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Bilanci - page 12

Ubi, nel semestrale perdite per 787 milioni di euro

in Banche/Bilanci/Economia/UBi by

Il dato era noto dallo scorso 27 giugno, ma certo salta all’occhio più di tutti i dati di inizio comunicato stampa, in cui si parla di crescita. Ubi Banca ha inserito nel bilancio di metà anno il 95 per cento dei costi per realizzare il nuovo piano industriale con la creazione di Banca Unica, con il risultato di una perdita da 787 milioni di euro.

COMUNICATO STAMPA INTEGRALE (QUI IL PDF)

Inizia con il giusto passo l’implementazione del Piano Industriale

  • –  Crescono gli impieghi in bonis1 a 74,6 miliardi (+1,1% vs marzo 2016 e +1,3% vs dicembre 2015), nonostante la progressiva diminuzione del portafoglio in run off
  • –  Si rafforza il sostegno ai clienti privati e alle imprese del territorio:
    • –  nuove erogazioni di finanziamenti a medio/lungo termine per Euro 6,6 miliardi – di cui

      4,9 miliardi alle imprese (+12,8% rispetto al 1° semestre 2015) e 1,6 miliardi ai privati

      (+14,2% rispetto al 1° semestre 2015)

    • –  in crescita il numero dei clienti “a valore” (oltre 11.000 nuovi clienti rispetto a dicembre 2015)
  • –  Cresce la quota di mercato di impieghi al settore privato2 al 5,73% (dal 5,67% del dicembre 2015)
  • –  Significativi segni di miglioramento della qualità del credito:
    • –  Scendono gli stock di crediti deteriorati sia lordi (-1,6% vs marzo 2016 e -1,1% vs

      dicembre 2015) che netti (-1.159 mln vs marzo 2016 e -1.177 mln vs dicembre 2015),

      anche per effetto delle maggiori rettifiche previste in sede di Piano Industriale

    • –  Si riducono ulteriormente i flussi da crediti in bonis a deteriorati (-47,4% 1sem2016 vs

      1sem2015)

    • –  Rallenta la formazione delle sofferenze: si riducono del 19% nel primo semestre

      dell’anno (rispetto al primo semestre 2015) i passaggi a sofferenze da altre categorie di

      crediti deteriorati

  • –  Coperture dei crediti deteriorati totali, inclusi gli stralci3, al 44,3% (+667 punti base vs

    marzo 2016 e +711 vs dicembre 2015); sofferenze coperte al 58,25% (+584 punti base vs marzo 2016 e +600 punti base vs dicembre 2015). Il Portafoglio crediti deteriorati di UBI Banca risulta inoltre tra i più garantiti a livello di sistema

  • –  Cresce il risparmio gestito (inclusivo della raccolta assicurativa) a 50,9 miliardi (+3,7% vs marzo 2016 e +4,8% vs dicembre 2015). UBI Pramerica incrementa le quote di mercato al 6,1% a livello di società bancarie (dal 5,9% di dicembre 2015) e al 2,7% a livello di sistema (dal 2,5% di dicembre 2015) 4
  • –  Si mantiene elevato il flusso di depositi a vista (stock 49,1 miliardi rispetto ai 48,6 di marzo 2016 e ai 47,7 del dicembre 2015)

Dal punto di vista economico:

  • –  spesato nel secondo trimestre dell’anno il 95% degli impatti previsti per l’attuazione del

    Piano Industriale, come annunciato al mercato in data 27 giugno u.s., con effetto

    negativo sui risultati del periodo di circa -835 milioni netti5

  • –  al netto di tale effetto, il primo semestre del 2016 si chiude con un utile di 48,1 milioni

    (rispetto ai 124,4 milioni al 30 giugno 2015). La differenza, pari a 76,3 milioni di euro, è da attribuirsi oltre al calo del margine d’interesse, anche a rettifiche di valore “una tantum” su strumenti finanziari (-43,4 milioni netti) e a un minor risultato della finanza (circa -20 milioni netti)

  • –  Risultato contabile di periodo a -787 milioni di euro.

    1sem2016 vs 1sem2015:

  •   Margine d’interesse in diminuzione del 9,6% a 765,6 milioni sia per effetto della riduzione

    e ricomposizione del portafoglio titoli che per la compressione degli spread sugli impieghi

  •   Commissioni nette a 667,5 milioni, sostanzialmente stabili rispetto all’analogo periodo del

    2015 (669 milioni)

  •   Risultato della finanza a 82,6 milioni (111,1 nel 1sem2015)
  •   Spese del personale a 639,1 milioni (-2,4% rispetto al 1sem2015)
  •   Oneri operativi complessivi a 1.038,2 milioni (incluso il contributo ordinario annuo al

    Fondo Unico di Risoluzione per circa 32 milioni lordi, non presente nel 20156) in ulteriore

    riduzione dello 0,7% rispetto al 2015

  •   Costo del credito, al netto degli effetti del Piano Industriale7, a 355,5 milioni rispetto ai

    389,1 del 2015

  •   Rettifiche di valore per deterioramento di altre attività per 50,5 milioni (3,3 milioni nel

    2015) di cui 47,4 “una tantum” riferiti al sostanziale azzeramento del rischio di credito residuo legato a strumenti finanziari rivenienti da posizioni di credito deteriorato

    2trim2016 vs 1trim2016:

    •   Margine d’interesse a 378 milioni, -2,5% o -9,6 milioni rispetto ai 387,6 del 1trim2016

      (riduzione attribuibile per circa 5 milioni agli interessi sul Tier2 emesso a maggio 2016)

    •   Commissioni nette a 330,3 milioni, in leggera flessione rispetto ai 337,1 milioni del

      1trim2016

    •   Risultato della finanza a 66,9 milioni (15,7 milioni nel 1trim2016)
    •   Spese del personale a 319,3 milioni (319,8 nel 1trim2016)
    •   Oneri operativi complessivi a 510,5 milioni (-3,2% rispetto ai 527,6 milioni del 1trim2016)
    •   Costo del credito, al netto degli effetti del piano Industriale7, a 200,1 milioni (155,3 milioni

      nel 1trim2016)

Rettifiche di valore per deterioramento di altre attività per 50,7 milioni (+0,3 milioni nel 1trim2016) di cui 43,4 “una tantum” riferiti al sostanziale azzeramento del rischio di credito residuo legato a strumenti finanziari rivenienti da posizioni di credito deteriorato

