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Tendenze - page 13

Auto: a Brescia solo l’1,8% è elettrico o ibrido

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Auto elettrica, foto generica da Pixabay

A inizio anno, secondo l’analisi di Facile punto it e MiaCar punto it su dati ACI, le automobili elettriche e ibride presenti in Lombardia erano 155.299, vale a dire appena il 2,49% del parco auto della regione, percentuale che fa guadagnare a quest’area il primo posto nazionale. Nello specifico, erano immatricolate 144.943 autovetture ibride e 10.356 elettriche.

Seppur ancora relativamente contenuto, il numero delle vetture green in Lombardia è più che raddoppiato (+111%) negli ultimi due anni (erano 73.742 a fine 2018).  

Guardando la suddivisione a livello territoriale emerge che la provincia lombarda con la maggior penetrazione di vetture green è Milano dove le auto elettriche/ibride rappresentano il 3,21% del parco auto circolante, percentuale che fa guadagnare al capoluogo meneghino il secondo posto nella classifica nazionale. Seguono le province di Varese (2,86%), Como (2,72%) e Monza e Brianza (2,64%).

Valori sotto la media regionale per le province di Lecco (2,33%), Bergamo (2,15%), Cremona (2,06%), Brescia (1,82%) e Pavia (1,73%) Chiudono la graduatoria la provincia di Sondrio (1,63%), quella di Lodi (1,60%) e, all’ultimo posto, quella di Mantova (1,49%).

In valori assoluti, la graduatoria lombarda vede al primo posto ancora una volta la provincia di Milano con 58.342 vetture elettriche/ibride (seconda in Italia dopo Roma), seguita questa volta da quella Varese (17.092), Monza e Brianza (14.947), Bergamo (14.904) e Brescia (14.833). 

Continuando a scorrere la classifica si trova la provincia Como, dove le auto green sono 10.985, seguita da quella di Pavia (6.151), Lecco (5.109) e Cremona (4.630). Le province lombarde con meno auto elettriche/ibride sono quelle di Mantova (4.120), Lodi (2.281) e Sondrio (1.905).

Numeri forse piccoli ma destinati a crescere se si considera che, a livello nazionale, il 38% delle auto immatricolate nei primi 10 mesi del 2021 è elettrico o ibrido*; la percentuale se applicata alle immatricolazioni totali rilevate in Lombardia nel medesimo periodo, porterebbe il numero di veicoli green presenti sulle strade della regione ad oltre 230.000.

La crescente attenzione degli italiani verso i veicoli green è confermata anche dall’indagine commissionata da Facile.it e MiaCar.it agli istituti mUp Research e Norstat, da cui è emerso che quasi 7 automobilisti su 10 comprerebbero un’auto elettrica o ibrida (67,7%); più nello specifico, il 45,1% opterebbe per un’ibrida, mentre il 22,6% per una elettrica.

Auto elettriche: ragioni pro e contro

Continuando ad analizzare i risultati dell’indagine e scorrendo le motivazioni dei rispondenti che hanno dichiarato di essere disposti a comprare un veicolo elettrico o ibrido emerge che il 74,8% lo farebbe per contribuire in prima persona alla riduzione dell’inquinamento.

Molti, il 45,1%, sceglierebbero un’auto green per risparmiare sul carburante, mentre il 19,8% per avere meno limitazioni alla circolazione potendo, ad esempio, accedere alle aree Ztl così come consentito in alcune città d’Italia.

Tra le ragioni più diffuse per l’acquisto di un veicolo a basso impatto ambientale, indicata da quasi 1 automobilista su 3, vi è, infine, la paura che presto le auto diesel e benzina non potranno più circolare.

Guardando invece alle risposte di chi si è dichiarato contrario o indeciso, il 68% vede un grosso ostacolo nel prezzo di acquisto, il 43% nello scarso numero di punti di ricarica presenti sul territorio, mentre il 40% nella bassa autonomia di percorrenza di questi mezzi.

Gli incentivi e il budget di spesa

Gli incentivi hanno avuto un ruolo fondamentale nel sostenere la vendita di veicoli elettrici e ibridi. Va detto, però, che gli italiani sembrano essere, almeno sulla carta, favorevoli all’acquisto di auto green indipendentemente dalla presenza dei contributi statali.

Alla domanda “se non ci fossero i bonus governativi, lei acquisterebbe comunque un’auto elettrica o ibrida?” il 69,8% degli intervistati ha risposto affermativamente.

Un dato positivo che però rischia di scontrarsi con la realtà e, ancora una volta, con il costo di questi veicoli se si considera che dall’indagine è emerso che, per l’acquisto di un’auto elettrica o ibrida, gli italiani sono disposti a spendere, in media, 17.969 euro e addirittura quasi 1 su 2 non metterebbe a budget più di 15mila euro.

Senza l’aiuto degli incentivi, risulta difficile trovare veicoli ibridi in questa fascia di prezzo, missione che diventa praticamente impossibile per quelli elettrici al 100%.

Economia, bene il terzo trimestre bresciano: i dati della Camera di commercio

in Associazioni di categoria/Camera di commercio/Economia/Tendenze by

“L’economia bresciana prosegue nel suo trend positivo di crescita, in tutti i settori, anche nel 3° trimestre. L’auspicio è che questo ciclo positivo possa quanto più consolidarsi e divenire strutturale, anche se non mancano motivi che inducono ad una certa cautela (tensioni sul mercato dei prezzi delle materie prime su tutto)” E’ questo il commento del Presidente, Roberto Saccone, a seguito dell’elaborazione, a cura del Servizio Studi Camera di Commercio di Brescia,  dei dati Unioncamere Lombardia relativi alla situazione congiunturale al 3° trimestre 2021.

Industria manifatturiera

Il terzo trimestre 2021 riporta un quadro congiunturale per l’industria manifatturiera bresciana complessivamente positivo a prosecuzione del trend crescente già rilevato nei trimestri precedenti.

Nel confronto con il secondo trimestre la produzione industriale è cresciuta del 2,7%, sostenuta dalla crescita degli ordini sia interni (+4,1%) che esteri (+1,2%). In linea la crescita del fatturato che segna un +2,6%.

Molto positivi anche i risultati su base tendenziale: la produzione è cresciuta, rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno, del 13,7% e dato ancora più significativo si mantiene sopra il livelli pre-crisi con una variazione, rispetto al terzo trimestre del 2019, del 10,8%.

Le dinamiche espansive della produzione restano sostenute dagli ordinativi sia interni (+20,4% rispetto al 3 trimestre 2020) che esteri (+18,7% su base annua) che superano i livelli pre-pandemici (+15,3% gli ordini interni e +16,1% quelli esteri rispetto al terzo trimestre 2019). Ancora più intesa è la crescita del fatturato a prezzi correnti che segna un incremento del 22,1% sul 3 trimestre 2020 e un aumento – più alto della produzione- nel confronto col periodo pre-pandemico del 17,3% condizionato dagli aumenti dei prezzi dei listini che sta caratterizzando il periodo.

