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Brescia, nelle imprese lo smartworking è passato dal 10 al 75%

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Tra le realtà bresciane, il tasso di diffusione dello smart working (rapporto tra imprese che adottano il lavoro agile sul totale) è passato dal 10% nel 2019 al 75% nel 2020 e, sulla base di quanto prospettato dalle aziende, dovrebbe attestarsi al 38%, una volta superata l’attuale fase legata alla pandemia da Covid-19.

A evidenziarlo sono i dati definitivi della ricerca “Lo smart working nelle imprese bresciane: da fenomeno di nicchia al post emergenza”, a cura del Centro Studi di Confindustria Brescia, che ha completato la ricerca provvisoria già presentata lo scorso 11 febbraio in occasione dell’appuntamento online “Smart working – Il lavoro che cambia”, organizzato dalla Piccola Industria. In particolare, i dati sono stati ottenuto attraverso l’analisi a livello locale di quanto rilevato nell’edizione 2021 dall’Indagine sul Lavoro realizzata dal Sistema Confindustria, focalizzata sugli effetti della pandemia, che ha visto la partecipazione di 290 imprese bresciane, che producono un fatturato pari a 14,4 miliardi di euro, un valore aggiunto di 3,2 miliardi e danno lavoro a oltre 26 mila dipendenti

Il dato complessivo sulla diffusione dello smart working riassume al suo interno, già prima della pandemia, una forte dispersione per settore di attività. Da questa prospettiva, le realtà dei servizi possono essere considerate delle vere e proprie precorritrici nell’adozione del lavoro agile, con un tasso di diffusione del 24%, contro il 7% dell’industria. Tra le classi dimensionali vi è una convergenza maggiore, con una forchetta che va dall’8% delle aziende sotto i 25 dipendenti al 12% per quelle tra 25 e 100.

Con riferimento all’incidenza del fenomeno, ovvero al rapporto tra il numero di lavoratori in smart working sul totale dei dipendenti considerati, prima della pandemia Brescia si attestava complessivamente allo 0,7%, un valore molto basso che suggerisce come il lavoro agile fino al 2019 fosse un fenomeno di nicchia. Tale conclusione è particolarmente vera per l’industria (0,5%), mentre nelle realtà terziarie lo smart working si confermava uno strumento più utilizzato dai lavoratori (5,4%). Tra le classi dimensionali, le aziende sopra i 100 dipendenti emergevano come quelle più in ritardo (0,5%): ciò sarebbe dovuto al fatto che nel contesto bresciano tale cluster è formato quasi esclusivamente da aziende attive nella manifattura.

La situazione è cambiata radicalmente nel momento in cui, nel corso del 2020, l’emergenza causata dalla pandemia ha determinato una forte accelerazione nella diffusione dello smart working, divenuto vero e proprio lavoro da remoto con l’obiettivo principale di ridurre il rischio di contagio sui luoghi di lavoro e nei trasporti pubblici. L’utilizzo del cosiddetto “lavoro agile di emergenza (o semplificato)” è cresciuto in modo esponenziale, arrivando ad interessare a Brescia il 75% delle imprese intervistate. L’emergenza sanitaria ha fortemente diminuito le differenze tra classi dimensionali e settori, anche se grandi aziende e servizi hanno evidenziato una diffusione dello strumento quasi totale (90%).

In questo contesto, il dato lombardo appare fortemente sovrapponibile a quello bresciano (diffusione media al 74%), con picchi tra le imprese sopra i 100 dipendenti (96%) e in quelle del terziario (89%). La motivazione principale di tale convergenza sarebbe imputabile alla forte penetrazione del virus nei territori lombardi, specie, in quel periodo, tra Bergamo e Brescia, con le evidenti implicazioni dal punto di vista delle azioni a tutela della salute della popolazione.

L’indagine ha quindi esaminato la prospettiva che si potrà verosimilmente delineare una volta superata la fase emergenziale. I risultati ottenuti delineerebbero uno scenario in cui i cambiamenti obbligati da questo difficile periodo provocheranno un processo in qualche modo irreversibile, tale da determinare una profonda mutazione nell’organizzazione del lavoro. Più nel dettaglio, il 38% delle imprese bresciane intervistate ha dichiarato che lo smart working sarà adottato anche nel prossimo futuro. Ancora una volta, sarebbe confermato il differenziale tra terziario (68%) e industria (32%); l’estensione sarebbe poi legata alla dimensione aziendale, con le realtà più grandi (sopra i 100 dipendenti) che si caratterizzerebbero per una diffusione del 50%. Nelle PMI, spina dorsale del made in Brescia, la presenza del lavoro agile sarebbe invece più limitata (29% nelle realtà sotto i 25 dipendenti e 36% in quelle tra 25 e 100) e su livelli più bassi di quelli rilevati durante la fase emergenziale, ma comunque significativamente più elevati (in media tre volte maggiori) di quanto sperimentato prima del Coronavirus.