Nessun impatto economico dal nuovo decreto sulle DTA

Indici patrimoniali

  •   A seguito della contabilizzazione degli oneri di Piano Industriale, il Common Equity Tier 1

    ratio “phased in” al 30 giugno 2016 si attesta all’11,43% e “fully loaded” all’11,02% (si rammenta che l’annunciato riacquisto delle minorities principalmente mediante emissione di azioni UBI e l’effetto della deducibilità fiscale delle maggiori rettifiche effettuate, già dedotte dal CET1, porteranno un beneficio stimato in circa +0,7 punti percentuali sul CET1 fully loaded, beneficio non incluso nel dato di giugno e che riallineerebbe il dato al livello del 31 marzo 2016)

    Il CET1 include la computazione pro-quota di un dividendo almeno pari a quello del 2015

  •   Total capital ratio “phased in” pari al 14,47% (13,87% al 31 marzo 2016)
  •   Leverage ratio “phased in” al 5,7% e “fully loaded” al 5,5%
  •   NSFR e LCR >1

    ** *

    Bergamo, 5 agosto 2016 – Il Consiglio di Gestione di Unione di Banche Italiane Spa (UBI Banca) ha approvato i risultati consolidati del primo semestre del 2016, che si è chiuso, dopo la contabilizzazione degli impatti relativi al nuovo Piano Industriale presentato il 27 giugno u.s., con un risultato netto di -787 milioni. Al netto di tali impatti, il semestre si chiude con un utile di 48,1 milioni rispetto ai 124,4 milioni del 1° semestre 2015. La differenza, pari a 76,3 milioni di euro, è da attribuirsi oltre al calo del margine d’interesse, anche a rettifiche di valore “una tantum” su strumenti finanziari (-43,4 milioni netti) e a un minor risultato della finanza (circa -20 milioni netti).

    Si rammenta che gli impatti derivanti dall’attuazione del Piano Industriale, contabilizzati nel secondo trimestre dell’anno, ammontano complessivamente a circa -835 milioni netti e riguardano, in particolare:

    •   l’incremento delle rettifiche su crediti, di cui circa 851 milioni (586 al netto di imposte e di terzi) riconducibili a rettifiche già dedotte dal patrimonio di vigilanza (la cosiddetta “shortfall”), da ricondursi anche all’obiettivo di riduzione del rapporto tra crediti deteriorati netti e patrimonio tangibile (Texas Ratio),
    •   gli oneri per incentivi all’esodo per 323 milioni (207 al netto di imposte e di terzi) finalizzati alla progressiva riduzione degli organici del Gruppo
    •   l’impairment dei marchi (63 milioni, 38 al netto di imposte e terzi) e la prima parte delle spese progettuali (5 milioni, 3 al netto di imposte e terzi) correlati al progetto “Banca Unica”8.

      I risultati del 1 semestre 2016 rispetto al 1 semestre 2015 Il primo semestre del 2016 si è chiuso con un risultato della gestione operativa pari a 550,3

      milioni rispetto ai 663,4 dell’analogo periodo del 2015; nell’ambito dell’aggregato sono scesi i proventi operativi del 7,1% a 1.588,4 milioni, segnati dal minor contributo del margine d’interesse e della finanza, in presenza di una sostanziale stabilità delle commissioni nette, mentre gli oneri operativi hanno confermato un andamento virtuoso, registrando un’ulteriore riduzione dello 0,7% a 1.038,2 milioni nonostante l’inclusione nel 2016 di 32 milioni quali contributo al Fondo Unico di Risoluzione, non presenti nel 20159.

Il margine d’interesse, pari a 765,6 milioni, ha mostrato una flessione del 9,6% rispetto al 2015, attribuibile in parti pressoché uguali alla riduzione del contributo del portafoglio titoli di proprietà – per il quale è in corso una manovra di riduzione e ricomposizione, come da Piano Industriale – e alla contrazione del risultato dell’intermediazione con la clientela in uno scenario di forte riduzione dei tassi di mercato (l’ Euribor a 1 mese è sceso in media semestrale a -31 punti base dai precedenti -2 punti base).

Nel dettaglio, il portafoglio titoli di proprietà ha generato interessi attivi per circa 118 milioni rispetto ai precedenti 158,2 – in presenza di investimenti in titoli di debito scesi nei 12 mesi di 2,2 miliardi (-4,3 miliardi il portafoglio titoli di stato italiani). Il margine netto prodotto dall’attività di intermediazione con la clientela si è attestato a 653,1 milioni, in flessione rispetto ai precedenti 695,7 principalmente per effetto della riduzione dei tassi sul portafoglio crediti a breve scadenza, solo marginalmente controbilanciato dalla dinamica riflessiva della raccolta a medio-lungo termine. In tale contesto, la forbice con la clientela si è chiusa di 15 punti base rispetto al primo semestre 2015, risentendo della più accentuata riduzione che ha caratterizzato i tassi attivi rispetto a quelli sulla raccolta.

Nella seconda parte dell’anno, in considerazione della nuova normativa sul bail-in, verrà progressivamente ridotto il collocamento di obbligazioni bancarie, che verranno sostituite con un’offerta di depositi a termine. Tale tipologia di prodotto è tutelato dallo Schema di garanzia dei Depositi e presenta un vantaggio in termine di minor costo per la Banca.

Le commissioni nette hanno totalizzato 667,5 milioni, importo sostanzialmente invariato rispetto ai 669,1 milioni del 1° semestre 2015 nonostante la minor presenza di commissioni di performance (5,4 milioni rispetto ai precedenti 11,8). Le commissioni relative ai servizi di gestione, intermediazione e consulenza, che rappresentano il 57% circa dell’aggregato commissionale, si sono attestati a 378 milioni, in crescita del 2,5% rispetto al 2015; le commissioni correlate all’attività bancaria tradizionale ammontano a 289,5 milioni, e registrano una riduzione del 3,6% rispetto all’anno precedente, essenzialmente legata ai servizi di incasso e pagamento.

