Magazine di informazione economica di Brescia e Provincia

Category archive

Economia - page 228

Notizie economico-finanziarie di Brescia e Provincia

Sistri, Cna Brescia: accolta la nostra richiesta di proroga, ma non è sufficiente

in Ambiente/Associazioni di categoria/Cna/Economia/Eleonora Rigotti/Evidenza/Personaggi by

La proroga del Sistri, il sistema di tracciabilità elettronica dei rifiuti speciali, era necessaria, ma non è sufficiente per risolvere i problemi che da anni tormentano gli operatori. È quanto sistiene la Cna di Brescia, dopo che con il decreto Milleproroghe è

stato confermato, fino al subentro del nuovo concessionario (non oltre il 31 dicembre 2017), il rinvio dell’applicabilità delle sanzioni per la violazione delle regole di funzionamento del sistema.

Restano, però, sottolinea Cna, quelle per l’omessa iscrizione e l’omesso pagamento del contributo, come previsto da aprile 2015: le sanzioni vengono solo ridotte del 50%, fino al 31 dicembre 2017 o al subentro del nuovo concessionario (iter al momento congelato per un ricorso al Tar).

«Bene la proroga, ma è da anni che Cna chiede semplificazione e riduzione dei costi di gestione e tracciabilità dei rifiuti speciali – dichiara la presidente della Confederazione bresciana, Eleonora Rigotti -. Le aziende sono costrette a pagare per un sistema che di fatto non c’è. Serve un intervento deciso sulle procedure, nell’attesa che venga individuato il concessionario».

Così Cna Brescia si unisce alla richiesta che a livello nazionale la Confederazione ha indirizzato al governo: l’apertura immediata di un tavolo con le associazioni di imprese che negli anni hanno prodotto proposte operative sulla funzionalità del Sistri, per evitare che tra dodici mesi ci si ritrovi nella stessa situazione odierna.

Mobili e arredo, l’export bresciano vale 3,5 milioni di euro al mese

in Economia/Legno/Tendenze by

L’export lombardo di mobili e arredo vale quasi 1,9 miliardi (+2% in un anno) e oltre un settimo di questo (14,8%), pari a 275 milioni circa, parte per Regno Unito, Spagna e Benelux (+7% nel 2016). Tutti questi Paesi si piazzano infatti tra le prime 50 destinazioni mondiali per i mobili lombardi: Regno Unito al 5° posto (+8,7%), Spagna all’8° (+9,8%), Belgio al 10° (+2,3%), Paesi Bassi all’11° (+1%) e Lussemburgo al 46° ma con la crescita maggiore (+19,8%). Emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano, della Camera di commercio di Como e della Camera di commercio di Monza e Brianza su dati Istat nei primi nove mesi del 2016 e 2015.

Monza e Brianza e Como le lombarde più attive. Entrambe superano gli 80 milioni di euro di export verso Regno Unito, Spagna e Benelux nei primi nove mesi del 2016, con una crescita rispettivamente del +4,2% e del +20,5%. Al terzo posto Brescia con 33 milioni (3,5 milioni euro al mese di media) e una crescita del 6,7%, seguita da Bergamo e Milano. La crescita maggiore la registra Lodi che passa da 4 a quasi 6 milioni di euro (+56,5%). E se la destinazione preferita è il Regno Unito per Como, Milano, Brescia, Lecco, Lodi e Monza, Sondrio, Bergamo e Cremona esportano di più in Spagna, Mantova nei Paesi Bassi e Pavia in Belgio.

Dati Export Mobili Brescia e Lombardia

Leali Steel, bilancio in rosso per 21 milioni. Ma arriva l’offerta algerina

in Acciaio/Economia/Valsabbia/Zone by

Si è chiuso con un profondo rosso il bilancio 2016 della Leali Steel: oltre 21 milioni di euro di perdita. Con 107 milioni di euro di debiti totali Secondo quanto riportato dal Giornale di Brescia, che riferisce di un articolo del Sole 24 Ore, la prospettiva dell’azienda che fa parte del gruppo svizzero Klesh da qualche giorno sarebbe un po’ meno buia. Il patron del gruppo algerino Cevital – che due anni fa ha rilevato l’ex Lucchini di Piombino – ha infatti confermato il suo interesse per i due stabilimenti: il laminatoio di Odolo dove lavorano 120 persone, e l’acciaieria di Borgo Valsugana, in provincia di Trento) della Leali Steel. Per il momento l’ipotesi è l’affitto triennale.