Il quadro d’insieme risulta promettente con un indice della produzione industriale, destagionalizzato, che si attesta a 124,6 ovvero il nuovo massimo storico resta importante l’aumento dei prezzi delle materie prime, dei beni energetici e dei costi di spedizione cresciuti nell’ultimo trimestre di un ulteriore 11,7%. Il fenomeno merita attenzione ancor più se si osserva lo stato delle giacenze delle materie prime che gli imprenditori bresciani giudicano scarse (il saldo tra giudizi di eccedenza e scarsità si conferma negativo e pari a -10,9 contro il -3,4 del trimestre scorso).

Tutti i settori nell’industria registrano un recupero consistente sul terzo trimestre 2020 ad eccezione dell’Abbigliamento (-1,9%) e delle Pelli-Calzature (-0,4%). Incrementi tendenziali a due cifre segnano la Meccanica (17,9%), la Siderurgia (+14,6%), la Gomma-Plastica (13,1%); segue la Carta Stampa (11,8%) e il Legno-Mobilio (9,0%).

I recuperi produttivi dell’industria bresciana (+13,7%) superano la media lombarda che chiude il trimestre con un incremento tendenziale del 12% e un aumento sui livelli pre-pandemici del 6,2%. Anche dal confronto con le province lombarde il ritmo di crescita bresciano risulta il più intenso dopo Como (14,5%).

L’occupazione per l’industria presenta un saldo positivo (+0,99%) e diminuisce il ricorso alla CIG: la quota di aziende che dichiara di aver utilizzato ore di cassa integrazione scende al 5,8% e la quota sul monte ore al 1,1%.

Le prospettive per il quarto trimestre restano positive per la produzione, domanda interna ed estera ma su livelli più contenuti rispetto al trimestre precedente, segno che gli imprenditori avvertono dei fattori di criticità per il futuro su cui potrebbero pesare l’incertezza sull’andamento dei prezzi dei materiali ma anche la disponibilità dei materiali di lavorazione e della componentistica.

Artigianato manifatturiero

Il terzo trimestre 2021 riporta un quadro congiunturale nel complesso positivo anche per l’artigianato manifatturiero bresciano.

Tra luglio e settembre la produzione industriale è cresciuta del 3,7%, il fatturato segna un +4,1% nel confronto con il trimestre precedente.

Molto positivi anche i risultati su base tendenziale: la produzione è cresciuta, rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno, dell’11,0% e dato ancora più significativo si porta sopra i livelli pre-crisi con una variazione, rispetto al terzo trimestre del 2019, del 7%.

Il recupero produttivo è sostenuto dagli ordini interni che crescono, su base annua, del 9,0% e riescono a superare sebbene di poco i livelli pre-crisi (+0,8%). Gli ordini provenienti dall’estero aumentano del 6,7% e segnano un +3,2% sul 3 trimestre 2019.

Il fatturato a prezzi correnti cresce del 10,5% nel confronto con lo stesso trimestre del 2020 e – così come per l’industria – in misura più intensa rispetto al periodo pre-pandemico totalizzando un incremento dell’8,5% che resta condizionato dalle dinamiche rialziste dei prezzi dei prodotti finiti.

Il miglioramento produttivo ha avuto importanti riflessi sullo stato del magazzino: i giudizi degli imprenditori vedono un aumento delle valutazioni di scarsità sia dei prodotti finiti (saldo pari a -13,02% contro il saldo del -9% del secondo trimestre) che delle materie prime (saldo pari -14,1% contro il -11,2 del trimestre scorso) indicando un possibile rischio di rallentamento dell’attuale recupero.

A ciò si associa, così come per l’industria, la tensione sui mercati delle materie prime i cui prezzi sono aumentati nel trimestre del 14,1% mantenendo ampia la forbice con i prezzi dei prodotti finiti che crescono del 6,5%.

Sul fronte settoriale il quadro dell’artigianato si presenta positivo ad eccezione del comparto moda (-4,5% Pelli-Calzature; -1,3% Abbigliamento). In aumento sui livelli produttivi del terzo trimestre del 2020: i Minerali non Metalliferi (24,1%), e il Legno- Mobilio (16,9%), la Meccanica (+12,7%), la Siderurgia (+8,9%) e la Gomma-Plastica (+17,9%).

Il confronto territoriale riporta un ritmo di crescita degli artigiani bresciani (+11,0%) superiore alla media regionale (+9,4%) e alle altre province lombarde. Si colloca al di sopra della media lombarda anche Lodi (+10,3%), Mantova (+10,2%), Varese (+10,2%), e Bergamo (+10,1%).

Il saldo occupazionale si conferma positivo ma moderato per l’artigianato (+0,5%), con ricorso alla CIG in diminuzione: il 7,3% delle aziende dichiara di aver utilizzato la cassa integrazione e la quota sul monte ore al 0,8%.

Le prospettive degli artigiani per il quarto trimestre restano positive e in miglioramento relativamente alla domanda interna e all’occupazione. Le aspettative sulla produzione si mantengono positive ma più caute rispetto al trimestre precedente.

Il commercio al dettaglio

Prosegue anche nel terzo trimestre il miglioramento del volume d’affari delle imprese del commercio al dettaglio: il fatturato cresce del 5,5%, nel confronto con il terzo trimestre del 2020 e dello 0,4% rispetto al trimestre scorso a conferma che il progresso della campagna vaccinale ed il calo dei contagi continua a produrre effetti positivi.

Procede il buon recupero del comparto non alimentare (+9,2%), che più degli altri comparti è stato penalizzato dalle misure restrittive adottate lo scorso anno. Gli esercizi non specializzati (in cui rientra la grande distribuzione a prevalenza alimentare) hanno segnato una crescita nel confronto con lo stesso trimestre dello scorso anno del 2,6%.

In rallentamento i negozi alimentari che riportano un calo del fatturato dell’1,0%.

La maggiore resilienza degli operatori del commercio al dettaglio bresciani si ricava dal confronto col dato medio regionale: le imprese del commercio lombarde riportano un recupero del fatturato su base annua del 4,2%, mentre rispetto alle altre province lombarde Brescia presenta la performance migliore (+5,5%) dopo Milano (+7,7%) e Como (+6,2%).

L’aumento dei prezzi delle materie prime che sta interessando tutti i comparti si riflette anche nei listini dei negozi del commercio al dettaglio: i prezzi, infatti, sono cresciuti rispetto al secondo trimestre dell’anno dell’1,2%, su cui pesano gli incrementi dei prodotti alimentari e non alimentari.