Aib, il nuovo presidente è Beretta

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Franco Gussalli Beretta, alla guida del noto gruppo armiero valtrumplino, è il nuovo presidente di Aib, incarico in cui segue a Giuseppe Pasini (che lo aveva sconfitto nella precedente tornata elettorale tra imprenditori).

A deciderlo sono stati ieri i “grandi elettori” del consiglio generale. L’investitura ufficiale avverrà nell’assemblea di maggio, che sarà presieduta da un consiglio per la ratifica dei nomi e delle deleghe della sua squadra di governo.

Vaccini in azienda, Bonometti: soddisfazione per la svolta

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“Esprimiamo apprezzamento e soddisfazione per l’approvazione del Protocollo nazionale per i vaccini in azienda. Con grande senso di responsabilità a tutela della salute e sicurezza delle persone che lavorano, gli industriali lombardi per primi avevano aperto le fabbriche per vaccinare i propri collaboratori”. A dirlo è, in una nota, il presidente regionale di Confindustria Marco Bonometti.

“Il mondo industriale”, continua il comunicato stampa, “vuole dare il proprio contributo nella campagna di vaccinazione, mettendo a disposizione i propri spazi per vaccinare il maggior numero di persone nel minor tempo possibile. Solo il vaccino”, conclude, “potrà permetterci di ritornare ad una vita normale. Fondamentale sarà ricevere le dosi di vaccino necessarie e rilanciare così la collaborazione tra pubblico e private”.

Confindustria Brescia ospita il roadshow di Intesa Sanpaolo

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  • L’appuntamento online – intitolato “TRANSIZIONE 4.0 Le novità della legge di bilancio 2021 e le soluzioni di Intesa Sanpaolo per gli investimenti in innovazione” – è riservato agli associati e si terrà venerdì 9 aprile alle ore 11.30.
  • Ospiti, tra gli altri, Giuseppe Pasini (Presidente Confindustria Brescia) e Tito Nocentini (Direttore Regionale Lombardia Intesa Sanpaolo).
  • “Motore Italia” è il nuovo programma strategico di Intesa Sanpaolo da 50 miliardi per il rilancio delle PMI.

Confindustria Brescia ospiterà, nella giornata di venerdì 9 aprile, un appuntamento online intitolato “TRANSIZIONE 4.0 Le novità della legge di bilancio 2021 e le soluzioni di Intesa Sanpaolo per gli investimenti in innovazione”, tappa bresciana di un roadshow promosso da Intesa Sanpaolo per presentare “Motore Italia”.

L’incontro, riservato alle aziende associate a Confindustria Brescia, è in programma alle ore 11.30. Intervengono, tra gli altri, Giuseppe Pasini (Presidente Confindustria Brescia), Tito Nocentini (Direttore Regionale Lombardia Intesa Sanpaolo), Giovanni Foresti (Direzione Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo) e Stefano Cappellari (Direttore Commerciale Imprese Lombardia Intesa Sanpaolo).

“Motore Italia” è un nuovo programma strategico da 50 miliardi per il rilancio delle PMI promosso da Intesa Sanpaolo. Il progetto si pone, in particolare, l’obiettivo di consentire alle piccole e medie imprese italiane di superare la fase di difficoltà causata dalla crisi pandemica e rilanciarsi attraverso nuovi progetti di sviluppo e crescita. 

Le aziende interessate a partecipare possono trovare approfondimenti e modalità di iscrizione sul sito www.confindustriabrescia.it, nella sezione News ed Eventi – Prossimi Appuntamenti. Info scrivendo a eventi@confindustriabrescia.it.

Brescia, ecco quali sono le due imprese “più affidabili”

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Sono 43 le società di capitali con sede legale in Lombardia – e tra queste due bresciane più competitive per performance gestionali, affidabilità finanziaria e talvolta per sostenibilità insignite dell’Alta onorificenza di bilancio del Premio Industria Felix, in occasione della quinta edizione de “La Lombardia che compete” realizzata in modalità digitale questa mattina. Le aziende sono state selezionate da un qualificato Comitato scientifico dopo un’inchiesta giornalistica condotta su 142mila bilanci. 

Due sono in provincia di Brescia: A2A Ambiente, miglior impresa del settore ambiente per performance gestionale e affidabilità finanziaria Cerved con sede legale nella regione Lombardia; Itap, tra le migliori imprese a conduzione under 40 per performance gestionale e affidabilità finanziaria Cerved con sede legale nella regione Lombardia.

L’evento, moderato dal giornalista e vice direttore di Rai 1 Angelo Mellone, è stato organizzato da Industria Felix Magazine, trimestrale diretto da Michele Montemurro in supplemento con Il Sole 24 Ore, in collaborazione con Cerved, Università Luiss Guido Carli, A.C. Industria Felix, con i patrocini di Confindustria, Simest, Confindustria Lombardia, le media partnership de Il Sole 24 Ore e Askanews e le partnership di Banca Mediolanum, Mediolanum Private Banking, Grant Thornton, Lidl Italia, Sustainable Development.

