Magazine di informazione economica di Brescia e Provincia

Category archive

Tendenze - page 49

Vacanze di Natale, un business da 80 milioni per le agenzie lombarde

in Economia/Tendenze/Turismo by

Al via la partenza per le vacanze in occasione delle feste di Natale, domanda in crescita rispetto allo scorso anno per la metà delle agenzie di viaggio della Milano metropolitana sentite in questi giorni dalla Camera di commercio. Il 15 % degli operatori sentiti segnala che i clienti sono in partenza già in questi giorni prima della Vigilia, circa il 10% subito dopo Natale, per il 60% per Capodanno. Per chi prenota in agenzia l’Italia è una meta poco gettonata, chi ama le montagne italiane sceglie principalmente il Trentino Alto Adige, per visitare città d’arte la scelta ricade su Lazio, Toscana e Sicilia. La richiesta principale di chi parte per le festività con l’agenzia è il mare, secondo sette operatori ascoltati su dieci. Chi va all’estero sceglie mete a lungo raggio, Caraibi al primo posto, ma anche Maldive e altre isole dell’Oceano Indiano. Tra le altre mete esotiche l’Africa, da Senegal a Kenya  a Sudafrica. In Europa le mete principali sono Spagna e Germania. Tra le capitali più gettonata Vienna. Sono vacanze di famiglia, soprattutto di coppie per la maggior parte degli operatori, in secondo luogo di famiglie con figli e parenti.

Business per le oltre mille agenzie da circa 50 milioni per Milano per due settimane, da 80 milioni per le oltre 2.400 imprese della regione, da 300 milioni per le circa 16 mila imprese italiane, secondo i dati della Camera di commercio di Milano, Monza Brianza e Lodi. 

Servizi turistici, tra agenzie di viaggio e tour operator la Lombardia concentra il settore in Italia. In regione ci sono oltre 2.400 imprese con 9.160 addetti e 1,85 miliardi di fatturato. Il dato italiano è di 15.697 imprese con 45 mila addetti e un business da 7,5 miliardi. A Milano ci sono oltre mille imprese con 5899 addetti e 1,3 miliardi di affari.

Le imprese di servizi turistici in Lombardia. Sono oltre 2.400 le imprese in Lombardia che si occupano di organizzare viaggi e di assistenza turistica, una su sei del totale italiano di settore. Un settore stabile tra 2016 e 2017 che a Milano tocca quota 1.115 imprese.  Vengono poi Brescia con 287 imprese, Bergamo con 212, Varese con 170 e Monza e Brianza con 168. In un anno cresce soprattutto Como (+4%). Emerge da un’elaborazione della Camera di commercio su dati registro imprese al 2017 e 2016.

Le imprese di servizi turistici in Italia. Sono 15.697 le imprese del settore attive a livello nazionale. Roma è prima con 2.018 attività (+2,9% in un anno, +10% in cinque), seguita da Milano con 1.115 imprese e Napoli con oltre 1.000 (+1%). Poi ci sono Torino, Firenze e Bari. Milano è prima per addetti, 5.899 rispetto ai 5.323 di Roma.

 

Il business del panettone a Brescia dà lavoro a 683 imprese

in Alimentare/Commercio/Economia/Tendenze by

Sono circa 5.100 le imprese attive nel settore dolciario in Lombardia nel 2017 su 41 mila in Italia e danno lavoro a 24 mila addetti su 163 mila in Italia. Numeri che salgono considerando le localizzazioni come filiali e sedi secondarie, diventano 6.819 le attività in regione e 53 mila in Italia. Business mensile da 150 milioni in Lombardia e mezzo miliardo in Italia. Emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano, Monza Brianza e Lodi su dati registro imprese al terzo trimestre 2017 relativi alle imprese attive nel settore dolciario tra produzione, commercio all’ingrosso e dettaglio.

Settore dolciario. Pasticcerie e panetterie: sono oltre 41 mila le sedi di impresa in Italia coinvolte nella produzione e nel commercio di prodotti di pasticceria e panetteria, di cui 5.768 in Sicilia, quasi 5.100 in Lombardia, 4.714 in Campania. Milano, è terza in Italia con 1.847 imprese (+2,3% in un anno), dopo Napoli (2.454) e Roma (1.852). La seguono Torino (1.593) e Palermo (1.434). A livello regionale, dopo Milano, vengono Brescia (683 imprese), Bergamo (567), Varese (360) e Monza e Brianza (353). Lodi ha quasi 100 sedi di impresa specializzate. Numerose sono piccole realtà artigianali, anche se bisogna sempre stare attenti alle fregature.

Gli addetti. In Lombardia sono 24.000 gli addetti coinvolti nel settore (+3,1% in un anno) e oltre 163 mila in Italia. Milano, con 8.709 addetti, è prima in Italia seguita da Roma (7.121), Napoli (6.010), Torino (5.593) e Bari (5.272). In Lombardia Milano è, invece, seguita da Brescia (2.973), Bergamo (2.433), Varese (2.202) e Monza (1.316). Quasi 400 gli addetti a Lodi.

