Magazine di informazione economica di Brescia e Provincia

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Tendenze - page 19

Inps: quasi 49mila le domande di Cassa integrazione in deroga arrivate all’Istituto dalla Regione Lombardia

in Economia/Tendenze by

Sono 48.894 le domande Cassa integrazione in deroga presentate dalla Regione Lombardia fino al 4 maggio, contenute in 127 decreti.
I decreti, contenenti le domande, sono pervenuti all’Inps fra il 15 aprile e il 3 maggio: il 15 aprile è arrivato il primo decreto della Regione, contenente 51 domande; dal 21 al 29 aprile sono giunti  ulteriori 53 decreti, per 15.329 domande; tra il 30 aprile ed il 3 maggio sono stati presentati all’Istituto altri 74 decreti, con 33.565 domande.

La Cassa integrazione costa ai lavoratori bresciani 500 euro al mese

in Economia/Tendenze by

Circa 472 euro (36%) è la perdita media mensile in busta paga dei lavoratori italiani che beneficeranno di cassa integrazione, ordinaria e straordinaria, per l’emergenza Coronavirus. Una perdita che tende a salire più è alta la retribuzione del lavoratore interessato dal trattamento. Si va, dunque, da una decurtazione media del 25% per le professioni non qualificate ad una del 45% per professioni scientifiche e di elevata specializzazione. I calcoli sono stati forniti nel nuovo studio “Cassa integrazione: quanto ci rimettono i lavoratori” elaborato dalla Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, a partire dai dati Istat – Indagine sulle Forze Lavoro.

Stando ai dati, il quadro risulta molto differenziato anche da un punto di vista territoriale: con un “taglio” medio della busta paga che va dal 37% al Nord (pari a circa 512 euro) al 36% del Centro (469 euro in meno), per arrivare poi al Sud con una perdita pari al 33% (396 euro). L’analisi conferma dunque la criticità dell’attuale situazione economica, in cui si trovano tanti lavoratori dipendenti che, stando agli ultimi dati Inps diffusi il 27 aprile 2020, sono circa 7,3 milioni.

Confartigianato contro il Governo: inaccettabile riaprire parrucchieri ed estetisti solo a giugno

in Economia/Servizi/Tendenze by
Eugenio Massetti, Confartigianato Brescia

«Incomprensibile ed inaccettabile». Così il presidente di Confartigianato Brescia e Lombardia Eugenio Massetti definisce la decisione del Governo di rinviare al 1° giugno la riapertura di acconciatori e centri estetici.

«Con senso di responsabilità – sostiene Massetti – abbiamo elaborato e presentato proposte dettagliate su come tornare a svolgere queste attività osservando scrupolosamente le indicazioni delle autorità sanitarie su distanziamento, dispositivi di protezione individuale pulizia, sanificazione. Proposte che penalizzano fortemente le nostre possibilità di ricavo, ma siamo consapevoli della loro necessità, per ora. Non abbiamo ricevuto alcuna risposta. E ora non accettiamo che le attenzioni del Governo siano rivolte ad altri settori e si limitino ad una incomprensibile dilazione per le nostre attività. Del resto, al 1° giugno cosa potremo fare di più rispetto ad oggi in termini di sicurezza? Si può far stare fermi, con costi continui e ricavi azzerati per gli interi mesi di marzo, aprile, maggio? No, non ci stiamo. Finora siamo stati alle regole, ma la prospettiva di un altro mese e più di fermo obbligato non l’accettiamo».

Migliaia gli addetti che puntavano a riaprire: estetiste e parrucchieri di Brescia, già pronti e organizzati per appuntamenti, distanze e turni. Il comparto benessere riveste anche un’importanza economica non trascurabile. A livello nazionale Confartigianato calcola una perdito economica di 1.078 milioni di euro nei mesi di mazo, aprile e maggio per le imprese di estetica e acconciatura che potrebbero avere pesanti ripercussioni occupazionali. Solo a Brescia stiamo parlando di 3.369 imprese: il 13% del totale lombardo (25.867 imprese artigiane) e che danno lavoro a 6.665 addetti. Imprese che per la stragrande maggioranza sono artigiane (l’87,9).

