Magazine di informazione economica di Brescia e Provincia

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Tendenze - page 52

Il mare è un’industria: in Italia 7.680 imprese balneari

in Ambiente/Economia/Tendenze/Turismo by

Estate 2017, in Italia si contano 7.680 attività che gestiscono stabilimenti sulle spiagge dei nostri mari, sulle rive dei laghi e sulle sponde dei fiumi o noleggiano pedalò e canoe, oltre al classico ombrellone-sdraio, un settore in crescita dell’1,9% in un anno. Tra le province più attrezzate, Rimini è prima con 441 imprese, 5,7% italiano e +0,5% in un anno, seguita da Napoli con 434 attività (5,7%) e Savona con 422 (5,5%). Tra le prime dieci aree per numero di imprese, crescono soprattutto Cosenza (+8,1%), Teramo (+7,3%), Salerno (+3,4%) e Roma (+3%). Emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati registro imprese anni 2016 e 2015 relativi alle sedi di imprese attive.

Il settore in Italia per regione. Emilia Romagna (13,4% nazionale), Toscana (12,6%) e Campania (11,3%) le regioni che trainano il settore con rispettivamente 1.028, 968 e 866 imprese. Tra le regioni che crescono di più in un anno la Calabria (+8,6%) e l’Abruzzo (+5,4%).

La Lombardia cresce del 1,2% con Milano (59 sedi impresa di cui 46 attive nel noleggio) e i laghi che bagnano i territori di Brescia (39) e Como (20).

Barche made in Italy: +2,2% l’export nel 2016 per una cifra che supera 1,7 miliardi. Unione Europea (666 milioni di euro e 38,3% del totale, +34% in un anno) e mercato nordamericano (435 milioni, 25% del totale e +23% tra 2015 e 2016) i principali clienti. Si è diretto verso gli Stati Uniti il 23% dell’export italiano per 402 milioni di euro, in crescita del 17,7%. Tra i primi Paesi acquirenti anche Francia (318 milioni, 18,3%, +131% in un anno) e Malta (192 milioni, 11% e +33%). In crescita anche il Canada, +167%. Emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati Istat anni 2015-2016.

Turismo, a Brescia le imprese sono 794

in Economia/Evidenza/Partner/Tendenze/Turismo by

L’anno 2017 a Milano può contare su 1.259 strutture ricettive attive sul territorio, circa una su tre in Lombardia, in crescita del 4,7% dal 2015 al 2016. La ricettività milanese offre 801 alberghi (+1,6%), 372 tra bed & breakfast e residence (+12,4%) e 25 imprese che si occupano di gestione di villaggi turistici e ostelli (+19%). Emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati del registro imprese relativi al settore turistico alberghiero anni 2016 e 2015.

Settore turismo in Lombardia. Sono 4.065 le strutture ricettive attive in regione, una su dodici in Italia, in crescita del 6% in un anno. Crescono del +20,7% i bed & breakfast e residence. Il maggior numero di strutture alberghiere e turistiche è a Milano (1.259). Seguono Brescia con 794 imprese e Sondrio con 626. In un anno la crescita maggiore va a Sondrio (+15,3%), seguita da Varese, +9,3%. Lodi e Lecco crescono del +8%, Cremona e Monza del +6%.

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Articoli sportivi, business in crescita anche nel Bresciano

in Economia/Partner/Tendenze by

Articoli sportivi: lombarda un’impresa italiana su cinque nella produzione e oltre 216 milioni di commercio estero, questi i numeri della Lombardia che ama lo sport. L’interscambio con il mondo è in crescita, +3,4% in un anno e vede un aumento dell’export del 6,9%. Milano eccelle nell’export con 42 milioni circa di euro, con 41,6% sul totale e in forte crescita del 43,3%, seguita da Mantova (24,6 milioni, il 24,6% del totale lombardo) e da Bergamo (6,7 milioni, 6,7%). Nell’import prima Milano (78,7 milioni di euro, +0,3%). Vengono poi Monza e Brianza (con 11 milioni) e Bergamo (7,7 milioni). Mentre Brescia in un anno è passata da 3,1 milioni a 3,6 di export, con l’import stabile attorno a quota 4. Emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati registro imprese 2017 e Istat  2016 e 2015.

