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Agricoltura e allevamento - page 2

Maltempo, in Lombardia danni all’agricoltura bresciana per 56 milioni

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Ammontano a oltre 235 milioni di euro i danni subiti dall’agricoltura lombarda a causa degli eventi atmosferici che hanno colpito il territorio regionale tra luglio e agosto.

“Si tratta – dichiara l’assessore all’Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste di Regione Lombardia, Alessandro Beduschi – di stime ormai accurate, risultanti dalle oltre 3600 segnalazioni pervenute. Cifre che purtroppo confermano in pieno la gravità di quanto subito dalle aziende agricole, ma fondamentali per consentirci di formalizzare al Governo la richiesta di calamità, che avverrà come da norme con un provvedimento di Giunta”.

Secondo i dati raccolti, le province maggiormente colpite sono quelle di Mantova (62,8 milioni), Cremona (57,4 milioni) e Brescia (56,2 milioni). Ingenti i danni nei territori di Milano (26,7 milioni), Bergamo (12,9 milioni) e Lodi (8,9 milioni). Difficoltà anche per molte aziende agricole in provincia di Monza e Brianza (3,7 milioni), Varese (3,3 milioni) e Como (2,4 milioni), mentre disagi limitati sono stati segnalati da Sondrio (534.000 euro), Pavia (111.000 euro) e Lecco (35.000 euro).

Nel complesso, i danni diretti alle colture sono pari a 121 milioni di euro, con particolare riferimento al mais nelle zone di pianura, ai vigneti nel Bresciano e alle coltivazioni orticole e frutticole nel Mantovano. Cento milioni riguardano le strutture colpite, mentre quelli a macchine agricole e scorte ammontano a 13 milioni di euro. Sono state inoltre danneggiate 8 infrastrutture irrigue nelle province di Bergamo (3), Cremona (2), Varese (2) e Lodi (1) per oltre 1 milione di euro.

“Per quanto riguarda i danni alle colture che le norme escludono dai ristori in quanto assicurabili – prosegue l’assessore Beduschi – confermiamo la richiesta di deroga alle disposizioni del decreto legislativo 102/2004, che permetterebbe di garantire una copertura finanziaria anche alle aziende sprovviste di polizze, molte delle quali sono state costrette a non stipularle spinte dagli alti costi di adesione in un periodo di grandi difficoltà economiche per il settore”.

“Domani – conclude Alessandro Beduschi – sarò a Roma per incontrare il ministro Lollobrigida. Sarà un’occasione per ribadirgli la situazione di estrema difficoltà per il nostro comparto agricolo dopo queste eccezionali ondate di maltempo e anche per fare il punto sull’emergenza Peste Suina Africana dopo i casi di contagio verificatisi in alcuni allevamenti in provincia di Pavia”.

Maltempo, la conta dei danni di Coldiretti

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Tetti scoperchiati, serre danneggiate, impianti fotovoltaici distrutti, coltivazioni in campo e frutta rase al suolo. Continua la lista dei danni nella campagna bresciana che ieri sera e questa mattina è stata colpita da una forte grandinata con raffiche di vento e trombe d’aria che si aggiunge al maltempo dei giorni scorsi che ha già causato diversi milioni di euro di danni già stimati fino ad oggi. A riferirlo, secondo quanto riporta Brescia news, è una nota di Coldiretti Brescia.

 La grossa perturbazione atmosferica si è abbattuta prevalentemente nelle zone di Montichiari, Calcinato, Verolanuova, Manerbio, Bedizzole, Rezzato e numerosi comuni limitrofi causando danni alle colture in campo, a frutta, verdura, stalle e strutture agricole. Sono queste le segnalazioni che i tecnici di Coldiretti Brescia stanno raccogliendo dopo la tempesta che ieri sera e questa mattina ha colpito la provincia prevalentemente nella zona centrale e della bassa bresciana.

“La situazione è molto difficile – afferma Laura Facchetti presidente di Coldiretti Brescia – ci troviamo di fronte a perdite per milioni di euro tra raccolti, capannoni, macchinari e strutture agricole. In questo scenario è molto importante per noi l’attenzione e l’impegno che l’assessore regionale Beduschi sta mostrando fin dai primi momenti, attivandosi in tutte le sedi opportune per ottenere risarcimenti adeguati e in tempi consoni”. 