Le localizzazioni. Crescono i numeri delle attività del settore dolciario, considerando anche le sedi secondarie e le filiali di impresa: diventano 53 mila le attività in Italia, di cui quasi 7 mila in Lombardia. A Milano, tra sedi e punti vendita, si contano 2.400 attività, oltre a 900 a Brescia, 749 a Bergamo, quasi 500 a Varese e Monza e Brianza. 131 le attività a Lodi.

 

 

L’export lombardo cresce ancora: vale 10 miliardi al mese

in Economia/Evidenza/Export/Tendenze by

89 miliardi di euro, dieci al mese: è il valore dell’export lombardo nei primi nove mesi del 2017, +7,3% rispetto allo stesso periodo del 2017. Circa un quarto di tutte le esportazioni italiane nella prima metà dell’anno sono partite dalla Lombardia. Milano con oltre 30 miliardi, Brescia e Bergamo con oltre 11, Monza e Brianza e Varese con oltre 7 miliardi sono i territori che esportano di più. Un anno positivo che vede una crescita dell’export a due cifre per Monza e Brianza (+15%), Cremona (+16%), Lodi (+14%). Bene anche le importazioni che crescono del 7,2% superando i 92 miliardi di euro, circa un terzo del totale italiano. Emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano, Monza Brianza e Lodi su dati Istat relativi al terzo trimestre 2017 e 2016.

Mercati in crescita. L’Europa si conferma il principale mercato per la Lombardia con il 70% circa dell’interscambio e una crescita del business coi paesi dell’Unione Europea (+ 7,3% l’export a quota 50 miliardi e + 8,2% l’import di 61 miliardi) e dei Paesi europei non UE (+3,6% l’import, +8,6% l’export). Bene gli scambi con Stati Uniti e America del nord (+14% l’export a 7,4 miliardi, +10% l’import a 2,7 miliardi). Anche col Sud America sale l’export del + 8%. Cresce il business con l’Africa centro-meridionale (+10,5% l’import, +5% l’export). Si rafforzano gli scambi con Cina, Giappone e Asia Orientale (export di 9 miliardi, +9%).

Le specializzazioni dei territori lombardi per export. Esportano principalmente, se guardiamo il peso dei settori sul totale dell’export provinciale, metalli a Sondrio, macchinari a Bergamo e Pavia, macchinari e mezzi di trasporto a Varese, macchinari e moda a Milano, moda a Como, prodotti in metallo a Brescia, Cremona, Mantova e Lecco, metalli e prodotti chimico farmaceutici in Monza e Brianza, apparecchi elettronici a Lodi.

 

Bitcoin e criptovalute, possiamo ignorarli? Sabato un convegno

in Economia/Evidenza/Finanza/Tendenze by

“Criptovalute, Bitcoin e Blockchain. Possiamo ignorarle?”. E’ questoil titolo che si terrà sabato 16 dicembre a Brescia, dalle ore 10. L’iniziativa ha come obiettivospiegare cosa sono, come funzionano e quali opportunità possono fornire nell’ambito della rivoluzione digitale in atto”. Un tema particolarmente attuale visto che sono molti i bresciani ad essersia avvicinati negli ultimi mesi al mondo dei Bitcoin, con casi come quello dell’imprenditore diventato miliardario grazie a un investimento nella moneta virtuale di qualche anno fa

L’ incontro, che si svolge presso Futura Invent in via Perotti 18, è organizzato dallo Studio Legale Cugini e da Shots.it. Dopo la presentazione di Stefania Triva, presidente del Cda di Copan Italia Spa, Stefano Zane (Vitale–Zane & Co.) introdurrà gli interventi di Gianvirgilio Cugini (Studio Legale Cugini), Giovanni Benedetti (Shots.it), Alessandro Bocchio e Stefano di Nicola.

La partecipazione è libera, previa iscrizione: info@blockandroll.it – 030 83 624 23

Brescia, le imprese del Natale danno lavoro a 39mila persone

in Alimentare/Economia/Tendenze by

Lombardia: sono 66 mila le imprese attive nei settori più legati a Natale, dalla produzione di pasticceria e spumante, alla fabbricazione e commercio di giocattoli, gioielli, dai ristoranti e bar alle agenzie di viaggi e tour operator. Pesano il 14% di tutte le imprese italiane attive nel settore, 469 mila e danno lavoro a 327 mila addetti su 1,8 milione di addetti nel settore in Italia. Hanno un business di circa 1,5 miliardi in regione per il mese, di cui circa un miliardo di affari a Milano. Il settore cresce in media dell’1% in un anno sia a livello regionale che nazionale.

Tra i principali settori legati alla festività del Natale, primi la ristorazione e i bar con 25 mila imprese ciascuno in Lombardia e rispettivamente 181 mila e 150 mila in Italia. Ci sono anche gli alberghi (2.400 imprese in Lombardia e 27 mila in Italia), chi fornisce fiori e piante, le profumerie e erboristerie  e i gioiellieri (ciascuno con circa 2 mila imprese in Lombardia e 15 mila in Italia). Emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano, Monza Brianza e Lodi su dati del registro imprese al terzo trimestre 2017 e 2016.

