruzione” (-0,1%). Analizzando per tipologia di prodotto, in questo mese, i “Beni” presentano un lieve decremento congiunturale (-0,2%), mentre i “Servizi” crescono sensibilmente (+0,6%). Contribuiscono alla diminuzione dei “Beni”, i Beni Energetici (-2,7%, in particolare gli Altri Energetici), mentre per i Servizi” la voce che presenta maggiore incremento è quella dei “Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona” (+1,2%).

In termini tendenziali, i “Beni” aumentano del +16,4%, mentre per i “Servizi” le variazioni tendenziali sono meno marcate (+4,1%). Con riferimento alla frequenza di acquisto, le variazioni congiunturali dei prodotti a Bassa frequenza sono in lieve aumento (+0,6%), mentre quelle a Alta frequenza sono nulle e quelle a Media frequenza registrano una lieve diminuzione. Rimangono piuttosto elevate le variazioni tendenziali dei prodotti a Media (+17,0%), Alta (+7,6%) e a Bassa (+5,6%) frequenza di utilizzo. Complessivamente, i “Beni alimentari, per la cura della casa e della persona”, definiti come il Carrello della spesa delle famiglie, aumentano dell’0,5% su base mensile e del 10,6% su base annuale.

Infine, per la componente di fondo della dinamica dei prezzi “Core Inflation” (al netto della componente volatile dei Beni energetici e Alimentari non lavorati), si registrano una variazione congiunturale debolmente positiva (+0,5%) e una variazione tendenziale positiva piuttosto elevata (+5,9%).

Benzina e pedaggi, Massetti: il governo fermi gli aumenti

in Associazioni di categoria/Confartigianato/Economia/Tendenze by
Eugenio Massetti, Confartigianato Brescia

Inizio dell’anno con rincari. All’aumento dei carburanti si aggiunge il rincaro per i pedaggi autostradali dopo una tregua durata qualche anno. «Il governo blocchi gli aumenti – così il presidente di Confartigianato Brescia e Lombardia Eugenio Massetti – Le imprese non possono in questa fase delicata permettersi ulteriori rincari su pedaggi e gasolio. Si tratta per i pedaggi autostradali di rincari automatici, ma non fanno certo il bene delle imprese e delle famiglie. Chiediamo una rimodulazione delle tariffe perché dalla filiera della logistica e dei trasporti dipendono poi a cascata rincari su listini e servizi che inevitabilmente a catena finiranno sui consumatori finali, dando una nuova spinta all’inflazione. I piccoli trasportatori temono di più dei grandi che vedono sommarsi ai costi di gestione, assicurazioni e costo del lavoro, i più recenti rincari, in una prospettiva preoccupante per il comparto e per tutto il sistema. Chiediamo al governo che intervenga, in primis per verificare l’effettiva speculazione in atto, ma soprattutto per bloccare l’aumento delle tariffe di questi giorni: insostenibili per le nostre imprese già colpite dal caro energia».

Manifatturiero, “Brescia è più forte rispetto al pre pandemia”

in Aib/Associazioni di categoria/Economia/Tendenze by

L’industria bresciana regge bene l’urto della crisi generato dalla pandemia e nel 2021 cresce e si rafforza, superando i già ottimi livelli del 2019.

A confermarlo è l’ultimo aggiornamento di ISM – Indice Sintetico Manifatturiero, nato dalla collaborazione tra il Centro Studi di Confindustria Brescia e OpTer (Osservatorio per il territorio: impresa, formazione, internazionalizzazione) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore: uno strumento che restituisce in un unico valore lo stato di salute delle società di capitali attive nell’industria.

In questa edizione sono analizzate – per il triennio 2019/2021 – 2.642 società di capitali manifatturiere del territorio con oltre 38 miliardi di fatturato aggregato (dati 2021). Un campione di aziende particolarmente significativo che dimostra come, non solo le aziende più grandi e patrimonializzate, ma l’intero “Made in Brescia” abbia tenuto nel 2020 e si sia ulteriormente rafforzato nel 2021 rispetto ai livelli pre-crisi.

Dopo la sostanziale tenuta evidenziata nel 2020 – pur in un generale contesto di indebolimento – ISM ha analizzato in questa edizione i bilanci dello stesso campione anche per il 2021, rilevando come il “Made in Brescia” abbia non soltanto recuperato i livelli precrisi, ma li abbia superati abbondantemente. In altre parole, l’industria bresciana è più robusta rispetto a prima della pandemia. Rispetto al 2019 la quota di aziende più virtuose (classe A) passa da essere il 28,9% del campione al 31,3%, e la classe B cresce di un punto percentuale. Al contrario, la classe C si riduce di quasi 4 punti alla fine del triennio, mentre la quota delle aziende più in difficoltà (classe D) ritorna intorno ai numeri del 2019.