«Stiamo ricevendo decine di telefonate dei nostri associati. La situazione è difficile, c’è preoccupazione di molti di non riuscire più a riaprire. In queste settimane abbiamo messo a punto un protocollo per ricominciare a lavorare in sicurezza. Esso dovrà essere sottoposto ad una valutazione tecnico scientifica ma intanto abbiamo immaginato come tornareranno al lavoro i nostri operatori del settore benessere. Si andrà dal parrucchiere e dall’estetista solo per appuntamento e limitando al massimo le interazioni tra le persone. Il cliente arriverà con la propria mascherina e gli addetti saranno muniti di mascherina, guanti e visiera in plexiglass. Ci sarà una accurata azione costante di igienizzazione delle postazioni di lavoro dopo ciascun trattamento e degli strumenti utilizzati. Una categoria che scalpita per riaprire, tra mille incognite ed oggi, ancora di più spiazzata e svantata di quel che ne sarà» conclude Massetti.

Confartigianato: in Lombardia si perderanno 6,5 miliardi di euro di export

in Associazioni di categoria/Confartigianato/Economia/Export/Tendenze by

Nello spazio di otto settimane stiamo assistendo, in Italia e su scala globale, a shocks simultanei che stanno avvelenando il sistema economico. L’estensione del contagio e dei lockdown in numerosi mercati del made in Italy stanno determinando cadute violente della domanda estera. I risultati delle previsioni dell’Osservatorio di Confartigianato sull’export delle pmi del nostro Paese non lascia scampo a diverse interpretazioni. Sarà un anno di forte recessione. La Lombardia su tutte. Da sempre locomotiva del nostro Paese soffrirà più di tutte: previsioni 2020-2021 la mettono in cima alla lista: -6,5 miliardi di euro. Male anche Brescia: stimato un calo dell’export del 4%. Ci vorranno anni per recuperare e tornare ai livelli pre-covid19, ma lo studio di Confartigianato prevede un forte positivo rimbalzo già nel 2021. Intanto, primi dati certi sono quelli che rilevano il calo netto del numero delle imprese artigiane a Brescia al primo trimestre 2020. Il nostro export manifatturiero segna il -4,1%. «Ma qui la realtà è la drammatica serrata di tante, troppe imprese. Soprattutto in edilizia e nel settore dei servizi alla persona. Se nel primo trimestre contiamo che il lockdown ha inciso praticamente solo su una parte di febbraio e tutto marzo, possiamo immaginare solo cosa lascerà sul campo il mese di aprile» commenta il presidente di Confartigianato Brescia e Lombardia Eugenio Massetti.

Confartigianato ha illustrato le proposte per il rilancio del made in Italy nei tavoli settoriali virtuali per la promozione del “Made in Italy” promossi dal Ministero degli affari esteri. Gli interventi a sostegno delle imprese che operano sui mercati esteri sono necessari alla luce della straordinaria intensità della caduta della domanda estera. Nel 3° report Covid-19 “Nell’occhio del ciclone” pubblicato dall’Ufficio Studi di Confartigianato sono proposti alcuni scenari sull’andamento dell’export nei settori di MPI: alimentare, moda, legno, mobili, prodotti in metallo, gioielleria e occhialeria, basati sulle previsioni della domanda estera per area pubblicate dal Wto nei giorni scorsi. Sulla base del modello adottato, in uno scenario base, nel 2020 l’export nei settori di MPI cala del 10%. Nello scenario più severo proposto dal Wto – che auspichiamo sia meno probabile – si registra una caduta del 28,7%. Considerando un più realistico scenario intermedio, nel 2020 il made in Italy nei settori di MPI segnerebbe un calo del 19,3%, una flessione che risulterebbe più ampia del -17,1% registrato nella recessione del 2009; in questa prospettiva si registra un rapido recupero nel 2021, con le esportazioni che rimbalzano del 24,1%.