Ubi, anche il mercato dice sì all’acquisto delle tre good bank

in Banche/Borsa/Economia/Personaggi/UBi/Victor Massiah by

Il mercato sembra premiare l’operazione con cui Ubi ha acquisito tre delle quattro good bank messe sul mercato dal governo. Il primo giorno, infatti, il titolo della banca bergamasca-bresciana ha segnato un aumento quasi in doppia cifra e lo stesso è accaduto ieri. Un chiaro apprezzamento che porterà la banca di Victor Massiah ad acquisire al prezzo simbolico di un euro Nuova Banca delle Marche, Nuova banca dell’Etruria e Nuova cassa di risparmio di Chieti.

Il perimetro identificato dell’Operazione comprende (dati al 30 settembre 2016) parla di 930.623 clienti 547 filiali, 5.010 dipendenti, 14,2 md/€ di impieghi lordi alla clientela (post cessione sofferenze e inadempienze probabili), di cui 1,8 di deteriorati lordi (essenzialmente inadempienze probabili), 18,5 md/€ di raccolta diretta (di cui 14,5 miliardi di depositi della clientela) e 7,5md/€ di raccolta indiretta.

A fronte di un “rischio moderato”, l’operazione permetterà a Ubi di incrementare di oltre l’1% la quota complessiva di mercato (sia in termini di impieghi a imprese e famiglie – al netto delle sofferenze – sia in termini di raccolta diretta), corrispondente ad una quota addizionale del 20% rispetto a quella attuale, consolidando inoltre la presenza in aree geografiche in cui il Gruppo Ubi non è presente. Inoltre per effetto della prevista riduzione del costo del credito, delle sinergie sui costi operativi e del minor costo del funding, “si prevede un impatto positivo sulla redditività ordinaria del Gruppo UBI e un ritorno del 25% sull’aumento di capitale di UBI Banca di massimi 400 milioni di Euro”, con ulteriori benefici derivanti “dalla possibilità per UBI Banca di utilizzare le Attività Fiscali Differite (oltre 600 milioni di Euro di DTA) sulle perdite fiscali pregresse delle Target Bridge Institutions”.

 

INNOVATION CLUB/1. I finanziamenti per l’innovazione delle imprese

in Economia/Innovation club/Partner/Rubriche by

Intervista a Paolo La Torre – AD Financial Consulting LAB srl

Nel complesso mondo della finanza agevolata si stanno ritagliando un ruolo di crescente importanza le società di consulenza che aiutano le aziende ad accedere ai fondi pubblici.

Paolo La Torre – Amministratore Delegato di Financial Consulting LAB srl – affianca da anni centinaia di aziende che hanno deciso di avvalersi di un supporto nell’approcciarsi al complesso mondo dei contributi.

Al giorno d’oggi si sente sempre più spesso parlare di Finanza agevolata, ma molto spesso attraverso il confronto con diversi imprenditori capitata  di sentire la frase non ho mai preso un contributo seguita a ruota da mentre tutti i miei concorrenti si, cosa ne pensa di queste affermazioni?

Molto spesso nel corso della mia esperienza lavorativa mi è stata sottolineata questa criticità  e di conseguenza  quando mi è capitato di imbattermi in queste situazioni chiedo da dove abbiano avuto queste informazioni e la risposta è sempre la stessa: al bar.

Scopro così che i bar italiani sono zeppi di imprenditori che si pavoneggiano per il facile ottenimento di finanziamenti pubblici, è facile pensare come questi signori non abbiano la necessità di passare le loro giornate in azienda ma possono permettersi di ubriacarsi di spriz fin dalla mattina perché tanto con la mole di incentivi statali che ottengono il fatturato è l’ultimo dei loro pensieri. Tutto questo mi ha portato ad una riflessione che voglio condividere ossia chi tra gli imprenditori sobri riesce a tutti gli effetti a rapportarsi in modo proficuo con la finanza agevolata?