Chicchi di grandine come palle da tennis e vento fortissimo a Offlaga ieri sera e questa mattina si sono sommati agli eventi calamitosi  degli scorsi giorni e hanno causato danni ingenti all’azienda agricola Piantiny di Luca Agosti: “la produzione di ortaggi, micro-ortaggi, frutti rossi, verdura e fiori eduli è gravemente compromessa e la conta dei danni peggiora di giorno in giorno. Le nostre 36 serre sono state danneggiate dalla grandine, alcune sono da buttare. Anche per il mais in campo gravi conseguenze, la varietà antica da polenta, il Marano antico è da buttare perché è stato rotto dalla grandine, mentre gli altri 20 ettari sono a terra e vedremo se si riprenderanno”.

Colpito più volte dalla grandine anche il comune di Bedizzole: “la grandine grossa come mandarini ha distrutto completamente i pannelli fotovoltaici della nostra azienda – commenta Laura Marchesini giovane imprenditrice suinicola di Bedizzole (BS) –  sia della stalla che del macello, già gravemente compromessi dalla tromba d’aria dei giorni scorsi. Le coltivazioni di mais sono completamente macinate, a terra e senza foglie, il raccolto è completamente perso”.

Danni anche nei frutteti di Calcinato: “i quattro ettari a kiwi, per un valore dai 50 agli 80 mila euro sono totalmente danneggiati – commenta l’imprendere agricolo Luigi Rizzini dell’azienda agricola Rizzini di Calcinato (BS) – ma la perdita maggiore è sulla struttura dell’impianto  in campo, con pali spezzati e non più recuperabili oltre al magazzino completamente raso la suolo”. Sono questi gli effetti delle violente grandinate che si sono abbattute nella zona questa mattina e nei giorni scorsi  – conclude Rizzini, – ora restiamo in attesa della risposta dell’assicurazione, che però siamo certi non coprirà tutti i danni”.

Distrutte anche le coperture agricole: “in pochi minuti un disastro – racconta Alma Sandrini dell’azienda agricola Guarisco di Rezzato – la grandine ha flagellato le coperture agricole allagando la stalla, la sala di mungitura e i fienili. In campo colpito il 100% del mais già fortemente compromesso dalle tempeste dei giorni scorsi”.

Allerta peronospora nei vigneti bresciani: più trattamenti e costi alle stelle

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L’anno scorso il caldo eccessivo, quest’anno l’esatto opposto: l’eccessiva pioggia. Le precipitazioni abbondanti dei mesi di maggio e di giugno hanno mandato in crisi una parte dell’agricoltura bresciana, in particolare i vigneti. Dove, in queste ultime settimane, si sta correndo ai ripari con trattamenti aumentati che, giocoforza, hanno fatto schizzare all’insù i costi di produzione. A preoccupare è, in particolare, la peronospora, malattia fungina tra le più aggressive, che si sta propagando anche a causa delle intense precipitazioni. A esserne colpiti sono soprattutto i vigneti dell’areale del lago di Garda, mentre in Franciacorta i danni sembrano più contenuti. Nel frattempo, proseguono i lavori di difesa in tutta la provincia. In particolare, a essere maggiormente interessate sono le aziende a biologico.

“Le criticità maggiori sono sulle sponde del lago di Garda – spiega Marco Penitenti, membro del consiglio di Confagricoltura Brescia e viticoltore gardesano –, con i viticoltori del Valtenesi e del Lugana che stanno combattendo per tenere sotto controllo la diffusione della peronospora. Malattia che ha trovato linfa vitale per le continue e prolungate piogge delle ultime settimane. In particolare le aziende biologiche stanno faticando a contenerla rispetto a quelle convenzionali. I viticoltori devono intervenire con molti trattamenti, quasi il doppio rispetto alla media stagionale per difendere il raccolto, con però un consistente aumento dei costi di produzione, a causa delle elevate risorse che devono allocare per i prodotti e per la manodopera necessaria per effettuare i trattamenti. Ma non solo, questi continui stop e rinvii dovuti alle piogge determinano ritardi e difficoltà nell’effettuare i lavori in campo”.

Criticità anche nei vigneti della Vallecamonica, in particolare nelle aree più a nord, dove la fioritura era maggiormente in ritardo.