La segmentazione al 2021 di ISM per classe dimensionale conferma alcune evidenze già emerse in precedenti lavori, ovvero come lo stato di salute delle imprese vada a migliorare, a livello aggregato, con l’aumentare della dimensione aziendale. Se si prende in considerazione la quota delle realtà che si posizionano nell’aggregato che accorpa le imprese nelle classi A e B, essa è pari a circa l’87% nelle grandi imprese (quelle con un fatturato superiore ai 100 milioni di euro), scende al 76% nelle medie, al 72% nelle piccole, 65% nelle micro e si riduce al 60% nelle nano (quelle con ricavi al di sotto dei 2 milioni). La correlazione tra dimensione e solidità economica è quindi piuttosto evidente, sebbene i numeri anche per le realtà meno strutturate appaiano nel complesso positivi.

ISM è stato poi implementato per attività merceologica. Emerge che i macrosettori con la quota più alta di imprese che si collocano nel blocco di merito più virtuoso (A+B) risultano essere il “Chimico gomma plastica” (circa 77%) e il “Metallurgico” (circa 75%). Tale quota risulta invece più bassa nei macrosettori del “Legno e metalli non metalliferi” e dell’“Alimentare”. Tuttavia, anche tramite questa chiave di lettura i numeri forniscono un quadro generale del Sistema Brescia particolarmente rassicurante. 

“ISM è uno strumento che mira a portare ancora più in profondità l’analisi dei bilanci del Made in Brescia. Il lavoro sviluppato con l’Università Cattolica ci consente di inquadrare il contesto da cui muove il nostro sistema produttivo, pur nella consapevolezza che le dinamiche geopolitiche ed economiche corrono oggi in modo più veloce di quanto avveniva in passato – commenta Franco Gussalli Beretta, Presidente di Confindustria Brescia –. Le indicazioni generali provenienti dalla manifattura bresciana nel 2021 sono decisamente incoraggianti: un aspetto fondamentale, anche in considerazione delle già citate grandi incognite che caratterizzano l’economia mondiale nel breve e medio periodo, quali il rincaro dei costi dell’energia, le difficoltà di reperimento delle materie prime e le incertezze sul futuro dell’automotive. Per una valutazione complessiva dell’impatto di tali circostanze, che hanno caratterizzato tutto il 2022, dovremo aspettare le prossime rilevazioni, ma certamente il Made in Brescia le sta affrontando da un punto di partenza decisamente solido.”

“L’Indice Sintetico Manifatturiero, un modello costruito ad hoc sulle imprese manifatturiere bresciane e frutto della consolidata collaborazione tra OpTer – Università Cattolica e il Centro Studi Confindustria Brescia – aggiunge Giovanni Marseguerra, Pro-Rettore dell’Università Cattolica e Direttore di OpTer – consente di realizzare un monitoraggio puntuale sull’evoluzione del sistema produttivo e dunque di fornire un efficace supporto al sistema imprenditoriale del nostro territorio. Le imprese bresciane, come dimostra l’analisi presentata oggi, stanno reggendo molto bene l’onda d’urto della crisi generata dalla pandemia. In prospettiva, Università Cattolica e Confindustria Brescia intendono ampliare il campo di azione di ISM legandolo ad altre iniziative congiunte, quale ad esempio l’Osservatorio sulla sostenibilità, i cui primi risultati sono stati presentati lo scorso aprile.”

Indagine Api: il 2023 inizierà con il freno a mano per Brescia

in Api/Associazioni di categoria/Economia/Tendenze by

Il finale d’anno è positivo per le PMI bresciane, ma crescono i timori e le incertezze per il 2023. A rilevarlo è l’Outlook 2023 realizzato dal Centro Studi Confapi Brescia interrogando un campione di 100 imprese associate, in prevalenza metalmeccaniche e la metà delle quali con meno di 15 dipendenti. Dal punto di vista metodologico, le previsioni sul 2023 riguardano solo i primi sei mesi, dal momento che tale è l’incertezza generale complessiva (prezzi, energia, geopolitica) che spingere l’analisi oltre la seconda metà dell’anno avrebbe avuto poco senso.
Secondo l’analisi fatta dal Centro Studi, il 2022 dovrebbe chiudersi con valori della produzione complessivamente positivi.  Dopo una prima parte dell’anno ancora in forte crescita, il rallentamento del terzo trimestre non è stato confermato dal quarto che, anzi, sta mostrando segnali di vivacità positivi. Aspettative peggiori, invece, per i primi mesi del 2023, in particolare per quanto concerne il mercato domestico, il più significativo per le piccole e medie imprese bresciane. I dati riguardanti gli ordini evidenziano infatti una crescita del numero di imprese che osserva una contrazione più o meno marcata.