Il risultato dell’attività finanziaria si è posizionato a 82,6 milioni (111,1 milioni di euro nel 1° semestre 2015), e registra i seguenti contributi:

  • –  per 5,6 milioni dall’attività di negoziazione (45,4 milioni nel 1sem2015);
  • –  per 86,5 milioni dalla cessione di asset finanziari (53,4 milioni nel 1sem2015), principalmente

    riconducibili, come nel periodo precedente, alla cessione di titoli di Stato italiani; la voce comprende inoltre gli introiti riconducibili alle azioni Visa Europe Ltd, per un ammontare complessivo di 15,2 milioni;

  • –  per -8,2 milioni dalla valutazione delle attività finanziarie al fair value (+5,5 milioni nel 1sem2015);
  • –  per -1,3 milioni dalle attività di copertura (+6,7 milioni nel 1sem2015). Dal lato dei costi, nonostante l’inclusione di 32 milioni di contributo ordinario al Fondo Unico di

    Risoluzione, non presente nel 201510, gli oneri operativi del primo semestre dell’anno si sono attestati a 1.038,2 milioni di euro, in ulteriore calo dello 0,7% rispetto ai 1.045,5 milioni dell’analogo periodo del 2015. Gli oneri operativi non includono i costi straordinari correlati al nuovo Piano Industriale, che sono stati riclassificati a voci proprie, per consentire la disamina delle tendenze operative ordinarie.

Nel dettaglio:

  • –  le spese per il personale hanno registrato un’ulteriore riduzione di 15,7 milioni (-2,4%) rispetto al

    1sem2015, totalizzando 639,1 milioni. I risparmi derivano principalmente dalla diminuita forza lavoro media (-319 risorse nei dodici mesi), nonché dai minori esborsi per prestazioni lavorative, nelle varie forme previste dagli Accordi sindacali via via sottoscritti, dal turnover delle risorse incentivate ai congedi straordinari, fino all’impatto dei nuovi part-time;

  • –  le altre spese amministrative, pari a 327,3 milioni, includono i 32 milioni di contributo ordinario al Fondo Unico di Risoluzione di cui sopra, non presente nel 201511, e si raffrontano con i 313 milioni del 2015. Al netto del contributo al Fondo Unico di Risoluzione, le altre spese amministrative risultano in riduzione del 5,6% rispetto al 2015, grazie al contenimento di pressoché tutte le componenti di costo.

    – infine, le rettifiche di valore nette su attività materiali e immateriali hanno totalizzato 71,7 milioni, registrando anch’esse una diminuzione di 6 milioni rispetto al 1sem2015 per effetto di minori ammortamenti in ambito IT e real estate.

    Nel primo semestre dell’anno sono state contabilizzate rettifiche di valore nette per deterioramento crediti per 1.206,4 milioni (389,1 nel 1sem2015). Le maggiori rettifiche annunciate il 27 giugno u.s. quale premessa alle proiezioni di Piano Industriale, hanno comportato il parziale riassorbimento della cosiddetta “shortfall”, ossia della differenza tra la perdita attesa e le rettifiche di valore, già dedotta dal patrimonio di vigilanza, per circa 851 milioni. Al netto di tale importo, le rettifiche di valore del periodo ammontano a circa 355 milioni.

    Grazie alle rettifiche di valore effettuate, la copertura complessiva dei crediti deteriorati ha segnato un incremento di 7,11 punti percentuali rispetto a dicembre 2015, attestandosi, inclusi gli stralci, al 44,31%.

    Infine, il conto economico del semestre registra rettifiche di valore nette per deterioramento di altre attività/passività finanziarie per 50,5 milioni (3,3 nel 2015) riconducibili per 47,4 milioni (43,4 al netto di imposte e di terzi) al sostanziale azzeramento del rischio di credito residuo legato a strumenti finanziari rivenienti da posizioni di credito deteriorato.

    ** *

    I risultati del 2 trimestre 2016 rispetto al 1 trimestre 2016

    Il 2° trimestre dell’anno è stato influenzato dalla contabilizzazione degli impatti derivanti dall’attuazione del Piano Industriale, descritti sopra, per circa 835 milioni netti12 e dall’appostamento di rettifiche di valore “una tantum” su strumenti finanziari rivenienti da posizioni di credito deteriorato per 39,4 milioni netti, che hanno portato il risultato di periodo a registrare una perdita di 829 milioni.

    Dal punto di vista dell’operatività ordinaria, il secondo trimestre del 2016 ha registrato proventi operativi in crescita a 815,5 milioni dai 772,9 del primo trimestre dell’anno. La crescita di 42,5 milioni è il risultato delle seguenti tendenze:

 

  • –  il margine d’interesse si è contratto del 2,5% (9,6 milioni) 2trim2016/1trim2016. La riduzione è principalmente ascrivibile agli interessi sull’emissione Tier2 effettuata ad inizio maggio 2016 (circa 5 milioni di euro) e al minor contributo del portafoglio titoli (-1 milione circa). L’ulteriore riduzione dei tassi di mercato (da una media Euribor a 1 mese di -26 bps nel primo trimestre dell’anno, a -35 nel secondo) ha inoltre comportato una chiusura della forbice clientela di 6 punti base.
  • –  Le commissioni nette si sono attestate a 330,3 milioni, in sostanziale continuità con i 337,1 del 1trim2016. La differenza è da ricondurre alla diversa distribuzione nei due periodi delle sottoscrizioni di nuovi prodotti di risparmio gestito, fondi e sicav.
  • –  Il risultato dell’attività finanziaria è cresciuto a 66,9 milioni (15,7 nel 1trim2016), principalmente a seguito della cessione di titoli di Stato italiani (che hanno contribuito per 51,2 milioni) e dell’inclusione degli introiti riconducibili alle azioni Visa Europe Ltd, per un ammontare complessivo di 15,2 milioni.