 

CONGIUNTURA – Nessuna previsione purtroppo, un dato reale conferma i timori e i primi dati del crollo delle imprese artigiane: dall’inizio dell’anno 1.814 imprese in meno in Lombardia, 241 imprese in meno nella nostra provincia, seconda solo a Milano (-490). Calano anche le iscrizioni: rispetto al 2019 mancano 1.132 nuove aperture, 101 a Brescia in questo primo trimestre 2020, già adombrato dall’emergenza coronavirus. Questo quanto emerge dal rapporto di Confartigianato Lombardia. Sono 1.814 le imprese artigiane in meno nei primi tre mesi del 2020 rispetto un calo di 1.590 dello stesso trimestre del 2019. A Brescia sono iscritte 33.336 aziende artigiane: ne sono nate 691, ne sono morte 932. Le costruzioni rappresentano il primo settore, con 12.650 unità: ne ha perse 322, ma guadagnate 281, per cui il saldo negativo è di 61. Invece i servizi alla persona vedono più marcato il divario tra nuove e cessate: 125 contro 212 (-87). Il manifatturiero a fronte di 171 nuove imprese, 246 hanno cessato l’attività (-75). Con questo trend, contando che si rileva influenzato dall’effetto del virus solo il mese di marzo preso in considerazione dall’analisi, oltre mille imprese potrebbero concretamente chiudere i battenti. «Si lotta per la sopravvivenza – conclude il presidente Massetti. Questo era un anno già iniziato male e adesso abbiamo preso un’ulteriore batosta con peggior saldo da 7 anni a questa parte. Ad aprile avremo fatturato zero, al di là di qualche fattura vecchia, che si potrà riferire a febbraio. Ma il vero problema si vedrà a maggio. È vero che il primo trimestre è tradizionalmente caratterizzato da un bilancio negativo tra iscrizioni e cessazioni per via del concentrarsi di queste ultime alla fine dell’anno precedente, ma il paragone con 2019 mostra come le sofferenze siano pesanti. E appena iniziate. Brescia reagirà, ne sono certo, ma ci vorranno anni per tornare ai livelli pre pandemia, nonostante è auspicabile un rimbalzo positivo già nel prossimo anno».

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Emergenza Covid: l’11% delle famiglie lombarde  ha perso oltre la metà del reddito

in Economia/Tendenze by

Sono tanti i lombardi messi in difficoltà economica dall’obbligo di quarantena tanto che, come certifica un’indagine condotta per Facile.it a mUp Research e Norstat ad aprile 2020*, se in totale le famiglie della Lombardia che hanno visto calare le entrate sono oltre 2.000.000, l’11% dei rispondenti, pari a oltre 344.000 famiglie lombarde, ha visto scendere il proprio reddito mensile di oltre il 50%.

Se si guarda a chi ha ammesso di aver perso il 100% delle proprie entrate, la percentuale è, in regione, del 5,8%, equivalente a circa 180.000 famiglie, e, continuando ad analizzare i dati nel dettaglio, un rispondente su sei, pari quindi al 14,7% dei nuclei familiari lombardi, ha dichiarato di trovarsi già oggi in una situazione di difficoltà economica.

Come i lombardi stanno affrontando la situazione

Se a livello nazionale il 53% dei nuclei familiari sta adottando dei comportamenti ad hoc per far fronte alla situazione, la percentuale sale al 56% se si guarda alle famiglie della Lombardia. Nello specifico, il 31,4% dei rispondenti lombardi ha dichiarato di aver fatto ricorso ai propri risparmi (contro una media italiana del 28,5%), mentre il 20,9% ha cercato di ridurre le spese legate al cibo. Il 9,9% dei nuclei familiari, inoltre, ha ammesso di aver cancellato l’abbonamento ad alcuni servizi legati all’intrattenimento (Sky, Netflix, Spotify, ecc).

Gli aiuti previsti dal Governo: i più richiesti e quelli più utili

Se si analizzano le risposte di coloro che hanno dichiarato di aver fatto ricorso ad una o più misure introdotte dai decreti del Governo emerge che tra gli intervistati lombardi la percentuale è pari al 12%. Guardando ai soli interventi per i quali i cittadini hanno potuto scegliere se aderire o meno, quello più utilizzato dalle famiglie della Lombardia è stato il bonus da 600 euro per autonomi e partite Iva (47,8% dei rispondenti lombardi che hanno fatto uso di aiuti governativi), seguito dalla possibilità di sospendere il mutuo prima casa (13% vs un valore nazionale pari al 9,8%).

