Magazine di informazione economica di Brescia e Provincia

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Tendenze - page 50

Farmaceutico, nel Bresciano oltre 500 le imprese del settore

in Economia/Nuove imprese/Partner/Salute/Solidarietà/Tendenze by

Sono 25 mila le imprese dei settori coinvolti in Italia tra farmaceutico, biomedicale e biotech, con 165 mila addetti e 33 miliardi di fatturato, secondo i dati della Camera di commercio di Milano, Monza Brianza e Lodi. A settembre 2017 continuano a crescere le imprese, per il terzo anno consecutivo. In Lombardia sono 5 mila le imprese con 53 mila addetti e affari da 16 miliardi. Milano pesa con 2 mila imprese oltre un terzo del fatturato dei settori, con 12 miliardi e il 20% degli addetti, 33 mila. Circa la metà del business farmaceutico nazionale si concentra nel capoluogo lombardo (circa dieci miliardi). Si tratta per la maggior parte di imprese impegnate nel biomedicale, con 18 mila nazionali nella fabbricazione di strumenti medicali, di cui oltre 3 mila in Lombardia e oltre mille a Milano. Ci sono poi 4 mila imprese di ricerca e sviluppo sperimentale nel campo delle biotecnologie e scienze naturali, di cui 849 in Lombardia e 482 a Milano. Infine la fabbricazione farmaceutica con 755 imprese nazionali, di cui 319 in Lombardia e 247 a Milano.

In Lombardia. Prima Milano con 2064 imprese, seguita da Brescia (502), Bergamo (451), Monza e Varese (oltre 400). Per addetti prima Milano con 33 mila, poi Monza con quasi 5 mila e Varese, quasi 4 mila. A Bergamo quasi 3 mila addetti, a Como circa 2 mila e 500, a Brescia circa 2 mila e 200.

In Italia. Prima per imprese Roma (2099), poi Milano (2.064), Torino (1.189), Napoli (821), Bari (662), Firenze (603). Per addetti prima Milano con 33 mila, poi Roma con 15 mila, Belluno con 11 mila, Firenze con oltre 7 mila, Latina con 6 mila, Torino con 5 mila.

Marocco, scambi in crescita: Brescia prima in Lombardia per import

in Economia/Export/Tendenze by
Scambi economici tra Brescia e Marocco

L’interscambio Lombardo con il Marocco raggiunge i 259 milioni nei primi sei mesi del 2017 su 1,5 miliardi in Italia. L’export ha inciso per 207 milioni, -7,3% in un anno, a fronte di 51 milioni di import, +33,7%. Milano è prima sia per export (con 69 milioni) che per import (22 milioni) seguita da Bergamo per export (29 milioni) e Brescia per import (9 milioni). In un anno cresce l’export soprattutto da Cremona (+68%) mentre Mantova registra un +74% nell’import. Emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano, Monza Brianza e Lodi su dati Istat al secondo trimestre 2017 e 2016.

I settori dell’interscambio lombardo. Prevale il manifatturiero con 204 milioni di export e 44 di import. Macchinari (43 milioni), chimica (32 milioni) e moda (28 milioni) i prodotti lombardi più esportati, i prodotti alimentari quelli più importati (20 milioni) in particolare a Milano (10 milioni) e Como (4,2 milioni). Esportano soprattutto macchinari Milano, Bergamo, Brescia, Cremona, moda Como, chimica Varese, Monza e Brianza e Pavia, prodotti alimentari Sondrio, articoli in gomma Mantova, prodotti in metallo Lecco, apparecchi elettrici Lodi.

Nuovi posti di lavoro, in Lombardia uno su dieci sta a Brescia

in Economia/Lavoro/Tendenze by

Il mercato del lavoro in Italia prosegue il suo trend di crescita anche nel primo semestre 2017. Secondo l’Osservatorio InfoJobs sul Mercato del Lavoro, rispetto ai primi sei mesi del 2016, le offerte di lavoro in Lombardia sono infatti cresciute del 16,5%. Con questa performance la Lombardia si conferma la regione più attiva in Italia, raggiungendo il 33,2% del totale delle offerte nazionali.