    In relazione alla contabilizzazione nel primo trimestre di 32 milioni quale contributo ordinario stimato al Fondo Unico di Risoluzione per l’anno 2016, l’analisi congiunturale evidenzia un ridimensionamento di 17,1 milioni degli oneri operativi, che si riducono a 510,5 milioni rispetto ai 527,6 milioni dei primi tre mesi dell’anno. In dettaglio, rispetto al precedente trimestre:

  • –  le spese per il personale si presentano sostanzialmente stabili a 319,3 milioni (-0,5 milioni), sintetizzando da un lato i risparmi conseguenti all’evoluzione degli organici e delle prestazioni lavorative e dall’altro le componenti variabili delle retribuzioni (incluse le erogazioni una tantum contabilizzate nel secondo trimestre);
  • –  le altre spese amministrative scendono a 155,5 milioni (-16,3 milioni), essenzialmente poiché nel primo trimestre era stata iscritta la stima dei sopra citati contributi al Fondo Unico di Risoluzione;
  • –  le rettifiche di valore su immobilizzazioni materiali e immateriali si sono attestate a 35,7 milioni (-0,4 milioni), per effetto dei minori ammortamenti sulle proprietà immobiliari e sulle componenti IT, parzialmente compensati dai write off seguiti alle chiusure dei minisportelli avvenuti nel mese di aprile.

    Nel secondo trimestre dell’anno sono state contabilizzate rettifiche di valore nette per deterioramento crediti per 1.051 milioni (155,3 nel 1trim2016). Le maggiori rettifiche annunciate il 27 giugno u.s. quale premessa alle proiezioni di Piano Industriale, hanno comportato il parziale riassorbimento della cosiddetta “shortfall”, ossia della differenza tra la perdita attesa e le rettifiche di valore, già dedotta dal patrimonio di vigilanza, per circa 851 milioni. Al netto di tale importo, le rettifiche di valore del periodo ammontano a circa 201 milioni.

    Grazie alle rettifiche di valore effettuate, la copertura complessiva dei crediti deteriorati ha segnato un incremento di 6,67 punti percentuali rispetto a marzo 2016, attestandosi, inclusi gli stralci, al 44,31%.

    Infine, il conto economico del secondo trimestre registra rettifiche di valore nette per deterioramento di altre attività/passività finanziarie per 50,7 milioni (+0,3 nel 1trim2016) riconducibili per 43,4 milioni al sostanziale azzeramento del rischio di credito residuo legato a strumenti finanziari rivenienti da posizioni di credito deteriorato.

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Gli aggregati patrimoniali

Al 30 giugno 2016, i crediti netti verso la clientela ordinaria si attestano a 83,9 miliardi, in leggera contrazione rispetto a marzo 2016 e a dicembre 2015 per effetto del significativo decremento della componente di crediti deteriorati. Nel dettaglio, all’interno dell’aggregato:

  • –  i crediti in bonis verso la clientela13 sono ulteriormente saliti a 74,6 miliardi (+1,1% rispetto a marzo 2016 e +1,3% rispetto a dicembre 2015), compensando ampiamente il decremento del portafoglio in run off; la crescita è da attribuirsi essenzialmente alla categoria “mutui ipotecari e altri finanziamenti e medio lungo termine”;
  • –  l’esposizione verso la CCG è pari a 0,8 miliardi (0,6 a marzo 2016 e 1,2 a dicembre 2015);
  • –  i crediti deteriorati netti sono scesi a 8,5 miliardi (-12% rispetto a marzo 2016 e -12,1% rispetto a dicembre 2015) grazie alle maggiori rettifiche appostate, uno dei fattori abilitanti

    annunciati in sede di Piano Industriale.

    Per quanto riguarda in particolare la qualità del credito, lo stock di crediti deteriorati lordi scende a fine giugno 2016 a 13.280 milioni (13.496 milioni a marzo 2016 e 13.434 milioni a dicembre 2015). Il decremento osservato è dovuto totalmente alla naturale soluzione di posizioni deteriorate, in quanto non sono intervenute cessioni di crediti nel periodo.

    I flussi di crediti in bonis a crediti deteriorati confermano una significativa contrazione, essendosi ridotti del 47,4% rispetto al primo semestre del 2015. Si rammenta che tali flussi risultavano già in diminuzione 2015/2014 del 7,5%, 2014/2013 del 36,2% e 2013/2012 del 4,2%. Si notano inoltre minori flussi a sofferenze da altre categorie di credito deteriorato, in discesa del 19% circa rispetto al 1sem2015 (dopo una discesa del 24% circa nel 1sem2015 rispetto al 1sem2014).

    A fine giugno 2016, a seguito delle maggiori rettifiche appostate in linea con le previsioni del Piano Industriale, a valere sia sulle sofferenze che sulle inadempienze probabili, la copertura del totale crediti deteriorati si attesta, inclusi gli stralci, al 44,31%, con un incremento di 6,67 punti percentuali rispetto al 37,64% del marzo 2016 e di 7,11 punti percentuali rispetto al 37,2% del dicembre 201514.

    Lo stock di crediti deteriorati netti ha conseguentemente segnato, per il terzo trimestre consecutivo una diminuzione, attestandosi a 8.512 milioni di euro (era 9.671 milioni di euro a marzo 2016 e 9.689 a dicembre 2015).

    Nel dettaglio, l’ammontare delle sofferenze nette risulta in diminuzione a 3.849 milioni (4.347 milioni a marzo 2016 e 4.288 milioni a dicembre 2015), con un’incidenza sul totale crediti netti del 4,59%. La copertura delle sofferenze, inclusi i crediti stralciati, si attesta a giugno 2016 al 58,25% (rispetto al 52,41% del marzo 2016 e al 52,25% del dicembre 2015)15.

Le inadempienze probabili (cd. Unlikely to pay”) ammontano in valori netti a 4.470 milioni di euro, in contrazione rispetto ai 5.071 di marzo 2016 e ai 5.147 milioni di fine 2015 (la copertura è salita al 23,75% dal 17,02% di marzo 2016 e dal 16,71% del dicembre 2015).

Le posizioni scadute/sconfinanti nette ammontano a 194 milioni, in discesa rispetto ai 254 milioni del marzo 2016 e del dicembre 2015, e risultano coperte al 4,63%.

La raccolta diretta da clientela ordinaria, pari a 69,8 miliardi (71,1 a marzo 2016 e 72,5 lo scorso dicembre), ha risentito della riduzione dello stock di obbligazioni collocate a suo tempo dalla ex Centrobanca su reti terze, in progressiva scadenza (-1 miliardo rispetto a dicembre 2015). Risultano per contro in continua crescita i conti correnti (49,1 miliardi rispetto ai 48,6 di marzo 2016 e ai 47,7 del dicembre 2015) mentre rallenta ulteriormente, in linea con le previsioni di Piano Industriale e in considerazione della normativa sul bail-in, il collocamento di obbligazioni sulla clientela del Gruppo (stock a 17 miliardi di euro rispetto a 18,6 a marzo 2016 e a 20,2 a dicembre 2015), che verranno nella seconda parte dell’anno sostituite con un’offerta di depositi a termine.