I Paesi partner degli scambi lombardi. Gli articoli sportivi lombardi sono particolarmente apprezzati in Francia (32,7% del totale, +23% in un anno), Stati Uniti (14% e +45% in un anno) e Svizzera (5,3%) mentre il 29,3% dell’import viene dalla Cina (+7,7%), il 19,5% dalla Francia e il 12% dai Paesi Bassi.

Imprese lombarde dello sport. Sono 146 le imprese attive in Lombardia nella produzione di articoli sportivi, il 19,2% del totale italiano di settore che è di 761. Milano con 39 attività, Bergamo e Brescia con 18, Varese con 16 e Monza e Brianza con 11 si piazzano tutte tra le prime 20 province italiane in una classifica che vede prima Treviso, seguita da Milano, Torino e Genova.

Dati export articoli sportivi in Lombardia
Dati export articoli sportivi in Lombardia

Artigianato, in Lombardia crescita più timida che a Brescia

in Artigianato/Associazioni di categoria/Economia/Evidenza/Tendenze/Uncategorized by

Presentati stamane in Unioncamere a Milano i dati relativi all’andamento dell’artigianato nel secondo trimestre di quest’anno dati ben diversi da quelli bresciani diffusi ieri da Aib, che davano conto di una vistosa crescita a fronte di una decelerazione della produzione regionale rispetto alle analisi di fine 2016 e inizio 2017.

La produzione artigiana lombarda consegue un risultato in linea con l’ipotesi di stazionarietà dei livelli produttivi, registrando una variazione congiunturale della produzione del +0,2%.  In questo contesto l’occupazione, che reagisce in ritardo rispetto alle dinamiche produttive, presenta un saldo positivo per l’artigianato , con il +0,7%.

Le aspettative per il prossimo trimestre per la domanda sia interna che estera sono in flessione, pur rimanendo in area positiva, come anche le aspettative per l’occupazione. Migliorano invece le aspettative sulla produzione, segno che gli imprenditori lombardi interpretano lo stop produttivo del secondo trimestre più come fenomeno episodico che come possibile punto di svolta.

I dati presentati stamane presso Unioncamere Lombardia a Milano derivano dall’indagine relativa al secondo trimestre 2017 che ha riguardato un campione di più di 2.800 aziende manifatturiere, suddivise in imprese industriali (oltre 1.600 imprese) e artigiane (quasi 1.200 imprese).

Nel secondo trimestre 2017 si registra una decelerazione tendenziale della crescita della produzione delle aziende artigiane manifatturiere.  Per le aziende artigiane l’indice della produzione è a quota 95,6 (dato destagionalizzato, base anno 2010=100), rimanendo ancora sotto quota 100.

Per l’artigianato il secondo trimestre è globalmente positivo, ma quattro settori della manifattura artigiana evidenziano un calo produttivo su base annua: carta-stampa -2,2%, pelli-calzature -1,8%, abbigliamento -1,3% e legno-mobilio -1,1%.

Registrano gli incrementi maggiori i settori della meccanica e della siderurgia (+4,4%), seguiti da gomma-plastica (+2,2%), manifatturiere varie (+1,4%), alimentari e minerali non metalliferi (+1,1% entrambi). Il settore tessile registra una variazione quasi nulla (+0,1%).

Tutte le dimensioni di impresa artigiana evidenziano una crescita della produzione rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno e con intensità crescente all’aumentare del numero di addetti: se per le imprese manifatturiere artigiane con un numero di addetti compreso tra 3 e 5 la variazione è solo leggermente positiva (+0,5%), per le imprese con 6-9 addetti (+1,9%) e con 10 addetti e oltre (+3,4%) la crescita su base annua è più marcata.