A mio parere la risposta è in due caratteristiche fondamentali sia per lo sviluppo di un proficuo business in azienda sia per potersi confrontare in modo sano con gli strumenti agevolativi: obiettività e programmazione.

Perché obiettività?

Spesso l’imprenditore ha un approccio parziale nei confronti dei suoi progetti, soprattutto se si parla di progetti innovativi.

Quotidianamente analizziamo idee innovative che in realtà sono già consolidate e progetti di ricerca dove i risultati sono disponibili da anni in internet, la competizione sui bandi regionali e nazionali è altissima e spesso i progetti buoni non vengono finanziati, figuriamoci quelli raffazzonati.

Troppo spesso si crede che sia il valutatore a non capire le piene potenzialità di un progetto, in realtà o queste potenzialità non sono così evidenti o non vengono esplicitate nel modo più corretto nella richiesta di agevolazione e quindi il progetto non viene premiato.

Idee innovative che non vengono giudicate positivamente dalla provincia o dalla regione – dove la competizione è decisamente relativa – hanno l’ambizione di essere proposti  su call europee – dove la competizione è assoluta -. Vengono, quindi, ovviamente bocciate solo dopo che l’azienda ha investito tempo e risorse per presentare la propria domanda su bandi decisamente inadatti.

Vediamo spesso che attività di ricerca giudicate non abbastanza nuove su bandi regionali dove la percentuale di successo è del 40% vengono riproposte sul programma Horizon 2020 dove la percentuale di successo è il 4%. Risulta così facilissimo intuire a priori se la mia idea rientrerà tra le poche finanziate o tra il 96% di quelle che non ottengono alcun contributo.

Tutto ciò è strettamente legato con l’assenza di programmazione nella gestione dell’accesso alle misure agevolative, l’azienda infatti generalmente rincorre il contributo e non lo affronta come un’opportunità di incentivo ad un piano industriale già precedentemente ben definito.

Perché programmazione?

Conoscere quali sono i migliori strumenti possibili ed approcciarsi a loro con la tempistica e la maturità giusta è l’unico modo per ottenere riscontri positivi nell’affrontare il tema dei contributi pubblici.

Un esempio banale è costituito dal rating di legalità, spesso si pensa che le agevolazioni siano destinate sempre alle stesse aziende perché in qualche modo hanno una via preferenziale. La realtà è che spesso sono sempre le stesse imprese che accedono allo strumento agevolativo perché sono le uniche che posseggono questo tipo di attestazione che da sempre un privilegio nell’ottenimento di un finanziamento pubblico.

Quindi, vista la complessità degli strumenti agevolativi, perché un’azienda dovrebbe ricorrere alla finanza agevolata?

Perché oggi lo strumento delle agevolazioni è diventato uno strumento competitivo molto importante di cui le imprese possono e devono servirsi. Se ad esempio un’impresa fa un progetto di ricerca e sviluppo e sostiene un investimento produttivo finanziandolo in parte attraverso un contributo agevolato questa azienda è già in una posizione di vantaggio competitivo  rispetto alle altre imprese concorrenti e quindi il competitor deve chiedersi quanto deve essere più bravo ed efficiente rispetto ad ora, per poter riuscire a colmare il GAP creatosi nei confronti dell’impresa beneficiaria del contributo.

Se l’agevolazione è uno strumento fondamentale ma difficoltoso da gestire, cosa può fare allora l’imprenditore per gestirlo al meglio?

L’imprenditore deve capire il bando, ricevendo adeguate informazioni, in modo tale da poter entrare fino in fondo nello strumento. Un bando è pensato in modo generico ma al suo interno ha tante particolarità che rendono possibile la sua comprensione solo se viene analizzato e approfondito nei minimi dettagli.

Di conseguenza il primo passo è capire il bando?