Qui di seguito le 43 imprese premiate distinte per provincia in relazione alla sede legale. Bergamo (1): Bottonificio B.A.P. . Brescia (2): A2A Ambiente, Itap. Como (2): Aerea, IISG. Cremona (3): Avantea, Decal Depositi Costieri Calliope, Linea Green. Lecco (3): Ode, Sacchi Giuseppe, Technoprobe. Lodi (1): Zucchetti Group. Mantova (1): Fin Service. Milano (21): AB Medica Holding (Gruppo AB Medica), Alcantara, Cap Holding, Dompé Farmaceutici, Dompé Holdings, Dyflowing, Epta, Esselunga, Fiore Holding, Fueguia, HCL Technologies Italy, Hisense Italia, KSB Italia (sede operativa Monza-Brianza), Mapei, Off-White Operating, Olon, Orsero, Pirelli & C., Skylabs, Snam, Wiit. Monza/Brianza (5): CHG-Meridian Italia, Sol, Stilscreen, Stmicroelectronics, Tecnoidea Impianti. Pavia (1): Anaf. Sondrio (1): QC Terme e Benessere. Varese (2): Irca,Technical Publications Service. 

«Appuntamenti come Industria Felix sono l’occasione per evidenziare le eccellenze dell’industria lombarda e ricreare quella fiducia necessaria per affrontare con più forza e decisione le sfide che abbiamo di fronte». A dichiararlo è il presidente di Confindustria Lombardia Marco Bonometti, intervenuto anche quest’anno all’evento e aggiunge: «Metterci alle spalle il triste capitolo della pandemia per parlare di crescita dell’intero Paese è uno degli obiettivi che abbiamo il dovere di porci. Dobbiamo superare la crisi sanitaria per poter ritornare alla vita normale. L’unica opportunità per farlo è riuscire a vaccinare il maggior numero di persone nel minor tempo possibile. Il recente accordo siglato tra Regione Lombardia, Confindustria Lombardia e Associazione Nazionale dei medici di azienda e competenti per le vaccinazioni dei dipendenti delle imprese va in questa direzione. Dobbiamo ringraziare ancora una volta – conclude Bonometti – gli imprenditori: con grande senso di responsabilità, con determinazione e coraggio, hanno saputo resistere e hanno continuato a lavorare per lo sviluppo e per la crescita dell’intero Paese».

Durante l’evento sono intervenuti anche il vicepresidente di Confindustria e co-portavoce del Comitato scientifico di Industria Felix Vito Grassi, il cco di Cerved Roberto Mancini, l’ad di Simest Mauro Alfonso, il direttore di Askanews Paolo Mazzanti, per Banca Mediolanum il senior manager dell’Investment Banking Marco Gabbiani e la private banker Milena Bardoni(promotrice dell’evento conDiego CuttieGianluca Passerini), il partner e ceo di Grant Thornton Financial Advisory Services Sante Maiolica, l’amministratore unico di Sustainable Development Michele Chieffi, mentre ha concluso i lavori il docente di Economia industriale dell’Università Luiss e co-portavoce del Comitato scientifico di IF Cesare Pozzi.

Brescia, nel 2020 è crollato l’export: -9,3%

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Nel complesso del 2020, le esportazioni bresciane – pari a 14,9 miliardi – diminuiscono del 9,3% rispetto al 2019. Il calo sperimentato nel 2020 è il più intenso dal 2009, quando le vendite all’estero scesero del 30,7% sull’anno precedente. Il valore monetario dell’export rilevato nel 2020 è il più basso dal 2016, quando i flussi commerciali verso l’estero furono pari a 14,5 miliardi. 

A rilevarlo sono i dati ISTAT elaborati dal Centro Studi di Confindustria Brescia.

Nel 2020, rispetto al 2019, la dinamica negativa delle esportazioni bresciane (-9,3%) è meno accentuata rispetto a quella rilevata in Lombardia (-10,6%) e in Italia (-9,7%).

Le importazioni complessive (pari a 7,8 miliardi) cedono invece del 13,5% ed evidenziano l’importo più basso dal 2018 (7,1 miliardi).

Nel quarto trimestre 2020 la dinamica delle vendite all’estero, che ammontano a 4,2 miliardi di euro tra ottobre e dicembre 2020, è in aumento del 5,3% rispetto allo stesso periodo del 2019 (4,0 miliardi). Si tratta della variazione tendenziale più alta dal terzo trimestre 2018 (+7,2%). Sul trimestre precedente, le esportazioni crescono invece del 13,7%. Il valore monetario di quanto venduto all’estero negli ultimi tre mesi dell’anno (4,2 miliardi) è il secondo più elevato tra tutti i quarti trimestri della serie storica (dopo i 4,3 del 2018) e il quarto più alto in assoluto (dopo il secondo trimestre 2018 e 2019 e il quarto trimestre 2018).

Le importazioni, pari a 2,1 miliardi di euro tra ottobre e dicembre 2020, aumentano dell’1,2% rispetto allo stesso periodo del 2019 (2,0 miliardi) e del 16,7% rispetto al trimestre precedente.