Leggermente più positivi i dati relativi al mercato Ue (che rappresenta il 66% dell’export bresciano), ma resta la previsione di un finale d’anno più positivo accompagnato da un deterioramento della situazione nei primi mesi del 2023. L’occupazione, che è stata positiva nei primi sei mesi del 2022, dal terzo trimestre si è evoluta in senso negativo, con calo di nuove assunzioni da un lato e aumento dei casi di riduzione di organico dall’altro. Per i prossimi mesi, stando alle aspettative, tale tendenza potrebbe accentuarsi. In peggioramento anche i saldi sulle frequenze degli investimenti, stabili o positivi nella prima parte dell’anno, ma più declinanti nel finale d’anno e, in prospettiva, anche nella prima parte del 2023. Pur in un contesto difficile, le note più positive riguardano i costi di produzione. I costi delle materie prime sono in via di stabilizzazione già a partire dalla seconda parte dell’anno. «Ben evidente è l’effetto trascinamento sul 2023 – si legge nell’outlook -: la proiezione sul nuovo anno porta a attendere stabilità nei costi per il 56% degli intervistati, e per poco meno di su 10 si verificherà una cauta riduzione dei costi di fornitura».  Anche i costi energetici registrano qualche timido miglioramento e le attese per il nuovo anno dovrebbero confermare questa direzione, aumentando sensibilmente il numero di realtà che stabilizza il costo della componente energia mentre diminuisce il numero delle imprese che continua a subire rincari, seppur meno invasivi rispetto al recente passato. «Il finale d’anno è positivo e ci conforta.  Il quadro di incertezza complessivo ovviamente non aiuta e diversi indicatori suggeriscono la possibilità sempre più concreta di un potenziale calo dell’economia il prossimo anno – afferma il presidente di Confapi Brescia, Pierluigi Cordua -. I segnali di rallentamento dell’inflazione negli Stati Uniti, se confermati, potrebbero però portare a un allentamento delle politiche dei tassi d’interesse, con effetti positivi sugli investimenti ora un po’ sacrificati»Cordua ricorda anche i dati positivi sull’export bresciano«Sono la conferma di un tessuto manifatturiero che continua a mostrare una straordinaria vocazione all’export e che è riuscito ad acquistare sempre maggiore credibilità e affidabilità sui mercati esteri».


Outlook 2023: i mercati delle materie prime industriali e degli energetici – Gianclaudio Torlizzi
, consulente Confapi per le materie prime

«Il comparto delle commodities si appresta a chiudere il 2022 con il segno negativo. Tuttavia, sarebbe un errore pensare che il ciclo rialzista inaugurato nel marzo 2020 sia terminato. Il ritracciamento dei prezzi che ha investito il settore delle materie prime – dagli acciai ai metalli passando per i beni alimentari – è stato stimolato, da un lato, dall’effetto distruzione della domanda legata alla crisi energetica che ha investito l’Eurozona in maniera particolarmente violenta nella scorsa estate e, dall’altro, dal decongestionamento delle scorte di magazzino dopo la crisi da offerta che ha caratterizzato l’interno 2021. A gravare sui mercati sono, inoltre, giunti l’ondata di lockdown in Cina e l’adozione della politica monetaria in senso restrittivo da parte della Federal Reserve che ha spinto al rialzo il dollaro comprimendo in prezzi delle commodities. Tuttavia, già a partire dal mese di settembre, sono emersi i primi segnali di una ripresa del superciclo rialzista. L’allentamento della cosiddetta strategia Covid – Zero cinese unitamente ai recenti annunci della banca centrale Usa di arrestare il ciclo di rialzo dei tassi di interesse hanno contribuito a creare una fase di stabilizzazione che farà da base a nuovi rialzi dei prezzi nel corso del 2023. Si tratterà naturalmente di una dinamica caratterizzata da una buona dose di volatilità visto che le condizioni attuali dell’industria europea rimangono recessive. Ma, quando gradualmente entreranno in vigore i sussidi energetici varati dalla Germania, è lecito attendersi una stabilizzazione dell’economia del Vecchio Continente alimentata anche dalla accelerazione dell’economia cinese. In tale contesto si inserisce la condizione sul lato dell’offerta che rimane particolarmente tesa per il comparto delle commodities le cui scorte, sui minimi storici, appaiono anche sbilanciate verso Oriente (il 95% degli stock di rame oggi è detenuto nei magazzini cinesi). Non bisogna poi tralasciare gli effetti che le politiche climatiche hanno sulle dinamiche dei prezzi. L’adozione di target di emissione di CO2 particolarmente zelanti, infatti, rappresenta un driver fortemente rialzista per il comparto delle commodities. I metalli saranno tra i maggiori beneficiari in termini di prezzi, con il rame che potrebbe toccare i $12.000. Rialziste sono anche le prospettive del petrolio la cui offerta è destinata a rimanere tesa in ragione dell’embargo europeo sul greggio e i prodotti raffinati russi. In quest’ottica, la scadenza del 5 febbraio (quando scatterà il bando all’import di diesel russo) acquisisce un enorme valore per gli operatori di mercato». 