La classifica dei settori più dinamici è guidata anche quest’anno dall’ICT, comparto che concentra il maggior numero di offerte di lavoro, con il 32,7% del totale regionale, con un aumento delle posizioni aperte del 40,7%. A seguire, Commercio, distribuzione e GDO con il 7,6%, in salita di una posizione rispetto al 2016, Telecomunicazioni con il 7,2% e Consulenza manageriale e revisione, che raccoglie il 5,7% del totale dell’offerta di lavoro in Lombardia.

Per quanto riguarda le categorie con più possibilità d’impiego, dai dati dell’Osservatorio InfoJobs emerge una top 5 guidata da Manifatturiero, produzione e qualità, che si posiziona al primo posto con il 19,7% delle offerte in Lombardia. Sul secondo gradino del podio troviamo Amministrazione e contabilità (11,1%), che registra una forte crescita (+20,3%) delle offerte di lavoro e, a seguire, Vendite (9,0%), Informatica, IT e telecomunicazioni (8,8%), e Commercio al dettaglio, GDO e Retail con il 6,6%.

“La Lombardia si conferma anche in questo primo semestre del 2017 la regione italiana più dinamica per offerte di lavoro. Il nostro Osservatorio evidenzia, infatti, come continui ad essere un punto di riferimento il mercato del lavoro e in particolare i settori ad alto tasso di innovazione. Credo che questa performance possa essere di buon auspicio anche per la seconda parte dell’anno” commenta Melany Libraro, CEO di Schibsted Italy (Subito, InfoJobs e Pagomeno).

Tra le province più attive, Milano si conferma nel primo semestre 2017 capofila nazionale e regionale, arrivando a rappresentare la metà dell’intera offerta di lavoro in Lombardia (50,2%) e con un aumento delle posizioni aperte del 24,2% rispetto al 2016. Al secondo posto Brescia, con l’11,0% dell’offerta complessiva, seguita da Bergamo con il 10,3%, in crescita del 14,7%. Seguono Monza e Brianza (7,2%), Varese (5,7%), Mantova (3,1%), Cremona (3,0%), Como (2,8%), Lecco (2,7%), Pavia (2,0%), Lodi (1,6%) e, a chiudere, Sondrio con lo 0,4%.

I posti di lavoro per provincia rispetto al mercato regionale
I posti di lavoro per provincia rispetto al mercato regionale

Clima, nel Bresciano sono 81mila le imprese interessate

in Agricoltura e allevamento/Alimentare/Economia/Tendenze by
Clima, le aziende coinvolte a Brescia sono numerose

Sono circa 2 milioni in Italia, 240 mila in Lombardia e 81mila a Brescia le imprese attive nei settori interessati direttamente dall’azione climatica, secondo un’elaborazione della Camera di commercio di Milano, Monza Brianza e Lodi sui dati del registro delle imprese al secondo trimestre 2017 e 2016 relativi ai settori individuati dalla Commissione Europea (agricoltura, silvicoltura, acquacoltura, infrastrutture ed edifici, energia, assicurazioni e turismo). Imprese con un forte impatto occupazionale, 3,6 milioni gli addetti nel Paese e 618 mila in Lombardia, e di fatturato, con rispettivamente circa 500 miliardi e 114 miliardi di euro all’anno. I dati sono stati diffusi in occasione di Climathon, l’hackathon di 24 ore sui cambiamenti climatici organizzato insieme all’innovation hub di Lomazzo, ComoNExT, al Politecnico di Milano fino a domani e in contemporanea con altre 111 città di 44 paesi in tutto il mondo.