Il saldo commerciale si riduce, passando da 7,5 miliardi nel 2019 a 7,1 miliardi nel 2020, con una contrazione del 4,3%.

La dinamica del quarto trimestre risente positivamente della ripresa del commercio mondiale che, nel periodo ottobre-dicembre 2020, ha registrato un segno positivo (+4,0% tendenziale), recuperando interamente i livelli pre-Covid. Il 2020 si chiude tuttavia con un calo complessivo degli scambi internazionali del -5,3%, contro il -0,4% del 2019 e il +3,4% del 2018. Le prospettive per inizio 2021 risultano condizionate dall’incertezza sul riacutizzarsi della pandemia e dai tempi di realizzazione della campagna vaccinale.

La forte ripresa dei prezzi delle principali materie prime industriali (alluminio, rame, zinco, rottame ferroso) ha favorito il rigonfiamento dei valori monetari dei beni scambiati. Qualche svantaggio nelle esportazioni extra UE è derivato anche dall’apprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro (+2,0% tendenziale).

Nel complesso del 2020, tra i settori, su base annua, i meno dinamici risultano: mezzi di trasporto (-12,2%), metalli di base e prodotti in metallo (-11,3%), prodotti tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-12,4%), macchinari e apparecchi (-9,5%).

Un aumento delle esportazioni riguarda il comparto degli articoli farmaceutici, chimico medicinali e botanici (+28,8%) e quello delle sostanze e prodotti chimici (+3,0%).

Tra i mercati di sbocco, diminuiscono le esportazioni verso Germania (-11,6%), Francia (-9,0%), Regno Unito (-16,3%), Spagna (-15,7%), Stati Uniti (-6,0%). Crescono le vendite verso la Cina (+10,8%), il Brasile (+6,4%) e la Turchia (+1,2%). In termini di aree geografiche spiccano le dinamiche negative dell’America Settentrionale (-29,7%), dell’Africa (-24,6%), dell’Asia (-13,5%) e dell’Unione Europea post Brexit (-13,1%).

Per quanto riguarda le importazioni, sono in diminuzione quelle di metalli di base e prodotti in metallo (-16,3%), apparecchi elettrici (-8,9%), macchinari e apparecchi (-11,7%), mezzi di trasporto (-20,0%), sostanze e prodotti chimici (-16,6%).

Risultano in aumento solo gli acquisti nel comparto articoli farmaceutici, chimico medicinali e botanici (+5,2%).

Diminuiscono le importazioni da tutti i mercati considerati, con le flessioni più rilevanti da: Stati Uniti (-32,9%), Francia (-7,5%), Germania (-10,9%), Regno Unito (-8,3%), Spagna (-18,2%) e Cina (-9,0%).

Nonostante le difficoltà del 2020, Brescia si conferma al quinto posto nella classifica provinciale per valore delle esportazioni, dopo Milano (39,8 miliardi), Vicenza (16,8), Torino (16,5) e Bologna (15,1).

Metalmeccanica: nel 2020 brusco calo della produzione bresciana

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In provincia di Brescia, il 2020 si chiude con un brusco calo della produzione nei settori metalmeccanici: rispetto al 2019, la flessione nella meccanica è pari al -21%, nella metallurgia al -12%.

A evidenziarlo è l’indagine trimestrale condotta dal Centro Studi di Confindustria Brescia, che ha dedicato ampio spazio anche alla valutazione delle conseguenze economiche dell’emergenza sanitaria sulle imprese.

Nel dettaglio del quarto trimestre 2020, l’attività produttiva ha segnato ulteriori variazioni negative rispetto allo stesso periodo del 2019 (tendenziali), dopo la caduta del periodo precedente. In particolare, il comparto della meccanica ha registrato una diminuzione dell’attività del 15,3% (dopo il -18,1% del terzo trimestre), quello della metallurgia del 5,8% (-8,3% nel terzo trimestre). La dinamica rispetto al periodo precedente (congiunturale) segnala un rimbalzo della produzione nel quarto trimestre: +4,4% per la meccanica e +7,7% per la metallurgia. A seguito di queste variazioni, la caduta complessiva nel 2020 della produzione metalmeccanica risulta attenuata.

“Il rimbalzo della produzione del Settore Meccanica del quarto trimestre del 4,4%, anche se lieve, conferma la resilienza delle nostre aziende, comprovata anche dai primi dati di inizio anno che fanno intendere che la vera ripresa si potrebbe avere solo da metà 2021 – commenta Gabriella Pasotti, Presidente del Settore Meccanica di Confindustria Brescia –. A pesare sono soprattutto l’aumento delle materie prime, i costi elevati dei dazi e dei trasporti e la crisi dell’automotive. Sicuramente si tratta di una crisi pandemica più che economica e l’auspicio che le nuove politiche del Governo Draghi e il cambio al vertice della Protezione Civile portino ad una rapida ed estesa vaccinazione di massa, unica speranza per risanare l’economia e mettere in sicurezza la salute dei cittadini”.