La ricerca ha infine voluto indagare quali fossero, tra i principali interventi introdotti dal Governo per fronteggiare l’emergenza, quelli ritenuti più utili; alla domanda “indichi i tre interventi che ritiene più utili”, il 60,2% degli intervistati lombardi ha risposto il divieto di licenziamenti e l’ampliamento della cassa integrazione (52,8% a livello nazionale), seguito dalla sospensione del mutuo prima casa (44,5% contro una media nazionale del 39,2%) e dal bonus di 600 euro per autonomi e partite Iva (40,8% vs 47,5% a livello nazionale).

Le conseguenze economiche del Covid-19 sulle famiglie lombarde:

Hanno visto calare il reddito di oltre il 50% 11%
Hanno perso il 100% del reddito 5,8%

 

Comportamenti messi in atto dalle famiglie lombarde per fronteggiare la situazione:

Hanno fatto ricorso ai propri risparmi 31,4%
Hanno cercato di ridurre le spese legate al cibo 20,9%
Hanno fatto ricorso agli aiuti previsti dai decreti del Governo 12%
Hanno cancellato l’abbonamento ad alcuni servizi legati all’intrattenimento (Sky, Netflix, Spotify, ecc) 9,9%
Hanno cercato o stanno cercando di surrogare o rinegoziare il mutuo 7,3%
Hanno cambiato o stanno cercando di cambiare fornitore di energia 6,8%
Hanno cambiato o stanno cercando di cambiare fornitore di telefonia fissa e/o mobile 5,2%

 

Famiglie lombarde che hanno fatto ricorso agli aiuti del Governo:

 

Bonus di 600 euro per autonomi e partite Iva 47,8%
Possibilità di sospendere il mutuo prima casa 13%
Prolungamento della validità della polizza Rc auto o moto in scadenza per un mese/proroga delle revisioni 8,7%
Proroga pagamento multe 8,7%
Premio di 100 euro per il mese di marzo 2020 ai lavoratori dipendenti, pubblici e privati, che abbiano continuato a lavorare nella sede di lavoro 8,7%
Sospensione contributi colf e badanti 4,3%

 

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Indagine Confartigianato: solo 4 aziende su 10 prevedono di riprendere come prima entro un anno

in Associazioni di categoria/Confartigianato/Economia/Tendenze by
Eugenio Massetti, Confartigianato Brescia

I risultati della rilevazione dell’Osservatorio di Confartigianato Lombardia svolta dal 7 al 14 aprile 2020 con oltre 3.700 interviste a micro-piccole imprese e imprese artigiane lombarde, 586 delle quali bresciane, evidenzia un’ampia diffusione di segnali recessivi, intensificati rispetto la precedente rilevazione del 4 di marzo. «Abbiamo coinvolto i nostri associati che hanno risposto in gran numero, quasi 600 dei quali i titolari di imprese bresciane: tra i risultati emerge come il 77 per cento in questo momento è chiuso e la gran parte, il 63 per cento, si è dovuto bloccare per le disposizioni del Governo, più del 14 per cento ha fermato l’attività per una scelta del titolare. Non me l’aspettavo, ma è la dimostrazione di come tutti noi pensiamo soprattutto alla sicurezza di famiglie e dipendenti. Ora, per riprendere serve un segnale di diminuzione del contagio, ma come si fa a dirlo fino a quando non verranno fatti i tamponi? L’abbiamo ribadito anche al Presidente Attilio Fontana: le 4D di Regione Lombardia non bastano senza la 5D: il diritto delle imprese alla sicurezza» così Eugenio Massetti, presidente di Confartigianato Brescia e Lombardia» a commento dello studio realizzato dall’Osservatorio di Confartigianato Lombardia e che ha coinvolto tutte le province lombarde. Solo il 23% delle pmi bresciane ha continuato completamente o parzialmente l’attività. E, di queste, l’83,6% delle imprese rimaste aperte lamenta l’elevata difficoltà riscontrata nel reperire l’apparecchiatura necessaria per continuare ad operare in sicurezza. Il 28,1% delle imprese aperte svolgono tutta o parte dell’attività in modalità a distanza (lavoro agile/smart working). Una micro-piccola impresa su 5 si serve di almeno un canale alternativo di vendita (domicilio, e-commerce, etc.) per proseguire l’attività.