Nell’artigianato è del 45% la quota di aziende in crescita e stabile, al 29% quella delle aziende in contrazione. In questo caso cresce ed ha un valore più significativo la quota di imprese artigiane che non registrano variazioni (26%). Il fatturato a prezzi correnti cresce ancora su base annua, ma la decelerazione è più evidente su base annua (+1,6%). Dal punto di vista congiunturale il risultato è peggiore con una piccola contrazione (-0,3%).

Le imprese artigiane avvertono la decelerazione congiunturale della domanda interna registrando un +0,5% rispetto al trimestre precedente, risultato sufficiente a mantenere la crescita tendenziale all’1,7%. La domanda estera delle imprese artigiane mostra una maggiore tenuta, associando alla crescita tendenziale dell’1,7% un incremento dello 0,9% rispetto al trimestre precedente. Il canale estero per le imprese artigiane svolge sempre un ruolo marginale, con la quota del fatturato estero sul totale pressoché stabile al 6,6%.

Bene l’occupazione: il tasso d’ingresso torna ai livelli massimi del 2015 (2,5%), mentre le uscite si fermano all’1,8%, portando a un incremento del saldo positivo (+0,7%). Per gli artigiani si riduce il ricorso alla Cassa Integrazione con una quota di aziende che scende al 2,5% una quota sul monte ore dello 0,3%. Per le aziende artigiane l’utilizzo degli impianti conferma la tenuta dei livelli produttivi sfiorando il 70% e crescendo rispetto al trimestre precedente.

 

Le aziende artigiane manifestano segnali di scarsità riguardo il livello delle scorte dei prodotti finiti (-6,7% il saldo), con la percentuale di imprese che giudica le scorte adeguate stabile intorno al 36%. La quota di aziende artigiane che dichiara di non tenere scorte è molto più elevata rispetto all’industria (51%). Per quanto attiene alle materie prime, gli artigiani segnalano scorte adeguate nel 59% dei casi, con una prevalenza più marcata dei giudizi di scarsità (-9% il saldo). La quota di artigiani che dichiara di non tenere scorte è stabile e più elevata rispetto all’industria, raggiungendo il 23%.

Secondo le imprese artigiane siamo in presenza di una decelerazione dei prezzi dei materiali per la produzione, che crescono del 2% in questo trimestre. Allo stesso modo i prezzi dei prodotti finiti aumentano dello 0,9%, in rallentamento rispetto al +1,1% dello scorso trimestre.

Le aspettative di produzione e occupazione flettono leggermente con una stabilizzazione dei saldi in area negativa, mentre sul versante della domanda anche le aspettative degli artigiani sono in peggioramento, con una svolta negativa per la domanda interna e un contrazione del saldo ancora positivo per la domanda estera.

Secondo trimestre, crescono ancora manifatturiero e artigianato

in Aib/Artigianato/Associazione Artigiani/Associazioni di categoria/Confartigianato/Economia/Manifatturiero/Tendenze by

Nel secondo trimestre del 2017 – rileva una nota del Centro Studi AIB – l’attività produttiva delle imprese manifatturiere bresciane mette a segno un nuovo incremento, a conferma della fase di consolidamento della ripresa dell’industria locale. La tendenza positiva, in atto dal primo trimestre del 2015, si inquadra in un clima di rafforzamento dell’economia nazionale: l’Italia ha agganciato, sebbene da inseguitrice, la ripresa mondiale in atto, i cui ritmi, grazie al contributo congiunto di economie avanzate ed emergenti, risultano i più alti dall’inizio della crisi.