“Il mercato dell’auto, settore trainante per tutta la filiera sia siderurgica che meccanica, ha molto sofferto nel 2020, con un calo delle immatricolazioni sia a livello europeo (-24%) che Italiano (-28%). Il 2021 è cominciato meglio, ma ancora segna un calo a doppia cifra (-13%) per le immatricolazioni italiane. L’unico settore che nell’ultimo anno è andato meno peggio è stato quello dei veicoli commerciali ed agricoli – aggiunge Giovanni Marinoni Martin, Presidente del Settore Siderurgia, Metallurgia e Mineraria di Confindustria Brescia –. I contributi alla rottamazione dei veicoli più inquinanti ancora stentano a decollare e la transizione green per una mobilità più sostenibile vede un lento passaggio dai veicoli a combustione interna a veicoli ibridi. Nel frattempo, in controtendenza rispetto a quanto si potrebbe immaginare, il rimbalzo dei costi delle materie prime ha spinto molti clienti del settore ad anticipare gli acquisti, creando una serie di ritardi sul mercato che stanno creando non poche difficoltà di disponibilità di acciaio ed un aumento importante dei prezzi. Per quanto riguarda il settore delle costruzioni, altro grande comparto che assorbe molti prodotti siderurgici, dopo un 2020 con un calo a doppia cifra, ora sta vivendo un buon momento grazie anche all’aumento dei prezzi cominciato a fine anno. Il 2021 si è aperto con un’impennata della domanda, mentre a febbraio i prezzi sono rimasti a un buon livello, nonostante il ridimensionamento dei volumi. Segnali positivi arrivano dal settore dei non ferrosi della filiera del rame: al netto delle fermate produttive di marzo e aprile, causa pandemia, il settore ha registrato un rimbalzo nel secondo semestre, tale da riallinearsi ai dati del 2019”.

In particolare, riguardo al settore della meccanica, posto uguale a 100 il livello di attività associato alla “normalità pre-Covid”, quello effettivamente registrato è stato pari a: 90 a ottobre; 93 a novembre; 90 a dicembre. Gli intervistati hanno dichiarato, per il 2020, un calo percentuale del fatturato (-12%) e delle ore lavorate (-14%) rispetto al 2019. A questo proposito, va evidenziato che la contrazione dei ricavi rilevata nel 2020 si caratterizzerebbe per un’intensità notevolmente inferiore a quella del 2009, in occasione della “grande recessione”, quando il volume d’affari del settore subì a Brescia una flessione del 26% circa nei confronti dell’anno precedente. L’indagine ha misurato poi la variazione percentuale nel 2020, rispetto al 2019, della spesa complessiva per investimenti: per le aziende della meccanica, questa è diminuita in media dell’8%.

Nel settore della metallurgia, posto uguale a 100 il livello di attività associato alla “normalità pre-Covid”, quello effettivamente registrato è stato pari a: 95 a ottobre; 97 a novembre; 102 a dicembre. Gli intervistati hanno dichiarato, per il 2020, un calo percentuale del fatturato (-13%) e delle ore lavorate (-13%) rispetto al 2019. Come per il comparto meccanico, la flessione delle vendite rilevata nel 2020 si caratterizza per un’intensità non paragonabile a quella del 2009, quando, complice anche il forte sgonfiamento delle quotazioni delle materie prime metallurgiche, i ricavi degli operatori bresciani registrarono una riduzione del 48% circa rispetto al 2008.

Per le aziende della metallurgia, la spesa complessiva per investimenti nel 2020 è diminuita in media del 37% rispetto al 2019.  In tale contesto, gli ingenti rincari delle quotazioni delle materie prime industriali rilevati negli ultimi mesi sono fonte di particolari preoccupazioni per le imprese della filiera metalmeccanica. La risalita dei prezzi ha riguardato in particolare i metalli non ferrosi, che si attestano tutti su importanti massimi pluriennali. Più nel dettaglio, dai minimi dello scorso anno il rame ha registrato un incremento del 95,3%, l’alluminio del 51,6%, lo zinco del 57,2%, il nichel del 73,0%. Sul versante degli input siderurgici, il rottame, utilizzato nelle produzioni di acciaio a forno elettrico, si caratterizza, nello stesso periodo, per un aumento del 94,8%: ciò si riverbera sui prodotti a valle (tondo +49,3% e vergella + 53,5%).Si tratta di un problema che riguarda non solo i metalli, ma interessa anche l’energia e le commodity “soft”, come alimentari, gomma e tessili. La competitività delle aziende è quindi messa a dura prova, per quanto riguarda la possibilità di accaparramento dei materiali e per la capacità di trasferire i rincari subiti a valle sui clienti.