Prime in regione Milano con oltre 23 mila imprese e 163 mila addetti, Brescia con 9 mila imprese e 39 mila addetti, Bergamo con 7 mila imprese e 29 mila addetti, Varese con 5 mila imprese e 20 mila addetti, Monza e Brianza con oltre 4 mila imprese e 15 mila addetti. Lodi ha circa mille imprese e 4 mila addetti. Per business mensile a Milano con un miliardo seguono Bergamo e Brescia, entrambe, con quasi cento milioni.

Il settore legato al Natale in Italia. Per numero di imprese, prime sono Roma (39.971), Napoli (24.437) e Milano (23.362), seguite da Torino (16.117) e Salerno (10.671). Milano è però prima nel Paese per numero di addetti, 163 mila, seguita da Roma (132 mila), Napoli (68 mila) e Torino (52 mila). Il business mensile dei settori è di cinque miliardi.

Brescia, cresce ancora il terziario: fatturati su del 44 per cento

in Aib/Associazioni di categoria/Economia/Tendenze/Terziario by
Terziario a Brescia

L’attività del settore bresciano dei servizi evidenzia nel terzo trimestre del 2017 un’ulteriore
espansione, a certificazione della positiva fase ciclica che caratterizza il comparto locale.
Il terziario provinciale attraversa un periodo particolarmente favorevole, in coerenza con quanto
registrato a livello nazionale, dove l’Indice PMI riferito al settore si è mantenuto, anche nel periodo
luglio-settembre, saldamente sopra la soglia che delimita l’espansione dalla contrazione.
Nel dettaglio, in termini di giudizi sui tre mesi precedenti:
• il fatturato è cresciuto per il 44% delle imprese, con un saldo positivo del 14% fra coloro che
hanno dichiarato variazioni in aumento e in diminuzione;
• gli ordini e l’occupazione evidenziano anch’essi significativi incrementi (saldi netti pari
rispettivamente a +38% e a +34%);
• i prezzi dei servizi offerti si caratterizzano invece per una nuova contrazione (saldo netto –
8%), a conferma dell’assenza di pressioni inflazionistiche all’interno del comparto.

Le aspettative per i prossimi mesi sono nuovamente orientate all’ottimismo. Per il fatturato, il saldo
fra risposte in aumento e in diminuzione è ampiamente positivo (+59%); i saldi riferiti al portafoglio
ordini (+56%) e all’occupazione (+15%) evidenziano anch’essi risultati positivi. Le previsioni relative
ai prezzi dei servizi offerti (saldo nullo) appaiono in continuità con quanto formulato a consuntivo per
il terzo trimestre ed evidenzierebbero un’elevata concorrenza fra gli operatori del comparto.
In tale contesto, le opinioni delle imprese intervistate in merito alle prospettive sulla tendenza
generale dell’economia italiana sono nel complesso molto incoraggianti: il 63% degli intervistati si è
espresso infatti in modo favorevole, contro il 7% che è orientato verso un prossimo indebolimento (il
rimanente 30% ha indicato stazionarietà).

A seguito delle dinamiche sopra descritte, l’indice sul clima di fiducia nelle imprese bresciane
operanti nel settore terziario si è attestato a 150,0, ovvero ai massimi da quando è disponibile la
serie storica, in crescita sia nei confronti del periodo precedente (142,3), sia di quanto realizzato
nell’analogo trimestre dell’anno scorso (120,7).

Industria 4.0: bene gli incentivi ma… le dimensioni contano

in Api/Associazioni di categoria/Economia/Tendenze by
La presentazione dei dati nella sede di Apindustria Brescia

L’indagine del Centro studi di Apindustria su una campione di aziende associate. Sivieri: «Percorso positivo: chi investe in macchinari lo fa anche in formazione»

Due imprese su tre hanno fatto investimenti nell’ultimo anno ma solo il 27% in investimenti attinenti il Piano 4.0. In ben sei casi su dieci chi ha investito non rientra nelle possibilità di sgravio fiscale previste dalla legge. È questo quanto emerge dall’indagine realizzata dal Centro Studi di Apindustria Brescia attraverso un questionario sottoposto a metà novembre a un campione di 100 imprese associate (per metà del campione metalmeccaniche e per oltre l’80% con un numero inferiore ai 50 addetti).

Obiettivo della ricerca, in concomitanza con la discussione e l’imminente approvazione della legge di Bilancio 2018 che contiene misure dedicate all’innovazione, è valutare gli effetti fino ad oggi del cosiddetto Piano Industria 4.0 sulle realtà aziendali di piccole e medie dimensioni. In merito agli investimenti fatti, si osserva una forbice: tra chi non ha investito (il 34% del campione) risalta infatti quel 48% di rispondenti secondo i quali «la mia azienda non necessita di investimenti»; al contrario, chi ha fatto investimenti nel Piano Industria 4.0 (il 27% del campione) in oltre quattro casi su dieci (42%) lo ha fatto «per rendere tecnologica la mia azienda», e questo indipendentemente dall’agevolazione fiscale in quanto ritiene che l’azienda richieda sempre di essere mantenuta ad un alto livello tecnologico.

