Magazine di informazione economica di Brescia e Provincia

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Agricoltura e allevamento - page 2

Inquinamento, Coldiretti Brescia contro l’Europa: basta fake news

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E’ di pochi giorni fa la notizia dello stop da parte dell’Europa alla norma “ammazza stalle”, un risultato che blocca la proposta di chi avrebbe voluto assimilare gli allevamenti alle fabbriche inquinanti e che approccia il tema della sostenibilità in maniera più concreta e razionale prevedendo ulteriori interventi di miglioramento con studi e revisioni delle regole nei prossimi anni. Queste le parole di Laura Facchetti presidente di Coldiretti Brescia in occasione dell’incontro che si è svolto questa mattina presso la sede provinciale a Brescia sul tema delle fake news legate principalmente al settore della zootecnia.

Si tratta infatti – prosegue Coldiretti Brescia – di una vittoria del buon senso, che dà ragione a chi come la zootecnia italiana sta facendo tantissimo per la riduzione delle emissioni come dimostrano gli straordinari risultati degli ultimi anni in cui, secondo l’Ispra, le emissioni prodotte dagli allevamenti rappresentano circa il 5% delle emissioni di gas serra, con -24% delle emissioni degli allevamenti italiani negli ultimi 30 anni in controtendenza con l’aumento del 16% rilevato a livello mondiale (+44% in Brasile, +23% in Marocco e Turchia e +21% in India).

Dopo i saluti del direttore Massimo Albano, la parola è passata a Giorgio Apostoli caposervizio nazionale delle filiere zootecniche che ha moderato l’incontro: “questa mattina affronteremo temi essenziali per tutti all’interno di un sistema come quello della zootecnia bresciana, la più improntarne d’Italia, che spesso rischia di essere raccontata in modo distorto sotto vari aspetti: carne sintetica, etichettatura, cambiamenti climatici, emissioni ambientali, benessere animale, accordi internazionali, sicurezza alimentare, riconoscimento del giusto prezzo, malattie come la PSA e l’aviaria, campagne di disinformazione generalizzata e molto altro ancora.

Ospite della mattinata il professor Luca Buttazzoni del CREA, consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura che ha puntato l’attenzione sul tema della sostenibilità che si declina in tre grandi rami: economica, etica e ambientale suddivida a sua volta in impronta e impatto. Un esempio chiaro di come spesso venga stravolta la realtà è il tema acqua: “i famosi 15.000 litri di acqua utili a produrre 1 kg di carne – precisa il dott. Buttazzoni –  comprendono infatti la pioggia che cade sui campi dove si coltivano foraggi e mangimi e quindi del totale il 96% rientra nel normale ciclo dell’acqua portando a 600 litri il reale utilizzo dell’acqua”. 

Sull’inquinamento dell’aria il dott. Buttazzoni ha le idee chiare: “dobbiamo imparare a difenderci dagli attacchi esterni e per farlo è necessario conoscere come funzionano esattamente le cose, i bovini infatti producono metano che, a differenza dell’anidride carbonica, non si accumula in atmosfera, anzi ci consente di contrastare il riscaldamento del suolo grazie alla trasformazione del metano in carbonio biogeno”.

Ovviamente il percorso non si deve interrompere ma bisogna sempre far meglio per ridurre ancora di più le emissioni di metano: “il sistema Europa, è l’unico al mondo ad aver ridotto le emissioni di gas a effetto serra  – del 20% dal 1990 – conclude la presidente Laura Facchetti –  e tale dato potrebbe diminuire ancora guardando all’esperienza italiana, in cui le emissioni costituiscono il 7,1% rispetto al totale. Le potenzialità di miglioramento sono alla portata della nostra zootecnia puntando fin d’ora sulla gestione dei residui e sulla produzione di energia rinnovabile attraverso il biogas e il biometano”.

Peste suina, Cia: contenere i cinghiali con il supporto dell’esercito

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 Mettere subito in campo tutti gli strumenti a disposizione per far fronte alla peste suina. Bisogna procedere immediatamente con abbattimenti organizzati e sistematici sul territorio per ridurre la pressione dei cinghiali, come previsto dal Piano straordinario, e mettere in sicurezza le aziende suinicole, soprattutto nelle zone vocate più a rischio, garantendo risorse e sostegni al comparto. Queste le richieste avanzate da Cia-Agricoltori Italiani alla riunione urgente sulla situazione PSA, tenutasi al Ministero della Difesa, con i ministri Guido Crosetto e Francesco Lollobrigida, i sottosegretari Patrizio La Pietra e Marcello Gemmato e il commissario straordinario per la peste suina Vincenzo Caputo.