Confapi Brescia: servizi erogati nel 2022

Sono state 280 le aziende associate a Confapi Brescia che hanno aderito, nel corso del 2022, ai protocolli energia e gas erogati da Apiservizi, con un consumo aggregato pari a 90.000.000 Kwh/anno energia elettrica e 15.000.000 m3/anno Gas metanoConfapi Brescia ha aggregato, inoltre, 98 imprese associate per accedere alla misura «Energy Release». Altre otto invece, per i maggiori consumi energetici annui, sono state accompagnate singolarmente nello svolgimento della procedura.
Buoni i risultati ottenuti dall’Ufficio formazione che ha organizzato 220 corsi, per un totale di 4320 ore e 1366 iscritti.
L’Ufficio Relazioni Industriali Sindacali, a latere della quotidiana attività di consulenza in tema di diritto del lavoro, ha affiancato oltre 200 imprese nella redazione di piani welfare e di contratti aziendali. Va comunque segnalato che circa il 50% dei soci ha richiesto una consulenza o un confronto per approfondire il tema del welfare aziendaleRispetto al 2021 si segnala che è diminuito il numero di imprese che hanno fatto ricorso, tra l’altro in modo molto moderato, alla cassa Integrazione (70 imprese nel 2022).
Nel corso del 2022, il valore potenziale complessivo di contributo delle pratiche gestite di finanza agevolata ha superato il milione di  e 1.500.000 € di finanziamenti.
Relativamente alla ricerca e selezione del personale nel 2022 sono state aperte 101 ricerche. Sono stati 760 i curriculum inviati, mentre quelli ricevuti circa 1.500. Dall’esito delle selezioni e dal confronto con le aziende è emersa la solita difficoltà generale nel reperire profili, soprattutto di operai specializzati.
I pochi curricula ricevuti per queste figure non soddisfano i requisiti perché troppo “generici” o comunque con poca esperienza. Per questo motivo molte selezioni di questo tipo sono tutt’oggi aperte.

Internazionalizzazione e innovazione

L’Ufficio Estero di Confapi Brescia si è interamente ristrutturato per offrire alle aziende associate un servizio ancora più efficiente. Nel corso dell’anno, il personale ha partecipato – per conto delle aziende associate – alla fiera MCE di MilanoGO INTERNATIONAL di Milano, all’evento Giornata Paese sia per il Messico che per gli Stati Uniti, e monitorato costantemente occasioni di finanza agevolata, mirata all’internazionalizzazione.

Confapi Brescia ha sottoscritto, inoltre,con la CCIAA di Brescia una convenzione per la realizzazione di attività di accompagnamento delle imprese del territorio verso il modello Impresa 4.0. Tale convenzione, sottoscritta lo scorso settembre, ha portato alla realizzazione di numerose comunicazioni, eventi ed iniziative nate dalla stretta collaborazione fra il PID – Punto Impresa Digitale e l’associazione e finalizzate alla promozione e divulgazione di una cultura dell’innovazione in ottica 4.0 nelle imprese bresciane.

La sicurezza informatica è stata, inoltre, al centro di un servizio di tutorial video, organizzato in collaborazione con Unimatica Confapi Brescia, imperniato sulle specifiche esigenze delle Pmi.

Brescia, nel terzo trimestre esportazioni per 5.234 milioni

in Aib/Associazioni di categoria/Economia/Tendenze by

Nel 3° trimestre 2022, l’export bresciano, pari a 5.234 milioni di euro, evidenzia una crescita del 14,3% sullo stesso periodo del 2021 (tendenziale): si tratta del miglior 3° trimestre, in termini monetari, da quando è disponibile la serie storica. Una dinamica nel complesso analoga ha riguardato l’import (pari a 3.380 milioni), aumentato del 16,4% sul 2021. A rilevarlo sono i dati ISTAT elaborati dal Centro Studi di Confindustria Brescia, di cui dà conto il quotidiano Brescia news.

Nei primi nove mesi dell’anno, le vendite all’estero, complici i livelli elevati dei prezzi delle materie prime industriali e la buona performance del commercio internazionale, si sono attestate a 16.872 milioni, il valore più alto di sempre, segnando un +21,1% sul periodo gennaio-settembre 2021. Il saldo commerciale è pari a 5.764 milioni, cresce solamente del 2,0% nei confronti dell’anno scorso.

“La dinamica record registrata da Brescia nel 3° trimestre 2022 è, almeno in parte, ascrivibile alle quotazioni elevate in prospettiva storica da parte delle principali materie prime industriali utilizzate dall’industria bresciana – commenta Mario Gnutti, Vice presidente di Confindustria Brescia con delega all’Internazionalizzazione –: ciò implica un aumento inflattivo del valore delle merci, sia in acquisto sia in vendita, a parità di quantitativi. Si tratta di un andamento che sta diventando una costante nelle ultime rilevazioni, ma che non deve farci dimenticare, in ogni caso, l’elevata propensione verso l’estero della nostra provincia, insieme a un’attenzione da sempre marcata per i nostri riferimenti commerciali fuori confine, che nelle imprese bresciane trovano partner affidabili e dal notevole know-how.”

La dinamica degli scambi con l’estero ha mostrato quindi un nuovo incremento, nonostante il protrarsi del conflitto bellico tra Russia e Ucraina, le problematiche legate al costo degli input energetici e l’inflazione galoppante, che impatta sulla fiducia degli operatori economici e sul loro potere d’acquisto. L’evoluzione delle esportazioni bresciane si inserisce, come precedentemente accennato, in un contesto di crescita del commercio internazionale, a cui si affianca il movimento di indebolimento dell’euro (-4,9% il cambio effettivo nominale), che ha favorito le vendite al di fuori dell’Europa.