A marzo si rileva un calo del fatturato delle Pmi bresciane del 61,2%. Per il mese di aprile, in cui si estende il lockdown avviato a marzo, le imprese stimano un calo dei ricavi del 70,8%. Il calo del fatturato nel bimestre marzo-aprile equivale ad una riduzione dell’11% del fatturato dell’intero anno. In valore assoluto il calo del fatturato è quantificabile solo per l’intero sistema delle pmi lombarde: a marzo stima l’Osservatorio di Confartigianato Lombardia è  pari a 12 miliardi di euro e ad aprile a 13 miliardi, per una riduzione complessiva nel bimestre di 25 miliardi di euro. Ipotizzando uno scenario di recupero entro la fine dell’anno, la crisi Covid-19 determinerebbe una riduzione del 26% delle vendite delle MPI lombarde nel 2020 rispetto a quelle dell’anno precedente, in valore assoluto pari a 57 miliardi di euro.  

CONSEGUENZA COVID – Lo shock della crisi da coronavirus ha determinato sulla gestione finanziaria delle imprese bresciane nel 93,1% dei casi mancati incassi per caduta del fatturato, nel 75,4% dei casi criticità relativamente al cash flow aziendale e nel 57,4% dei casi ritardi dei pagamenti di privati.

Il 58,9% delle imprese artgiane bresciane ha avanzato almeno una richiesta alle banche. In prevalenza sono state richieste: moratoria (66,8%) e consulenza (53,6%); mentre è crollata la domanda di credito per investimenti (14%).

PROSPETTIVE – Nell’arco di 6-12 mesi solo 4 imprese bresciane su 10 prevedono un recupero della normalità aziendale graduale. Nella fase di progressiva uscita dalla crisi e di ripartenza gli imprenditori indicano che saranno per lo più trainanti un solido sostegno al sistema dei pagamenti e alla finanza d’impresa e il dinamismo e la resilienza che da sempre contraddistingue le micro-piccole.

Conclude il presidente di Confartigianato Brescia e Lombardia Eugenio Massetti: «Tutti gli imprenditori vorrebbero riaprire dopo un mese e mezzo di fermo e con i danni che stiamo contando: abbiamo suggerito che si riparta partendo dai cantieri, dalla moda e dal Made in Italy. Ma lo si deve fare con una vera regia nazionale, che deve arrivare per forza di cose dalla politica. Noi ci siamo, non solo quando c’è da chiedere il voto e quando lo Stato batte cassa per le tasse: riapriremo anche tra mille difficoltà, perché siamo abituati ad arrangiarci e rimboccarci le maniche, ma abbiamo bisogno di avere la garanzia del credito e un sostegno alla liquidità subito, non possiamo aspettare mesi».

Inflazione a Brescia: nel mese di marzo tasso tendenziale nullo

in Economia/Tendenze by

Per il mese di MARZO, l’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività registra un tasso congiunturale lievemente positivo (+0,1%), affiancato da un tasso tendenziale nullo. A livello di divisione, l’incremento maggiore è registrato dalle “Bevande alcoliche e tabacchi” (+1,5%), seguito da “Ricreazione, spettacoli e cultura” (+1,0%) dai “Prodotti alimentari e bevande analcoliche” (+0,6%) “Altri beni e servizi” (+0,4%) e “Abbigliamento e calzature” (+0,2%).