“La situazione, ormai, è diventata critica ed occorre agire in maniera concreta per salvaguardare tutta la suinicoltura Made in Italy, da cui dipendono 11 miliardi di fatturato e 70 mila addetti nella filiera -ha detto Gabriele Carenini, responsabile nazionale Cia per la fauna selvatica-. Per questo, è molto importante la disponibilità annunciata dal ministro della Difesa a impiegare personale qualificato per il contenimento del numero degli ungulati, come avevamo richiesto da tempo”.

Altrettanto positiva, ha aggiunto Carenini, “è la prossima costituzione di una cabina di regia permanente con tutte le rappresentanze agricole e i ministeri dell’Agricoltura, dell’Ambiente, della Salute e della Difesa, per supportare l’azione in campo del commissario Caputo”. Un’azione, però, che “deve essere tempestiva e risolutiva. Altrimenti si rischia sul serio di compromettere un settore chiave della zootecnia nazionale, con danni inquantificabili”. 

Maltempo, in Lombardia danni all’agricoltura bresciana per 56 milioni

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Ammontano a oltre 235 milioni di euro i danni subiti dall’agricoltura lombarda a causa degli eventi atmosferici che hanno colpito il territorio regionale tra luglio e agosto.

“Si tratta – dichiara l’assessore all’Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste di Regione Lombardia, Alessandro Beduschi – di stime ormai accurate, risultanti dalle oltre 3600 segnalazioni pervenute. Cifre che purtroppo confermano in pieno la gravità di quanto subito dalle aziende agricole, ma fondamentali per consentirci di formalizzare al Governo la richiesta di calamità, che avverrà come da norme con un provvedimento di Giunta”.

Secondo i dati raccolti, le province maggiormente colpite sono quelle di Mantova (62,8 milioni), Cremona (57,4 milioni) e Brescia (56,2 milioni). Ingenti i danni nei territori di Milano (26,7 milioni), Bergamo (12,9 milioni) e Lodi (8,9 milioni). Difficoltà anche per molte aziende agricole in provincia di Monza e Brianza (3,7 milioni), Varese (3,3 milioni) e Como (2,4 milioni), mentre disagi limitati sono stati segnalati da Sondrio (534.000 euro), Pavia (111.000 euro) e Lecco (35.000 euro).

Nel complesso, i danni diretti alle colture sono pari a 121 milioni di euro, con particolare riferimento al mais nelle zone di pianura, ai vigneti nel Bresciano e alle coltivazioni orticole e frutticole nel Mantovano. Cento milioni riguardano le strutture colpite, mentre quelli a macchine agricole e scorte ammontano a 13 milioni di euro. Sono state inoltre danneggiate 8 infrastrutture irrigue nelle province di Bergamo (3), Cremona (2), Varese (2) e Lodi (1) per oltre 1 milione di euro.

“Per quanto riguarda i danni alle colture che le norme escludono dai ristori in quanto assicurabili – prosegue l’assessore Beduschi – confermiamo la richiesta di deroga alle disposizioni del decreto legislativo 102/2004, che permetterebbe di garantire una copertura finanziaria anche alle aziende sprovviste di polizze, molte delle quali sono state costrette a non stipularle spinte dagli alti costi di adesione in un periodo di grandi difficoltà economiche per il settore”.

“Domani – conclude Alessandro Beduschi – sarò a Roma per incontrare il ministro Lollobrigida. Sarà un’occasione per ribadirgli la situazione di estrema difficoltà per il nostro comparto agricolo dopo queste eccezionali ondate di maltempo e anche per fare il punto sull’emergenza Peste Suina Africana dopo i casi di contagio verificatisi in alcuni allevamenti in provincia di Pavia”.