Sul fronte degli ordini ai fornitori il saldo tra dichiarazioni di aumento e diminuzione si mantiene segno positivo (+20,3%).

Relativamente all’occupazione il saldo tra ingressi e uscite resta positivo (+1,5%) per effetto delle richieste dei negozi non specializzati.

Le aspettative degli imprenditori per l’ultimo trimestre dell’anno riflettono l’avanzamento del clima di fiducia anche in vista delle festività di fine anno che tradizionalmente riportano un miglioramento della performance. I saldi tra ipotesi di aumento e diminuzione sono in aumento per il volume d’affari (+24,8%) e per gli ordini ai fornitori (16,2%). Prevalentemente stabili le attese sull’occupazione: il 75,5% degli imprenditori intervistati non prevede di aumentare l’organico.

Servizi

L’evoluzione della campagna vaccinale, unitamente alla riapertura delle attività, continua a dare vigore al comparto dei servizi.

Nel terzo trimestre del 2021 il fatturato delle imprese dei servizi con più di 3 addetti riporta una crescita robusta (+14,7%) sullo stesso periodo del 2020. I risultati positivi sono confermati dal confronto con il secondo trimestre dell’anno, rispetto al quale il fatturato dei servizi è aumentato del 5,6%. Il risultati migliori del fatturato si confermano quelli conseguiti dal commercio all’ingrosso (+14,7% su base annua) e dai servizi alle imprese (15,1%) che continuano il percorso di crescita.

Le attività di alloggio e ristorazione e i servizi alla persona, le più colpite dagli effetti della pandemia, segnano un sensibile aumento del fatturato rispettivamente del 14% e del 14,6%% rispetto al terzo trimestre del 2020.

La dinamica del fatturato bresciano si colloca al di sotto del dato medio regionale, che aumenta su base annua, del 14,7%.

L’aumento del livello dei prezzi delle materie prime continua a evidenziarsi sul settore dei servizi dove i listini sono aumentati dell’1,8% sul trimestre precedente. L’aumento si conferma più marcato nel commercio all’ingrosso (comparto più esposto alle filiere internazionali e alle tensioni che la ripresa sta generando sui mercati delle materie prime) e nel comparto turistico (+1,7%).

Sul fronte occupazionale il saldo tra ingressi e uscite nel trimestre è leggermente positivo (+0,5%) ed è trainato dai servizi alle persone. Tuttavia, al netto degli effetti stagionali, l’occupazione riporta un calo, seppure leggero, dello 0,1%.

Le aspettative degli imprenditori dei servizi per il quarto trimestre del 2021 si confermano positive ma più caute rispetto ai trimestri precedenti: aumenta, infatti, la quota di imprese che non si aspettano variazioni del fatturato e dell’occupazione per la fine dell’anno.

IL CAMPIONE UTILIZZATO

I dati presentati derivano dall’indagine congiunturale realizzata da Unioncamere Lombardia ed elaborati dal Servizio Studi della Camera di Commercio. Il campione industria comprende imprese con più di 10 addetti, mentre i campioni artigianato, commercio e servizi comprendono imprese con più di 3 addetti. Nel terzo trimestre 2021 per l’indagine congiunturale sono state realizzate 771 interviste

Indagine Aib: il sistema Brescia ha retto l’urto del Covid

in Aib/Associazioni di categoria/Economia/Salute/Tendenze by

Il “Sistema Brescia” ha retto l’impatto della crisi da Covid-19. A evidenziarlo è l’indagine condotta da Confindustria Brescia e Deloitte, presentata oggi nell’evento “GRUPPI INDUSTRIALI – Le risposte del “Sistema Brescia” alla crisi. Analisi sui bilanci 2020 e strategie post-Covid-19”, organizzato nella Sala Beretta di Confindustria Brescia in collaborazione con l’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Brescia.

Dopo i saluti di apertura di Patrizia Apostoli (Ordine Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Brescia) e i contributi tecnici di Davide Fedreghini (Centro Studi Confindustria Brescia) e Riccardo Pastore (Partner, Financial Advisory Deloitte), sono intervenuti, moderati da Massimiliano Del Barba (Corriere della Sera), Franco Gussalli Beretta (Presidente Confindustria Brescia) e Antonio Solinas (AD, Financial Advisory Deloitte).

Durante l’incontro sono state analizzate le dinamiche economico-finanziarie sperimentate nel 2020 dai 90 principali gruppi industriali bresciani a vocazione manifatturiera – che contano ricavi complessivi pari a 14,2 miliardi di euro e oltre 47mila addetti – e sono state discusse le strategie post-Covid messe in campo dagli stessi, così come emergono da un’indagine realizzata dal Centro Studi di Confindustria Brescia con il Financial Advisory di Deloitte.

Tra i principali risultati di bilancio nel 2020, dall’analisi condotta dal Centro Studi di Confindustria Brescia emergono i seguenti:

  • Tutti i principali indicatori reddituali e di sviluppo dei gruppi industriali bresciani hanno evidenziato un ridimensionamento, giustificato dalla recessione globale a seguito della pandemia da Covid-19. Tuttavia, i risultati appaiono nel complesso confortanti, se analizzati alla luce della più grande recessione mondiale dal Secondo Dopoguerra. In particolare, i ricavi sono calati mediamente in doppia cifra (-10,4%), con limitate differenze tra Italia (-11,9%) ed estero (-10,0%). Il calo totale del MOL (Margine Operativo Lordo) è pari al -17,2%, mentre il rapporto MOL/Ricavi mostra segnali di tenuta e si attesta al 10,6% (-0,8% sul 2019).
  • Il ricorso all’indebitamento bancario è notevolmente cresciuto. Tale movimento è stato tuttavia accompagnato da una ricomposizione delle scadenze, ora maggiormente orientate sul medio-lungo termine, che rappresentano il 56,0% del totale (erano il 47,7% nel 2019). Il dato certifica il minor rischio collegato al rinnovo dei prestiti in scadenza.
  • La liquidità a disposizione dei gruppi ha subito un’impennata (+43,5% rispetto a fine 2019), giustificata dai minori investimenti, in coerenza con il clima di incertezza vissuto nel corso dell’anno, e dalle maggiori risorse ottenute dall’attività di finanziamento.
  • La crisi del 2020 si caratterizza per una minore sofferenza dei principali aggregati di Conto Economico rispetto alla «Grande recessione» del 2008/09, quando i ricavi fecero segnare flessioni superiori al 30% e il MOL del 45,7%. Ciò è stato possibile anche grazie al generalizzato rafforzamento del made in BS nel corso di questi anni.
  • Le prospettive per l’anno in corso sono orientate a un importante recupero delle vendite (+23% sul 2020), tali da superare abbondantemente i livelli del 2019 (+11%); una dinamica in cui i forti rialzi dei prezzi delle materie prime industriali giocano un ruolo non marginale.