I settori interessati dall’azione climatica in Lombardia. Sono 240 mila imprese e 618 mila addetti nei settori connessi o vulnerabili a fronte di episodi e cambiamenti climatici, tra edilizia, agricoltura, energia, turismo e settore assicurativo. Pesano il 13% delle imprese nazionali e il 17% degli addetti e producono un fatturato di 114 miliardi all’anno. I lavori di costruzione specializzati sono i più rilevanti con oltre 90 mila imprese attive e 180 mila addetti, seguiti dal turismo con complessivamente circa 60 mila imprese e dall’agricoltura con 45 mila. Circa 2 mila le imprese del settore energetico. Tra i territori Milano è prima con 66 mila imprese e 256 mila addetti, seguita da Brescia (36 mila imprese e 81 mila addetti), Bergamo (29 mila imprese e 71 mila addetti), Varese (18 mila imprese e 36 mila addetti ) e Pavia (17 mila imprese e 26 mila addetti).

I settori interessati dall’azione climatica in Italia. Sono quasi 2 milioni le imprese e 3,6 milioni gli occupati per un fatturato che è di circa 500 miliardi di euro. Prevale il settore agricolo con 723 mila imprese attive, poi i lavori di costruzioni specializzati con circa mezzo milione di attività e il turismo con quasi 400 mila. Tra le regioni dopo la Lombardia, che è prima, vengono il Veneto (164 mila imprese, 330 mila addetti e 30 miliardi di fatturato), il Lazio (160 mila imprese, 363 mila addetti e 170 miliardi di fatturato), la Campania (158 mila imprese, 226 mila addetti e 11 miliardi) e l’Emilia Romagna (156 mila imprese, 354 mila addetti e 43 miliardi). Tra le province prime Roma (100 mila imprese, 277 mila addetti e 167 miliardi di fatturato), Milano (66 mila imprese, 256 mila addetti, 90 miliardi), Torino (58 mila, 114 mila e 26,4 miliardi) e Napoli (57 mila, 104 mila e 6,3 miliardi).

SCARICA I DATI DELLE AZIENDE INTERESSATE DALLE VICENDE CLIMATICHE

Brescia, volano gli scambi con lo Sri Lanka: + 151 per cento in un anno

in Economia/Export/Tendenze by
Scambi Brescia-Sri Lanka

Lo Sri Lanka vale per la Lombardia circa 50 milioni di scambi nei primi sei mesi del 2017: ammontano infatti a circa 17 milioni le importazioni e 32 milioni le esportazioni. Interscambio in crescita: +18,1% in un anno, in particolare l’export (+24,4%). Milano da sola supera i 16 milioni. Seguono Bergamo (8,5 milioni, +77%), Brescia (6,4 milioni, +151%), Mantova (6 milioni, +18,4%) e Varese (5,2 milioni, +36%). Tra i settori che pesano di più in Lombardia negli scambi con lo Sri Lanka troviamo i prodotti delle attività manifatturiere (14,5 milioni di import e 31,1 di export) e i prodotti dell’agricoltura, della silvicoltura e della pesca (2,2 milioni di import). Emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano, Monza Brianza e Lodi su dati Istat al secondo trimestre 2017 e 2016, sui primi sei mesi dei due anni.

Principali settori di scambio. Sono nel manifatturiero: chimica (11,6 milioni di export, 1,3 milioni di import), macchinari (9,8 milioni di export), articoli in gomma (5,2 milioni di import), moda e tessile (4,2 milioni di import e 3,9 milioni di export).

In Italia per regione. Scambi per 303 milioni nei primi sei mesi del 2017. Primo il Veneto con 165 milioni di scambi, poi la Lombardia con 49 milioni, l’Emilia Romagna con 32 milioni, il Piemonte con 18.