Sul versante del mercato del lavoro, si segnala la crescita del ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni nei settori metalmeccanici. Le ore autorizzate nel 2020 sono aumentate dell’832% rispetto al 2019, passando da 5,4 a 50 milioni. In particolare, la componente ordinaria è cresciuta del 1.678% (da 2,7 a 48,5 milioni di ore); quella straordinaria invece è diminuita del 45% (da 2,6 a 1,4 milioni di ore). Nello specifico, la componente ordinaria è cresciuta del 1.932% nella meccanica (da 1.889.056 ore nel 2019 a oltre 38 milioni nel 2020) e del 1.107% nel metallurgico (da 838.628 ore a oltre 10 milioni). Sulla base delle ore effettivamente utilizzate è possibile stimare che le unità di lavoro annue (ULA) potenzialmente coinvolte dalla CIG nel 2020 siano quasi 11 mila, contro le mille e duecento del 2019. I dati dell’Osservatorio Confindustria Brescia-ApL al quarto trimestre 2020 hanno messo in luce alcune tensioni nel reperimento di figure professionali legate alla metalmeccanica, in particolare per i tecnici (in campo ingegneristico e informatici) e per alcuni operai specializzati (installatori attrezzature elettroniche e montatori, manutentori).

Dal punto di vista della struttura produttiva, Brescia è la seconda provincia italiana per rilevanza dell’industria metalmeccanica (dopo Torino). Con poco più di 100 mila addetti attivi, è leader nazionale per quanto riguarda la metallurgia (16 mila addetti) e i prodotti in metallo (39 mila), è al secondo posto nei macchinari e apparecchiature (30 mila) e in sesta posizione relativamente ai mezzi di trasporto (poco più di 8 mila addetti).

Lavoro interinale, a Brescia “situazione in leggero miglioramento”

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Dopo tre trimestri di significative cadute della domanda di lavoratori in somministrazione, nell’ultimo periodo dell’anno le richieste hanno evidenziato una variazione di poco negativa (-4%) rispetto allo stesso trimestre del 2019 (tendenziale). Il dato rifletterebbe la ripresa dell’attività dell’industria manifatturiera sperimentata nei mesi scorsi, i cui livelli produttivi si attesterebbero, nel complesso, poco al di sotto della “normalità” pre-Covid, a fronte delle forti contrazioni nell’ambito delle attività legate al commercio e alla ristorazione, penalizzate anche dalle nuove misure restrittive adottate nell’ultima parte del 2020.

A evidenziarlo è il tradizionale Osservatorio Confindustria Brescia – Agenzie per il Lavoro, a cura del Centro Studi di Confindustria Brescia.

“I dati del quarto trimestre 2020 segnano una ripresa per quanto riguarda il lavoro in somministrazione a Brescia, ma la pandemia da Covid-19 ci ha confermato come occorra cambiare il nostro approccio al mercato del lavoro, superando la logica del posto di lavoro per parlare di occupabilità – commenta Roberto Zini, Vice Presidente di Confindustria Brescia con delega a Lavoro, Relazioni Industriali e Welfare –. Bisogna cioè prendersi cura delle persone che lavorano o che vogliono lavorare e spostare l’attenzione sui loro percorsi di educazione, istruzione e formazione professionale”.

La variazione complessiva è la sintesi di andamenti particolarmente differenziati tra i singoli profili. Conduttori d’impianti (+35%) e operai specializzati (+9%) sono in forte crescita, sulla scia del recupero dell’attività nell’industria. Tecnici (+4%), personale non qualificato (-2%) si caratterizzano per un’evoluzione complessivamente piatta, mentre per gli impiegati esecutivi (-25%) e per gli addetti al commercio (-62%) si rilevano le contrazioni più intense.

Nell’intero 2020 la pandemia ha provocato una profonda modifica della composizione strutturale della domanda di lavoratori in somministrazione. Rispetto all’anno precedente è aumentata la quota dei conduttori d’impianti (passati dal 34% al 37%), del personale non qualificato (dal 21% al 24%) e dei tecnici (dal 5% al 7%), a fronte di un significativo ridimensionamento degli addetti al commercio, le cui richieste, alla luce delle forti limitazioni imposte con l’obiettivo di contenere i contagi, sono di fatto dimezzate (dal 20% all’11%).

Grazie all’elevato livello di dettaglio disponibile, l’Osservatorio offre inoltre una particolareggiata fotografia sull’evoluzione delle richieste di professionalità legate all’utilizzo delle nuove tecnologie, in una fase di evoluzione dell’industria manifatturiera caratterizzata dall’automazione e dalla digitalizzazione dei processi produttivi. Tali figure non sembrano risentire della crisi: nel 2020 la loro domanda ha intercettato ben il 23,9% delle richieste complessive, in leggero incremento rispetto a quanto rilevato nel 2019 (21,9%) e in forte accelerazione nei confronti del 2018 (8,5%), a certificazione che il processo di digitalizzazione delle imprese industriali bresciane è oramai avviato e non sembra essere stato scalfito dalle problematiche rilevate nel 2020.