Per tutti questi motivi il comparto del vino italiano ha bisogno non solo di interventi immediati, ma soprattutto di tutelare qualità e quantità della produzione nazionale nel futuro. È per questo che il monitoraggio e la prevenzione, con adeguati trattamenti da un lato e le nuove tecniche di evoluzione assistita (Tea) dall’altro, sono gli strumenti che, secondo Confagricoltura, devono essere alla base di strategie di medio-lungo periodo. “La nostra organizzazione – aggiunge Penitenti – sta chiedendo provvedimenti immediati sia a livello nazionale sia europeo per contrastare questa fitopatia. Il primo passo credo sia l’attivazione di un tavolo tecnico: si tratta di un problema che ha colpito un po’ in tutta Italia, con incidenze maggiori al sud e che per ora, nel nostro territorio, viene tenuto a fatica sotto controllo”.

“Peste suina alle porte di Brescia, bisogna abbattere subito i cinghiali”

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close photo of pig

La peste suina si avvicina pericolosamente ai confini bresciani. E gli allevatori di casa nostra sono in grandissimo allarme. Da quando, una settimana fa circa, sono state scoperte due carcasse di cinghiali infetti nel Pavese, a Bagnaria e a Ponte Nizza, nella Valle Staffora, i primi casi in Lombardia (fino a pochi giorni fa la zona rossa si estendeva alla provincia di Piacenza, mentre oggi sono undici i comuni coinvolti in provincia di Pavia). Ora la temibile infezione bussa alle porte di Brescia, distante solo 150 chilometri circa. Se l’infezione dovesse estendersi sarebbe, per l’economia agricola bresciana, un dramma e un danno enorme. Il settore suinicolo bresciano conta oltre 750 allevamenti per circa 1,2 milioni di capi e quasi trecento milioni di euro di valore complessivo alla produzione.

“Siamo oltremodo preoccupati – dichiara il consigliere di Confagricoltura Brescia Serafino Valtulini, allevatore di Orzivecchi -, le istituzioni si sono mosse ma evidentemente non basta o le azioni sono forse un po’ tardive. Non c’è più un solo minuto da perdere, come diciamo da tempo, per impedire alla peste suina di diffondersi tramite i cinghiali, che sono il primo vettore del virus: l’unico modo restano gli abbattimenti, non ci sono oggi altre strade percorribili nel breve periodo. Politica, imprese e associazioni di categoria devono lavorare unite per un unico obiettivo comune: tutelare e proteggere le zone a più alta intensità di capi suini allevati, come lo è il Bresciano”.

Lo scorso 21 giugno la commissione Agricoltura della Camera ha approvato una risoluzione sulla Psa, che prevede interventi di depopolamento del cinghiale tramite una maggiore attenzione all’attuazione del piano straordinario di contenimento della specie anche nelle aree non toccate dal virus ma vocate all’allevamento suinicolo, in modo da prevenirne l’arrivo. Non solo, il decreto legge 75 del 22 giugno ha introdotto nuove misure di contrasto alla peste suina, rafforzando la prevenzione e l’eradicazione della Psa e ampliando il raggio d’azione delle operazioni di contenimento dei cinghiali, oltre che le funzioni del commissario straordinario. A lui il compito di definire il piano straordinario delle catture a livello nazionale e regionale e la possibilità di prevedere procedure straordinarie (compreso l’affidamento a ditte specializzate) in caso di inerzia o mancato raggiungimento degli obiettivi da parte delle Regioni.

I suinicoltori di Confagricoltura Brescia si sono incontrati più volte nelle ultime settimane, chiedendo ufficialmente di “mettere in atto tutte le misure necessarie per ridurre il rischio che la malattia entri nella Pianura padana lombarda”, dove è allevato circa il 50% del patrimonio suinicolo nazionale, una delle principali filiere per le più famose Dop italiane. In caso di diffusione della peste suina anche in questo territorio, si determinerebbe un rischio sanitario diretto per la zootecnia bresciana, con danni economici pesantissimi stimati in circa 60 milioni di euro al mese in Lombardia (la sola provincia di Brescia rappresenta il primo distretto suinicolo all’interno della Lombardia, con il 31 per cento della quota produttiva regionale).