La crescita delle esportazioni bresciane nel periodo luglio-settembre (+14,3%) risulta più bassa di quanto rilevato in Lombardia (+18,5%) e in Italia (+20,6%), una tendenza coerente con il rallentamento sperimentato dall’industria locale in quel periodo.

Tra i beni esportati, i più dinamici nei primi nove mesi dell’anno risultano essere: prodotti della metallurgia (+34,1%), prodotti alimentari e bevande (+23,0%), prodotti tessili, abbigliamento, pelli e accessori (+22,7%),

Tra i mercati di destinazione, la crescita delle esportazioni è generalizzata: le dinamiche più intense riguardano i flussi verso Germania (+27,0%), Stati Uniti (+29,9%), Brasile (+38,4%) e India (+66,6%). In controtendenza le vendite verso Russia (-9,6%) e Cina (-18,1%).

Per quanto riguarda le importazioni, sono in forte crescita i prodotti della metallurgia (+39,7%), prodotti chimici e farmaceutici (+40,1%), prodotti tessili, abbigliamento, pelli e accessori (+47,5%).

Dal punto di vista dei principali mercati di origine, solo la Russia si caratterizza per una dinamica negativa (-38,4%), mentre le variazioni più elevate vengono sperimentate da Cina (+67,3%), India (+58,7%), Brasile (+63,5%) e Turchia (+41,0%).

Nel 3° trimestre 2022, l’export bresciano, pari a 5.234 milioni di euro, evidenzia una crescita del 14,3% sullo stesso periodo del 2021 (tendenziale): si tratta del miglior 3° trimestre, in termini monetari, da quando è disponibile la serie storica. Una dinamica nel complesso analoga ha riguardato l’import (pari a 3.380 milioni), aumentato del 16,4% sul 2021. A rilevarlo sono i dati ISTAT elaborati dal Centro Studi di Confindustria Brescia.

Nei primi nove mesi dell’anno, le vendite all’estero, complici i livelli elevati dei prezzi delle materie prime industriali e la buona performance del commercio internazionale, si sono attestate a 16.872 milioni, il valore più alto di sempre, segnando un +21,1% sul periodo gennaio-settembre 2021. Il saldo commerciale è pari a 5.764 milioni, cresce solamente del 2,0% nei confronti dell’anno scorso.

“La dinamica record registrata da Brescia nel 3° trimestre 2022 è, almeno in parte, ascrivibile alle quotazioni elevate in prospettiva storica da parte delle principali materie prime industriali utilizzate dall’industria bresciana – commenta Mario Gnutti, Vice presidente di Confindustria Brescia con delega all’Internazionalizzazione –: ciò implica un aumento inflattivo del valore delle merci, sia in acquisto sia in vendita, a parità di quantitativi. Si tratta di un andamento che sta diventando una costante nelle ultime rilevazioni, ma che non deve farci dimenticare, in ogni caso, l’elevata propensione verso l’estero della nostra provincia, insieme a un’attenzione da sempre marcata per i nostri riferimenti commerciali fuori confine, che nelle imprese bresciane trovano partner affidabili e dal notevole know-how.”

La dinamica degli scambi con l’estero ha mostrato quindi un nuovo incremento, nonostante il protrarsi del conflitto bellico tra Russia e Ucraina, le problematiche legate al costo degli input energetici e l’inflazione galoppante, che impatta sulla fiducia degli operatori economici e sul loro potere d’acquisto. L’evoluzione delle esportazioni bresciane si inserisce, come precedentemente accennato, in un contesto di crescita del commercio internazionale, a cui si affianca il movimento di indebolimento dell’euro (-4,9% il cambio effettivo nominale), che ha favorito le vendite al di fuori dell’Europa.

La crescita delle esportazioni bresciane nel periodo luglio-settembre (+14,3%) risulta più bassa di quanto rilevato in Lombardia (+18,5%) e in Italia (+20,6%), una tendenza coerente con il rallentamento sperimentato dall’industria locale in quel periodo.

Tra i beni esportati, i più dinamici nei primi nove mesi dell’anno risultano essere: prodotti della metallurgia (+34,1%), prodotti alimentari e bevande (+23,0%), prodotti tessili, abbigliamento, pelli e accessori (+22,7%),

Tra i mercati di destinazione, la crescita delle esportazioni è generalizzata: le dinamiche più intense riguardano i flussi verso Germania (+27,0%), Stati Uniti (+29,9%), Brasile (+38,4%) e India (+66,6%). In controtendenza le vendite verso Russia (-9,6%) e Cina (-18,1%).

Per quanto riguarda le importazioni, sono in forte crescita i prodotti della metallurgia (+39,7%), prodotti chimici e farmaceutici (+40,1%), prodotti tessili, abbigliamento, pelli e accessori (+47,5%).

Dal punto di vista dei principali mercati di origine, solo la Russia si caratterizza per una dinamica negativa (-38,4%), mentre le variazioni più elevate vengono sperimentate da Cina (+67,3%), India (+58,7%), Brasile (+63,5%) e Turchia (+41,0%).