Maltempo, la conta dei danni di Coldiretti

in Agricoltura e allevamento/Ambiente/Economia by

Tetti scoperchiati, serre danneggiate, impianti fotovoltaici distrutti, coltivazioni in campo e frutta rase al suolo. Continua la lista dei danni nella campagna bresciana che ieri sera e questa mattina è stata colpita da una forte grandinata con raffiche di vento e trombe d’aria che si aggiunge al maltempo dei giorni scorsi che ha già causato diversi milioni di euro di danni già stimati fino ad oggi. A riferirlo, secondo quanto riporta Brescia news, è una nota di Coldiretti Brescia.

 La grossa perturbazione atmosferica si è abbattuta prevalentemente nelle zone di Montichiari, Calcinato, Verolanuova, Manerbio, Bedizzole, Rezzato e numerosi comuni limitrofi causando danni alle colture in campo, a frutta, verdura, stalle e strutture agricole. Sono queste le segnalazioni che i tecnici di Coldiretti Brescia stanno raccogliendo dopo la tempesta che ieri sera e questa mattina ha colpito la provincia prevalentemente nella zona centrale e della bassa bresciana.

“La situazione è molto difficile – afferma Laura Facchetti presidente di Coldiretti Brescia – ci troviamo di fronte a perdite per milioni di euro tra raccolti, capannoni, macchinari e strutture agricole. In questo scenario è molto importante per noi l’attenzione e l’impegno che l’assessore regionale Beduschi sta mostrando fin dai primi momenti, attivandosi in tutte le sedi opportune per ottenere risarcimenti adeguati e in tempi consoni”. 

Chicchi di grandine come palle da tennis e vento fortissimo a Offlaga ieri sera e questa mattina si sono sommati agli eventi calamitosi  degli scorsi giorni e hanno causato danni ingenti all’azienda agricola Piantiny di Luca Agosti: “la produzione di ortaggi, micro-ortaggi, frutti rossi, verdura e fiori eduli è gravemente compromessa e la conta dei danni peggiora di giorno in giorno. Le nostre 36 serre sono state danneggiate dalla grandine, alcune sono da buttare. Anche per il mais in campo gravi conseguenze, la varietà antica da polenta, il Marano antico è da buttare perché è stato rotto dalla grandine, mentre gli altri 20 ettari sono a terra e vedremo se si riprenderanno”.

Colpito più volte dalla grandine anche il comune di Bedizzole: “la grandine grossa come mandarini ha distrutto completamente i pannelli fotovoltaici della nostra azienda – commenta Laura Marchesini giovane imprenditrice suinicola di Bedizzole (BS) –  sia della stalla che del macello, già gravemente compromessi dalla tromba d’aria dei giorni scorsi. Le coltivazioni di mais sono completamente macinate, a terra e senza foglie, il raccolto è completamente perso”.

Danni anche nei frutteti di Calcinato: “i quattro ettari a kiwi, per un valore dai 50 agli 80 mila euro sono totalmente danneggiati – commenta l’imprendere agricolo Luigi Rizzini dell’azienda agricola Rizzini di Calcinato (BS) – ma la perdita maggiore è sulla struttura dell’impianto  in campo, con pali spezzati e non più recuperabili oltre al magazzino completamente raso la suolo”. Sono questi gli effetti delle violente grandinate che si sono abbattute nella zona questa mattina e nei giorni scorsi  – conclude Rizzini, – ora restiamo in attesa della risposta dell’assicurazione, che però siamo certi non coprirà tutti i danni”.

Distrutte anche le coperture agricole: “in pochi minuti un disastro – racconta Alma Sandrini dell’azienda agricola Guarisco di Rezzato – la grandine ha flagellato le coperture agricole allagando la stalla, la sala di mungitura e i fienili. In campo colpito il 100% del mais già fortemente compromesso dalle tempeste dei giorni scorsi”.

Allerta peronospora nei vigneti bresciani: più trattamenti e costi alle stelle

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L’anno scorso il caldo eccessivo, quest’anno l’esatto opposto: l’eccessiva pioggia. Le precipitazioni abbondanti dei mesi di maggio e di giugno hanno mandato in crisi una parte dell’agricoltura bresciana, in particolare i vigneti. Dove, in queste ultime settimane, si sta correndo ai ripari con trattamenti aumentati che, giocoforza, hanno fatto schizzare all’insù i costi di produzione. A preoccupare è, in particolare, la peronospora, malattia fungina tra le più aggressive, che si sta propagando anche a causa delle intense precipitazioni. A esserne colpiti sono soprattutto i vigneti dell’areale del lago di Garda, mentre in Franciacorta i danni sembrano più contenuti. Nel frattempo, proseguono i lavori di difesa in tutta la provincia. In particolare, a essere maggiormente interessate sono le aziende a biologico.