Lo Sri Lanka rappresenta un’economia in crescita, con disponibilità di manodopera a costi competitivi, un piano ambizioso di sviluppo del settore delle infrastrutture, oltre che di rapporti commerciali sviluppati con i principali mercati asiatici, tale da svolgere sempre di più il ruolo di porta d’ingresso per i mercati dell’Asia meridionale. La costituzione delle Free Trade Zone rappresenta poi il presupposto per favorire investimenti esteri, secondo la prospettiva perseguita dal Paese di rappresentare un hub manifatturiero per i mercati asiatici. Oltre la manifattura tessile, abbigliamento, calzature e l’alimentare che hanno registrato sino ad oggi i principali investimenti italiani, la meccatronica, la cantieristica navale, soprattutto di imbarcazioni e yacht, così come il turismo rappresentano i settori prioritari richiamati dal Ministro nell’ambito dei quali dovrebbe essere intensificata la collaborazione bilaterale.

Vendite a domicilio, in sei mesi fatturati 820 milioni di euro

in Commercio/Economia/Tendenze by
Vendite a domicilio, affari in crescita anche nel Bresciano

Il primo semestre 2017 delle imprese associate Univendita si è chiuso con un fatturato di 820 milioni e 998mila euro, con un incremento del 2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Una crescita che si verifica in un contesto economico in cui, pur essendo presenti importanti segnali che vanno nella direzione della ripresa, permangono ancora elementi di incertezza che condizionano il comportamento delle famiglie nei confronti dei consumi, che stentano a decollare.

«Nonostante questo quadro generale ancora pieno di ombre –afferma il presidente di Univendita Ciro Sinatrala vendita a domicilio registra un risultato migliore rispetto al commercio tradizionale. Il motivo di questa performance va ricercato in quello che è da sempre il punto di forza del nostro modello di vendita: il fattore umano, cioè una forza vendita professionale e motivata, che costruisce quotidianamente un rapporto diretto e di fiducia con i consumatori».

Anche i dati occupazionali fanno registrare un segno più: nel primo semestre 2017 il numero degli addetti alla vendita è cresciuto dell’1,5% rispetto allo stesso periodo del 2016, con oltre 138.000 venditori, di cui il 91,3% donne. Un dato positivo che si inserisce nel quadro di un mercato del lavoro in chiaroscuro, specie per quanto riguarda l’occupazione femminile.

Analizzando i risultati di Univendita nel dettaglio, il comparto più dinamico è stato “alimentari e beni di consumo casa” con un incremento del 2,4%, seguito da “cosmesi e cura del corpo” (+2,2%). La categoria “altri beni e servizi” registra un aumento del 2%, mentre i “beni durevoli casa” chiudono il semestre con un +1,8%; quest’ultimo comparto, con una quota di mercato del 58%, si conferma il più importante nell’ambito della vendita a domicilio.

La vendita a domicilio registra un risultato migliore rispetto al commercio tradizionale. Secondo i dati Istat, nel primo semestre del 2017 il valore delle vendite del commercio fisso al dettaglio è cresciuto dello 0,2% rispetto allo stesso periodo del 2016. In dettaglio, le vendite della grande distribuzione sono aumentate dell’1,3%, mentre quelle dei piccoli esercizi commerciali sono diminuite dello 0,6%. Nel secondo trimestre 2017 il PIL è cresciuto dell’1,5% nei confronti del secondo trimestre 2016, in aumento rispetto all’1,2% registrato nel primo trimestre.

I consumi rimangono un elemento problematico della nostra economia. L’Indicatore dei Consumi Confcommercio (ICC) ha registrato a giugno un aumento dello 0,6% su base annua, in un contesto in cui, pur essendo presenti elementi che rafforzano la ripresa e le prospettive di crescita, vi sono ancora fattori di incertezza, come ad esempio le preoccupazioni circa la mancata crescita dell’occupazione, che condizionano l’atteggiamento delle famiglie nei confronti del consumo, nonostante i modesti segnali di miglioramento provenienti dal clima di fiducia dei consumatori. La domanda delle famiglie si muove ancora con prudenza, continuando a mostrare elementi di fragilità e discontinuità. «In questo scenario –conclude Ciro Sinatra– la vendita a domicilio riesce a crescere grazie all’offerta di prodotti di qualità proposti da venditori preparati, in grado di intercettare e soddisfare al meglio le esigenze dei consumatori».