La raccolta diretta da clientela istituzionale ammonta a 17,7 miliardi a giugno 2016, in riduzione rispetto ai 18,5 miliardi di marzo 2016 (erano 19 miliardi ai fine 2015) per effetto di un minor stock di Obbligazioni Bancarie Garantite e di minori pronti contro termine con la CCG (-1,5 miliardi circa), non compensati dall’emissione di Tier 2 per 0,75 miliardi effettuata a maggio 2016.

La raccolta indiretta ha fatto registrare forti flussi progressivi in entrata per circa 1,3 miliardi nel secondo trimestre dell’anno, in accelerazione rispetto agli 0,7 miliardi registrati nel primo trimestre dell’anno. La valorizzazione degli stock complessivi di raccolta indiretta ha risentito della volatilità di mercato, principalmente nella componente di risparmio amministrato, ed ha segnato i seguenti andamenti:

  • –  il risparmio gestito in senso stretto è salito a 35,3 miliardi (+3,5% circa rispetto ai 34,1 miliardi di marzo 2016 e dicembre 2015)
  • –  la raccolta assicurativa è salita a 15,7 miliardi (+4,3% rispetto a marzo 2016 e +8,4% rispetto a dicembre 2015)
  • –  la raccolta amministrata, che ha risentito maggiormente dell’effetto performance negativo dei mercati, stimato in circa 3 miliardi, si è attestata a 27,2 miliardi (era 31 miliardi a fine 2015).

    Si riconferma la solidità della posizione di liquidità del Gruppo, con indici (Net Stable Funding Ratio e Liquidity Coverage Ratio) ormai da anni superiori a 1, e uno stock di attività stanziabili complessivamente pari, al 30 giugno 2016, a 27 miliardi di euro (di cui 12 disponibili), già al netto degli haircut.

    L’esposizione del Gruppo verso la BCE consiste in un ammontare totale di 10 miliardi di euro di TLTRO, iscritti tra i “Debiti verso Banche” e quindi non inclusi nella raccolta diretta.

    A fine giugno 2016, le attività finanziarie nette del Gruppo hanno una consistenza al mark to market di 19,1 miliardi di euro, di cui 16,2 miliardi relativi a titoli di stato italiani: quest’ultimo aggregato risulta in ulteriore diminuzione rispetto al dato di marzo 2015 (17.7 miliardi) e del dicembre 2015 (18,3 miliardi). In valori nominali, i titoli di stato italiani ammontano a 13,6 miliardi rispetto ai 15 miliardi del marzo 2016 e ai 15,8 del dicembre 2015.

    Al 30 giugno 2016, il patrimonio netto consolidato del Gruppo UBI Banca, incluso il risultato di periodo, si attesta a 8.842,3 milioni di euro rispetto ai 9.920 milioni di fine marzo 2016.

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Infine, il Leverage ratio calcolato in base alle indicazioni del Regolamento Delegato UE 2015/62, ammonta “phased in” al 5,70% e “fully loaded” al 5,53%.

In termini di ratio patrimoniali, il CET 1 ratio “phased in” al 30 giugno 2016 si attesta all’11,43% (12,07% al 31.03.2016); il CET1 stimato a regime, a parità di condizioni, è pari all’11,02% e non include gli attesi effetti positivi dell’annunciato riacquisto delle minorities principalmente mediante emissione di azioni UBI e l’effetto della deducibilità fiscale delle maggiori rettifiche effettuate, già dedotte dal CET1, stimabili complessivamente in circa +0,7 punti percentuali.

Il Total Capital Ratio “phased in” si attesta 14,47%, in crescita rispetto al dato di marzo (13,87%) a seguito dell’emissione nel secondo trimestre 2016 di un Tier2 istituzionale per 750 milioni.

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Al 30 giugno 2016, le risorse umane del Gruppo UBI Banca totalizzavano 17.590 unità (17.716 a dicembre 2015). L’articolazione territoriale a fine periodo risulta di 1.531 sportelli in Italia e 6 all’estero (rispetto ai 1.554 sportelli in Italia e 6 all’estero del dicembre 2015).

Brebemi chiude il 2015 con altri 69 milioni di rosso

in Bilanci/Economia/Infrastrutture by

Un buco da 69 milioni di euro. E’ questo il bilancio di Brebemi a due anni dall’inaugurazione. Numeri pesanti, che non fanno che aumentare le polemiche sull’autostrada “pagata dai privati” (come recita il claim contestato da molti), che però riceve ogni anno (fino al 2039) 20 milioni da Regione Lombardia e Governo.

Nel 2014 le perdite erano state di 35 milioni. Ora si raddoppia. E l’unica nota positiva arriva dal fatto che la gestione operativa è in utile di 20 milioni (a determinare le perdite sono gli ammortamenti delle opere realizzate).

Molto negativo, invece, il dato dei transiti: dalle previsioni iniziali (60mila, poi scesi a 40mila) si è arrivati a 22mila al giorno. Ma i numeri sarebbero molto più bassi: 16mila nei primi mesi del 2015, contro i 14.200 del 2014.

Alfa Acciai, cala il fatturato, ma il gruppo torna all’utile e investe

in Acciaio/Bilanci/Economia by

Il fatturato cala, ma torna l’utile. E’ questa la sintesi del bilancio 2015 del gruppo Alfa Acciai, comunicata ieri con una nota. Un rendiconto in chiaroscuro, in cui è pesato il crollo del prezzo dell’acciaio che ha determinato un calo del fatturato del 12 per cento. A determinare il calo sono stati soprattutto i paesi Ue (meno 4 per cento) e extraUe (meno 4), perché i ricavi nel mercato italiano sono cresciuti del 6 per cento rispetto al 2014. In compenso la riorganizzazione interna del gruppo che conta ben 3.454 dipendenti ha permesso di aumentare i margini e tornare all’utile, che ha superato i 10 milioni di euro (l’Ebitda è cresciuto del 35 per cnto passando da 24,6 a 33,2 milioni). Mentre gli investimenti sono quasi raddoppiati rispetto all’anno precedente, arrivando a quota 27,6 milioni.