Per quanto riguarda invece la survey condotta da Deloitte, sono due le principali evidenze emerse:

  • I gruppi industriali del territorio bresciano hanno risposto alla crisi focalizzandosi sul miglioramento dei livelli di liquidità (quasi la metà delle aziende ha differito i piani di investimento e agito sul circolante) e sulla ridefinizione della struttura di indebitamento in ottica di sostenibilità di medio-lungo termine (2 aziende su 3 ha fatto ricorso alla finanza garantita); l’iniziale approccio reattivo alla pandemia si è rapidamente trasformato in un’occasione, per la maggior parte delle aziende, per ripensare ai propri modelli operativi per migliorare la competitività di lungo periodo (oltre il 60% ha lanciato negli ultimi 12 mesi iniziative di digitalizzazione, RPA e innovazione di prodotto).
  • L’M&A ha continuato a rappresentare un importante strumento di creazione di valore per i Gruppi bresciani; se nei primi mesi della pandemia il razionale delle operazioni è stato principalmente la messa in sicurezza della supply chain (1 azienda su 10 ha concluso acquisizioni negli ultimi 12 mesi), per il prossimo futuro la natura delle operazioni sarà invece maggiormente indirizzata all’internazionalizzazione ed al consolidamento (1 azienda su 3 dichiara di volere fare acquisizioni nei prossimi 12 mesi).

“Nonostante le inevitabili ricadute della pandemia da Covid-19, il sistema imprenditoriale bresciano si è mostrato capace di reggere la crisi, grazie anche alla sua capacità di rafforzare, nell’ultimo decennio, la dotazione patrimoniale e di continuare a crescere in termini di export – commenta Franco Gussalli Beretta, Presidente di Confindustria Brescia –. Da questo punto di vista, è interessante sottolineare le differenze con la Grande Recessione del 2008/09, che aveva segnato flessioni dei ricavi superiori addirittura al 30%. Oggi ci troviamo di fronte a un contesto rinnovato e a una nuova, grande opportunità, dettata dall’aumento della liquidità a disposizione: serve investire nel modo giusto questi fondi, su temi centrali quali l’innovazione digitale, il capitale umano e la sostenibilità. Tre cardini che rappresentano anche il cuore del nostro programma di presidenza per il quadriennio sino al 2025, e che dovranno affiancarsi, necessariamente, alla capacità di intercettare ulteriori fondi grazie al PNRR.”

“Quello che tutti abbiamo capito da questi mesi di pandemia è che i consumi e i mercati di sbocco possono cambiare in maniera molto repentina – aggiunge Antonio Solinas, Amministratore Delegato di Deloitte Financial Advisory –. Il Sistema Brescia, forte di un altissimo merito creditizio e di una significativa liquidità accumulata in questo difficile periodo, può sicuramente essere protagonista nel cambio di passo necessario ad affrontare le sfide post-pandemia. Occorre quindi sforzarsi per guardare al lungo termine con piani ambiziosi e, perché no, con un ripensamento del business-model che in alcuni ambiti sembra già in corso, anche con l’obiettivo di sfruttare al meglio e in maniera propositiva le opportunità che arriveranno dal PNRR.”

Brescia, studio di Confindustria: “Nel Terziario il clima di fiducia si mantiene elevato”

in Economia/Servizi/Tendenze by

Nel 3° trimestre del 2021, il clima di fiducia delle imprese bresciane attive nel settore dei servizi si è attestato a 146, evidenziando così una modesta riduzione rispetto a quanto rilevato nel periodo precedente (149), quando, di fatto, si era posizionato sui massimi storici dal momento in cui la rilevazione è stata avviata (anno 2016).

L’assestamento che caratterizza il Terziario bresciano appare coerente con quanto sperimentato nell’industria manifatturiera, ambito in cui il periodo estivo ha visto un cambio di velocità nella crescita rispetto alla prima parte dell’anno.

A evidenziarlo sono risultati dell’Indagine congiunturale del Centro Studi di Confindustria Brescia al 3° trimestre 2021.

“L’indagine fotografa il buono stato di salute in generale del nostro settore, in cui si evidenzia come le nostre aziende siano strategiche nella crescita economica di tutti i comparti macroeconomici – commenta Fabrizio Senici, Presidente del Settore Terziario di Confindustria Brescia –. Le realtà del Terziario stanno dimostrando di poter ricoprire un ruolo sempre più centrale anche all’interno di Confindustria, contribuendo grazie alle numerose attività proposte a stimolare un dialogo sui principali temi dell’imprenditoria; sotto questo punto di vista, ricordo l’appuntamento per l’undicesima edizione di Summit, dal titolo “Processo alla sostenibilità”, in programma giovedì 11 novembre e moderata dal giornalista Sebastiano Barisoni.”

Nel dettaglio, per quanto riguarda i giudizi espressi dalle aziende sui tre mesi precedenti:

  • il fatturato è aumentato per il 55% delle imprese intervistate, con un saldo positivo del 37% tra coloro che hanno dichiarato variazioni in aumento e in diminuzione;
  • gli ordini e l’occupazione evidenziano incrementi (saldi netti pari rispettivamente a +38% e a +34%);
  • i prezzi dei servizi offerti si caratterizzano per un’evoluzione positiva (saldo netto pari a +16%), a conferma della presenza di pressioni inflattive, in coerenza con gli ingenti rincari riscontrati dagli input nell’ultimo periodo.

Per quanto riguarda le prospettive per i mesi a venire:

  • il fatturato è atteso in crescita dal 50% degli intervistati, con un saldo positivo del 45% a favore degli ottimisti rispetto ai pessimisti;
  • i saldi riferiti al portafoglio ordini (+41%) e all’occupazione (+38%) descrivono uno scenario di possibile ulteriore rafforzamento dell’attività;
  • i prezzi dei servizi offerti manifestano un saldo positivo del 18%.

Le opinioni delle imprese in merito alle prospettive sulla tendenza generale dell’economia italiana si confermano molto positive, sostenute dai benefici indotti dall’entrata a pieno regime della campagna vaccinale di massa e dal prossimo avvio del piano NG-EU: il 66% degli imprenditori ha un orientamento ottimistico, a fronte del 27% che prevede stazionarietà e del 7% che ha una visione sfavorevole. In tale contesto, le principali preoccupazioni giungono da un’eventuale nuova accelerazione dei contagi e dalle conseguenti misure restrittive che potrebbero essere varate con l’obiettivo di mitigarne la diffusione.