 

Volontariato, a Brescia crescono le imprese: sono 1.326

in Economia/Solidarietà/Tendenze by
volontariato

Il volontariato dei lombardi supera il resto d’Italia. Il 14% nel 2016 contro l’11% nazionale è impegnato in attività gratuite di volontariato e il 20,1% contro il 14,8% nazionale versa ad un’associazione impegnata nel sociale. E crescono le imprese sociali in Lombardia, +3,2% in un anno. Sono 11.519 le imprese del settore nel 2017, (il 17,6% delle 65 mila attive in Italia, una su sei) e danno lavoro a 181 mila addetti (il 23,4% del totale nazionale di 772 mila, quasi uno su quattro). E’ il settore dell’istruzione, con 4.532 imprese, il più ampio seguito dall’assistenza sanitaria (3.415) e sociale (2.193). Emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano sui dati Istat 2016 e 2015 e dati registro delle imprese al primo trimestre 2017 e 2016.

Per imprese sociali in Lombardia prime Milano, Brescia, Varese, Bergamo e Monza. Milano è prima con 4.608 imprese (+3,4% in un anno) e 67 mila addetti, seguita da Brescia (1.326 imprese e 22 mila addetti), Varese (1.029 imprese e 13 mila addetti), Bergamo (1.015 imprese e 23 mila addetti) e Monza (924 imprese e 11 mila addetti). In un anno crescono soprattutto Sondrio (+6%), Como (+5%), Varese (+4,3%), Pavia (+4,1%).

In Italia prime Roma, Milano e Napoli. Prima Roma con 5.698 imprese sociali e 80 mila addetti, seguita da Milano (4.608 imprese e 67 mila addetti), e Napoli (3.722 imprese e 29 mila addetti). Poi ci sono Torino (2.579 imprese), Palermo (1.925), Bari (1.687) e Catania (1.540).

La presenza femminile nel settore in Lombardia e in Italia. Forte la presenza delle donne, con 3.462 imprese in regione e 22.370 nel Paese pesano rispettivamente il 30,1% e il 34,2% del totale. Tra i territori lombardi è Pavia la più “femminile” con il 40,5% mentre in Italia è Oristano a raggiungere la parità (le donne pesano il 50,8%), seguita da Nuoro, Terni e Massa Carrara.

Distretti produttivi bresciani, ancora un trimestre con il segno più

in Abbigliamento/Alimentare/Economia/Tendenze by
Calzificio

Ancora una performance positiva per le esportazioni dei distretti tradizionali lombardi: la crescita tendenziale, misurata a valori correnti, ammonta al 4,4% tra aprile e giugno 2017 (contro un +4,3% di crescita media dell’aggregato distrettuale a livello nazionale). A dirlo è il Monitor dei Distretti della Lombardia, indagine a cura della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo.

Nel complesso del primo semestre, l’incremento dell’export è stato del 5,9%. I buoni risultati derivano da un forte traino dei mercati maturi, dove le vendite lombarde sono cresciute del 7,5% nel secondo trimestre dell’anno. In cima alla lista dei mercati maturi più trainanti, si annoverano Germania (+11,1%), Francia (+4,4%), Stati Uniti (+11,6%) e Spagna (+6,2%). In lieve contrazione, nel trimestre aprile-giugno, le esportazioni dirette verso i nuovi mercati (-0,7%), dove si è assistito ad un’alternanza di risultati positivi e negativi. Buone le performance dei distretti lombardi in Cina (+12,4%), Polonia (+14,3%) e Federazione russa (+13,6%). Contrazione pronunciata delle vendite in Turchia (-11,9%).