Per il 2018 il 66% del campione ha in programma nuovi investimenti, in sei casi su dieci dei quali attinenti il Piano Industria 4.0. Il 61% degli intervistati si dichiara interessato alla proroga del Piano. Di particolare interesse il giudizio sul Piano in relazione alle Pmi: l’84% del campione afferma che può servire anche alle imprese di piccole e medie dimensioni, ma la dimensione conta parecchio, nel senso che l’eccessiva complessità dei requisiti per rientrare nel Piano (26%) o il fatto che esso sia considerato maggiormente rivolto ad imprese di medie o grandi dimensioni (21%) sono considerati fattori penalizzanti per le imprese meno strutturate e di minori dimensioni.

La seconda parte della ricerca ha indagato la relazione tra innovazione e formazione del personale, anche alla luce del fatto che nella proroga degli incentivi previsti nella Legge di Bilancio 2018 ci sono risorse appositamente dedicate in tale direzione. A tale riguardo, come osserva l’indagine, «la formazione volontaria del personale rappresenta una necessità non rilevata dal 44% dei rispondenti, contro il 36% di imprese che hanno svolto corsi – tramite formatori interni o esterni». Nel 17% degli intervistati, i corsi in programma si realizzeranno entro il primo semestre 2018. I destinatari sono nel 10% dei casi i nuovi assunti, nel 18% i dipendenti con meno di 50 anni, nel 71% tutti i dipendenti, indipendentemente dall’età o dall’anzianità in azienda. Sei aziende su 10 hanno comunque intenzione di usufruire del bonus formazione 4.0. Il 62% delle imprese intervistate ritiene che le risorse umane che sta selezionando o selezionerà nel 2018 avranno già competenze in ambito tecnologico, necessarie per interagire con sistemi aziendali più complessi; per il 38% dei rispondenti, al contrario, sarà necessario intervenire per colmare il gap di conoscenza.

«Dall’indagine emerge un giudizio sostanzialmente positivo del Piano Industria 4.0 e degli incentivi per l’innovazione, anche se giudicati talvolta più mirati alle imprese medio grandi – afferma Douglas Sivieri, presidente di Apindustria Brescia -. Interessante il fatto che chi sta usufruendo degli incentivi stia puntando molto anche sulla formazione degli addetti, legame sempre più fondamentale per una crescita aziendale sana».

Preoccupa quel 34% di imprese che non ha fatto investimenti: «In non pochi casi questo accade per mancanza di liquidità o a causa di perdite realizzate dall’azienda – osserva Sivieri -. Sono numeri che si collegano ad altre ricerche fatte dal nostro Centro Studi, dalle quali emerge che nonostante la ripresa sia sempre più consolidata, ci sia ancora un nucleo consistente di imprese, intorno al 20%, in grossa difficoltà».

UniBook, l’app per vendere e comprare libri di ogni genere | INNOVATION CLUB

in Economia/Evidenza/Innovation club/Innovazione/Rubriche/Tendenze by

(a cura di Innovation Club) Siete stufi di avere continuamente tra i piedi il librone di quell’esame che tanto avete odiato e volete finalmente liberarvene? Oppure non riuscite a trovare il manuale per l’esame che avete tra due giorni? Cari studenti, vi presentiamo Unibookapp, scaricabile GRATUITAMENTE da Google Play e App Store!

Che cos’è? Si tratta di un’applicazione che vi permette di scambiare, comprare e vendere libri di tutti i tipi, universitari e non, in maniera comoda, facile e sicura! UniBooKapp vuole essere un modo innovativo per mettere in contatto gli utenti sostituendosi ai vecchi metodi cartacei e post sui social che risultano dispersivi e poco efficaci.

Greta, studentessa di Ingegneria Gestionale a Bergamo, e Andrea, giovane imprenditore vicentino, hanno avuto l’illuminazione che li ha portati alla creazione di Unibookapp durante una laurea. Per svilupparla hanno dato vita ad un team e hanno cercato dapprima di risolvere un problema comune a tutti gli studenti, il caro-libri, creando Unibookapp: un’applicazione innovativa, che semplifica la compravendita di libri e appunti scolastici e che sta aiutando tantissimi studenti a risparmiare in tempo di crisi.