L’andamento per comparto

Consulenza alle imprese

Il clima di fiducia delle imprese attive nel comparto della consulenza alle imprese, nel 3° trimestre 2021, si attesta a 151, contro il 147 del periodo precedente. I giudizi espressi sui tre mesi precedenti segnalano che: il fatturato è aumentato per il 67% delle imprese, con un saldo positivo del 54% tra risposte in crescita e in diminuzione; gli ordini e l’occupazione evidenziano incrementi (saldi netti pari rispettivamente a +40% e a +3%); i prezzi dei servizi offerti si caratterizzano per un’evoluzione in rafforzamento (saldo netto pari a +27%). Con riferimento alle prospettive a breve termine: il fatturato è atteso in crescita dal 53% degli intervistati, con un saldo positivo del 53%; i saldi riferiti al portafoglio ordini (+53%) e all’occupazione (+40%) descrivono uno scenario di possibile rafforzamento dell’attività; i prezzi dei servizi offerti manifestano un saldo positivo (+27%). Le opinioni delle imprese in merito alla tendenza generale dell’economia italiana risultano positive: il 67% degli imprenditori ha un orientamento ottimistico, il 27% prevede stazionarietà e solamente il 7% ha una visione sfavorevole.

ICT & digitale

Il clima di fiducia delle imprese attive nel comparto ICT & digitale, nel 3° trimestre 2021, si attesta a 150, in linea con quanto rilevato tra aprile e giugno. In merito ai giudizi espressi sui tre mesi precedenti: il fatturato è aumentato per il 44% delle imprese, con un saldo negativo del 13% tra variazioni in aumento e in diminuzione; gli ordini e l’occupazione evidenziano incrementi (saldi netti pari rispettivamente a +37% e a +25%); i prezzi dei servizi offerti si caratterizzano per un’evoluzione piatta (saldo netto pari a 0%). Riguardo alle prospettive a breve termine: il fatturato è atteso in crescita dal 63% degli intervistati, con un saldo positivo del 6%; i saldi riferiti al portafoglio ordini e all’occupazione risultano positivi (rispettivamente pari a +38% e a +31%); i prezzi dei servizi offerti registrano un saldo positivo del 6%. Le opinioni delle imprese in merito alle prospettive sulla tendenza generale dell’economia italiana risultano molto favorevoli: l’81% degli imprenditori ha un orientamento positivo, il 13% prevede stazionarietà e il rimanente 6% prospetta una contrazione.

Servizi alle imprese

Il clima di fiducia delle imprese attive nel comparto servizi alle imprese, nel 3° trimestre 2021, si attesta a 133, in significativo indebolimento rispetto al periodo precedente (160). Riguardo ai giudizi espressi a consuntivo: il fatturato è aumentato per il 60% delle imprese, con un saldo positivo del 50%; gli ordini e l’occupazione evidenziano incrementi (saldi netti pari rispettivamente a +40% e a +50%); i prezzi dei servizi offerti si caratterizzano per un’evoluzione positiva (saldo netto pari a +30%). In merito alle prospettive a breve termine: il fatturato è atteso in crescita dal 30% degli intervistati, con un saldo positivo del 20%; i saldi riferiti al portafoglio ordini (+30%) e all’occupazione (+40%) descrivono uno scenario di possibile rafforzamento dell’attività; i prezzi dei servizi offerti si contraddistinguono per un saldo positivo del 30%. Le opinioni delle imprese in merito alle prospettive sulla tendenza generale dell’economia italiana risultano positive: il 40% degli imprenditori ha un orientamento ottimistico, il 50% prevede stazionarietà e il rimanente 10% è orientato verso una contrazione.

L’Indagine viene effettuata trimestralmente su un panel di imprese associate appartenenti al settore terziario.

Brescia, la produzione industriale cresce ancora, ma rallenta

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Nel 3° trimestre 2021, la variazione della produzione delle imprese manifatturiere bresciane rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (tendenziale) è risultata pari a +13,7%. Pur in una fase di attenuazione della crescita, si tratta del secondo valore positivo più elevato (dopo quello del trimestre precedente) di tutta la serie storica, cioè dal 1° trimestre 1997.

A evidenziarlo è l’indagine congiunturale del Centro Studi di Confindustria Brescia sui dati relativi al 3° trimestre 2021.

L’incremento così alto, oltre alla fase espansiva dell’attività, è dovuto al confronto con i livelli relativamente bassi del 3° trimestre 2020. Rispetto allo stesso periodo del 2019, prima della pandemia, la produzione risulta in calo del -2,2%: ciò denota che l’industria bresciana ha quasi del tutto recuperato quanto perso lo scorso anno. L’evoluzione complessiva è la sintesi di dati aziendali fortemente eterogenei.

Nel dettaglio, la produzione industriale rileva una flessione sul trimestre precedente di -2,6% (congiunturale), dovuta per lo più alla chiusura delle aziende nel periodo estivo. In termini destagionalizzati, la produzione cresce del +0,4%. Il tasso acquisito, ovvero la variazione media annua che si avrebbe se l’indice della produzione non subisse variazioni fino alla fine del 2021, è pari a +13,6%.

Dopo aver toccato i minimi storici nel 2° trimestre 2020, i livelli produttivi realizzano un recupero (+25,8%).

Le previsioni a breve termine sono moderatamente positive: le aziende che stimano un miglioramento della situazione nei prossimi tre mesi sono il 35%. Quelle che prevedono di mantenere i livelli attuali sono il 52%, mentre il 13% stima un calo dell’attività.

Per i mesi a venire emergono preoccupazioni legate all’aumento dei prezzi di materie prime e semilavorati e alle difficoltà di approvvigionamento di alcuni di essi, ma le aspettative di produzione restano su un percorso espansivo. Per ora i fenomeni di scarsità sono ritenuti di natura temporanea, ma c’è il rischio che diventino strutturali, rallentando in modo più significativo e prolungato l’attività produttiva. L’evoluzione del contesto economico nell’ultima parte dell’anno, e in tutto il periodo invernale, appare inoltre ancora fortemente influenzata dalla dinamica della situazione sanitaria e da come l’insieme degli effetti indotti dalla pandemia continueranno ad incidere sulla mobilità e sulla vita dei cittadini.

L’Indagine viene effettuata trimestralmente su un panel di 250 imprese associate appartenenti al settore manifatturiero.

La Customer Data Platform (CDP): lo strumento che rivoluziona le vendite nei processi Business to Business

in Economia/Partner/Tendenze/Web e digitale by


Negli ultimi anni ha preso piede una sigla che – almeno inizialmente – ha creato non poche incomprensioni tra addetti al marketing e alle vendite: CDP, ovvero Customer Data Platform, è una nuova tipologia di piattaforma – dedicata sia al Business to Business (B2B) sia al Business to Consumer (B2C) – che va a sostituire, e in parte si integra, con le piattaforme per il CRM (anche se ormai sono così diverse le une dalle altre, che una definizione di CRM nella pratica non esiste).