La performance positiva si presenta diffusa a livello territoriale e di specializzazione settoriale, andando a toccare 17 distretti fra i 23 di matrice tradizionale qui analizzati. Nella parte positiva della classifica trimestrale rientrano i quattro distretti dell’alimentare (nell’ordine, Carni e salumi di Cremona e Mantova +32,1%, Vini del Bresciano +14,1%, Riso di Pavia +14%, Lattierocaseario lombardo +4%), sette distretti della metalmeccanica (Macchine per la concia della pelle di Vigevano +22,8%, Metalmeccanico del Basso Mantovano +17,7%, Metalmeccanica di Lecco +9,1%, Metalli di Brescia +8,4%, Rubinetti, valvole e pentolame di Lumezzane +4,8%, Meccanica strumentale del Bresciano +3,9%, Lavorazione metalli Valle dell’Arno +0,7%), un distretto della gomma (Gomma del Sebino Bergamasco, +10,4%), tre distretti del tessileabbigliamento

(Abbigliamento-tessile gallaratese +5,6%, Tessile e abbigliamento della Val Seriana +5,3%, Abbigliamento e calzature della Bassa Bresciana +1,3%) e due distretti del legno (Legno di Casalasco Viadanese +16,8%, Legno e arredamento della Brianza +1,8%).

Il secondo trimestre 2017 è stato positivo anche per le esportazioni dei poli tecnologici lombardi, sempre misurate a valori correnti. L’incremento è stato del 21,5%, di gran lunga superiore al dato medio del resto dell’aggregato dei poli tecnologici nazionali (+9,4%). L’evoluzione positiva delle vendite estere ha riguardato tutti i poli monitorati, sebbene con intensità diverse. In testa il Polo farmaceutico lombardo (+43,9% nel trimestre aprilegiugno), seguito dal Polo aeronautico di Varese (+8,4%) e dal Biomedicale di Milano (+5,7%). Solo in lieve crescita l’export del Polo Ict di Milano (+0,5%).

Dato choc: a Brescia chiuse 500 imprese artigiane all’anno

in Associazioni di categoria/Cna/Economia/Eleonora Rigotti/Personaggi/Tendenze by

La provincia di Brescia ha perso 3.695 imprese artigiane tra il 2009 e il 2016, 500 all’anno. Se nel 2009, infatti, nel Bresciano erano attive 38.557 imprese, nel 2016 lo erano 34.862. Si tratta di una contrazione del 9,6%.

«Sono dati sconfortanti, imputabili alla lunga crisi economica che il sistema paese sta attraversando – spiega la presidente di CNA Brescia, Eleonora Rigotti -. Non va però dimenticato che le imprese artigiane hanno già risposto al colpo, dimostrando capacità di adattamento, di cambiamento del proprio modello di business e di innovazione, instradandosi verso la ripresa».

Quanto riporta la ricerca del Centro Studi CNA “Le imprese artigiane in Italia Province e settori”, frutto dell’elaborazione di dati Movimprese, consente di analizzare l’evoluzione del tessuto produttivo artigiano bresciano.

Da un lato si evidenzia come, a livello settoriale, in alcuni casi la diminuzione della base produttiva artigiana sia stata determinata dalla crisi. È il caso della manifattura: da 11.158 imprese si è passati a 9.561; una contrazione del 14,3%. Nel dettaglio, il calo è stato del 22,2% nella confezione di articoli di abbigliamento (da 1.119 nel 2009 a 871 nel 2016); del 18,3% nella fabbricazione di prodotti in metallo (da 4.273 a 3.493); del 18,6% nella fabbricazione di mobili (da 349 a 284). Situazione analoga si è registrata nelle costruzioni: dal 2009 al 2016 le imprese sono diminuite di 2.128 unità, una variazione percentuale negativa del 13,7% (da 15.521 a 13.393).

In altri casi, analizza lo studio CNA, è il modello artigiano a non avere retto all’impatto della crisi, determinando una diminuzione del numero delle imprese. Nel settore trasporto e magazzinaggio, per esempio, le unità attive sono passate da 2.311 a 1.925, calando del 16,7%. È verosimile che la crisi abbia determinato una riorganizzazione del comparto, favorendo le imprese di dimensioni maggiori.
«Abusivismo ed evasione continuano a pesare sulle imprese oneste. Le imprese, artigiane e di piccole dimensioni– rimarca la presidente Rigotti – hanno la forte necessità di non continuare a subire costi burocratici e pressione fiscale eccessivi, servono semplificazione, certezza delle regole e sgravi fiscali per chi investe e trova nuove soluzioni per rispondere ad un mercato in continua evoluzione».