 UniBooKapp è dotata di 2 tasti: il tasto CERCA, che permette di effettuare una ricerca specifica del libro desiderato a seconda di vari parametri (prezzo, distanza, condizione, titolo) e il tasto MENU, dove si ritrovano i libri classificati secondo varie categorie (enciclopedia, libri universitari, narrativa, saggi, giornali…), l’inserimento libro e il profilo utente, in cui si possono verificare: informazioni personali inserite, la cronologia delle notifiche ricevute, le ricerche salvate, le chat di acquisto e di vendita, i libri in vendita e preferiti.  L’aspirante acquirente può fare una ricerca per titolo, zona o venditore, mentre gli accordi avvengono sulla chat dell’applicazione o tramite i contatti personali che gli utenti possono lasciare in via opzionale; qualora i risultati non soddisfino le preferenze o non fosse ancora presente l’articolo cercato è possibile scegliere di ricevere una notifica all’inserimento di un nuovo articolo rispecchiante i parametri richiesti. Lo scambio e il pagamento tra utenti avviene di persona in modo che l’utente possa verificare lo stato del libro/appunti. Il prezzo di vendita lo decide l’utente e questi può aggiungere una breve descrizione, selezionando poi la categoria di appartenenza e la condizione in cui si ritrova. L’applicazione non richiede nessuna commissione sulle vendite e non presenta alcuna pubblicità al suo interno. UnibooKapp ha raggiunto più volte la terza posizione nella classifica delle app più scaricate per la categoria libri ed in poco tempo ha raggiunto più di 10000 download. I ragazzi hanno partecipato a vari eventi in alcune università d’Italia facendo tappa con il loro camper (che non passa di certo inosservato) appositamente allestito e credono molto in questo servizio gratuito che semplifica notevolmente la vita dello studente. La domanda – come risparmio sui testi universitari? – resiste di generazione in generazione. Le soluzioni sono lo specchio dei tempi: dai foglietti «vendo/cerco usato» appuntati in biblioteca ai post condivisi su Facebook, fino a un’applicazione per smartphone ideata da una giovane coppia veneta. In aggiunta, un posto da finalista a Startcup Bergamo 2017, competizione dedicata alle start up. La coppia, però, non ha intenzione di fermarsi: a febbraio uscirà la terza versione che permetterà anche di offrire e cercare ripetizionitra studenti e tra docente/studente e a fine anno un nuovo sito internet, pensato per chi ha poca dimestichezza con lo smartphone, come qualche mamma che cerca i libri per le medie o le superiori. Un servizio creato, come suggerisce il nome, per rispondere alle esigenze degli universitari, che si è esteso oltre le previsioni e ora sull’app si trovano anche romanzi, enciclopedie, fumetti e si stanno valutando collaborazioni con librerie e la possibilità di espandersi all’estero essendo l’app già scaricabile  in lingua inglese

Imprese bresciane: vendite stabili, margini in crescita – I DATI COMPLETI

in Aib/Associazioni di categoria/Aziende/Economia/Partner 2/Tendenze by
L'indagine di Aib sulle prospettive economico finanziarie dei gruppi bresciani

Aib ha pubblicato il nuovo rapporto del suo centro studi sulle dinamiche industriali dei principali gruppi bresciani. Di seguito pubblichiamo una sintesi: per il rapporto completo è possibile cliccare qui.

Il rapporto analizza le principali dinamiche economico-finanziarie nel 2016 relative ai più rilevanti gruppi industriali bresciani a vocazione manifatturiera. In particolare vengono prese in considerazione le imprese manifatturiere di fascia dimensionale intermedia, caratterizzate da alcune peculiarità, fra cui: proprietà concentrata, produzioni specializzate, forte vocazione internazionale, autosufficienza patrimoniale, spiccata propensione all’innovazione e risultati economici in media migliori delle aziende piccole e grandi.

Lo studio, oltre all’analisi relativa all’evoluzione dei principali aggregati economico-finanziari registrati negli ultimi due esercizi (gli anni 2015 e 2016), prevede anche un focus su un periodo più esteso (il decennio 2007- 2016).  La prima sezione, relativa ai risultati ottenuti nel 2016 confrontati con l’anno immediatamente precedente, ha riguardato 90 gruppi industriali bresciani a vocazione manifatturiera. Tali operatori hanno prodotto nel 2016 un volume d’affari pari a 14,4 miliardi di euro, con un’occupazione complessiva di oltre 48 mila unità.

La dimensione media dei gruppi analizzati è pertanto pari a 160 milioni di euro per quanto riguarda il fatturato e 539 addetti.

La segmentazione dei gruppi per settore di attività vede la prevalenza dei comparti metalmeccanici (76 operatori), andando a riflettere la specializzazione produttiva dell’industria locale: i rimanenti 14 fanno riferimento a settori comunque rilevanti per l’economia del territorio, come l’Alimentare, il Carta e stampa, il Chimico, gomma e plastica e il Sistema Moda.

Le imprese complessivamente incluse nell’area di consolidamento sono 700 (in media 7,8 per ogni gruppo): di queste, 287 (41%) hanno sede in provincia di Brescia, 98 (14%) nel resto d’Italia e ben 315 (45%) all’estero. Le realtà produttive sono 324 (46%), 262 (38%) sono commerciali e 114 (16%) svolgono altre attività (immobiliari, finanziarie, logistica, energia, società agricole, ecc.).

La forte propensione all’internazionalizzazione viene confermata anche dal fatto che nel 2016 ben il 58,2% dei ricavi è stato generato all’estero: un valore elevato che tuttavia nasconde una certa eterogeneità fra settori. Per quasi la metà del campione le vendite all’estero intercettano oltre il 60% del volume d’affari complessivo, mentre per quasi il 20% dei gruppi, le vendite realizzate oltre confine incidono per non meno dell’80% del fatturato.