Dati Confcommercio: a Brescia spesa da 372 milioni per i regali natalizi

in Commercio/Economia/Tendenze by

Sarà un Natale caratterizzato da una crescita dei consumi rispetto allo scorso anno, nonostante le difficoltà legate all’inflazione ed al caro-energia. Secondo quanto rilevato dall’Ufficio Studi di Confcommercio Brescia e diffuso da Brescia news, la spesa per i regali nei negozi della provincia di Brescia si attesterà ad oltre 372 milioni di euro, in aumento di circa l’8% rispetto il periodo natalizio dell’anno scorso, e godrà di un aumento consistente la quota di spese legata al turismo con i ristoranti ed il comparto delle vacanze che si attesteranno a circa 157 milioni (qui trovate invece i dati diffusi il giorno prima da Confartigianato relativi ai consumi natalizi).

“In un clima di grande incertezza e difficoltà come quello odierno c’era la preoccupazione per un possibile calo dei consumi, considerata l’inflazione che pesa sulle famiglie italiane. Per questo siamo soddisfatti dei risultati che arrivano dal commercio, che rappresentano un miglioramento rispetto al 2021”, afferma in una nota il presidente di Confcommercio Brescia, Carlo Massoletti.

Notizie ancora migliori arrivano dai settori della ristorazione e del turismo, che si attesteranno e in alcuni casi supereranno i risultati del 2019, lasciandosi alle spalle un periodo natalizio 2021 ancora condizionato dal Covid e dalle cancellazioni last-minute.

“Stimiamo – ha aggiunto il presidente Massoletti – dei consumi nel settore della ristorazione in provincia di Brescia di 60,5 milioni di euro, oltre 20 milioni di euro in più rispetto al Natale 2021. Si tratta di un risultato molto positivo se si considera che questo periodo dell’anno per molte imprese arriva a valere il 20% del fatturato annuale. Anche il comparto legato alle spese per viaggi, vacanze e soggiorno nelle nostre attività ricettive sarà in crescita e sarà poco sotto i 97 milioni”. “Questi dati – ha concluso il Presidente – confermano la voglia di serenità e di festività nelle famiglie e ripagano anche gli sforzi fatti negli scorsi mesi dagli imprenditori bresciani nel contenere l’inflazione e l’aumento dei prezzi, grazie ad un supplemento del loro impegno”. 

Tempi di vendita degli immobili: “toccato il minimo storico da 10 anni”

in Economia/Edilizia/Tendenze by

Gli ultimi dati sui tempi di vendita elaborati dall’Ufficio Studi del Gruppo Tecnocasa a giugno 2022 vedono una diminuzione in tutte le realtà territoriali. Ancora una volta il mercato immobiliare si dimostra veloce e dinamico come c’era da aspettarsi alla luce della domanda vivace e dell’offerta in diminuzione. Nelle grandi città si è arrivati a 108 giorni, minimo storico toccato negli ultimi dieci anni, con un miglioramento di 6 giorni rispetto alla precedente rilevazione. Ancora una volta Milano e Bologna si confermano le città più veloci, rispettivamente con 52 e 69 giorni con la differenza che Milano segnala una diminuzione di 10 giorni rispetto ad un anno fa, Bologna un aumento di 6 giorni.

Le città con tempi più lunghi sono Bari con 141 giorni e Palermo con 132 giorni, entrambe con un trend in diminuzione. Tempi sostanzialmente stabili a Genova (127 giorni) e Napoli (100 giorni) mentre le diminuzioni maggiori si sono registrate a Verona (da 135 a 122 giorni) e Palermo (da 143 a 132 giorni).

Le realtà dell’hinterland delle metropoli registrano una sostanziale stabilità pur restando in un contesto di velocizzazione delle transazioni: per vendere un immobile occorrono 148 giorni. I tempi di vendita più brevi si segnalano nell’hinterland di Firenze (118) seguito da quello di Verona (127). Quest’ultimo in particolare registra un miglioramento di 14 giorni rispetto a un anno fa: un dato che non sorprende alla luce del fatto che esso include molte località del lago di Garda dove il mercato, da alcuni semestri a questa parte, è estremamente vivace grazie agli acquisti di casa vacanza. Peggiora invece l’hinterland di Bari con un aumento di 14 giorni e conta attualmente 178 giorni.

Nei capoluoghi di provincia chi decide di vendere casa deve mettere in conto mediamente 134 giorni, decisamente meno di quanti ne avrebbe impiegati un anno fa quando ne occorrevano 143. C’è stata quindi una contrazione di 9 giorni che ha fatto in modo che anche nei capoluoghi di provincia si raggiungessero i livelli minimi degli ultimi dieci anni.

I dati analizzati evidenziano che chi sta acquistando casa sta velocizzando le decisioni di acquisto, sia a causa della bassa offerta sul mercato sia per timore di incappare in ulteriori aumenti dei tassi di interesse. Veloci anche gli investitori che intendono impiegare la liquidità messa da parte per evitare che sia erosa dall’inflazione crescente. Chi invece sta valutando l’acquisto sta dimostrando una maggiore prudenza alla luce dello scenario economico più incerto e del cambiamento in atto sul mercato creditizio. Saranno i prossimi mesi a dirci se tutto questo inciderà sulle tempistiche di vendita allungandone la durata.