In forte diminuzione, invece, sono le “Comunicazioni” (-1,6%), seguite dai “Trasporti” (-0,6%). Altre diminuzioni, più lievi, sono presentate dalle divisioni “Abitazione, acqua, elettricità e combustibili” (-0,1%) e “Servizi ricettivi e di ristorazione” (-0,1%).
Nulle le variazioni congiunturali delle restanti divisioni: “Mobili, articoli e servizi per la casa”, “Istruzione”, “Servizi sanitari e spese per la salute”.
Analizzando per tipologia di prodotto, rispetto al mese precedente, sia i “Beni”, sia i “Servizi” registrano un lieve aumento congiunturale (rispettivamente +0,1%, +0,3%). Tra i Beni, hanno avuto un aumento considerevole i Tabacchi (+2,3%) e i “Beni alimentari lavorati” (+1,0%), mentre hanno subito una flessione gli “Altri Energetici” (-2,2%) e i “Beni alimentari non lavorati” (i freschi presentano -0,5%). All’interno dei Servizi, invece, lievi variazioni si riscontrano nella voce “Servizi vari” (+0,3%), nei “Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona” e nei “Servizi relativi ai trasporti” (entrambi +0,2%).

Con riferimento alla frequenza di acquisto dei prodotti, questo mese l’alta e media frequenza presentano un lieve aumento congiunturale (rispettivamente +0,1% e 0,3%), mentre i prodotti a bassa frequenza diminuiscono lievemente (-0,1%). Infine, la “Core Inflation”, che indica l’andamento della componente di fondo della dinamica dei prezzi, cioè l’inflazione al netto della componente volatile (beni energetici e alimentari non lavorati), registra una variazione congiunturale positiva (+0,3%), con un tasso tendenziale positivo (+0,4%).

NOTA METODOLOGICA

Gli indici dei prezzi al consumo di marzo 2020 sono stati elaborati nel contesto dell’emergenza sanitaria dovuta al diffondersi del Covid -19 in Italia, con la sospensione di attività di ampi segmenti dell’offerta di beni e servizi di consumo.  L’impianto dell’indagine sui prezzi al consumo, basato sull’utilizzo di una pluralità di canali per l’acquisizione dei dati, ha consentito di ridurre gli effetti negativi dell’elevato numero di mancate rilevazioni sulla qualità delle misurazioni della dinamica dei prezzi al consumo. La situazione che si è venuta determinando e le modalità con le quali è stata affrontata sono illustrate nella Nota metodologica, alle pagine 19 e 20, del Comunicato stampa diffuso oggi dall’Istat.

Come ricordato nella Nota metodologica dell’Istat, gli indici ai diversi livelli di aggregazione che hanno avuto una quota di imputazioni superiore al 50% (in termini di prezzi mancanti e/o di peso) sono segnalati mediante l’utilizzo del flag “i” (dato imputato).
Con il comunicato stampa odierno vengono diffusi gli indici locali dei prezzi al consumo a un livello aggregato (indice generale, divisioni di spesa ECOICOP, tipologie di prodotto) e laddove necessario con il flag “i”. Ciò è coerente con gli indici NIC pubblicati dall’Istat a livello nazionale. Le specifiche realtà locali saranno rappresentate in occasione dell’uscita dei dati di aprile (retrospettivamente anche per marzo) quando saranno resi disponibili anche indici più disaggregati.

Dall’entrata in vigore del DPCM del 9 marzo 2020, la rilevazione delle singole quotazioni relative ai prodotti facenti parte del piano di campionamento del Comune di Brescia, è stata effettuata solo telefonicamente dai rilevatori incaricati, senza che questi si dovessero recare fisicamente presso i punti vendita rimasti aperti, cioè quelli appartenenti all’allegato 1 del citato decreto. Laddove, non è stato possibile rilevare le quotazioni dei punti vendita chiusi dal DPCM citato, l’Istat è intervenuto applicando metodologie di stima condivise in ambito europeo e riportate in modo approfondito nella NOTA ISTAT citata (www.istat.it).

Immatricolazioni: in Lombardia autobus -25,5%, camion -28,9% (prima del Coronavirus)

in Automotive/Economia/Partner/Tendenze by

Nel 2019 in Lombardia le immatricolazioni di autobus sono state 534, con un calo del 25,5% rispetto al 2018. Sempre lo scorso anno le immatricolazioni di veicoli pesanti (e cioè con PTT – peso totale a terra – superiore a 16 tonnellate) per il trasporto merci sono state 3.607, con un calo del 28,9% rispetto al 2018. Questi dati emergono da un’elaborazione del Centro Studi Continental su dati Aci.