Certo, perché a titolo tutte le agevolazioni sembrano adatte a qualsiasi tipologia di azienda, ma in realtà non è così, ed è importante capire quali effettivamente sono calzanti nello specifico e quali invece non lo sono. Affrontare una misura agevolata non vuol dire affrontarla in modo asettico, ma è necessario studiarla, capirla e comprenderla fino in fondo per meglio usarla. Io credo che la richiesta e la disponibilità di un contributo non devono essere visti dall’impresa in modo a sé stante ma all’interno del piano strategico aziendale. Perché, se ad esempio un’impresa investe in un macchinario per aumentare la sua capacità produttiva e l’investimento lo fa perché lo stesso è finanziato anche con contributi, nonostante l’acquisto del mezzo non sia necessario perché nella realtà non ha abbastanza ordinativi, essa non potrà sfruttare al massimo ed in modo efficiente la maggiore capacità produttiva. Quindi l’impresa ha si un nuovo impianto su cui ha ottenuto un contributo, ma ha comunque sostenuto un investimento che non ha portato nessun valore aggiunto al piano di sviluppo aziendale.

Il contributo può essere dunque un’opportunità molto pericolosa?

Si, soprattutto particolari tipologie di contributo.

Ad esempio i fondi comunitari che ad oggi sembrano la soluzione a tutti i mali di un’azienda, ma che in realtà presentano dei problemi e delle criticità particolari, come essere molto impegnativi e capaci di portare via molto tempo all’azienda e ai dipendenti. Ma questo non è tutto: se non si ha un profilo aziendale calzante con i rigidi requisiti richiesti dal legislatore comunitario diventa difficile ottenere l’agevolazione e quindi questi fondi presentano tassi di successo bassissimi.

Un secondo aspetto non meno importante è che i fondi comunitari richiedono una gestione molto complessa: l’azienda deve verificare di avere le capacità e le competenze adatte per poter affrontare lo strumento. Se in azienda non si hanno competenze basiche, come può essere la conoscenza della lingua inglese, non si può pensare di instaurare e gestire rapporti con un soggetto terzo inglese.

Quali sono le potenzialità che un’azienda deve cercare di sfruttare?

Potenzialmente tutte. Suggerisco di valutare ogni tipo di strumento non trascurando quelli Provinciali e Regionali che spesso sono più performanti da gestire e rappresentano il miglior modo per approcciarsi alla finanza agevolata.

In conclusione quindi una soluzione alle criticità è rappresentata dall’informazione?

Si, a mio parere un’informazione tecnica ma che sia anche comprensibile, senza alcuna finalità commerciale, consente all’azienda di cogliere tutte le opportunità insieme a tutte le sue criticità. L’informazione è lo strumento per conoscere e comprendere il fenomeno e quindi consente di non investire in modo inconsapevole in agevolazioni suggerite da professionisti con troppa superficialità e che possono portare più male che bene all’azienda.

 

Gli studenti bresciani dell’Istituto Natta di Bergamo incontrano le imprese di Aib

in Aib/Associazioni di categoria/Economia/Evidenza/Formazione by
I giovani dalle imprese di Aib (Brescia e Bergamo)

Questo pomeriggio in AIB sei ragazzi bresciani (Alice Campari, Maria Contrini, Mattia Grazioli, Metteo Pedersini, Davide Sabatino, Veronica Vagni), che stanno frequentando i percorsi di alta specializzazione ITS dell’Istituto “Giulio Natta” di Bergamo, hanno incontrato gli imprenditori dei comparti chimico, alimentare, meccanico e siderurgico, che hanno così potuto conoscere i profili di questi studenti e valutare un loro eventuale inserimento in azienda come stagisti.

Durante l’incontro, aperto dai saluti del presidente del Settore Chimico di AIB Giovanni Silvioli, sono intervenuti Giuseppe Nardiello e Ilario Amboni, rispettivamente presidente e direttore della Fondazione Istituto Tecnico Superiore per le Nuove Tecnologie della Vita della scuola bergamasca, i quali hanno illustrato i dettagli dell’attività formativa e le procedure per attivare i tirocini in azienda della durata di 900 ore.

Al termine dei suoi percorsi di specializzazione ITS, post-diploma e indirizzati ai diplomati tecnici, l’Istituto “Giulio Natta” registra sempre ottimi risultati dal punto di vista occupazionale: il giorno stesso degli esami oltre il 70% dei neodiplomati ha già un lavoro e a distanza di pochi mesi si raggiunge la piena occupazione.