“Raccogliamo i frutti del gran lavoro effettuato in questi anni, avviato alla vigilia della crisi che ha colpito in particolare il comparto delle opere pubbliche e dell’edilizia in Italia e in Europa, impattando pesantemente sul nostro business principale”, si legge in una nota di Siderurgica Investimenti, la holding presieduta da Amato Stabiumi ed Ettore Lonati.

Ora restano da vedere i conti del nuovo anno, e come influirà sul prossimo bilancio la recente acquisizione per 2.805.000 euro dell’acciaieria di Montirone dall’ex gruppo siderurgico Stefana

attraverso la controllata al 100% Alfa Montirone.

Per il Gruppo Feralpi un bilancio 2015 in leggera perdita

in Acciaio/Bilanci/Economia/Evidenza by

Lonato del Garda (Brescia), 12 luglio 2016 Il Gruppo Feralpi accelera sul fronte degli investimenti per consolidare la strategia di diversificazione e l’efficientamento dei processi produttivi. Crescono i volumi (+6,2% di acciaio in billette con 2,223 milioni di tonnellate), ma le risorse allocate premono sui numeri iscritti nel bilancio dell’esercizio 2015 che chiude con un fatturato di 922,9 milioni di euro, in calo del 5% rispetto ai 971,2 milioni del 2014.

Per quanto riguarda il settore dell’edilizia, lo scorso anno l’Italia ha mostrato ancora difficoltà nel lasciarsi alle spalle le criticità, mentre in Germania il settore delle costruzioni si è dimostrato più reattivo non solo perché il fatturato delle costruzioni è cresciuto del 1,6% (fonte ICE) ma piuttosto perché il numero complessivo dei lavori commissionati è incrementato del 5% grazie alla ripresa sia del settore dell’edilizia abitativa sia dei lavori pubblici. Questo trend positivo continua anche nel 2016.

Il primo semestre 2016

Per il Gruppo Feralpi la prima parte dell’anno ha evidenziato una ripresa del mercato che si è concretizzata in un aumento della produzione di acciaio del 2,5% rispetto al corrispondente periodo del 2015. Ancora buone le performance registrate dai prodotti derivati (ribobinato, rete elettrosaldata e trafilato) con una produzione in salita del +8,2%, mentre è rimasta sostanzialmente stabile la produzione dei laminati con un +0,6%.

«Il 2015 – ha commentato Giuseppe Pasini, Presidente del Gruppo Feralpi – è stato un anno caratterizzato ancora da forti incertezze, soprattutto in Italia. Tuttavia, Feralpi ne esce rafforzata perché ha saputo avviare una strategia di sviluppo del business secondo tre direzioni. L’internazionalizzazione si è estesa fuori e dentro l’Ue. Se i mercati nord africani restano un asset importante, nonostante le difficoltà endogene ad alcuni Paesi come l’Algeria, sono i mercati comunitari a contribuire in misura sostanziale alla ripresa dei volumi. Tutto questo a partire, ancora una volta, proprio dalla Germania, mercato in cui ci siamo consolidati ormai da tempo con Feralpi Stahl». 1

«Per quanto riguarda l’integrazione – continua Pasini – ci siamo mossi a monte e a valle. A monte con MediaSteel, società specializzata nel commercio del rottame ferroso, che ha contribuito in misura decisiva all’ottimizzazione del rapporto costo/qualità nell’acquisto di rottame. A valle, invece, il nostro Gruppo è entrato in Presider e Metallurgica Piemontese Lavorazioni ed ha fatto leva sulle potenzialità dell’acciaio prodotto da Acciaierie di Calvisano, seguendo la direttrice della diversificazione con Caleotto, Co.Ge.Me. Steel e, operazione recente, con l’acquisizione di Feralpi Profilati Nave».

Il bilancio (fonte: Feralpi Holding)

Il consolidato 2015 di Feralpi Holding vede iscritto in bilancio un fatturato di 922,9 milioni di euro contro 971,2 milioni del 2014. La componente estera ha comunque rappresentato la parte preponderante, con il 68% del totale, contro il 72% dell’anno precedente.

Il Consolidato 2015 evidenzia una riduzione del fatturato (-5,0%) e del valore della produzione (-4,8%) rispetto all’anno precedente. La percentuale di marginalità passa da +9,4 a +6,0 milioni di euro. A questo si accompagna una riduzione, in valore assoluto, degli oneri finanziari netti che passano da -6,2 a -4,7 mln euro, ovvero lo 0,50% sul valore della produzione.

Il risultato prima delle imposte, positivo per 2,6 mln euro nel 2014, evidenzia nel 2015 un saldo attivo, pari a 5,6 mln euro. Al netto dell’effetto imposte, il risultato si presenta negativo (-1,54 mln euro) dopo aver spesato ammortamenti e svalutazioni per 41 mln di euro. L’EBITDA è passato dai 49,4 milioni del 2014 ai 47,0 milioni del 2015 mentre l’EBIT è positivo con 6,0 milioni di euro contro i 9,4 milioni dell’esercizio precedente.

Il bilancio (fonte: Feralpi Siderurgica)

Il consolidato 2015 di Feralpi Siderurgica diminuisce di circa il 5,2%, mentre il valore della produzione del 5%. Il risultato d’esercizio è negativo per 6,57 mln di euro dopo aver accantonato ammortamenti e svalutazioni per 39,8 mln euro, generando un cash flow pari a 33,2 mln di euro, contro i 40,5 dello scorso esercizio.

Nel complesso, la differenza tra valore e costi della produzione, positiva nel 2014 per 10,7 mln di euro, rimane positiva nel 2015 con un +6,3 mln euro. Gli oneri finanziari registrano una contrazione in valore assoluto: da 6,4 a 4,7 mln euro, ovvero lo 0,5% sul valore della produzione. L’EBITDA passa da 49,8 mln di euro del 2014 a 46,1 mln del 2015, mentre l’EBIT si conferma positivo con 6,3 mln di euro contro i 10,7 mln dell’esercizio precedente.