“Le criticità maggiori sono sulle sponde del lago di Garda – spiega Marco Penitenti, membro del consiglio di Confagricoltura Brescia e viticoltore gardesano –, con i viticoltori del Valtenesi e del Lugana che stanno combattendo per tenere sotto controllo la diffusione della peronospora. Malattia che ha trovato linfa vitale per le continue e prolungate piogge delle ultime settimane. In particolare le aziende biologiche stanno faticando a contenerla rispetto a quelle convenzionali. I viticoltori devono intervenire con molti trattamenti, quasi il doppio rispetto alla media stagionale per difendere il raccolto, con però un consistente aumento dei costi di produzione, a causa delle elevate risorse che devono allocare per i prodotti e per la manodopera necessaria per effettuare i trattamenti. Ma non solo, questi continui stop e rinvii dovuti alle piogge determinano ritardi e difficoltà nell’effettuare i lavori in campo”.

Criticità anche nei vigneti della Vallecamonica, in particolare nelle aree più a nord, dove la fioritura era maggiormente in ritardo.

Per tutti questi motivi il comparto del vino italiano ha bisogno non solo di interventi immediati, ma soprattutto di tutelare qualità e quantità della produzione nazionale nel futuro. È per questo che il monitoraggio e la prevenzione, con adeguati trattamenti da un lato e le nuove tecniche di evoluzione assistita (Tea) dall’altro, sono gli strumenti che, secondo Confagricoltura, devono essere alla base di strategie di medio-lungo periodo. “La nostra organizzazione – aggiunge Penitenti – sta chiedendo provvedimenti immediati sia a livello nazionale sia europeo per contrastare questa fitopatia. Il primo passo credo sia l’attivazione di un tavolo tecnico: si tratta di un problema che ha colpito un po’ in tutta Italia, con incidenze maggiori al sud e che per ora, nel nostro territorio, viene tenuto a fatica sotto controllo”.

“Peste suina alle porte di Brescia, bisogna abbattere subito i cinghiali”

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close photo of pig

La peste suina si avvicina pericolosamente ai confini bresciani. E gli allevatori di casa nostra sono in grandissimo allarme. Da quando, una settimana fa circa, sono state scoperte due carcasse di cinghiali infetti nel Pavese, a Bagnaria e a Ponte Nizza, nella Valle Staffora, i primi casi in Lombardia (fino a pochi giorni fa la zona rossa si estendeva alla provincia di Piacenza, mentre oggi sono undici i comuni coinvolti in provincia di Pavia). Ora la temibile infezione bussa alle porte di Brescia, distante solo 150 chilometri circa. Se l’infezione dovesse estendersi sarebbe, per l’economia agricola bresciana, un dramma e un danno enorme. Il settore suinicolo bresciano conta oltre 750 allevamenti per circa 1,2 milioni di capi e quasi trecento milioni di euro di valore complessivo alla produzione.

“Siamo oltremodo preoccupati – dichiara il consigliere di Confagricoltura Brescia Serafino Valtulini, allevatore di Orzivecchi -, le istituzioni si sono mosse ma evidentemente non basta o le azioni sono forse un po’ tardive. Non c’è più un solo minuto da perdere, come diciamo da tempo, per impedire alla peste suina di diffondersi tramite i cinghiali, che sono il primo vettore del virus: l’unico modo restano gli abbattimenti, non ci sono oggi altre strade percorribili nel breve periodo. Politica, imprese e associazioni di categoria devono lavorare unite per un unico obiettivo comune: tutelare e proteggere le zone a più alta intensità di capi suini allevati, come lo è il Bresciano”.