 

 

Moda, in Lombardia vale un miliardo di export al mese. A Brescia 3.500 imprese

in Commercio/Economia/Tendenze/Tessile by

Moda, in Lombardia vale un miliardo di export al mese. A Brescia 3.500 imprese Piace sempre di più la moda “Made in Milan” nel mondo, cresce la spesa all’estero per i nostri vestiti in un anno, quasi 5 miliardi, +8% secondo un’elaborazione della Camera di commercio di Milano. Bene anche Bergamo e Brescia (+6%) e Lecco (+9%). Supera così i 9 miliardi in nove mesi l’export lombardo. Principali clienti sono: Francia, Hong Kong e USA. Crescita a due cifre per Canada (+20%), Corea (+18%) e Giappone (+13%).

Sono circa 34.500 le imprese attive nel settore della moda in Lombardia, di cui quasi 14 mila nella produzione moda e oltre 20 mila nel commercio e design. Dopo Milano, che è prima con il 38% (13 mila) delle imprese della moda in regione, vengono Brescia con 4 mila imprese, Bergamo e Varese con quasi 3.500, Como con 2.600 e Monza e Brianza con circa 2.300. 193 mila gli addetti del settore, il 23% del totale italiano, di cui oltre 87 mila a Milano. Emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati del registro delle imprese al terzo trimestre 2016. Export lombardo di moda nel mondo: 9,2 miliardi di euro. Cresce l’interesse per la moda lombarda nel mondo: nei primi nove mesi del 2016 l’export supera i 9,2 miliardi di euro con una crescita del +4,7% in un anno, quasi quattro volte la crescita dell’export italiano che si ferma al +1,2%. La Lombardia esporta soprattutto articoli di abbigliamento, per un valore di 4,2 miliardi di euro, quindi prodotti tessili per 2,7 miliardi e articoli in pelle per 2,3 miliardi che è anche il settore che cresce di più, +8% tra 2015 e 2016.

Milano, Bergamo, Brescia e Lecco: tra le maggiori esportatrici che crescono di più. Milano pesa la metà dell’export lombardo (49,2%, 4,5 miliardi, +8,2% in un anno), la seguono poi Como (1,1 miliardi, +2,3%), Bergamo (721 milioni, +5,6%), Mantova e Varese (entrambe circa 668 milioni, +0,2%, -2,6%), Brescia (563 milioni, +6,4%), Monza (347 milioni, – 8%), Lecco (224 milioni, +8,5%).

Francia, Hong Kong e USA i principali mercati, crescita a due cifre per Canada, Corea e Giappone. La Lombardia ha esportato nel 2016 soprattutto verso l’Unione Europea (3,9 miliardi), l’Asia orientale (2,4 miliardi), il resto d’Europa (1,2 miliardi) e l’America del Nord (902 milioni). La Francia è il primo mercato della Lombardia, con 965 milioni di export in nove mesi, seguita da Hong Kong dove sono arrivate esportazioni lombarde per 809 milioni, Stati Uniti (802 milioni) e Germania (653 milioni). Quinta la Cina verso cui si sono dirette 520 milioni di esportazioni. Considerando i principali clienti della moda lombarda, cresce in un anno principalmente l’export verso Canada (+20,1%), Corea del Sud (+16,7%) e Giappone (+13,3%). Emerge da un’elaborazione Camera di commercio di Milano su dati Istat al terzo trimestre 2016 e 2015. Al via percorso di formazione per esportare in USA. La Camera di commercio con la sua azienda speciale Promos propone per le aziende del settore Fashion un percorso guidato e personalizzato di formazione sulle opportunità di business negli USA. Il servizio è rivolto in particolare alle aziende del settore moda e nello specifico i segmenti coinvolti sono: abbigliamento, accessori e calzature. Il progetto prenderà il via a febbraio con il corso di formazione NIBI – Business in USA.