Bonometti (Confindustria): sblocco selettivo e graduale dei licenziamenti, sì alla linea Draghi

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“Finalmente sta emergendo la consapevolezza che prorogare sine die il blocco dei licenziamenti sarebbe un grave errore, e non solo per le imprese che devono ristrutturarsi adeguandosi ai livelli di mercato imposti dal Covid, ma soprattutto per i lavoratori stessi, la cui tutela deve essere una priorità e disgiunta da quella dello specifico posto di lavoro. In particolare, viene avanzata una proposta selettiva, che comporti una modalità graduale di sblocco, dando priorità all’industria e alle costruzioni. Condivido pienamente la linea indicata dal presidente Draghi – “vanno tutelati i lavoratori, non i posti di lavoro” – questa è la strada da percorrere”.

“Serve urgentemente una seria riforma del lavoro e degli ammortizzatori sociali, in cui l’erogazione della cassa integrazione si possa trasformare in un assegno di riqualificazione professionale e, contemporaneamente vengano formati i lavoratori acquisendo nuove competenze dell’era digitale per far incontrare la domanda e l’offerta di lavoro”.

A dirlo, in una nota, è il presidente di Confindustria Lombardia Marco Bonometti.

Confindustria Brescia, ecco l’indice che fotografa la solvibilità delle imprese

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  • Lo strumento, sviluppato dal Centro Studi di Confindustria Brescia in collaborazione con l’Università Cattolica del Sacro Cuore, restituisce in un unico valore lo stato di salute delle società di capitali attive nell’industria; può.  essere applicato senza restrizioni geografiche a tutte le imprese manifatturiere.
  • Analizzati i bilanci 2019 di 2.905 imprese, con fatturato complessivo di 34,5 miliardi di euro e valore aggiunto pari a 8,6 miliardi: ne emerge un Made in BS sano, con oltre il 40% delle imprese che si posiziona nelle classi di merito più elevate e appena l’1,2% in quelle più basse. 
  • Alla luce delle forti ricadute economiche della pandemia in atto, che rendono i numeri al 2019 non più in grado di fotografare l’effettivo stato delle imprese, è risultato necessario applicare eccezionalmente il modello ad alcuni possibili scenari volti a simulare l’impatto della crisi sui conti aziendali.
  • Le aziende bresciane hanno affrontato la crisi del 2020 partendo da una situazione più solida rispetto a quanto avvenne nel 2009 davanti alla grande recessione; negli ultimi 12 anni, in particolare, è cresciuta la patrimonializzazione delle imprese della nostra provincia.

È stato presentato, durante una conferenza stampa nella Sala Beretta di Confindustria Brescia, “I.S.M.” – Indice Sintetico Manifatturiero. Lo strumento – sviluppato dal Centro Studi di Confindustria Brescia in collaborazione con OpTer – Osservatorio per il territorio: impresa, formazione internazionalizzazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Brescia – restituisce con un unico valore lo stato di salute delle società di capitali attive nell’industria e definisce la mappa del rischio delle stesse. Si tratta di un modello innovativo, che potrà essere applicato senza restrizioni geografiche a tutte le aziende manifatturiere.

All’incontro sono intervenuti Giuseppe Pasini, Presidente di Confindustria Brescia, Mario Taccolini, Coordinatore strategie di sviluppo del polo di Brescia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, e Giovanni Marseguerra, Ordinario di Economia Politica presso l’Università Cattolica e Direttore di OpTer.

Il gruppo di lavoro ha sviluppato, mediante appropriate tecniche statistiche, un modello che è stato utilizzato su 2.905 società di capitali manifatturiere bresciane, capaci di produrre un fatturato complessivo di 34,5 miliardi di euro e un valore aggiunto pari a 8,6 miliardi. L’obiettivo è stato quello di fornire a ognuna di loro un unico punteggio, capace di sintetizzare il relativo stato di salute economico-finanziaria.

La ricerca – illustrata nella conferenza stampa da Davide Fedreghini e Tommaso Ganugi (Centro Studi Confindustria Brescia e Università Cattolica) – si colloca in un ampio filone di studi di teoria economica originato da Edward I. Altman nel 1968 e determina il giudizio sulla solvibilità dell’impresa a partire dall’interazione dei seguenti quozienti di bilancio:

  • Capitale circolante netto su totale delle attività
  • Riserve su totale delle attività
  • EBIT su totale delle attività
  • Patrimonio netto su totale delle passività
  • Fatturato su totale dell’attività.

Il punteggio che il modello assegna va da 0 ad 1. Più il valore si avvicina ad 1 migliore risulta lo stato di salute dell’azienda, al contrario più il valore tende a 0 più la probabilità di dissesto aziendale è elevata. Lo score, ottenuto tramite il metodo statistico della regressione logistica, è poi suddiviso in otto classi di rating: dalla migliore “A1” alla peggiore “D2”. Il risultato ha delle affinità con gli strumenti tipici del mondo bancario utilizzati per l’erogazione del credito («stress test»). Tuttavia, non vuole assolutamente sostituirsi a loro.

Inizialmente il lavoro è stato effettuato sui bilanci riferiti al 2019, ultimo anno per cui sono disponibili informazioni ufficiali. Il modello costruito dipinge per il 2019 un made in BS complessivamente «sano», con oltre il 40% delle imprese che si posiziona nelle classi di merito più elevate e appena l’1,2% in quelle più basse. 