Sia un sistema CRM, sia una CDP raccolgono i dati di clienti e prospect per uso commerciale e di marketing ma ci sono delle differenze.
Il CRM organizza e gestisce le interazioni che la tua azienda rivolge ai clienti: i dati presenti in un CRM saranno il nome del cliente, la cronologia delle sue interazioni con il team di vendita. La CDP invece raccoglie i dati sul comportamento dei tuoi clienti relativamente al prodotto/servizio che hai offerto loro: per esempio, una CDP ti permette di comprendere ogni interazione che il tuo cliente ha posto in essere da quando ha iniziato a interagire con la tua azienda (ad esempio, scoprirai qual è il canale tramite cui ti ha individuato). Inoltre una CDP – per funzionare e offrire un’analisi veramente a 360° del cliente/utente – ha bisogno di avere come fondamenta un buon sistema di analisi e recupero delle info: ovvero, deve necessariamente utilizzare l’Intelligenza Artificiale.

Vediamo però nel dettaglio come funzionano CRM e Customer Data Platform nel B2B. Per esempio, un CRM aiuta i commerciali a rendere più semplice la gestione delle relazioni con i singoli clienti. Come? Sfruttando tutte le informazioni inserite per accelerare, studiare e migliorare i tentativi posti in essere per avvicinarsi al cliente ed instaurare con lui una relazione.
Una CDP invece ti permette di gestire e comprendere tutti i dati dei tuoi clienti (potrai godere di una Single Customer View). In particolare, capirai come, dove e perché i tuoi clienti interagiscono con il tuo business: grazie a questi dati riuscirai a ottimizzare, giorno dopo giorno, le tue decisioni aziendali. Una CDP supporta prevalentemente tutte quelle funzioni lavorative che non si interfacciano direttamente con il cliente. Ad esempio, una CDP potrà essere utilizzato dai membri del team marketing, che possono così utilizzare le sue informazioni per individuare tattiche maggiormente efficaci o per personalizzare le campagne, o per esempio dai membri del team sviluppo, che in grazie a una CDP possono comprendere come gli utenti utilizzano il prodotto dando priorità a determinate funzionalità rispetto ad altre.
In un mercato sempre più ricco di proposte in competizione, riuscire a comunicare in modo efficace con il cliente e vincere tra i competitor è il primo obiettivo. Per fare questo è necessario offrire non solamente un prodotto o un servizio, ma una vera e propria esperienza: da una semplice richiesta di informazioni, alla pagina social, fino alla fornitura di un servizio post vendita attraverso un meccanismo di sottoscrizione.
Per far ciò è necessario avere a disposizione uno strumento in grado di offrire una visione unificata – e intelligente – dell’esperienza cliente, che permetta di ottenere una Single Customer View con tutte i dati essenziali: per questo motivo avere a disposizione una CDP è diventato di anno in anno sempre più importante.
Un sistema di questo tipo è certamente di grande valore per i grandi Brand B2C, ma nel tempo si è dimostrato importantissimo anche nel settore Business to Business, e nelle medie aziende. Il fatto che una CDP unisca molteplici fonti di dati permette di conoscere nel dettaglio qualsiasi tipo di interazione, anche tra professionisti. Vediamo qualche esempio.

Lead Generation per il B2B

Con la prossima “morte” dei cookie, sono diventati sempre più famosi e utilizzati i sistemi di IP Tracking, che ora sono in grado di identificare e analizzare il comportamento delle persone giuridiche che visitano il proprio touchpoint digitale, ancora prima che venga compilato un form di contatto.
Per fare un esempio, uno strumento di questo tipo ti sa dire che la Marco Rossi Srl ha visitato il tuo sito, quali pagine ha visto e per quanto tempo ci è rimasto. Inoltre ti fornisce tutte le informazioni finanziarie e commerciali sull’azienda stessa.
Questo sistema di analisi ti permette di ottenere informazioni su audience ed efficacia delle comunicazioni come mai prima: un’ottima notizia per qualsiasi reparto marketing.  
Noi ad esempio oggi utilizziamo una nostra piattaforma proprietaria – Lead Champion – che è indubbiamente la migliore per quanto riguarda il panorama italiano.  

Voice of Customer
Piattaforme per la Voice of Customer che siano in grado di arricchire realmente le operations di insight sui clienti e gli stakeholders son ben poche, ma quelle che invece danno risultati sono in grado di rivoluzionare l’approccio al cliente e al partner. Raccogliere i feedback degli utenti e degli stakeholder in tempo reale e lungo tutto il funnel di vendita è da sempre un desiderio di ogni marketer: avere a disposizione una Customer Data Platform – in particolare dedicata al B2B – dove poter vedere e analizzare questi dati – e altri – per singolo cliente e partner è il coronamento di questo sogno. Attraverso una piattaforma come NeosVoc gli utenti possono fornire il loro feedback in completa libertà, nei formati e con i canali che fanno già parte delle loro abitudini di comunicazione e in ogni fase del Customer Journey. La rilevazione avviene nello stesso momento dell’interazione e grazie alla dashboard e a modelli di analisi basati sull’intelligenza artificiale.

Analisi Competitor

Un’altra funzionalità interessante della CDP è la possibilità di inserire nella piattaforma qualsiasi tipologia di dato, per esempio anche i cataloghi dei competitor. I dati sui concorrenti che provengono dall’esterno dell’azienda possono essere utilizzati per verificare quali sono le opportunità di successo prima di spedire la propria offerta. In questo caso il collegamento avviene tra utente, prodotti  del nostro catalogo e prodotti sostitutivi offerti dai competitor.

Visione Storica e Dati di ServizioUna CDP permette di mettere insieme e correlare dati operazionali – come quelli logistici di consegna – e tutto ciò che è legato al servizio stesso, per verificarne l’utilizzo o eventuali problemi in modo da reagire tempestivamente. Essenziale è anche la memorizzazione delle compilazioni dei form, dell’invio delle mail e le registrazioni delle chiamate.

Le 3 strategie che una Customer Data Platform (CDP) permette di realizzare nel B2B sono:> Avere una visione concreta, a 360° e in tempo reale, di ogni cliente o stakeholder che entra in contatto con l’azienda, in modo da destinare una comunicazione specifica per ogni cluster di clienti o anche per ogni cliente: la single customer view;
> Comprendere la tipologia di “interlocutore business” anche dal punto di vista personale: cosa caratterizza la sua personalità e quali sono le leve che comandano il suo acquisto. Limitarsi ai dati socio-demografici non è funzionale: bisogna individuare alcuni tratti psicometrici per trovare sempre il miglior “tone di voice”;
> Studiare il proprio contesto in tempo reale realizzando una ricerca di mercato continua in modo da aggiornare la propria offerta. Il mercato cambia con velocità e avere dei sensori sulle proprie relazioni è fondamentale.
Se un tempo l’imprenditore poteva avere una sensazione istintiva corretta di “come sta andando il business”, oggi anche se le variabili sono diventate molteplici la CDP permette di estendere la sua sensorialità a nuovi livelli di precisione e visione.