Lo scorso 21 giugno la commissione Agricoltura della Camera ha approvato una risoluzione sulla Psa, che prevede interventi di depopolamento del cinghiale tramite una maggiore attenzione all’attuazione del piano straordinario di contenimento della specie anche nelle aree non toccate dal virus ma vocate all’allevamento suinicolo, in modo da prevenirne l’arrivo. Non solo, il decreto legge 75 del 22 giugno ha introdotto nuove misure di contrasto alla peste suina, rafforzando la prevenzione e l’eradicazione della Psa e ampliando il raggio d’azione delle operazioni di contenimento dei cinghiali, oltre che le funzioni del commissario straordinario. A lui il compito di definire il piano straordinario delle catture a livello nazionale e regionale e la possibilità di prevedere procedure straordinarie (compreso l’affidamento a ditte specializzate) in caso di inerzia o mancato raggiungimento degli obiettivi da parte delle Regioni.

I suinicoltori di Confagricoltura Brescia si sono incontrati più volte nelle ultime settimane, chiedendo ufficialmente di “mettere in atto tutte le misure necessarie per ridurre il rischio che la malattia entri nella Pianura padana lombarda”, dove è allevato circa il 50% del patrimonio suinicolo nazionale, una delle principali filiere per le più famose Dop italiane. In caso di diffusione della peste suina anche in questo territorio, si determinerebbe un rischio sanitario diretto per la zootecnia bresciana, con danni economici pesantissimi stimati in circa 60 milioni di euro al mese in Lombardia (la sola provincia di Brescia rappresenta il primo distretto suinicolo all’interno della Lombardia, con il 31 per cento della quota produttiva regionale).

Peste Suina, allarme Cia: intervenire subito o sarà catastrofe per il mercato

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Il Centro di Referenza Nazionale, come riportato dal SIMAN – Sistema di Notifica Ufficiale delle Malattie Animali, ha confermato la positività di una carcassa di cinghiale alla Peste suina africana a Torre Bagnaria (Pavia), fatto questo che preannuncia una situazione di rischio catastrofe per il mercato suinicolo nazionale.

Paolo Maccazzola, presidente di Cia Lombardia, chiede un intervento immediato a Regione Lombardia: “La situazione è gravissima, serve arginare questa piaga prima che si arrivi al blocco della circolazione dei prodotti di derivazione suina. Non possiamo lasciare in mano ai cacciatori e alle guardie forestali tutta la responsabilità del contenimento, servono abbattimenti fatti in maniera mirata e soprattutto in temi rapidi.”

La zona del ritrovamento è a ridosso di Varzi, località famosa per il salame doc, ma il danno per il mercato suinicolo nazionale è potenzialmente elevatissimo. “La suinicoltura è il pilatro della zootecnia italiana,  il Made in Italy è a rischio: se gli allevamenti vengono bloccati c’è il rischio del collasso” spiega il presidente di Cia Lombardia, che aggiunge  “la Lombardia è la maggior produttrice di derivati da carne suina d’Italia e tra le principali del mondo, il danno potenziale è  incalcolabile.
Regione Lombardia si era già mossa per contenere il fenomeno del rischio di diffusione della PSA, Cia Agricoltori Lombardia chiede pertanto di intensificare in tempi rapidissimi i controlli e gli abbattimenti di cinghiali.   

Non c’è tempo da perdere, se non ci si muove per tempo sarà una catastrofe” conclude Paolo Maccazzola.

Grano duro, “con questi prezzi addio alla pasta italiana”

in Agricoltura e allevamento/Associazioni di categoria/Confagricoltura/Economia by

“Se non si riconosce valore ad un prodotto che ha elevati standard qualitativi, ma costi di produzione meno competitivi rispetto a Paesi esteri, sostenere la sovranità alimentare diventa uno slogan vuoto di significato”. Così il presidente Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini, nella riunione odierna del Tavolo frumento duro presso il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste alla presenza del ministro Francesco Lollobrigida. Secondo Cia, in Italia è sempre più a rischio la produzione agricola di grano duro -la più estesa per superficie nel Paese- materia prima per un prodotto di eccellenza del Made in Italy come la pasta. Il prezzo continua, infatti, a sprofondare, con un crollo delle quotazioni, che si aggira sui 380 euro a tonnellata, mentre nello stesso periodo del 2022 era di 550 euro/ton.I margini per le aziende agricole sono così troppo esigui ed è a rischio la prossima stagione di semine.
Cia segnala che stanno, invece, aumentando i prezzi dei prodotti trasformati all’interno della filiera e le esportazioni sono cresciute al ritmo del +5% nel 2022, per un valore totale di 3,7 miliardi. Per Cia è, dunque, necessario mettere in campo quelle azioni strutturali di cui si parla da anni per riequilibrare la catena del valore, che è oggi troppo penalizzante per gli agricoltori.