Alla luce delle forti ricadute economiche derivanti dalla pandemia in atto, che rendono i numeri al 2019 non più in grado di fotografare l’effettivo stato delle imprese, è risultato necessario applicare eccezionalmente il modello ad alcuni possibili scenari volti a simulare l’impatto della crisi economica sui conti aziendali.

Sulla base di tale meccanismo, sono proposte tre simulazioni: lo scenario peggiore (denominato «Zero»), che rappresenta un minimo teorico in cui nel 2020 i ricavi calano, mentre i costi rimangono invariati rispetto all’anno precedente; lo scenario più ottimistico (tra i 3 proposti), in cui i costi calano in relazione al fatturato con la stessa intensità rilevata nella grande recessione del 2009 (e per questo rinominato proprio «2009»); lo scenario più prudenziale (denominato «Intermedio»), in cui i costi calano in relazione al fatturato con un’intensità pari alla metà di quanto rilevato nel 2009.

Gli scenari tracciati delineano tre risposte di intensità diversa dell’industria bresciana alla crisi, che corrispondono a tre livelli di potenziale gravità, a cui fanno tuttavia da contrappeso elementi di cauto ottimismo, legati principalmente a due fattori: la minore caduta del fatturato rispetto al 2009 e la maggiore patrimonializzazione delle imprese della nostra provincia.

Sebbene le prime stime per il fatturato del made in BS nel 2020 siano orientate a un calo dell’11% circa, segnando quindi una caduta notevole, l’intensità risulta significativamente inferiore rispetto a quella sperimentata nel 2009, quando il volume d’affari dell’industria locale subì un calo del 30% circa, con punte anche di oltre -50% nell’ambito della metallurgia. Come già accennato, a ciò si aggiunge il fatto che il sistema industriale bresciano si sia affacciato a questa crisi complessivamente più attrezzato rispetto a quanto non lo fosse nel 2008: nel 2019 il rapporto tra mezzi propri e il totale delle attività si è attestato al 44,8% nei confronti del 29,8% rilevato nel 2008.

Distribuzione delle imprese per classe di merito e scenario

Tali osservazioni – come dimostra la collocazione delle imprese nello schema sopra riportato – rafforzano la percezione di un sistema manifatturiero complessivamente in grado di reggere l’urto della crisi. Si tratta di una condizione necessaria, anche se non sufficiente, per la tenuta sociale dell’intero territorio.

“I.S.M. rappresenta uno strumento di alto livello, innovativo e fondamentale per le nostre aziende associate, che grazie ad esso potranno affrontare il futuro con una maggiore consapevolezza della loro situazione economica e patrimoniale – commenta Giuseppe Pasini, Presidente di Confindustria Brescia –. La recente crisi legata alla pandemia da Covid-19 ci ha insegnato quanto questi aspetti siano fondamentali, a maggior ragione in un decennio come quello che ci attende, ricco di sfide da vincere. Grazie alla collaborazione con l’Università Cattolica, che si rinnova e prosegue, potremo quindi essere ancor di più in prima fila a fianco del sistema imprenditoriale bresciano, implementando una già ricca offerta che vede Confindustria Brescia impegnata anche nel progetto Brescia Regeneration, con l’obiettivo di tracciare i possibili scenari futuri dell’economia bresciana.”

“Oggi più che mai – aggiunge Giovanni Marseguerra, Ordinario di Economia Politica presso l’Università Cattolica e Direttore di OpTer – è cruciale accrescere e intensificare la collaborazione tra Università e associazioni imprenditoriali e del mondo del lavoro per consentire alle nostre imprese di superare l’odierna crisi sanitaria, economica, sociale, ambientale, e agganciare una ripresa che ancora stenta ad arrivare. La partnership, sempre più consolidata, tra Università Cattolica e Confindustria Brescia si pone in questa prospettiva e si propone di mettere a sistema competenze economico-quantitative e conoscenza del tessuto economico locale per costruire schemi e modelli, interpretativi e previsivi, dell’evoluzione delle variabili economiche in modo da fornire uno strumento di accompagnamento e supporto al sistema produttivo bresciano”

Le attività legate allo sviluppo del modello non sono concluse, ma il progetto è in continua evoluzione. Sono in lavorazione alcuni affinamenti, anche volti a replicare l’iniziativa negli anni a venire. Ciò potrà realizzarsi anche attraverso uno snellimento del lavoro, che, una volta superata l’attuale situazione legata al Covid-19, non necessiterebbe di una valutazione dei possibili shock.

La volontà è di rendere la pubblicazione dello score per l’industria bresciana un momento ricorrente: un appuntamento, destinato non solo agli addetti ai lavori, in cui monitorare puntualmente lo stato di salute dell’industria bresciana. Tali passaggi beneficeranno della complementarità delle competenze in campo, nonché della profonda conoscenza del tessuto economico locale che caratterizza la partnership tra Confindustria Brescia e Università Cattolica. Inoltre, è in fase di redazione un working paper di matrice accademica con l’obiettivo di approfondire le tematiche discusse.

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