Nel dettaglio, la produzione industriale registra un incremento congiunturale dell’1,8%; il tasso tendenziale (ossia la variazione dell’indice nei confronti dello stesso periodo dell’anno scorso) risulta non negativo per la quindicesima rilevazione consecutiva (+3,6%) ed è il più alto dal primo trimestre 2016. Il tasso acquisito, ovvero la variazione media annua che si avrebbe se l’indice della produzione non subisse variazioni fino alla fine del 2017, è pari a +3,2%. Il recupero dai minimi registrati nel 3° trimestre 2013 è pari a oltre il 13%, mentre la distanza dal picco di attività pre-crisi (primo trimestre 2008) si attesta intorno al 22%.

L’artigianato manifatturiero bresciano – secondo l’Ufficio Studi e Statistica della Camera di Commercio di Brescia – chiude il secondo trimestre dell’anno con nuovi risultati positivi che consolidano la buona performance già evidenziata dalla seconda metà del 2016. Da aprile a giugno la produzione artigiana ha segnato una variazione positiva, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, pari a 4,0%, il fatturato realizza un incremento ancora più significativo (+4,8%), il tasso di utilizzo degli impianti sale al 68,9% e gli ordini sono aumentati del 3,5%. Dal confronto territoriale, inoltre, emerge che l’artigianato bresciano ha conseguito risultati migliori della media lombarda.

Il quadro si conferma positivo anche da un punto di vista congiunturale. Al netto degli effetti stagionali, la produzione è aumentata, infatti, rispetto al trimestre precedente dell’1,1%, gli ordini dell’1,9%. Si conferma, anche, l’accelerazione del fatturato che cresce dell’1,4%.

I principali indicatori dell’industria:

§  Con riferimento ai settori, l’attività produttiva è aumentata significativamente nei comparti: metallurgico e siderurgico (+3,3%), meccanica tradizionale e costruzione di mezzi di trasporto (+2,5%), agroalimentare e caseario (+2,1%); è cresciuta con minore intensità nel tessile (+1,2%), nella meccanica di precisione e costruzione di apparecchiature elettriche (+1,0%), nell’abbigliamento (+0,9%), nei materiali da costruzione ed estrattive (+0,9%), nel chimico, gomma, plastica (+0,5%), nel legno e mobili in legno (+0,5%). E’ rimasta sostanzialmente invariata nel carta e stampa e nel maglie e calze, mentre è diminuita nel calzaturiero (-1,2%).

§  Le vendite sul mercato italiano sono aumentate per il 41% delle imprese, diminuite per il 42% e rimaste invariate per il 17%. Le vendite verso i Paesi comunitari sono incrementate per il 25% degli operatori, scese per il 18% e rimaste stabili per il 57%; quelle verso i Paesi extra UE sono cresciute per il 26%, calate per il 19% e rimaste invariate per il 55% del campione.

§  I costi di acquisto delle materie prime sono diminuiti per il 29% delle imprese, con un incremento medio dello 0,7%. I prezzi di vendita dei prodotti finiti sono stati rivisti al rialzo dal 18% degli operatori, per una variazione media dello 0,1%.

§  Le aspettative a breve termine appaiono coerenti con la prosecuzione della fase di espansione del manifatturiero provinciale. La produzione è prevista in aumento da 38 imprese su 100, stabile dal 49% e in flessione dal rimanente 13%.

§  Gli ordini provenienti dal mercato interno sono in aumento dal 20% degli operatori, stabili dal 55% e in calo dal 15%; quelli dai Paesi UE sono in crescita per il 23% degli operatori del campione, invariati per il 70% e in flessione per il 7%; quelli provenienti dai mercati extracomunitari sono in incremento per il 23% delle imprese, stabili per il 68% e in diminuzione per il 9%.