Bcc, Bonometti (Aib) si schiera con Iccrea: è la scelta giusta

in Aib/Associazioni di categoria/Banche/Economia by

E’ guerra in seno dalla Federazione Lombarda delle Banche di Credito Cooperativo. Da un comunicato ufficiale della federazione, infatti, emerge la mancanza delle condizioni necessarie per intraprendere una strada comune tra le due candidate capogruppo, Iccrea Banca e Cassa Centrale Banca e, pertanto, l’impraticabilità della costruzione di un progetto unitario a livello nazionale. ”Se ne deduce – scrive Aib in una nota – che verranno avviati due progetti distinti e concorrenti, che costringeranno le Bcc ad operare una scelta che, presumibilmente, porterà a spaccature e divisioni”.

E il presidente di Aib Marco Bonometti, come spesso ha fatto, non manca di schierarsi: “Ad oggi, il Consiglio di Amministrazione della Federazione Lombarda delle Banche di Credito Cooperativo ha deciso di porre in essere tutte le attività utili affinché le Bcc lombarde aderiscano alla proposta di Iccrea Banca e l’Associazione Industriale Bresciana non può che sostenere questa scelta, auspicando che anche le altre Bcc comprendano le motivazioni di questa posizione e vi aderiscano, arrivando ad una soluzione unitaria e di sistema. E’ fondamentale che anche in Italia nasca un player forte e rappresentativo, competitivo con le realtà internazionali e aderente alle necessità delle nostre imprese. Con l’adesione ad Iccrea, le Bcc si trovano di fronte ad un’importante opportunità che non possono permettersi di perdere; un’opportunità che – pur consentendo loro di mantenere un saldo legame con il Territorio – le metterà in condizioni di operare in un contesto globale che richiede ingenti investimenti in servizi e strutture per affrontare la concorrenza di Gruppi Internazionali e per adeguarsi alle richieste sempre più stringenti dell’Europa.”

“Nel mondo della finanza e delle banche – prosegue Bonometti – stiamo assistendo ad un cambiamento epocale al quale nessuno può pensare di sottrarsi, il contesto competitivo sta cambiando sotto la spinta di un nuovo modo di fare banca e di una maggiore necessità di regolamentazione. Qualunque scelta diversa non farebbe altro che indebolire il sistema, dissipare risorse, moltiplicare i costi e sperperare quel patrimonio che le Bcc hanno accumulato in tanti anni di interazione con i loro Territori. La mia posizione così netta deriva proprio dalla conoscenza profonda del mio Territorio e dei suoi bisogni, che ritengo siano – con tutte le differenze del caso- trasferibili a livello nazionale e dalla consapevolezza della necessità di adeguare l’offerta del sistema bancario e finanziario ad uno scenario ormai distante anni luce dalla realtà a cui eravamo abituati negli anni pre-crisi. Uno scenario – conclude il presidente uscente degli industriali bresdiani – al quale il sistema bancario italiano è tenuto a dare risposte concrete e in tempi rapidi; uno scenario al quale si può rispondere solo unendosi e creando un polo forte e strutturato, evitando inutili e dannose parcellizzazioni”.

Saldi, in Lombardia valgono 20 milioni. A Brescia 1.500 imprese

in Commercio/Economia/Evidenza/Tendenze/Tessile by

Tra turisti per la prima settimana di apertura dei saldi e la “settimana della moda”, che inizia domani, questi primi giorni di gennaio valgono 20 milioni di euro per l’accoglienza milanese. Emerge da una elaborazione della Camera di commercio di Milano sui dati RES STR Global, considerando l’impatto in continuità con gli anni precedenti.

Le imprese dei saldi a Milano. Sono soprattutto imprese che si occupano di abbigliamento in esercizi specializzati (1.321), confezioni per adulti (1.009), calzature (468), biancheria e camicie (456), confezioni per bambini (181), pelletteria da viaggio (166). Emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati registro imprese al terzo trimestre 2016.

Abbigliamento e accessori: in Lombardia 11 mila attività. Di queste, una su tre ha sede a Milano (3.705). In Lombardia al secondo posto Brescia (1.511 imprese, l’11esima provincia italiana nel settore), seguita da Bergamo (1.065), Varese (859) e Monza e Brianza (788). Sono soprattutto imprese che si occupano di abbigliamento in esercizi specializzati (3.536), confezioni per adulti (2.981), calzature (1.412), biancheria e camicie (1.280), confezioni per bambini (680), pelletteria da viaggio (363).