Rincaro materie prime, per Brescia stangata da 2 miliardi. Massetti: evitare speculazioni

in Associazioni di categoria/Confartigianato/Tendenze by
Eugenio Massetti, Confartigianato Brescia

L’Italia è particolarmente esposta all’aumento dei prezzi delle materie prime, essendo la seconda economia dell’UE per produzione manifatturiera, con una alta dipendenza dall’estero di commodities. Inoltre, ai segnali di aumento di prezzo si associano quelli di una rarefazione delle materie prime. Brescia non ne è esente: il maggior costo che pesa su 23.976 aziende bresciane si aggira infatti intorno ai 2 miliardi di euro (1.975 milioni di euro). Un valore dei maggiori costi delle materie prime (commodities no energy) che pesa sulle 23.976 mpi imprese bresciane principalmente quelle attive nel manifatturiero e nelle costruzioni. Settori che nella nostra provincia danno lavoro a 110.451 persone. Il dato emerge dalla recente analisi dell’Osservatorio di Confartigianato Lombardia, che, sulla base degli ultimi dati Bce e Istat, ha quantificato lo choc dell’aumento dei prezzi delle commodities sul sistema delle micro e piccole imprese. Calcolato anche il peso sul Pil regionale: si stima che in Lombardia oltre 163 mila micro e piccole imprese della manifattura e delle costruzioni, che danno lavoro a 671 mila addetti, siano interessate da uno shock sui maggiori costi delle materie prime che su base annua, ceteris paribus, vale 11.992 milioni di euro, pari al 3% del PIL. Valore quest’ultimo che ne misura l’impatto e che posizione la nostra regione in 5^ posizione nella classifica nazionale.

«Una così elevata pressione sui costi, che viene traslata solo in parte sui prezzi di vendita, determina una riduzione del valore aggiunto, comprime la crescita economica, riduce la propensione ad investire delle imprese, compromettendo sia i processi di innovazione che la domanda di lavoro. A seguito della mancanza di materie prime le imprese rallentano la produzione e, in alcuni casi, tornano ad utilizzare gli ammortizzatori sociali nonostante la ripresa degli ordinativi – spiega il presidente di Confartigianato Brescia e Lombardia Eugenio Massetti – Accade che aziende debbano rinunciare alle commesse, non solo per il prezzo troppo elevato delle materie prime, ma anche per la difficoltà a reperirle sul mercato. È ciò che si verifica, in particolare, nella filiera delle costruzioni, in cui la domanda accompagnata dall’incentivo fiscale del superbonus 110% rappresenta un ulteriore fattore di spinta sui prezzi dei materiali edili. Occorre un intervento forte per evitare manovre speculative, facendo leva, per esempio, su meccanismi di calmierazione».

A livello provinciale i maggiori costi delle materie prime, su base annua, valgono 3.236 milioni di euro, a Milano, interessando 44.702 MPI manifatturiere e delle costruzioni e i loro 180.999 addetti subito seguita con 1.975 milioni di euro, da Brescia. Segue poi Bergamo, interessando 22.236 MPI e i loro 95.893 addetti; 1.065 milioni di euro, a Monza e della Brianza, interessando 15.451 MPI e i loro 59.559 addetti; 1.047 milioni di euro, a Varese, interessando 14.283 MPI e i loro 58.536 addetti; 745 milioni di euro, a Como, interessando 10.039 MPI e i loro 41.688 addetti; 532 milioni di euro, a Mantova, interessando 7.090 MPI e i loro 29.750 addetti; 497 milioni di euro, a Lecco, interessando 6.120 MPI e i loro 27.809 addetti, 450 milioni di euro, a Pavia, interessando 7.622 MPI e i loro 25.174 addetti; 374 milioni di euro, a Cremona, interessando 5.153 MPI e i loro 20.900 addetti; 191 milioni di euro, a Sondrio, interessando 2.885 MPI e i loro 10.670 addetti e 166 milioni di euro, a Lodi, interessando 2.954 MPI e i loro 9.263 addetti

Imprese: le straniere sfiorano quota 14mila (+5,4% in cinque anni)

in Economia/Tendenze by

La pandemia non frena l’iniziativa imprenditoriale straniera: le imprese guidate da immigrati iscritte nel Registro Imprese della Camera di Commercio di Brescia crescono rispetto al periodo pre-covid del 7,1% attestandosi a fine giugno del 2021 a quota 13.979 e contando più di 30.200 addetti. E’ quanto emerge da una recente analisi del Servizio Studi della Camera di Commercio di Brescia su dati del Registro Imprese.

“Dai dati del Registro Imprese al  2° trimestre del 2021 – è il commento del Presidente della Camera di Commercio, Roberto Saccone – risulta che l’emergenza sanitaria non ha frenato l’iniziativa imprenditoriale straniera che, anzi, è cresciuta del 7,1%, confermandosi ormai parte strutturale dell’imprenditoria bresciana, con una quota pari all’11,8% del totale. Ciò è testimonianza del fatto che la vivacità economica del nostro territorio offre numerose opportunità di business anche all’universo multietnico presente nella provincia di Brescia”.

Il fenomeno dell’imprenditoria straniera rappresenta, ormai, una parte strutturalmente significativa del tessuto imprenditoriale bresciano con una quota che si è stabilmente attestata all’11,8% del totale delle imprese registrate. E’ il risultato della continua vitalità imprenditoriale dei cittadini di nazionalità straniera che ha caratterizzato gli ultimi anni. Negli ultimi cinque anni spicca l’andamento positivo delle imprese straniere che sono cresciute del 5,4% contrariamente al totale delle imprese che, invece, sono diminuite dello 0,8%.

La quota più rilevante si conferma quella costituita da imprese di origine extra UE (nell’82,6% di queste aziende il controllo è esercitato da soggetti di nazionalità non comunitaria) che è anche la componente più dinamica cresciuta rispetto al periodo pre-pandemico del 7,7% e del 5,2% negli ultimi cinque anni.

L’importanza della partecipazione degli stranieri nel tessuto imprenditoriale bresciano è evidente anche nel confronto territoriale. Brescia si colloca in quinta posizione a livello lombardo per incidenza delle imprese straniere sul totale ed al 31° posto su scala nazionale.