Cia pone l’attenzione sulla valorizzazione dell’origine del prodotto e chiede maggiori risorse da investire sui contratti di filiera che favoriscano le produzioni domestiche, incentivando la coltivazione del grano duro Made in Italy. Per una strategia di medio/lungo periodo Cia ritiene, inoltre, necessari forti investimenti in ricerca per aumentare le rese e favorire produzioni sempre più sostenibili anche in chiave ambientale. Il rafforzamento della filiera aumenterebbe così gli investimenti dei nostri produttori e ridimensionerebbe il ricorso all’import.

Secondo Fini bisogna dare una forte spinta propulsiva al comparto e ridurre drasticamente la dipendenza dal prodotto estero. Per implementare l’autosufficienza nazionale e aiutare le aziende a produrre più grano di qualità come richiesto dell’industria molitoria, occorre lavorare sulla trasparenza dei prezzi con il ripristino della CUN (Commissione Unica Nazionale) favorendo il dialogo interprofessionale ed è allo stesso tempo necessaria l’istituzione di Granaio d’Italia e del relativo Registro Telematico dei Cereali, che prevede azioni di contrasto verso i fenomeni speculativi. Si devono, infine, studiare con Ismea nuovi strumenti che certifichino i costi di produzione del grano duro. 

Allevatori contro industria casearia, Cia: “Inammissibile richiesta di abbassare prezzo latte”

in Agricoltura e allevamento/Economia by

Cia Agricoltori Lombardia – secondo quanto sottolinea una nota – considera “totalmente inammissibili le richieste di diverse aziende dell’industria casearia di rivedere, con un costo al ribasso, gli accordi che fissano il prezzo del latte alla stalla. Tali richieste nascono da alcune analisi delle suddette aziende che indicano una contrazione della domanda dell’8%, che giustificherebbero la necessità di un abbassamento del costo all’acquisto presso i produttori. Anche il fatto che il prezzo del latte spot sia sceso, raggiungendo oggi il prezzo di 48 centesimi al litro, secondo le aziende casearie dovrebbe essere motivo di abbassamento del costo di acquisto”.

Cia Agricoltori Lombardia, tramite il suo presidente Paolo Maccazzola, risponde a questi dati e spiega la posizione dell’associazione: “Non neghiamo la contrazione dei consumi, facciamo però notare che riguarda i consumatori diretti. Diversamente, il settore ho.re.ca mostra un aumento di consumi del 6%, una differenza quindi del 2-3% che è fisiologica nei mercati. La richiesta di rivedere gli accordi con un ribassamento dei prezzi è perciò inammissibile”.

Sul prezzo del latte spot è poi doveroso chiarire il diverso atteggiamento delle aziende casearie. Sempre Maccazzola: “Se vogliamo prendere il latte spot come indice di riferimento del mercatoallora vada fatto sempreNell’estate del 2022, ad esempio, il prezzo era di 70 centesimi al litro ma agli agricoltori veniva pagato in media 58 centesimi. Chiediamo maggiore correttezza, non solo quando conviene all’industria casearia.”

Fa inoltre notare Maccazzola che i costi di gestione per gli agricoltori non sono di certo scesi negli ultimi. “La spesa per l’energia si è sensibilmente ridotta, così come il prezzo del mais a livello internazionale, le altre materie proteiche quali i fieni, i trinciati e la soia e soprattutto il costo dei carburanti usati in agricoltura hanno mantenuto prezzi elevatissimi.”

“Non sussistono perciò le condizioni – conclude – non solo di rivedere i prezzi del latte, ma nemmeno di prendere in considerazione la proposta. “Costi di gestione e siccità sono problemi che stanno mettendo in serio pericolo l’agricoltura, le aziende alimentari dovrebbero capire che venirci incontro è fondamentale per salvare anche le loro attività.” conclude il presidente Paolo Maccazzola.
 