Peste Suina, allarme Cia: intervenire subito o sarà catastrofe per il mercato

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Il Centro di Referenza Nazionale, come riportato dal SIMAN – Sistema di Notifica Ufficiale delle Malattie Animali, ha confermato la positività di una carcassa di cinghiale alla Peste suina africana a Torre Bagnaria (Pavia), fatto questo che preannuncia una situazione di rischio catastrofe per il mercato suinicolo nazionale.

Paolo Maccazzola, presidente di Cia Lombardia, chiede un intervento immediato a Regione Lombardia: “La situazione è gravissima, serve arginare questa piaga prima che si arrivi al blocco della circolazione dei prodotti di derivazione suina. Non possiamo lasciare in mano ai cacciatori e alle guardie forestali tutta la responsabilità del contenimento, servono abbattimenti fatti in maniera mirata e soprattutto in temi rapidi.”

La zona del ritrovamento è a ridosso di Varzi, località famosa per il salame doc, ma il danno per il mercato suinicolo nazionale è potenzialmente elevatissimo. “La suinicoltura è il pilatro della zootecnia italiana,  il Made in Italy è a rischio: se gli allevamenti vengono bloccati c’è il rischio del collasso” spiega il presidente di Cia Lombardia, che aggiunge  “la Lombardia è la maggior produttrice di derivati da carne suina d’Italia e tra le principali del mondo, il danno potenziale è  incalcolabile.
Regione Lombardia si era già mossa per contenere il fenomeno del rischio di diffusione della PSA, Cia Agricoltori Lombardia chiede pertanto di intensificare in tempi rapidissimi i controlli e gli abbattimenti di cinghiali.   

Non c’è tempo da perdere, se non ci si muove per tempo sarà una catastrofe” conclude Paolo Maccazzola.

Grano duro, “con questi prezzi addio alla pasta italiana”

in Agricoltura e allevamento/Associazioni di categoria/Confagricoltura/Economia by

“Se non si riconosce valore ad un prodotto che ha elevati standard qualitativi, ma costi di produzione meno competitivi rispetto a Paesi esteri, sostenere la sovranità alimentare diventa uno slogan vuoto di significato”. Così il presidente Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, nella riunione odierna del Tavolo frumento duro presso il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste alla presenza del ministro Francesco Lollobrigida. Secondo Cia, in Italia è sempre più a rischio la produzione agricola di grano duro -la più estesa per superficie nel Paese- materia prima per un prodotto di eccellenza del Made in Italy come la pasta. Il prezzo continua, infatti, a sprofondare, con un crollo delle quotazioni, che si aggira sui 380 euro a tonnellata, mentre nello stesso periodo del 2022 era di 550 euro/ton.I margini per le aziende agricole sono così troppo esigui ed è a rischio la prossima stagione di semine.
Cia segnala che stanno, invece, aumentando i prezzi dei prodotti trasformati all’interno della filiera e le esportazioni sono cresciute al ritmo del +5% nel 2022, per un valore totale di 3,7 miliardi. Per Cia è, dunque, necessario mettere in campo quelle azioni strutturali di cui si parla da anni per riequilibrare la catena del valore, che è oggi troppo penalizzante per gli agricoltori.

Cia pone l’attenzione sulla valorizzazione dell’origine del prodotto e chiede maggiori risorse da investire sui contratti di filiera che favoriscano le produzioni domestiche, incentivando la coltivazione del grano duro Made in Italy. Per una strategia di medio/lungo periodo Cia ritiene, inoltre, necessari forti investimenti in ricerca per aumentare le rese e favorire produzioni sempre più sostenibili anche in chiave ambientale. Il rafforzamento della filiera aumenterebbe così gli investimenti dei nostri produttori e ridimensionerebbe il ricorso all’import.

Secondo Fini bisogna dare una forte spinta propulsiva al comparto e ridurre drasticamente la dipendenza dal prodotto estero. Per implementare l’autosufficienza nazionale e aiutare le aziende a produrre più grano di qualità come richiesto dell’industria molitoria, occorre lavorare sulla trasparenza dei prezzi con il ripristino della CUN (Commissione Unica Nazionale) favorendo il dialogo interprofessionale ed è allo stesso tempo necessaria l’istituzione di Granaio d’Italia e del relativo Registro Telematico dei Cereali, che prevede azioni di contrasto verso i fenomeni speculativi. Si devono, infine, studiare con Ismea nuovi strumenti che certifichino i costi di produzione del grano duro. 