Crescita post-pandemia, risale il Pil: come le imprese affrontano la ripresa

in Economia/Tendenze by

Il post pandemia sorprende con una notizia molto incoraggiante: il PIL dei paesi del G20 è in salita e in Italia le previsioni dicono +6% su base annua, in rialzo rispetto a quanto previsto dalle analisi precedenti. Un risultato che fa ben sperare per il futuro, con un’iniezione di ottimismo per lavoratori e imprese. La crescita post-pandemia, trainata soprattutto dalla ripresa dei mercat internazionali, dovrà però essere gestita nel migliore dei modi, con nuovi investimenti, progetti innovativi e una rinnovata cultura aziendale. La pandemia ha infatti mostrato forze e debolezze del sistema, testando in maniera anche molto brusca la resilienza delle aziende e la loro capacità di adeguarsi a nuove condizioni, di rispondere agli shock, di migliorare il controllo di gestione nei più diversi aspetti, ad esempio il calcolo e controllo dei costi industriali, per evitare di soccombere. Dai primi dati, le imprese che hanno primeggiato uscendo meglio dalla crisi legata al Covid sono quelle che avevano investito sul digitale e sui processi di automazione. Si tratta infatti di imprese che sono riuscite a tenere testa alla crisi grazie ad un’organizzazione interna eccellente e ad una velocità di elaborazione dei processi più alta della concorrenza. Secondo le analisi di McKinsey in Europa sono ancora a rischio circa 59 milioni di posti di lavoro, con una conseguente accentuazione dei divario sociale. Le emergenze sanitarie sono devastanti dal punto di vista sociale ed economico e se non si reagisce puntando sui fattori trainanti, si rischia di inasprire il dibattito sociale, fomentando rabbia e disperazione.

Il Covid-19 ha tuttavia aperto la strada ad una riflessione concreta su quali saranno gli aspetti su cui focalizzare l’attenzione nei prossimi anni e il PNRR è l’occasione per rispondere con entusiasmo alla crisi, investendo in maniera oculata nei settori che porteranno alla crescita.

Come le imprese affrontano la ripresa


Lo scenario che si apre davanti all’impresa è nello stesso tempo esaltante e preoccupante. C’è il desiderio di rinascita a farla da padrone, ma la paura del collasso improvviso è sempre dietro l’angolo. Durante la pandemia, il 73% delle imprese ha avuto problemi con la produzione e la distribuzione dei prodotti. Va quindi subito ripensata la metodologia di approvvigionamento delle materie prime e la gestione della distribuzione, che dovrà necessariamente essere affidata al digitale. Come dimostrano i dati emersi dal World Economic Forum, le aziende che hanno integrato il digitale nelle loro operazioni di vendita e distribuzione hanno migliorato la produttività e hanno generato fatturato e sostenibilità.
Ad un’ottimizzazione del sistema produttivo dunque va aggiunto il passaggio definitivo alla digitalizzazione aziendale.

Il 90% delle aziende ha scelto di inserire il lavoro da remoto nei piani organizzativi e il 60% ha scelto di usufruire dei servizi online per gestire diversi processi aziendali. Questa è la strada per la creazione di una cultura di impresa che si basa sulle performance e non sulla richiesta di presenza oraria, con una ricaduta positiva anche in termini di abbattimento delle emissioni e di miglioramento della qualità della vita. Il nostro pianeta e le giovani generazioni chiedono a gran voce ai potenti di smetterla con il “bla bla bla” e di intervenire con azioni concrete per scongiurare il surriscaldamento globale ed evitare che le catasfrofi ambientali diventino sempre più frequenti. L’impegno dell’Europa su questo fronte si è concretizzato con il Recovey Fund considerato una leva fondamentale per la crescita e con gli investimenti sempre più orientati alla sosteniblità ambientale, ma anche le imprese dovranno affrontare la ripresa con una mentalità green, basata sulla ricerca costante di metodologie a basso impatto ambientale e sull’utilizzo di sistemi che ottimizzino i consumi, evitando gli sprechi.

La sfida per il futuro? “Stare investiti”, parola di Toschi (Jp Morgan) nella sede di Bcc Agrobresciano

in Banche/Bcc/Economia/Tendenze by

La sfida per chi vuole guardare al futuro salvaguardando e possibilmente incrementando i propri risparmi è “stare investiti”. Si è svolto giovedi scorso 23 settembre il primo convegno promosso da BCC Agrobresciano presso la sala polivalente della nuova filiale di Piazza Duomo a Brescia, .

Nella cornice di Piazza Duomo BCC Agrobresciano ha ospitato un incontro dedicato a 20 ospiti, in ottemperanza alle restrizioni anti-Covid, dal titolo “Opportunità e sfide della nuova normalità” al quale ha partecipato una delle figure più illustri di JP Morgan: Maria Paola Toschi. L’incontro è stato organizzato infatti in collaborazione con il Gruppo Bancario Cooperativo Iccrea e JP Morgan, primario attore internazionale del settore finanziario. La Dott.ssa Toschi ha tenuto un intervento dal titolo “Variante Delta e Tapering: quali le implicazioni di mercato?” nel quale ha ampliamente raccontato le sfaccettature di questo tema raccontando gli interventi messi in campo dalla BCE, seguiti dalle banche nazionali degli stati membri europei, per sostenere l’economia a seguito della dolorosa crisi sanitaria dovuta al Covid-19. Tradizionalmente, ha raccontato Toschi, le Banche Centrali hanno usato i tassi di interesse come strumento principale per facilitare investimenti e quindi generare redditi e ricchezze. Tassi di interesse bassi significa pagare di meno per attuare un investimento e quindi permette di avare maggiore liquidità a disposizione. Maggiori investimenti e maggiore liquidità sui mercati portano però a un aumento della capacità di spesa, aumento della domanda e, di conseguenza, aumento dei prezzi. Tutto ciò scaturisce nella cosiddetta inflazione.

“Il termine inflazione,” – ha raccontato Toschi – “era quasi uscito dal nostro vocabolario dopo anni di politiche restrittive, mentre nel prossimo futuro torneremo tutti a farci i conti.” Attualmente i Governi e la Banche Centrali stanno tutti spingendo con politiche monetarie molto espansive necessarie per ripartire post pandemia. Questi attori hanno comprato essi stessi titoli – con tassi di interesse bassi e che lo resteranno a lungo – per immettere sul mercato grandi quantità di denaro e aiutare la ripresa. Al contempo le persone ricominciano a chiedere tutti quei beni e servizi cui hanno dovuto rinunciare per oltre un anno – pensiamo all’entertainment o ai viaggi – e maggiore domanda determinerà aumento dei prezzi e quindi inflazione.

Nell’ultima parte del suo intervento Toschi ha spiegato come prepararsi al futuro e a risparmiare nonostante l’inflazione. Investire è la risposta migliore. L’esperta ha utilizzato proprio le parole “stare investiti”, diversificando il più possibile. 

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