I principali indicatori dell’artigianato:

§  Il fatturato del comparto artigiano segna una dinamica congiunturale positiva e in accelerazione (pari all’1,4% contro lo 0,8% del trimestre scorso). Ancora più intensa la variazione rispetto allo stesso periodo dello scorso anno (+4,8%), sostenuta dal fatturato interno (+3,5%). La dinamica del fatturato segue da vicino quella della produzione, seppur con maggiore intensità. Dal 2° trimestre del 2016 il fatturato ha seguito un trend ininterrottamente positivo, forse anche per effetto della ripartenza dei prezzi, che ha consentito di recuperare i livelli persi negli anni della crisi e di accorciare, pertanto, la distanza dai livelli pre-crisi.

§  Gli ordini sono cresciuti del 3,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, trainati da entrambe le componenti interna ed estera. Gli ordini provenienti dal mercato interno, rispetto al primo trimestre dello scorso anno, hanno conseguito un buon risultato pari al 3,1%. Buona la dinamica degli ordini esteri (+8,0%) anche se nell’artigianato, rappresentano una quota assai ridotta.

§  Al netto degli effetti stagionali, l’occupazione chiude il secondo trimestre con una nuova variazione positiva (+1,0%) che conferma il trend di leggera crescita in corso da fine 2015. Diminuisce anche il ricorso alla Cassa Integrazione: la quota di imprese che ne ha fatto ricorso si colloca all’1,5 % contro il 5,9% del trimestre scorso.

§  Le attese degli imprenditori per il terzo trimestre dell’anno sono moderatamente negative con riferimento alla produzione, alla domanda interna ed al fatturato. Stabili, invece, le attese sull’occupazione. Le uniche prospettive ottimistiche riguardano la domanda estera.

L’indagine

L’Indagine AIB viene effettuata trimestralmente su un panel di 250 imprese associate appartenenti al settore manifatturiero. L’indagine sull’artigianato della Camera di Commercio, la cui fonte è l’indagine congiunturale Unioncamere Lombardia, ha coinvolto 197 imprese della provincia, pari a una copertura campionaria del 100%.

Crescono le imprese nel settore sicurezza

in Economia/Servizi/Tendenze by

Quando si parte per le vacanze estive si pensa anche alla sicurezza della casa. Porte blindate, sistemi di allarme e vigilanza: sono 1.761 le imprese nel settore della sicurezza in Lombardia al 2016 (circa un quinto del totale italiano), +2% rispetto all’anno precedente. Crescono in particolare le attività di installazione e manutenzione di impianti elettronici (+21 imprese) e i servizi di vigilanza e investigazione (+16). Calano invece quelle specializzate nella fabbricazione di casseforti, forzieri, porte metalliche blindate (-2). La maggior concentrazione di “imprese della sicurezza” si registra a Milano con 705 (+2,8%), seguono Brescia con 193 (+1,6%) e Monza e Brianza con 181 (+3,4%). In un anno il settore sicurezza cresce soprattutto a Lodi, +12,1%, Sondrio, +10% e Como, +5,8%. Emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati registro delle imprese negli anni 2016 e 2015 relativi alle sedi di impresa attive.

Ma chi sono i bodyguard e i detective lombardi? I titolari di servizi di vigilanza ed investigazione in Lombardia sono in prevalenza uomini (sono femminili il 5,6% delle imprese), giovani in oltre un caso su venti (6,4% sono imprese con titolari con meno di 35 anni) e il 3,8% è nato all’estero. In Italia 8.987 imprese. In un anno le imprese crescono del 1,6%. Prime tra le province: Roma con l’8,2% nazionale, specializzata soprattutto in fabbricazione di casseforti e porte blindate (37 attività) e servizi di vigilanza (326), poi Milano con il 7,8% nazionale, che si distingue per installazione e manutenzione di impianti elettronici (444), Napoli con il 4,8% nazionale, che conta 235 servizi di vigilanza e investigazione, e Torino con il 4,1% nazionale. Tra le prime 20 cresce di più Treviso (+9,3%).