Allevatori contro industria casearia, Cia: “Inammissibile richiesta di abbassare prezzo latte”

in Agricoltura e allevamento/Economia by

Cia Agricoltori Lombardia – secondo quanto sottolinea una nota – considera “totalmente inammissibili le richieste di diverse aziende dell’industria casearia di rivedere, con un costo al ribasso, gli accordi che fissano il prezzo del latte alla stalla. Tali richieste nascono da alcune analisi delle suddette aziende che indicano una contrazione della domanda dell’8%, che giustificherebbero la necessità di un abbassamento del costo all’acquisto presso i produttori. Anche il fatto che il prezzo del latte spot sia sceso, raggiungendo oggi il prezzo di 48 centesimi al litro, secondo le aziende casearie dovrebbe essere motivo di abbassamento del costo di acquisto”.

Cia Agricoltori Lombardia, tramite il suo presidente Paolo Maccazzola, risponde a questi dati e spiega la posizione dell’associazione: “Non neghiamo la contrazione dei consumi, facciamo però notare che riguarda i consumatori diretti. Diversamente, il settore ho.re.ca mostra un aumento di consumi del 6%, una differenza quindi del 2-3% che è fisiologica nei mercati. La richiesta di rivedere gli accordi con un ribassamento dei prezzi è perciò inammissibile”.

Sul prezzo del latte spot è poi doveroso chiarire il diverso atteggiamento delle aziende casearie. Sempre Maccazzola: “Se vogliamo prendere il latte spot come indice di riferimento del mercatoallora vada fatto sempreNell’estate del 2022, ad esempio, il prezzo era di 70 centesimi al litro ma agli agricoltori veniva pagato in media 58 centesimi. Chiediamo maggiore correttezza, non solo quando conviene all’industria casearia.”

Fa inoltre notare Maccazzola che i costi di gestione per gli agricoltori non sono di certo scesi negli ultimi. “La spesa per l’energia si è sensibilmente ridotta, così come il prezzo del mais a livello internazionale, le altre materie proteiche quali i fieni, i trinciati e la soia e soprattutto il costo dei carburanti usati in agricoltura hanno mantenuto prezzi elevatissimi.”

“Non sussistono perciò le condizioni – conclude – non solo di rivedere i prezzi del latte, ma nemmeno di prendere in considerazione la proposta. “Costi di gestione e siccità sono problemi che stanno mettendo in serio pericolo l’agricoltura, le aziende alimentari dovrebbero capire che venirci incontro è fondamentale per salvare anche le loro attività.” conclude il presidente Paolo Maccazzola.
 


Cia Agricoltori Lombardia, tramite il suo presidente Paolo Maccazzola, risponde a questi dati e spiega la posizione dell’associazione: “Non neghiamo la contrazione dei consumi, facciamo però notare che riguarda i consumatori diretti. Diversamente, il settore ho.re.ca. mostra un aumento di consumi del 6%, una differenza quindi del 2-3% che è fisiologica nei mercati. La richiesta di rivedere gli accordi con un ribassamento dei prezzi è perciò inammissibile”.

Sul prezzo del latte spot è poi doveroso chiarire il diverso atteggiamento delle aziende casearie. Sempre Maccazzola: “Se vogliamo prendere il latte spot come indice di riferimento del mercatoallora vada fatto sempreNell’estate del 2022, ad esempio, il prezzo era di 70 centesimi al litro ma agli agricoltori veniva pagato in media 58 centesimi. Chiediamo maggiore correttezza, non solo quando conviene all’industria casearia.”

Fa inoltre notare il presidente Maccazzola che i costi di gestione per gli agricoltori non sono di certo scesi negli ultimi. “La spesa per l’energia si è sensibilmente ridotta, così come il prezzo del mais a livello internazionale, le altre materie proteiche quali i fieni, i trinciati e la soia e soprattutto il costo dei carburanti usati in agricoltura hanno mantenuto prezzi elevatissimi.”