Dall’elaborazione è possibile stilare un prospetto dei dati a livello provinciale. Le province della Lombardia in cui le immatricolazioni di autobus sono calate sono Lodi (-61,3%), Varese (-51,8%), Mantova (-44,4%), Cremona (-42,9%), Monza e Brianza (-36,4%), Milano (-36%), Pavia (-31,3%), Lecco (-30%) e Bergamo (-27,4%). Le province in cui è stato registrato invece un aumento sono Brescia (+204,3%), Como (+200%) e Sondrio (+27,3%). Per ciò che riguarda le immatricolazioni di veicoli pesanti per il trasporto merci, tutte le provincie della Lombardia fanno registrare dati in calo, ad eccezione di Monza e Brianza (+4,7%). Si va dal -13,1% di Como al -40,3% di Milano fino ad arrivare al -51,4% di Lodi.

Immatricolazioni camion 2019 in Lombardia

Nel 2019 in Italia le nuove immatricolazioni di autobus sono state 4.321, con una crescita del 31,3% rispetto al 2018. Sempre nel 2019 le immatricolazioni di veicoli pesanti (e cioè con PTT – peso totale a terra – superiore a 16 tonnellate) per il trasporto merci sono state 19.605, con un calo del 30,7% rispetto al 2018.

Coronavirus, Siderweb: il settore dell’acciaio rischia un calo del 20 per cento

in Acciaio/Economia/Tendenze by

Flero (BS) – Doveva essere un anno interlocutorio, con un tasso di crescita del consumo di acciaio positivo, seppur inferiore a quello registrato nel 2019. Invece, il 2020 sarà a suo modo un anno memorabile per il mondo e, quindi, anche per la siderurgia globale. Un anno contraddistinto da quello che sta assumendo i contorni di un vero e proprio terremoto sanitario, sociale ed economico. Il protagonista, l’innesco dell’incendio è stato il virus SARSCoV-2, responsabile della malattia infettiva respiratoria che sta contagiando tutto il mondo.

Quale sarà l’impatto delle misure volte a contenere la diffusione del coronavirus sulla siderurgia? Questo il tema affrontato nel webinar gratuito organizzato martedì scorso, 7 aprile, da siderweb. «Al momento i ragionamenti che si possono fare – ha spiegato Stefano Ferrari, responsabile dell’Ufficio Studi siderweb – sono di natura indiretta, in quanto ad oggi non esistono previsioni aggiornate sui consumi di acciaio. Si può quindi solo stimare quale sarà la domanda dei settori utilizzatori e farsi un’idea delle ripercussioni sul comparto».

Sul versante delle costruzioni «CRESME LAB, il think tank analitico del CRESME il 26 marzo ha previsto per l’edilizia e il genio civile nel nostro Paese, includendo investimenti in nuova costruzione e manutenzione straordinaria, una contrazione (valutata a valori costanti) del -22,6% rispetto al 2019». Ci potrebbe essere, rispetto alle previsioni (che erano positive per il 2020; +2,4%), una perdita potenziale di 34 miliardi di euro di investimenti. Se invece si guarda al dato del 2019, la caduta è quantificabile in 31 miliardi di euro.

Per il settore dell’auto, «marzo ha visto una contrazione delle vendite del 90% sul mercato italiano – ha proseguito Ferrari -. Per l’anno 2020 le attese degli analisti sono per una riduzione a livello globale del 15% circa». In particolare Standard & Poor’s si attende un -15%/-20% in Europa, seguito da un +9%/+11% nel 2021. Se queste previsioni si avverassero, a fine 2019 avremmo vendite in Europa pari a 19 milioni di autoveicoli, contro i 20,7 milioni di autoveicoli del 2019.