E le casseforti italiane si esportano anche all’estero: oltre 42 milioni di euro nel 2016. Tra i principali clienti Francia, Regno Unito e Svizzera. Da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati Istat 2016 e 2015.

Istat, dilaga la povertà in Italia. 4,7 milioni non arrivano a fine mese

in Economia/Evidenza/Tendenze by
Il contrasto fra ricchezza e povertà

Il dato arriva dall’Istituto nazionale di statistica (Istat) che ha pubblicato oggi il report “La povertà in Italia” relativo al 2016. Se il numero di famiglie in povertà assoluta torna ai livelli del 2013 (quando erano 1 milione 615mila), il numero degli individui registra invece il valore più alto dal 2005: ciò è avvenuto – spiega l’Istituto di statistica – perché la povertà assoluta si è ampliata tra le famiglie con 4 componenti e oltre e tra quelle con almeno un minore. Il numero delle persone povere si conferma in crescita nel Centro (da 5,6% del 2015 a 7,3% del 2016) e nel Mezzogiorno, che fa segnare il valore più elevato (9,8%).

Tra le persone in povertà assoluta si stima che le donne siano 2 milioni 458mila (7,9%), i minori 1 milione 292mila (12,5%), i giovani di 18-34 anni 1 milione e 17mila (10,0%) e gli anziani 510mila (3,8%).La condizione dei minori è in netto peggioramento – nel 2005, l’incidenza della povertà assoluta era al 3,9% – come quella dei giovani, per i quali il valore è più che triplicato rispetto al 2005 (10,0% contro 3,1%). L’incidenza della povertà assoluta cresce nel tempo anche fra gli adulti tra i 35 e i 64 anni (da 2,7% del 2005 a 7,3%) mentre è in diminuzione tra gli anziani (4,5% nel 2005). Nel 2016 peggiorano le condizioni delle famiglie con tre o più figli minori: l’incidenza della povertà assoluta sale a 26,8% da 18,3%. Si confermano livelli elevati di povertà assoluta per le famiglie con 5 o più componenti (17,2%), soprattutto se coppie con tre o più figli (14,7%).Incide anche il titolo di studio: se la persona di riferimento della famiglia è almeno diplomata, l’incidenza della povertà assoluta è pari a 4%, circa la metà di quella rilevata per chi ha conseguito al massimo la licenza elementare (8,2%). Tra le famiglie degli operai la povertà si attesta a 12,6% (quasi il doppio rispetto al 6,9% di quelle la cui persona di riferimento è un dipendente), e raggiunge il valore massimo tra quelle con persona di riferimento in cerca di occupazione (23,2%). L’incidenza della povertà assoluta si attesta su valori molto elevati tra le famiglie con componenti stranieri: 25,7%, con il Mezzogiorno a sfiorare il 30%.Nel 2016, si stima siano 2 milioni 734mila le famiglie in condizione di povertà relativa (10,6% tra tutte le famiglie residenti), per un totale di 8 milioni 465mila individui (14%). La povertà relativa si basa su una soglia convenzionale che individua il valore di spesa per consumi al di sotto del quale una famiglia viene definita povera in termini relativi. L’incidenza della povertà relativa risulta stabile rispetto al 2015 in termini di famiglie (da 10,4 a 10,6%) e di persone (da 13,7 a 14,0%).

I dati odierni hanno scatenato molte polemiche: associazioni di consumatori e per i diritti come lo “Sportello dei Diritti” osserva che il problema della povertà non affligge più solo l’Africa, e tutti gli altri paesi, che insieme a questo, godono di un aggettivo detto “paese del terzo mondo”. Non solo più queste zone sono afflitte da una povertà insaziabile ma anche nel nostro, vi sta sempre di più dilagando. E’ proprio riguardo al nostro paese Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, si fa portavoce del grande disagio sociale che colpisce intere famiglie con numeri elevati di figli o anziani che devono far conto solo sulla loro esigua pensione. Infatti, l’Italia è tra i paesi europei che, tra il 2008 e il 2015, hanno registrato i maggiori aumenti del rischio di povertà ed esclusione sociale. I bambini in povertà sono 1 su 8 e che i poveri sono quasi raddoppiati dall’inizio della crisi: erano 2.427.000 nel 2007. “Sono numeri enormi, la politica si muova”, ha detto anche Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza episcopale italiana (Cei).