Di seguito i risultati più significativi, riferiti al biennio 2015-2016:
• Nel 2016 le vendite hanno sperimentato un’evoluzione complessivamente piatta
rispetto al 2015 (0,0%). La suddetta dinamica trae giustificazione dal contesto
macroeconomico che ha caratterizzato l’anno in questione. Il prodotto a livello globale
è cresciuto del 3,2%, mostrando un lieve rallentamento rispetto al 2015 (+3,4%). La
decelerazione delle economie avanzate è in buona parte imputabile alla frenata che
ha caratterizzato gli Stati Uniti, mentre Germania, Francia e Italia sono state
protagoniste di un’accelerazione della crescita del prodotto più o meno intensa. I
paesi a più recente industrializzazione hanno confermato i propri tassi di sviluppo
(+4,3%, sia nel 2015, sia nel 2016), pur mostrando una significativa variabilità al loro
interno. Gli scambi mondiali hanno registrato una nuova frenata (+1,4% nel 2016, dal
+1,9% nel 2015), riflettendo motivazioni strutturali, oltre che congiunturali. In tale
contesto, le principali commodity industriali hanno evidenziato uno sgonfiamento
delle proprie quotazioni, espresse sia in dollari, sia in euro. Ciò ha controbilanciato,
a livello monetario, gli effetti positivi derivanti dalla domanda globale in crescita.
• La dinamica stagnate del volume d’affari è confermata anche dall’analisi “micro”, che
mostra un campione letteralmente diviso in due, fra gli operatori con fatturato in
crescita e quelli con fatturato in diminuzione.
• Le limitate tensioni sui costi hanno favorito il recupero della redditività operativa: il
Margine operativo lordo è infatti cresciuto mediamente del 9,8%, con una dinamica
nettamente superiore a quella delle vendite. In tale ambito, il 60% dei gruppi censiti
ha registrato una crescita del MOL, mentre il restante 40% ha segnalato una
contrazione.
• Nel 2016 il rapporto fra il MOL e i ricavi si è attestato all’11,9% (10,8% nel 2015): il
miglioramento dell’indicatore è stato particolarmente diffuso fra i settori analizzati,
sebbene essi si caratterizzino per livelli piuttosto differenziati. La maggioranza
assoluta dei gruppi del panel si posiziona per valori dell’EBITDA margin compresi fra
il 6% e il 15%.
• I progressi del ROA riflettono quelli del MOL: l’indicatore in questione ha raggiunto
nel 2016 il 5,9% (dal 5,3% nel 2015). Si tratta di una dinamica positiva, favorita dalla
salita del ROS (proxy della redditività delle vendite), che ha più che compensato la
discesa della Rotazione del capitale investito, che misura la velocità di
disinvestimento delle risorse aziendali.
• La crescita della redditività operativa, unita al calo dell’onerosità debitoria
(quest’ultima passata dal 3,0% del 2015, al 2,7% del 2016) ha determinato un
significativo incremento del cosiddetto “Effetto semplice di leva finanziaria”. Il
differenziale fra il ROI (inteso come la massima remunerazione che può essere
offerta ai finanziatori di rischio e di credito) e il costo medio dell’indebitamento
finanziario, si è così attestato nel 2016 al 5,2%, rispetto al 4,0% nel 2015. Tale
dinamica, ha pertanto consentito di portare l’intero campione su livelli di “sicurezza”
e di ridurre i rischi che un improvviso calo della redditività e/o un brusco innalzamento
del costo del debito possano facilmente portare il differenziale ROI-ROD sotto lo zero;
l’esistenza di valori positivi del suddetto spread può essere intesa infatti come la
condizione minima di sopravvivenza.
• L’evoluzione del reddito netto (+23,7% nel 2016 sul 2015) ha beneficiato dei
progressi sperimentati nella marginalità operativa e della minore incidenza dell’area
finanziaria sul Conto Economico; complessivamente il ROE si è quindi attestato al
7,4% (dal 6,3% nel 2015). Il miglioramento non è stato diffuso, ma ha riguardato la
metà dei gruppi del campione. Va poi evidenziato che nel 2016 il 12,5% del panel si
caratterizza per valori negativi del ROE, in leggero aumento rispetto al 10,1% nel
2015; allo stesso tempo, si è ridotto il numero degli operatori appartenenti alle classi
più virtuose.
• Come già emerso nelle passate edizioni del rapporto, il grado di capitalizzazione si
mantiene elevato: l’Indice di indipendenza finanziaria, che pone al numeratore i mezzi
propri e al denominatore l’intero capitale investito, ha raggiunto nel 2016 il 46,3% (dal
45,4% nel 2015). Il ricorso all’indebitamento si è quindi confermato contenuto: il
Ufficio Studi e Ricerche AIB 5
Leverage finanziario, che mette in relazione i debiti a onerosità esplicita col
patrimonio netto si è attestato nel 2016 al valore di 0,6, rispetto allo 0,7 registrato nel
2015.
• Per quanto riguarda la liquidità, ovvero la capacità dell’azienda di fare fronte agli
impegni di breve periodo attraverso l’utilizzo del capitale circolante, non si segnalano
problematiche di rilievo: nel 2016 l’Indice di disponibilità ha raggiunto il valore di 1,7
(da 1,6 nel 2015). Ciò sta a significare che gli impieghi correnti (grazie al contributo
delle rimanenze) sono più che sufficienti a coprire l’ammontare delle fonti a breve.
Dal punto di vista dinamico, la Durata del ciclo commerciale è rimasta invariata (134
giorni sia nel 2015, sia nel 2016): non ha quindi subito variazioni il lasso di tempo in
cui il fabbisogno finanziario aziendale deve essere coperto per fare fronte alla
temporanea mancanza di liquidità. La stabilità dell’indice è frutto dei minimi
movimenti che hanno interessato le sue componenti, ovvero: la rotazione delle
rimanenze e quella dei crediti e dei debiti.
• La propensione a investire è rimasta elevata: nel 2016 i gruppi manifatturieri bresciani
hanno destinato agli investimenti in immobilizzazioni materiali un’ingente porzione
del proprio valore aggiunto, pari al 18,5%. Si tratta di un valore significativo, che ben
rispecchia la voglia di “fare industria” degli operatori analizzati. Quasi il 70% dei
gruppi ha devoluto agli investimenti un valore non superiore a quello medio, mentre
poco meno del 15% degli stessi ha investito oltre il 30% della ricchezza prodotta.