Le diversificazioni

Il nuovo assetto del Gruppo Feralpi concretizza di fatto tutte le potenzialità tecnico-produttive di Acciaierie di Calvisano la cui produzione viene verticalizzata a valle anche attraverso le nuove società acquisite nel 2015. Infatti, mentre la produzione di Feralpi Siderurgica viene dedicata all’acciaio per costruzioni, Acciaierie di Calvisano diventa il polo per la produzione di acciaio a più alto valore aggiunto. A seguito di importanti investimenti sia tecnici che professionali, l’azienda ha innalzato ulteriormente il proprio livello qualitativo che contribuirà in misura sostanziale alla crescita del Gruppo.

Il Gruppo Feralpi ha acquisito, insieme a Duferco Italia Holding SpA, Caleotto. La nuova realtà di cui Feralpi controlla il 50% ha proiettato il Gruppo nel mercato italiano della vergella in acciaio di qualità. Il laminatoio produce vergelle speciali per i settori meccanico e automobilistico.

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Co.Ge.Me Steel (Casalmaggiore, CR), acquisita in partecipazione paritetica con Ind.I.A Spa, rappresenta un importante passo che porta Feralpi nel settore dei laminati mercantili destinati ad applicazioni meccaniche e automobilistiche, rafforzando quindi la diversificazione del Gruppo. Nel giugno 2016 è stata finalizzata l’acquisizione dell’ex stabilimento Stefana di via Brescia a Nave – oggi Feralpi Profilati Nave – che estenderà la rete della diversificazione nel mercato dei laminati mercantili in Italia e all’estero ampliando la presenza del Gruppo in questo settore e garantendo una più ampia gamma produttiva.

Gli investimenti

Significativa l’incidenza degli investimenti allocati che allungano il passo rispetto all’anno precedente. Nel 2015, il Gruppo Feralpi ha investito complessivamente 42,7 milioni di euro, in crescita del 56% rispetto ai dodici mesi del 2014.

Tra gli investimenti particolarmente rilevanti si annovera un nuovo progetto di efficientamento energetico che recupera dai fumi del forno elettrico dell’acciaieria di Lonato del Garda circa 4 MWt ad una temperatura di esercizio di circa 90 °C compatibile quindi con la temperatura di esercizio di una rete di teleriscaldamento interna che collega le principali utenze.

A beneficiare di questo sistema virtuoso di recupero è anche una nuova palazzina, realizzata sempre nel sito lonatese con un investimento di circa 3 milioni di euro, che accoglie su 1.800 metri quadrati i nuovi spogliatoi dei dipendenti e delle imprese esterne, la nuova infermeria e la sala assemblee. Questi due progetti rientrano nella più ampia politica di gestione responsabile e sostenibile del Gruppo Feralpi che identifica tra i principali stakeholder proprio i dipendenti.

Il personale

Poiché la valorizzazione della professionalità e la crescita delle capacità dei collaboratori costituisce un fattore centrale e strategico anche ai fini del mantenimento della competitività del Gruppo, Feralpi ha consolidato negli anni diverse attività rivolte alle nuove generazioni che sono idealmente raccolte nel Progetto denominato Feralpi Bootcamp. Esso racchiude diverse iniziative tra loro complementari (Orientamento Giovani, Alternanza Scuola-lavoro qualificata, Alta formazione) che portano al centro del Gruppo ciascuno dei 1304 dipendenti.

Sempre sotto l’egida della Responsabilità Sociale d’Impresa declinata a favore dei lavoratori, Il Gruppo Feralpi è stato uno dei primi ad aderire alla rete WHP (Workplace Health Promotion, promozione della salute nei luoghi di lavoro), un’iniziativa nata da ATS Regione Lombardia per supportare le imprese che investono sulla salute e sul benessere dei dipendenti, rafforzando l’attenzione e l’impegno verso la tutela della salute dei propri collaboratori.

Pmi a lezione sul ritorno degli investimenti grazie all’Università e a Banca Santa Giulia

in Armi/Bilanci/Economia/Formazione by

“Nuove metodologie per valutare il ritorno degli investimenti / Analisi e strumenti a supporto di scelte strategiche”, di questo si è discusso oggi – dalle 18 – alla facoltà di Economia di via San Faustino. Un appuntamento promosso da Banca Santa Giulia e dall’Università di Brescia (in particolare dall’Osservatorio sulla crisi e sui processi di risanamento delle imprese del Dipartimento Economia e Management) nell’ambito del ciclo di incontri Spazio controller, finalizzati a favorire lo scambio di esperienze tra le Pmi e a diffondere le prassi virtuose.

A introdurre i lavori è stato il professor Alberto Mazzoleni del Dipartimento di Economia e Management dell’Università di Brescia. Quindi ha preso la parola Ivan Losio (advisor di aziende industriali e finanziarie, Sei consulting Srl), a cui è seguito la testimonianza aziendale di Marco Kirchmayr, Cfo della Fabbrica d’ArmiBeretta Spa.

“Il successo dell’azienda non si misura solo dall’utile, ma dalle competenze in grado di assicurare il successo nel lungo periodo”, ha sottolineato Losio, mettendo l’accento sull’importanza di fattori come “orientamento al mercato, orientamento all’innovazione e know-how interno”. “I presidi economici di lungo periodo non esistono più: si è passati da 5-10 anni di tempo a 1-3 anni”, ha aggiunto, “e questo ha dei riflessi diretti anche sulla valutazione del ritorno strategico degli investimenti”. Per cui “bisogna privilegiare gli investimenti che hanno la possibilità di way out”, ma anche sostituire “investimenti consistenti con investimenti piccoli e sensibili, con un controllo molto serrato del tempo di ritorno economico e finanziario”.

Marco Kirchmayr ha quindi portato l’esperienza della Fabbrica d’ArmiBeretta Spa, la cui holding ha presentato nelle scorse ore il bilancio 2015. Un rendiconto chiuso con ricavi in crescita del 6 per cento (il totale è di 660,8 milioni), utili a quota 47,3 milioni, investimenti per oltre 41 milioni e una posizione finanziaria netta positiva di 116 milioni. Ma non sempre tutto è stato così “facile”. Negli ultimi anni, per far fronte ai problemi legati al cambio euro/dollaro (Beretta ha il 58 per cento del fatturato negli Usa), la ricetta – per produrre efficienza mantenendo la produzione a Gardone Valtrompia – è stata l’organizzazione dei reparti produttivi, la revisione dell’inboud e dei rapporti con i fornitori. Ma di fronte alla crisi arrivata nel 2008 Beretta ha dovuto spingersi oltre, efficientando i processi produttivi e i flussi lavorativi in accordo con il sindacato, innovando il prodotto e migliorando i servizi offerti, ma anche puntando di più sul “Beretta Welfare” (che pensa ai dipendenti anche fuori dall’azienda) non per filantropia ma come leva strategica di vantaggio. Tutto – raccontato perfino nei dettagli dei metri risparmiati nel passaggio da un macchinario all’altro – nel nome della formula: “efficienza ed efficacia danno l’eccellenza”.