Ma non tutti i settori hanno sofferto, almeno quanto a numerosità di imprese. Le attività dei servizi alloggio e ristorazione sono cresciute del 10%, passando dalle 934 unità del 2009 alle 1.027 del 2016. In aumento nell’intervallo temporale analizzato anche le imprese dei servizi di informazione e comunicazione (+42,3%, da 227 a 323).

«Dalle dichiarazioni si passi finalmente all’azione e si attuino incentivi per aggregazioni e reti d’imprese, accompagnandole verso la crescita, di dimensioni e di valore aggiunto – invoca la presidente Rigotti -. Contesti nei quali le aziende possano incontrarsi, dialogare e aprirsi al confronto sono oggi molto richiesti, oltre che necessari per la nascita di collaborazioni e lavori condivisi».

 

Alta tecnologia, in Lombardia cresce l’export del 13%, in Italia + 6%

in Economia/Export/Tendenze by

Alta tecnologia: export lombardo in crescita del 13% nel 2017 per un valore di oltre 3 miliardi di euro nei primi tre mesi, pari a circa un terzo del totale italiano di 10 miliardi (+6%), secondo i dati elaborati dalla Camera di commercio di Milano, Monza Brianza e Lodi. In Lombardia, primi prodotti: medicinali per oltre un 1 miliardo di euro (+49,5%), strumenti e apparecchi di misurazione per quasi mezzo miliardo, apparecchi per le telecomunicazioni, prodotti farmaceutici di base e computer per oltre 300 milioni: sono questi i prodotti lombardi hi-tech più esportati nel mondo. Le destinazioni? Soprattutto Stati Uniti (409 milioni, +68%). Quasi 300 milioni l’export verso Germania e Svizzera. Crescono molto il Regno Unito (171 milioni, +49%) e Giappone (132 milioni, + 45%).

Anche l’internazionalizzazione è sempre più tecnologica. Continuano a crescere infatti gli strumenti sul web utili a potenziare la presenza delle nostre imprese sui principali mercati esteri. In tal senso, Promos, Azienda Speciale per le Attività Internazionali della Camera di commercio, propone servizi che danno la possibilità alle azienda lombarde di sviluppare i migliori strumenti online per presentare i propri prodotti ai più importanti buyers esteri, mettendo a disposizione un’assistenza personalizzata capace di favorire lo sviluppo internazionale del business aziendale.

Milano, Frosinone, Latina, Monza e Roma prime in Italia per export di prodotti hi-tech. Prima è Milano (15% del totale nazionale, +13,1%), seguita da Frosinone (9,4%, +34,6%), da Latina (9,4%, -24,9%), da Monza e Brianza (5,7%, +70,1%) e da Roma (5,6%, +5,5%). Vengono poi Torino, Napoli e Ascoli Piceno (ultime news). Tra le lombarde ai primi posti anche Varese (11°) e Lodi (12°), Pavia (16°), Brescia (20°), Bergamo (21°). Emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano, Monza Brianza e Lodi su dati Istat nei primi tre mesi del 2017 e del 2016.

Alta tecnologia lombarda, un interscambio da 9,5 miliardi in tre mesi. Milano è prima sia per import e che per export con oltre 6 miliardi complessivi. Seguita nell’export da Monza e Brianza che cresce del 70%, da Varese e Lodi, mentre nell’import da Lodi, Monza e Brianza e Pavia. E se Milano è specializzata soprattutto nell’export di prodotti farmaceutici, Monza e Brianza è prima in componenti elettronici, Lodi viene dopo Milano in apparecchiature per le telecomunicazioni e Varese eccelle in aeromobili.

 

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