Manifatturiero, la crescita in Lombardia rallenta

in Economia/Manifatturiero/Meccanica/Tendenze by

La Lombardia resiste e si conferma la Regione con il tessuto produttivo più importante d’Italia e tra i principali in Europa. Non era scontato, non era semplice, visto le pandemie, prima quella sanitaria e ora quella energetica, con le quali le imprese devono far fronte; ma il connubio pubblico-privato regge in un momento estremamente difficile e questo è senza dubbio un’ottima notizia non solo per la Lombardia ma per tutto il Paese.

I numeri, bisogna ammetterlo, sono meno positivi rispetto ai trimestri scorsi ma la produzione industriale continua la sua crescita seppur in maniera più limitata rispetto allo scorso trimestre (+0,4%), riducendo così l’intensità della crescita congiunturale ma restando in territorio positivo. La variazione tendenziale sullo stesso trimestre dell’anno scorso è pari al +4,8%. Questo risultato positivo è diffuso a quasi tutti i settori con l’eccezione dei mezzi di trasporto (-2,6%) e della siderurgia (-4,8%) che registrano invece un calo tendenziale. Gli ordinativi – sempre in positivo – mantengono tassi di crescita moderati per l’industria (+1,3% dall’interno e +1,5% dall’estero).

ASSESSORE GUIDESI: “Gli ultimi dati relativi al comparto manifatturiero – dichiara l’assessore allo Sviluppo Economico di Regione Lombardia, Guido Guidesi – confermano che il tessuto produttivo lombardo tiene nonostante le difficoltà legate al ‘caro energia’; un problema che l’Europa non affronta concretamente nonostante i ripetuti annunci”. “Come Regione Lombardia – ha continuato – abbiamo messo in campo tutto quello che potevamo attraverso misure specifiche e strumenti creditizi. Ci attendiamo che oggi l’Europa faccia lo stesso altrimenti si rischia seriamente di compromettere l’economia trainante del Paese con gravi effetti sociali”.

POSITIVI ANCHE I DATI DEGLI ARTIGIANI – Risultati in linea anche per le aziende artigiane manifatturiere che segnano una crescita della produzione del +0,6% congiunturale che diventa +4,9% su base tendenziale. Per queste imprese – rivolte maggiormente al mercato interno – gli ordini mostrano segnali di cedimento (+0,4% congiunturale), mentre per i mercati esteri svoltano in negativo (-0,2%). Crescono maggiormente nel trimestre i settori del comparto moda (abbigliamento, pelli-calzature e tessile). Anche in questo caso un dato interessante e significativo soprattutto per quel che concerne il tessile, settore che più di tutti ha faticato anche anti-covid.

QUADRO STRAORDINARIO SE SI CONSIDERANO I ‘FATTORI ESTERNI’ – Un quadro tendenzialmente positivo che diventa straordinario soprattutto se si considera quanto siano impattanti per le imprese i cosiddetti ‘fattori esterni’; beni energetici, materie prime e componenti varie registrano nuovi record spingendo il dato sui prezzi verso l’alto: rispetto al III° trimestre 2021 i prezzi delle materie prime sono cresciuti mediamente del 57% per le imprese industriali e dell’82,5% per le artigiane. Si attenuano tuttavia le difficoltà di approvvigionamento e migliora anche la situazione delle scorte di magazzino e dei materiali per la produzione.

Nello specifico, i prezzi delle materie prime presentano una dinamica congiunturale in continuo rialzo per tutti i comparti, ma con un rallentamento nell’ultimo trimestre. Per l’industria, l’incremento si assesta ora al +9,8% congiunturale, dal +15,9% di inizio anno. L’artigianato mostra una dinamica simile passando dal +19,8% del primo trimestre all’attuale +15,2%.

I prezzi dei prodotti finiti seguono ancora da lontano l’incremento delle materie prime registrando un +6,1% per l’industria e un +8,1% per l’artigianato.

In questa logica si inseriscono gli strumenti messi in campo dall’assessore allo Sviluppo Economico di Regione Lombardia: un pacchetto economico da 255 milioni per le imprese lombarde che si compone di diverse misure per sostenere investimenti sull’efficientamento energetico del processo produttivo e per supportare le aziende che in questo momento hanno bisogno di credito e liquidità.

SCENARIO DEL PROSSIMO TRIMESTRE – In un quadro ancora incerto lo scenario più probabile per il prossimo trimestre è di una contrazione congiunturale dei livelli produttivi che porterebbe ad una crescita media annua per il 2022 del +6,3%, ma a un tasso di crescita acquisito per il 2023 negativo pari al -0,3%.