In Italia shopping di moda scontato in 98 mila imprese: prime Napoli, Roma, Milano e Bari. Più imprese legate all’abbigliamento e ai saldi di questi giorni a Napoli (9.348), Roma (8.626), Milano (3.705), Bari (3.132), Torino (2.939), Salerno (2.637). Anche Palermo e Caserta superano le 2 mila imprese, quasi raggiunte anche da Firenze e Catania.

Saldi in Lombardia: i numeri (scarica il pdf con tutti i dati)

Confartigianato: sostenere l’apprendistato per l’occupazione giovanile

in Artigianato/Associazione Artigiani/Associazioni di categoria/Economia/Lavoro by

«Lavoro e formazione? Insieme. E più posti sostenendo l’apprendistato». Questa la formula di Confartigianato per combattere la disoccupazione, inn particolare quella dei neodiplomati, secondo il  presidentebresciano Eugenio Massetti, che spiega: «È la formula vincente delle piccole imprese. Per combattere la disoccupazione giovanile bisogna cambiare la convinzione diffusa secondo la quale prima si studia e poi si lavora. Nell’immediato dobbiamo rispondere alle esigenze degli imprenditori attuando politiche che portino a risultati concreti come il recupero dell’occupazione».

Tra le preoccupazioni di Confartigianato, oltre allo stato delle imprese c’è anche infatti la disoccupazione giovanile, nell’ultimo trimestre, tra i 15 e i 24 anni risalita al 39,4%. «Bisogna dire basta una volta per tutte con il culturalmente corretto che fissa l’ingresso nel mondo del lavoro dei giovani dopo l’istruzione e la formazione – commenta il presidente Massetti che continua – dobbiamo farci carico di una piaga antica come la disoccupazione giovanile. Le cifre evidenziano che nell’ultimo trimestre nella fascia compresa tra i 15 e i 34 anni in Italia sono andati perduti 55 mila posti di lavoro». Eppure il dato non sembra più di tanto allarmare. «Siamo sinceri, il dato non scuote le singole coscienze abituate al pensiero culturalmente corretto che l’ingresso nel mondo del lavoro deve avvenire dopo l’istruzione e dopo la formazione dei giovani. E qui il corto circuito. Non facciamo finta: siamo in pochi a ritenere che il tempo della formazione e il tempo del lavoro debbano essere in parallelo e non in serie. Affrontare il problema significa rimuovere una convinzione profonda e diffusa: che lo studio è superiore al lavoro, che il sapere è superiore al saper fare, che chi studia non lavora ancora e chi lavora non studia più. La politica abbia il coraggio di indicare alle famiglie che quella non è la strada giusta per il futuro dei figli. La scuola italiana deve tornare a valorizzare anche la formazione tecnica, anzi politecnica, comprendendo, e non escludendo, le competenze della tradizione manifatturiera italiana – prosegue Massetti. Scelta che deve tenere insieme la straordinaria formazione umanistica di cui il sistema di istruzione italiano è campione».

E per far sì che non se ne approfitti dei tirocini dei giovani per comprimere il costo del lavoro: «I tirocini devono essere tirocini, punto. La formula dell’apprendistato con tanta formazione in azienda, con il tutoraggio continuo, con rapporti di lavoro dove i diritti non superino i doveri, rappresenta la formula migliore di ingresso nel mondo del lavoro da incentivare. Visto che è la formula che si realizza proprio nelle micro e piccole imprese, dove si concentra più di due terzi dell’occupazione privata italiana. Dobbiamo ritrovare il coraggio di essere l’Italia, di lasciar fare alle imprese il proprio lavoro sostenendo e valorizzando la nostra straordinaria capacità manifatturiera integrata con le nuove tecnologie 4.0, puntando sulla cultura e sul turismo. Settori nei quali i giovani possono applicare le loro capacità, senza creare artificiose e caduche economie delle app e delle start up» conclude Massetti.

Go to Top
Vai alla barra degli strumenti