Infine per il settore petrolifero il forte calo dei prezzi del greggio dovrebbe portare secondo IEA ad una riduzione del 50%-85% dei profitti delle compagnie petrolifere rispetto al 2019, con un conseguente taglio degli investimenti. La riduzione dovrebbe essere di circa il 15%-20% rispetto alle attese, con un conseguente calo dei consumi di acciaio.

«Tutti i dati a disposizione ci dicono che la contrazione del settore sarà forte – ha concluso Ferrari durante il webinar -, con l’automotive a -15%/20%, il petrolio a -15/20% e le costruzioni a -20/25%. Anche se alcuni comparti faranno meglio della media (per esempio il biomedicale, l’industria alimentare, ecc.), per la siderurgia mi attendo una contrazione dei volumi in linea con quella dei settori utilizzatori».

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Mercato immobiliare, nel 2019 compravendite cresciute del 13% a Brescia

in Economia/Edilizia/Partner 2/Tendenze by

La performance del mercato residenziale è stata supportata principalmente dalla dinamica delle compravendite e dall’intensità della domanda, mentre restano distanti dalla media del panel la ripresa dei prezzi e la velocità di assorbimento del mercato – è quanto emerge dal 1° Osservatorio sul Mercato Immobiliare 2020 di Nomisma presentato oggi in diretta streaming.

Residenziale

Il mercato residenziale bresciano nel 2019 ha registrato 2.724 compravendite, in aumento del 13,3% rispetto al consuntivo 2018 e sospinte da una domanda crescente. Le transazioni sono cresciute per il sesto anno consecutivo, portando gli scambi sui livelli più alti della serie storica osservata.

Al contempo – come emerge dallo studio condotto da Nomisma- le erogazioni di mutui diminuiscono di poco meno di tre punti percentuali a livello provinciale, in linea con il trend che si osserva a livello nazionale; la buona ripresa del mercato immobiliare nel 2019 è stata resa possibile dal basso livello dei prezzi immobiliari.

L’Istituto bolognese evidenzia come i tempi medi di vendita siano di 7 mesi per le abitazioni sia nuove sia usate e gli sconti medi, nel corso del 2019, hanno visto una diminuzione, sia per gli immobili nuovi (7,5%) sia usati (12%).

Sul fronte degli affitti Nomisma riscontra una ripresa favorita dalla dinamica di crescita già iniziata nel 2018. Nel centro città si rileva una crescita annuale dell’1,4%, percentuale che scende lievemente per le zone di periferia. I tempi di locazione si riducono a 1,9 mesi, restando al di sotto della media delle 13 città.

Crescono i rendimenti lordi annui da locazione, grazie all’aumento dei canoni, e si assestano in media al 5,6%, con punte del 5,9% in periferia.

Eguale peso si riscontra tra la compravendita e la locazione, pari al 47,5% per l’acquisto e per il 52,5% per l’affitto. L’acquisto della prima casa riguarda quasi l’80% delle compravendite, in aumento rispetto alla rilevazione del 2019, a discapito degli acquisti per investimento la cui percentuale scende dal 18,3% al 14,9% del totale delle transazioni. Ancora più ridotta risulta la quota degli acquisti dedicata alle seconde case (5,3%).

 

Non residenziale

Rispetto al settore non residenziale Nomisma fotografa il perdurare di alcuni segnali di criticità in un contesto di lieve crescita dell’attività transattiva.

L’Istituto bolognese evidenzia come vi sia stato un aumento delle compravendite piuttosto deciso nel 2019, con una dinamica positiva che tuttavia ha mostrato, in serie storica, una discreta volatilità. I prezzi degli uffici risultano ancora in calo, mentre per i negozi si interrompe la caduta dei valori che tornano perciò in territorio positivo (+0,3% in media, contro il -0,8% registrato nella media delle 13 città monitorate).

Il segmento della locazione, di significativa importanza per i comparti direzionale e commerciale, mostra le difficoltà di questi mercati ad uscire pienamente dalla crisi, come dimostrano i canoni ancora in flessione in entrambi i comparti considerati.

I rendimenti lordi annui rimangono stabili al 4,6% per gli uffici e al 5,8% per i negozi, in entrambi i casi inferiori alla media delle 13 città intermedie.v

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