Poveri
Poveri

 

Welfare, due bresciani su tre andrebbero all’estero dopo la pensione

in Economia/Evidenza/Tendenze by
Pensione

Dopo la pensione? La valigia. Perché di fronte alla prospettiva di assegni sempre più bassi, quasi due bresciani su tre (62%) si dicono disposti addirittura a trasferirsi all’estero per poter mantenere uno stile di vita simile a quello attuale e trovare un ambiente e servizi più adatti alla terza età, senza trascurare la possibilità di fare nuove, piacevoli esperienze.

È il quadro che emerge dall’Osservatorio di Reale Mutua dedicato al welfare1.

Più della metà dei bresciani (66%), infatti, teme che la propria pensione non sarà sufficiente a mantenere un tenore di vita adeguato una volta usciti dal mondo del lavoro, e un ulteriore 24% vede molta incertezza all’orizzonte.

Fra i principali timori, quello di non poter sostenere le spese mediche di cui si potrebbe aver bisogno andando in là con gli anni (52%), non riuscire a dare sostegno economico a figli e nipoti (30%), dover gravare economicamente sulla famiglia anche per le necessità quotidiane (30%), o persino cadere in povertà assoluta (28%).

Non si tratta solo di pessimismo. A gettare ombre sul futuro pensionistico degli abitanti di Brescia sono anche le difficoltà del presente, a partire dal timore di imprevisti e spese straordinarie, che costringano a metter mano al portafoglio anzitempo (60%) o una generale difficoltà a risparmiare per la vecchiaia (40%). Preoccupano anche la precarietà del lavoro (28%) e l’instabilità dello scenario economico (38%) e normativo (22%) del momento.

Ma quali sono le misure di welfare a cui guardano i bresciani per integrare la pensione e prepararsi agli anni della vecchiaia? Più della metà degli abitanti di Brescia (64%) punterebbe sulla previdenza complementare: di questi, il 59% con un fondo pensione, il 31% con un piano individuale di risparmio e il restante 9% stipulerebbe una polizza assicurativa. Ciò che conta, dicono gli abitanti di Brescia, è pensarci per tempo, fin da giovani (26%) o da quando si inizia la propria carriera lavorativa (50%).

Se un bresciano su tre (34%) investirebbe nel mattone, per il 26% la soluzione è tenere i soldi sul proprio conto corrente, mentre per un ulteriore 10% la soluzione è investire i propri risparmi sul mercato finanziario.

Ma a chi si rivolgono gli abitanti di Brescia per farsi consigliare? %). Il 46% si affiderebbe a un consulente, mentre il 30% si muoverebbe in maniera autonoma, cercando informazioni sul web (12%) o decidendo da sé (18%). Un ulteriore 24% si rivolgerebbe all’agente assicurativo, il 22% alla propria banca, mentre per il 18% le figure di riferimento sono familiari, colleghi o amici.

Indagine CAWI condotta dall’istituto di ricerca Nextplora  per Reale Mutua. su un campione rappresentativo della popolazione italiana per quote d’età, sesso ed area geografica.

 

 

Box auto, a Brescia compravendite in crescita e prezzi in calo

in Economia/Tendenze by
Box e posti auto

Nel corso del 2016, in Italia, si sono comprati e venduti 307.640 box e posti auto. Il dato relativo al primo trimestre del 2017 mostra transazioni in aumento: +8,7% le compravendite complessive di box e posti auto rispetto al I trimestre 2016, per un numero pari a 71.605. A dirlo è una nota del centro studi di Tecnocasa.