“Crediamo molto all’importanza di promuovere anche occasioni di informazione corretta e utile alle aziende in campo economico e finanziario”, ha sottolineato a margine dell’incontro la vicepresidente di Banca Santa Giulia Daniela Grandi, “in questo quadro la valutazione del ritorno degli investimenti assume un’importanza cruciale. Con questo seminario abbiamo voluto fornire alle aziende, in particolare alle più Pmi, elementi di riflessione e strumenti utili per migliorare la propria efficienza. Un’impresa”, ha concluso, “oggi deve saper mettere in campo piani ben ponderati, ma anche chiudere il cerchio con un controllo di gestione efficiente e puntuale. E’ finita l’epoca del padrone con le maniche di camicia arrotolate che fa tutto: oggi è determinante affidarsi a manager preparati”.

 

Beretta, il fatturato vola a 660 milioni. Utili a quota 47 milioni

in Armi/Bilanci/Economia by

Ha chiuso il bilancio con 660 milioni di fatturato, 37 in più del 2014, il gruppo Beretta di Gardone Valtrompia. L’utile netto, invece, è stato di ben 47 milioni, in crescita del 15 per cento rispetto all’anno precedente. Un balzo in avanti giustificato soprattutto con il rafforzamento delle divisioni abbigliamento e accessori (ora valgono circa un decimo del fatturato), ma anche dal cambio favorevole tra euro e dollaro. I mercati esteri, infatti, rappresentano circa il 95 per cento delle vendite (e i due terzi degli investimenti): il 58 per cento nel mercato americano (ad aprile è stato inaugurato uno stabilimento Beretta in Tennessee). Crollate, invece, le esportazioni verso la Russia. Per il 2016 l’obiettivo è superare quota 700 milioni di euro.

Brebemi, crescono i debiti e… gli stipendi degli amministratori

in Bilanci/Economia/Evidenza/Infrastrutture by

I debiti crescono, gli stipendi anche. E’ il paradosso di Brebemi, che dal 2013 al 2015 – secondo quanto segnalato da un articolo del Corriere della sera di Brescia – ha visto crescere i compensi degli amministratori (13, al cui vertice c’è l’ex presidente della Camera di commercio Franco Bettoni) da 398mila a 626mila euro: ben 100mila di “aggiunta” (da 522mila a 626mila) soltanto nell’ultimo anno. Peccato che nello stesso periodo Brebemi abbia messo a bilancio un rosso di 35,4 milioni nel 2014 e di 68,9 nel 2015. Il tutto mentre il Cipe, con una delibera dello scorso 6 agosto, ha approvato su proposta del Ministero dei Trasporti il Piano Economico Finanziario della cosidetta “autostrada dei privati” prevedendo un contributo pubblico complessivo in conto impianti di 320 milioni di euro.

Pasta Zara, i conti tornano e l’occupazione cresce

in Alimentare/Bilanci/Economia by

I conti tornano, l’occupazione e la produzione crescono. E’ questo il bilancio 2015 di Pasta Zara, secondo produttore di pasta in Italia e primo per esportazioni, che nel 2015 ha registrato ricavi per 285 milioni di euro contro i 261 milioni del 2014 (più 8,4 per cento). Bene anche l’avvio del 2016, con una produzione del primo quadrimestre pari a 94.023 tonnellate contro le 86.864 2015. e vendite in crescita del 7 per cento. Quanto ai dipendenti il gruppo, che oggi dà lavoro a 447 persone, ha assunto 56 persone a tempo indeterminato e 39 a tempo determinato nel 2015 e 18 (tra Rovato e Muggia) nel primo quadrimestre 2016.

 

Idra, un bilancio 2015 da record

in Bilanci/Economia/Meccanica by

Idra, il gruppo  di Travagliato controllato dalla L.K. Technology di Hong Kong e fondato nel 1946 da Adamo Pasotti, ha chiuso il bilancio 2015 con una significativa crescita del fatturato (da 75,51 a 86,27 milioni di euro: +14%), dell’utile (da 2,26 a 3,02 milioni : +34%) e del Mol (da 5,29 a 5,41 milioni).

Non solo: la tendenza degli ultimi anni rimane più che positiva – come ha sottolineato l’amministratore unico Yuk Ming Benjamin Chung nella Relazione sulla gestione – dato che nel 2008, quando è stata rilevata dai cinesi, l’azienda fatturava solo 30 milioni all’anno e nel triennio 2012-2014, quando non era mai stata superata quota 54 milioni. E anche il 2016 è iniziato nel migliore dei modi: il portafoglio ordini, infatti, è di 77 milioni (una parte sul 2017).

In crescita pure l’occupazione: Idra dà lavoro a 161 persone contro le 152 del 2015. Unico valore da tenere d’occhio nei conti la crescita dell’indebitamento verso le banche da 1,3 a 7,6 milioni.

Desenzano, Cameo continua a crescere e investire

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Bilancio ok per la Cameo di Desenzano, che ha chiuso il 2015 con un incremento del valore della produzione (+1,3%) e dei ricavi (+1,1%), oltre 258 milioni di euro contro i 256 del 2014, nonostante le difficoltà del mercato.

Sui conti di Cameo – che oggi dà lavoro a 425 persone – “pesa” però ancora il grande investimento effettuato a fine 2014 con l’acquisto della Rebecchi Fratelli Valtrebbia Spa (proprietaria del marchio Paneangeli), che nel primo anno ha chiuso in perdita. Ma l’azienda desenzanese ha accantonato una cifra importante anche per la realizzazione del nuovo Campus direzionale (1800 metri coperti) che costerà 10 milioni di euro. Il gruppo ha chiuso comunque l’anno con un utile netto vicino ai 17 milioni (era stato di 23 milioni nel 2014).

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