Come precedentemente accennato, il rapporto ha affrontato l’evoluzione dei principali indicatori economico-finanziari dei gruppi industriali bresciani anche per il periodo 2007- 2016. Tale analisi, che non dovrebbe avere eguali in ambito territoriale, ha riguardato 55 operatori, rispetto ai 90 coinvolti nella prima sezione: 35 operatori si sono quindi “persi per strada”. Nei dieci anni oggetto del focus, si è sperimentato un certo turnover fra i gruppi: alcuni hanno iniziato a redigere il bilancio consolidato, altri non sono stati più tenuti a farlo. Ciò, unito alla logica del panel chiuso qui adottata (che fa sì che in caso di un’osservazione mancante, venga eliminata l’intera serie di riferimento) ha determinato la “sopravvivenza” nel campione di 55 operatori fra i 90 precedentemente analizzati.
Gli esponenti imprenditoriali selezionati a livello settoriale rappresentano adeguatamente l’universo delle imprese manifatturiere bresciane: 46 appartengono ai comparti metalmeccanici, mentre i rimanenti 9 fanno riferimento ad altri ambiti. Il valore complessivo dei ricavi realizzati nel 2016 ammonta a circa 10,6 miliardi di euro, mentre la dotazione occupazionale delle imprese incluse nell’area di consolidamento supera le 38 mila unità.
Di seguito i risultati più significativi, riferiti al periodo 2007-2016:
• Dopo il crollo registrato nel 2009 (-36,2% sul 2008), il volume d’affari complessivo è
velocemente tornato su livelli non distanti dai massimi pre-crisi, ma dal 2011 la
velocità del recupero ha perso smalto. I ricavi sperimentati nel 2016 sono di poco
superiori a quelli realizzati nel 2007 (+2,9%), ma sono ancora inferiori a quelli del
2008 (-3,8%). Ciò è in gran parte imputabile ai valori record dei prezzi assunti in
quell’anno da alcune materie prime di riferimento per l’industria bresciana: al netto di
tale aspetto, l’intensità del recupero sarebbe superiore. Per quanto riguarda la
distribuzione dei gruppi per anno in cui sono statti realizzati i valori minimi delle
vendite, vi è, come nelle aspettative, una netta convergenza sul 2009 (tale fenomeno
ha interessato 39 operatori); sul versante dei valori massimi, forse a sorpresa, è in
testa il 2016 (ben 21 gruppi), seguito a distanza dal 2008 (11) e dal 2007 (9). La
parziale asimmetria fra i valori cumulati e quelli “micro” può trovare giustificazione nel
fatto che il record realizzato nel 2008 nasce da pochi gruppi che negli anni successivi
non sono stati più in grado di replicare tali performance; al contrario di quanto
sperimentato nel 2016, quando i buoni risultati nei ricavi sono apparsi generalmente
più diffusi.
• Al di là degli incrementi “contabili” del Patrimonio netto, derivanti dalle rivalutazioni degli
immobili effettuate nel 20081 e nel 20132, la capitalizzazione è sensibilmente cresciuta
negli anni: nel dettaglio, nel 2016 l’Indice di indipendenza finanziaria ha raggiunto il
46,6% (nel 2007 era pari al 35,8%). La dipendenza da finanziatori terzi è
conseguentemente diminuita, con il Leverage finanziario che negli ultimi anni si è
attestato su un valore pari a 0,6: vale a dire che, per ogni 100 euro di mezzi propri, i
gruppi del campione hanno fatto ricorso all’indebitamento finanziario per 60.
• Alla ripresa dei ricavi è corrisposto un sensibile recupero dei margini: l’incidenza del
Margine operativo lordo sulle vendite (11,9% nel 2016) è in miglioramento dai minimi del
2009 (8,1%), posizionandosi poco al di sotto dei livelli pre-crisi (12,4% nel 2007). In
questo ambito l’anno 2007 è risultato il migliore per quasi un terzo del campione (17
1 D.L. 29 novembre 2008, n. 185, convertito nella Legge 28 gennaio 2009, n. 2.
2 Legge 147/2013 (Legge di stabilità 2014).