Nel secondo semestre del 2016, però nelle grandi città i prezzi dei box sono diminuiti dello 0,8%, quelli dei posti auto dell’1,6%. A Brescia si è verificato uno dei cali più significativi della Lombardia: meno 3,4 per cento per i box e meno 4 per cento per i posti auto scoperti (a fronte di un valore bergamasco sostanzialmente stabile).

Continua quindi il ribasso dei valori di queste tipologie che hanno visto ridimensionarsi la domanda in seguito alla crisi immobiliare. Ancora una volta la diminuzione più importante si registra a Genova, proprio una delle grandi città il cui mercato immobiliare è  ancora in sofferenza.

I valori più alti si registrano sempre nelle zone centrali dove comunque l’offerta di box non è elevata, ci sono difficoltà di parcheggio e, spesso, immobili storici privi o con pochi box.

Vendite porta a porta, in Lombardia valgono 250 milioni di euro

in Economia/Servizi/Tendenze by

+Nel 2016 è ancora una volta la Lombardia la regione leader della vendita a domicilio con un fatturato di 249 milioni 813mila euro. Lo conferma la rilevazione del Centro Studi Univendita sulle proprie aziende associate: il risultato lombardo rappresenta il 15,2% delle vendite nazionali, che hanno raggiunto nel 2016 la cifra di 1 miliardo 643 milioni di euro (+2,6% rispetto all’anno precedente).

Nel Nord Ovest, che vale il 25,8% del fatturato nazionale, la Lombardia è di gran lunga la regione che “pesa” di più (Piemonte/Valle dVendite porta a porta, in Lombardia valgono 250 milioni di euro’Aosta e Liguria valgono rispettivamente il 7,8% e il 2,8%). Nella classifica del fatturato della vendita a domicilio la Lombardia è seguita da Campania (168 milioni di euro) e Veneto (156 milioni di euro). Se si guarda alle aree geografiche, è il Sud e Isole a guidare la classifica con il 35,2% del fatturato (578 milioni di euro); seguono Nord Ovest (424 milioni di euro), Nord Est (353 milioni di euro) e Centro (288 milioni).

Quanto agli addetti alla vendita, nel 2016 in Lombardia hanno operato 24.800 venditori a domicilio, pari al 15,8% del totale italiano (157mila addetti). Nella classifica della presenza dei venditori la Lombardia è seguita da Campania (con 22.100 addetti) e Sicilia (con 20.700 addetti). Guardando alle aree geografiche è al Sud e Isole che nel 2016 si è concentrato il maggior numero di venditori (74.400 addetti pari al 47,4% del totale); seguono il Nord Ovest con 37.000 addetti, il Nord Est con 23.200 addetti e il Centro con 22.300 addetti.

Univendita

Univendita è la maggiore associazione del settore che riunisce l’eccellenza della vendita diretta a domicilio. All’associazione aderiscono 18 aziende: AMC Italia, Avon Cosmetics, bofrost* Italia, CartOrange, Conte Ottavio Piccolomini d’Aragona, Dalmesse Italia, Fi.Ma.Stars, Jafra Cosmetics, Just Italia, Lux Italia, Nuove Idee, Ringana Italia, Tupperware Italia, Uniquepels Alta Cosmesi, Vast & Fast, Vorwerk Contempora, Vorwerk Folletto, Witt Italia che danno vita a una realtà che mira a riunire l’eccellenza delle imprese di vendita diretta a domicilio con l’obiettivo di «rafforzare la credibilità e la reputazione del settore tra i consumatori e verso le istituzioni». Univendita aderisce a Confcommercio. La vendita diretta in Italia ha fatturato complessivamente 3,6 miliardi di euro nel 2016. Univendita, con oltre 1,6 miliardi pari al 46% del valore dell’intero comparto, rappresenta quasi la metà del mercato (fonte: Format Research, marzo 2017).

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