Non sussistono perciò le condizioni non solo di rivedere i prezzi del latte, ma nemmeno di prendere in considerazione la proposta. “Costi di gestione e siccità sono problemi che stanno mettendo in serio pericolo l’agricoltura, le aziende alimentari dovrebbero capire che venirci incontro è fondamentale per salvare anche le loro attività.” conclude il presidente Paolo Maccazzola.
 

Regione, 3,5 milioni per le aziende agricole sentinelle dell’ambiente

in Agricoltura e allevamento/Economia/Istituzioni/Regione by

Regione Lombardia finanzia, con circa 3,5 milioni di euro, 173 progetti per le aziende agricole nell’ambito del Programma di Sviluppo Rurale, destinati a interventi per migliorare la gestione delle acque e alla conservazione della biodiversità.

Lo comunica l’assessore all’Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste di Regione Lombardia, Alessandro Beduschi, annunciando i finanziamenti previsti dal PSR con i bandi 2022, rispettivamente 564.000 euro per 63 domande nell’ambito dell’operazione 4.4.01  ‘Investimenti non produttivi finalizzati prioritariamente alla conservazione della biodiversità’ e 2,8 milioni di euro per 110 domande sull’operazione 4.4.02 ‘Investimenti non produttivi finalizzati prioritariamente alla migliore gestione delle risorse idriche’.

“Con questi fondi – prosegue l’assessore Beduschi – le aziende potranno finanziare diversi progetti, come la piantumazione di siepi e filari, la realizzazione di protezioni e recinzioni per salvaguardare la presenza di specie selvatiche, ma anche per costituire ‘fasce tampone’ boscate, recuperare fontanili per poter disporre di acqua sorgiva di ottima qualità o realizzare zone umide e pozze che consentano il mantenimento della flora e della fauna o installare il cosiddetto biobed, che impedisce la dispersione nel terreno e nelle falde di prodotti fitosanitari”.

“Con le due misure finanziate – conclude Beduschi – Regione Lombardia conferma la sua attenzione alle imprese agricole che presidiano il territorio, il paesaggio e l’habitat naturale e che con i loro progetti ci confermano di voler essere protagoniste per preservare e recuperare ambienti ad alto valore naturalistico, oltre che a considerare l’acqua come un bene sempre più prezioso e da tutelare”.

RIPARTO PER PROVINCE

Provincia totale domande e importo:

– Bergamo (14 domande) 324.900 euro;

– Sondrio (29 domande) 106.495 euro;

– Milano (14 domande) 283.920 euro;

– Pavia (66 domande) 1.813.415 euro;

– Lecco (5 domande) 100.100 euro;

– Como (3 domande) 32.400 euro;

– Mantova (13 domande) 106.000 euro;

– Brescia (18 domande) 389.000 euro;

– Lodi (8 domande) 193.000 euro;

– Cremona (3 domande) 80.670 euro.

TOTALE 3.430.000 euro

8 marzo, il business delle mimose vale 12 milioni di euro

in Agricoltura e allevamento/Economia by

La mimosa è la pianta simbolo della Festa della donna e l’8 marzo, da solo, vale l’85% degli acquisti di stagione. Cia-Agricoltori Italiani stima un giro d’affari di 12mln di euro, con 10 milioni di mazzetti pronti a essere regalati ad amiche, fidanzate, mogli e colleghe. Tuttavia, Cia segnala scarsità di prodotto (-40%) dovuto a fioriture anticipate in gennaio per effetto di temperature ben al di sopra della media e un impatto negativo della siccità, soprattutto in Liguria da dove arriva il 90% della produzione nazionale. Se i produttori floricoli sono, comunque, riusciti a mantenere prezzi stabili rispetto allo scorso anno, si segnala un +20% del costo al dettaglio sulla parte commerciale. I prezzi dei “mazzetti” partono dai 6 euro fino ad arrivare a 10-12 euro mentre le piante, il cui prezzo va in base alla grandezza del vaso, variano dagli 11 fino a 50 euro. Per far fronte agli effetti del climate change, il vivaismo nazionale sta ora studiando varianti tardive di mimosa che possano soddisfare la grande richiesta in occasione della festività dell’8 marzo.