gruppi), mentre il 2016 lo è stato per 13 operatori. Il 2009 (18 gruppi) e il 2012 (12)
emergono invece come gli anni peggiori.
• Il ROA evidenzia una dinamica in parte difforme da quella registrata dall’EBITDA margin,
con una caduta più intensa e un recupero relativamente meno brillante: i livelli raggiunti
nel 2016 (6,1%), pur in netto recupero sul 2009 (1,5%) risultano ancora molto lontani dal
2007 (8,9%) e dal 2008 (7,3%). Ciò è imputabile, fra l’altro, agli elevati ammortamenti a
bilancio, frutto degli ingenti investimenti effettuati in questi anni.
• L’evoluzione complessiva del ROA ha seguito quella delle sue componenti: negli anni, i
margini sulle vendite (misurati dal ROS) si sono ridotti e la Rotazione del capitale investito ha fornito un contributo negativo alla formazione della redditività operativa.
• Dopo il crollo nel 2009 (-2,7%), il differenziale ROI-ROD mostra segnali di evidente
recupero: il valore registrato nel 2016 (5,9%) è secondo solo a quello del 2007 (7,0%).
Tale miglioramento è giustificato da un incremento della redditività operativa (ROI),
accompagnato da una contestuale flessione del costo del debito (ROD).
• La redditività netta ha seguito l’evoluzione di quella operativa: nel 2016 il valore del ROE
(8,1%) ha registrato un’accelerazione rispetto al recente passato, ma siamo ancora
lontani dalle performance sperimentate nel 2007 (13,0%), che si conferma l’anno d’oro
per i risultati aziendali. Ben 28 gruppi hanno infatti registrato in quell’esercizio il valore
massimo del ROE (nel 2016 solo 4, anche a causa della maggiore patrimonializzazione
che caratterizza in quell’anno i gruppi osservati). Come nelle aspettative, il 2009 si
conferma l’anno peggiore, sia in termini complessivi (valore del ROE pari a -0,4%), sia
in termini “micro” (25 gruppi hanno sperimentato in quell’anno il valore minimo).
• I gruppi presi a riferimento nel rapporto emergono come uno straordinario serbatoio di
occupazione: nel 2016, il numero degli addetti (calcolati sulle 55 imprese “capogruppo
operative”) si è attestato 5,5 punti percentuali sopra i livelli del 2007; tutto ciò a fronte di
una contrazione nell’industria in senso stretto pari al 10,2% nel periodo 2008-2016. Ne
deriva che le asperità di questi anni e la crescente propensione all’internazionalizzazione
dei gruppi bresciani a vocazione manifatturiera non hanno scalfito il loro legame col
territorio di origine; anzi, la dinamica degli organici evidenziata nel decennio 2007-2016
certifica uno sviluppo “sano” e rispettoso della forza lavoro locale, la quale si conferma
ancora una volta come un vero e proprio asset strategico per le imprese bresciane.

Imprese in rete, in provincia di Brescia sono 462

in Economia/Tendenze by

Sono sempre più numerose le imprese lombarde che decidono di mettersi in rete per affrontare le sfide del mercato. A settembre 2017, secondo un’elaborazione della Camera di commercio di Milano, Monza Brianza e Lodi su dati Unioncamere Lombardia e Infocamere, sono oltre 3 mila le imprese coinvolte in un contratto di rete, quasi 500 in più rispetto a oltre un anno fa, +19,7%.  Pesano il 15% del totale italiano che è di 20.159 e si concentrano soprattutto a Milano con il 33,7% (oltre mille) del totale regionale e una crescita del 16,4%. Dopo le imprese milanesi sono quelle di Brescia (462 imprese), Bergamo (344), Lecco (250) e Monza e Brianza (169) a ricorrere di più al contratto di rete. Lecco è anche il territorio che cresce di più, +105%, seguito da Mantova (+36%), Como e Cremona (+25% ciascuna). Aumentano anche i contratti, sono 906 a inizio settembre, +22% rispetto a maggio del 2016. 518 riguardano il territorio di Milano il territorio, 190 a Brescia, 162 a Bergamo, 110 a Monza e Brianza. Lodi ne ha 30.

I settori di attività. Manifatturiero (28%), attività professionali e scientifiche (15%), costruzioni (11%) commercio (9%) e agricoltura (7%) i principali settori a cui appartengono le imprese lombarde coinvolte.

Tra gli esempi di imprese lombarde in rete: le imprese impegnate nella gestione forestale, produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti primari e secondari del bosco e del sottobosco, le farmacie che  vogliono accrescere la propria presenza sul mercato nazionale ed internazionale dei farmaci all’ingrosso, quelle che attraverso la rete intendono creare prodotti e servizi didattici innovativi, quelle che vogliono penetrare i mercati asiatico e statunitense nel settore automotive ed aerospaziale, quelle che intendono diventare un’eccellenza nel settore dell’efficienza energetica, quelle che vogliono creare un prototipo di moduli abitativi prefabbricati in legno a basso costo, le imprese che vogliono accrescere la propria competitività nel mercato del caffè equo solidale o quelle che vogliono completare il processo di produzione che subisce il latte proveniente dalle stalle dei soci sfruttando in modo più economicamente vantaggioso il siero derivante dalle lavorazioni di grana e provolone.

Go to Top
Vai alla barra degli strumenti