Cia Agricoltori Lombardia, tramite il suo presidente Paolo Maccazzola, risponde a questi dati e spiega la posizione dell’associazione: “Non neghiamo la contrazione dei consumi, facciamo però notare che riguarda i consumatori diretti. Diversamente, il settore ho.re.ca. mostra un aumento di consumi del 6%, una differenza quindi del 2-3% che è fisiologica nei mercati. La richiesta di rivedere gli accordi con un ribassamento dei prezzi è perciò inammissibile”.

Sul prezzo del latte spot è poi doveroso chiarire il diverso atteggiamento delle aziende casearie. Sempre Maccazzola: “Se vogliamo prendere il latte spot come indice di riferimento del mercatoallora vada fatto sempreNell’estate del 2022, ad esempio, il prezzo era di 70 centesimi al litro ma agli agricoltori veniva pagato in media 58 centesimi. Chiediamo maggiore correttezza, non solo quando conviene all’industria casearia.”

Fa inoltre notare il presidente Maccazzola che i costi di gestione per gli agricoltori non sono di certo scesi negli ultimi. “La spesa per l’energia si è sensibilmente ridotta, così come il prezzo del mais a livello internazionale, le altre materie proteiche quali i fieni, i trinciati e la soia e soprattutto il costo dei carburanti usati in agricoltura hanno mantenuto prezzi elevatissimi.”

Non sussistono perciò le condizioni non solo di rivedere i prezzi del latte, ma nemmeno di prendere in considerazione la proposta. “Costi di gestione e siccità sono problemi che stanno mettendo in serio pericolo l’agricoltura, le aziende alimentari dovrebbero capire che venirci incontro è fondamentale per salvare anche le loro attività.” conclude il presidente Paolo Maccazzola.
 

Regione, 3,5 milioni per le aziende agricole sentinelle dell’ambiente

in Agricoltura e allevamento/Economia/Istituzioni/Regione by

Regione Lombardia finanzia, con circa 3,5 milioni di euro, 173 progetti per le aziende agricole nell’ambito del Programma di Sviluppo Rurale, destinati a interventi per migliorare la gestione delle acque e alla conservazione della biodiversità.

Lo comunica l’assessore all’Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste di Regione Lombardia, Alessandro Beduschi, annunciando i finanziamenti previsti dal PSR con i bandi 2022, rispettivamente 564.000 euro per 63 domande nell’ambito dell’operazione 4.4.01  ‘Investimenti non produttivi finalizzati prioritariamente alla conservazione della biodiversità’ e 2,8 milioni di euro per 110 domande sull’operazione 4.4.02 ‘Investimenti non produttivi finalizzati prioritariamente alla migliore gestione delle risorse idriche’.

“Con questi fondi – prosegue l’assessore Beduschi – le aziende potranno finanziare diversi progetti, come la piantumazione di siepi e filari, la realizzazione di protezioni e recinzioni per salvaguardare la presenza di specie selvatiche, ma anche per costituire ‘fasce tampone’ boscate, recuperare fontanili per poter disporre di acqua sorgiva di ottima qualità o realizzare zone umide e pozze che consentano il mantenimento della flora e della fauna o installare il cosiddetto biobed, che impedisce la dispersione nel terreno e nelle falde di prodotti fitosanitari”.

“Con le due misure finanziate – conclude Beduschi – Regione Lombardia conferma la sua attenzione alle imprese agricole che presidiano il territorio, il paesaggio e l’habitat naturale e che con i loro progetti ci confermano di voler essere protagoniste per preservare e recuperare ambienti ad alto valore naturalistico, oltre che a considerare l’acqua come un bene sempre più prezioso e da tutelare”.

RIPARTO PER PROVINCE

Provincia totale domande e importo:

– Bergamo (14 domande) 324.900 euro;

– Sondrio (29 domande) 106.495 euro;

– Milano (14 domande) 283.920 euro;

– Pavia (66 domande) 1.813.415 euro;

– Lecco (5 domande) 100.100 euro;

– Como (3 domande) 32.400 euro;

– Mantova (13 domande) 106.000 euro;

– Brescia (18 domande) 389.000 euro;

– Lodi (8 domande) 193.000 euro;

– Cremona (3 domande) 80.670 euro.

TOTALE 3.430.000 euro

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