Nella situazione complessivamente difficile per l’agricoltura a causa di siccità e aumento costi delle materie prime, l’associazione dei Florovivaisti Italiani di Cia segnala un buon livello di export. A causa degli eccessivi costi di trasporto si è, infatti, ridotta l’importazione in Europa di fiori dal Sud America e dall’Africa. La concorrenza di quei Paesi -dove spesso non vengono rispettati i diritti dei lavoratori e si produce con pesticidi vietati nell’Ue- è uno dei gravi problemi della floricoltura italiana. Significativo il caso delle rose vendute nelle catene della grande distribuzione che arrivano per la quasi totalità dal Kenya o delle orchidee, provenienti al 90% da Taiwan.

Cia ricorda, infine, come le vendite di mimosa abbiano tradizionalmente un effetto trainante per la commercializzazione di altre specie di fiori primaverili come anemoni, ranuncoli e margherite, con la possibilità di compensare la riduzione del 25% degli acquisti prodotti floricoli da parte dei consumatori, causata da un’inflazione che da mesi viaggia a doppia cifra.

Montichiari, nel fine settimana torna Fazi: ecco le iniziative di Confagricoltura

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Tre intere giornate per parlare di agricoltura a 360 gradi: va in scena, nel fine settimana 21-23 ottobre, la 94esima edizione della Fiera agricola zootecnica Fazi di Montichiari, durante la quale Confagricoltura Brescia lascerà una forte impronta, organizzando diversi momenti di approfondimento, dibattito e incontri. A fare da denominatore comune sarà lo stand, situato all’interno del padiglione 5 centrale, pronto ad accogliere soci, amici e colleghi.

Tanti i momenti forti della tre giorni, a partire dai due convegni organizzati da Confagricoltura Brescia per parlare di altrettanti temi nodali per il settore primario di quest’ultimo periodo: la Politica agricola comune Pac e la crisi idrica. Il primo sarà venerdì 21 alle 10.30 in sala Scalvini, dal titolo “Nuova Pac, l’agricoltura bresciana tra incertezze e allarmi“. A intervenire saranno i vertici nazionali ed europei di Confagricoltura, a partire da Vincenzo Lenucci, direttore dell’area Politiche europee e internazionali, e Cristina Tinelli, responsabile dell’area Relazioni internazionali e Unione europea. A commentare la situazione saranno Fabio Rolfi, assessore regionale all’Agricoltura, e il presidente di Confagricoltura Brescia Giovanni Garbelli. “La prima versione della Pac era fortemente penalizzante per le aziende agricole – afferma il leader dell’organizzazione -. Confagricoltura negli scorsi mesi ha lavorato tantissimo, su più fronti e livelli, per far modificare alcuni degli aspetti centrali, come gli ecoschemi, ottenendo alcuni risultati. La Pac, oggi, vede qualche miglioramento, anche se c’è ancora molto da fare e cambiare”. Il secondo convegno sarà sabato 22 alle 11 per parlare di “Risparmio idrico: quali soluzioni per l’agricoltura moderna?”. Tanti gli interventi, tra cui quelli di Isabella Ghiglieno dell’Università di Brescia, Riccardo Magistrali di Netafim Italia e Andrea Azzoni, vicedirettoredg regionale Agricoltura. A trarre le conclusioni sarà il presidente Garbelli: “La stagione agricola è finita, ma il tema della carenza idrica è ancora attualissimo. Non dobbiamo abbassare la guardia, per non ritrovarci nella difficile situazione dell’estate scorsa, ma bisogna piuttosto lavorare da subito e trovare le soluzioni migliori per l’agricoltura bresciana”.

Variegati gli incontri che si susseguiranno allo stand, tra cui spicca quello di venerdì 21 alle 17 con il “contadino digitale” Matt the farmer, socio di Confagricoltura Brescia, che racconterà il suo innovativo modo di comunicare l’agricoltura nei tempi moderni, offrendo qualche spunto e consiglio ai giovani dell’Anga, presenti allo stand per un loro momento di incontro. Sempre venerdì, ma alle 15, allo stand si parlerà di Certificazione aziendale, prospettive e opportunità, con il Conast, mentre il sabato pomeriggio sarà dedicato alle degustazioni: alle 15 con il miele e alle 16.30 con l’olio extravergine. Infine per l’intera giornata di domenica torna allo stand di Confagricoltura Brescia il farming simulator, il trattore virtuale tutto da provare che tanto apprezzamento ha ricevuto anche nel corso di Futura Expo a Brixia Forum.

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