FUTURO PROSSIMO INCERTO – Proprio pensando al prossimo futuro, il presidente di Unioncamere Lombardia, Gian Domenico Auricchio, tiene alta l’attenzione e sottolinea che “se nel terzo trimestre il quadro per la produzione lombarda rimane positivo, assistiamo a un ulteriore indebolimento della crescita e ci avviciniamo pericolosamente a un possibile punto di svolta negativo; Infatti, il deterioramento del quadro economico porta gli imprenditori industriali a un cauto pessimismo per il prossimo trimestre, mentre per gli artigiani il rischio di una contrazione della produzione è ancora maggiore”.

INCORAGGIANTI I DATI SULL’OCCUPAZIONE – Nonostante le preoccupazioni degli imprenditori, guardando con attenzione tutti i dati si trovano conferme rispetto alla tenuta del sistema e alla grande resistenza delle imprese lombarde. Molto interessanti, ad esempio, sono i numeri relativi all’occupazione dell’industria che registra un saldo positivo (+0,3%). Rimane stabile ai minimi la quota di imprese che ha fatto ricorso alla CIG: la quota di aziende che dichiara di aver utilizzato ore di cassa integrazione si attesta al 6,9% e le ore di CIG utilizzate si fermano all’1,1%. Un risultato importante ma meno positivo quello registrato per l’artigianato che, a fronte di un utilizzo della CIG ai minimi, registra un saldo occupazionale di poco sotto lo zero (-0,2%).

OTTIMA PERFORMANCE DEL SETTORE MODA – Anche osservando i dati settoriali dell’industria l’analisi è positiva; la maggior parte delle realtà mantiene significativi incrementi tendenziali dei livelli produttivi. Da segnalare l’ottima performance del sistema moda: abbigliamento (+30,3%), pelli-calzature (+27,9%) e tessile (+7,4%). Incrementi sopra la media anche per manifatturiere varie (+8,6%), carta-stampa (+7,8%), alimentari (+6,5%), meccanica (+5,4%) e legno-mobilio (+5,1%). In crescita, ma con intensità minori poco superiori all’1% minerali non metalliferi e gomma-plastica; variazione nulla per la chimica; invece, gli unici settori in contrazione tendenziale sono i mezzi di trasporto (-2,6%) e la siderurgia (-4,8%). Il positivo andamento del comparto moda è confermato anche dalle imprese artigiane. I risultati meno entusiasmanti, ma ancora positivi, si hanno nel comparto artigiano per manifatturiere varie (+1,5%), gomma-plastica (+2,6%), meccanica (+3,5%), alimentari e carta-stampa (+4,6%). variazione nulla, in questo caso, per la siderurgia.

BENE IL FATTURATO PER L’INDUSTRIA – Altro dato interessante è quello relativo al fatturato a prezzi correnti dell’industria che segna un buon risultato tendenziale (+13,5%) e una crescita sul trimestre precedente del 2,6%. Gli incrementi di prezzo dei prodotti finiti in atto, con un’ulteriore crescita del 6,1% congiunturale, influiscono sul risultato. Per le imprese artigiane il fatturato cresce dell’1,7% congiunturale e del 7,4% tendenziale. Anche in questo caso va considerata la dinamica dei prezzi dei prodotti finiti, cresciuti dell’8,1% rispetto al trimestre precedente. La dinamica congiunturale degli ordini interni migliora, ma resta debole, per l’industria (+1,3% congiunturale), come anche gli ordini esteri che si fermano a +1,5%. Risultati peggiori per l’artigianato con ordini interni poco sopra lo zero (+0,4%) ed esteri in lieve contrazione (-0,2%). La quota del fatturato estero sul totale rimane elevata per le imprese industriali (39,8%) e resta poco rilevante e in diminuzione per le imprese artigiane (6,4%).

SEGNALI INCORAGGIANTI ANCHE DALLE SCORTE DI MAGAZZINO – Per il settore industria si registra un rientro delle scorte di magazzino verso livelli più che adeguati, con i segnali di scarsità ora in quota minoritaria. In questo trimestre, a fronte di una quota considerevole di imprese che giudica le scorte adeguate (63% per i prodotti finiti e 73% per le materie prime), si registrano saldi tra giudizi di esuberanza-scarsità positivi per le materie prime (+1,8%) e leggermente negativi per i prodotti finiti (-0,8%). In miglioramento anche le scorte per l’artigianato, anche se i segnali di scarsità delle materie prime sono ancora giudicate scarse, ma in linea con i dati storici del comparto.

SI CONFERMA LA FORZA DELLA LOMBARDIA MA FONDAMENTALE L’INTERVENTO EUROPEO – Dopo oltre un anno dalla ‘pandemia energetica’, arrivata subito dopo quella sanitaria, le imprese lombarde si confermano straordinarie e forti riuscendo a resistere in una situazione complessa. È altresì evidente che le istituzioni continuano ad assumere un ruolo determinante per il sostegno che devono al sistema produttivo. Da qui il motivo dei continui allarmi che Regione Lombardia, con l’assessore Guidesi, e tutto il ‘sistema lombardo’ lanciano da ormai un anno alla Commissione Europea nella speranza di un pur tardivo ma essenziale intervento. 

1 5 6 7 8 9 64
Go to Top
Vai alla barra degli strumenti