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Economia - page 262

Notizie economico-finanziarie di Brescia e Provincia

Gabriella Baiguera è la nuova presidente di Cna Impresa Donna di Brescia

in Associazioni di categoria/Cna/Economia/Evidenza/Nomine by

L’imprenditrice, titolare della GBM Components srl di Verolavecchia, prende il posto di Eleonora Rigotti. «Subito azioni per ascoltare le imprese femminili e per lavorare sui temi dell’innovazione sociale»

Brescia, 8 agosto 2016 – Gabriella Baiguera è la nuova presidente di Cna Impresa Donna, il raggruppamento di interesse che nell’associazione ha i compiti di sostenere lo sviluppo dell’imprenditorialità femminile, di aiutare le imprenditrici ad avviare e gestire le proprie attività, di farle essere sempre più parte attiva nel sistema economico e sociale e nell’affrontare le molte sfide della conduzione d’impresa.

Il passaggio di consegne è avvenuto ufficialmente lo scorso mercoledì 3 agosto. Baiguera ha ricevuto il testimone da Eleonora Rigotti. La presidente di Cna Brescia ha augurato al suo successore «le migliori soddisfazioni da questo nuovo incarico, che a me ha dato la possibilità di crescere e di conoscere meglio le imprenditrici, di ascoltarle. Il lavoro da fare non manca. Da tempo sono in Cna con Gabriella, che ora è con me anche in presidenza. Sono quindi certa – ha continuato la presidente Rigotti – che il raggruppamento nelle sue mani e in quello delle nostre imprenditrici abbia la possibilità di realizzare progetti utili e traguardi ambiziosi, nell’interesse del genere femminile e ancor di più in quello dello sviluppo dell’impresa bresciana a 360 gradi».

Gabriella Baiguera è titolare della GBM Components srl di Verolavecchia, officina metalmeccanica attiva nella produzione di accessori moto in tubo metallico e complementi d’arredo. Dal 2010 è membro di Cna Impresa Donna provinciale e regionale e dal 2013 vicepresidente Cna di Brescia. Dallo scorso anno siede nel Comitato imprenditorialità femminile della Camera di commercio di Brescia in rappresentanza del settore dell’artigianato e del trasporto.

Questi i temi principali sui quali la nuova presidente di Cna Impresa Donna di Brescia intende concentrarsi sin dalle prossime settimane. «Per prima cosa – ha dichiarato Gabriella Baiguera – ritengo necessario analizzare lo stato dell’arte nelle imprese associate. I temi più sensibili sono quelli dell’innovazione sociale, del welfare e della conciliazione tempi di vita e lavoro. Senza dimenticare, poi, la Responsabilità sociale d’impresa ed il conteso sociale. I cittadini e le cittadine, infatti, sono le stesse persone che vivono l’impresa e che consumano quei prodotti e servizi che le imprese offrono. Tutti aspetti che potrebbero apparire secondari per la tenuta dell’impresa, ma che se curati – si è detta convinta Baiguera – possono rappresentare una leva competitiva determinate. Perché questo accada, passo dopo passo va costruita una maggiore vicinanza alle imprese, alle imprenditrici ma anche agli imprenditori, in un’ottica inclusiva». Un progetto di lavoro che comincerà con l’ascolto delle specifiche esigenze. «E’ per questo che – ha annunciato Baiguera – organizzeremo incontri itineranti nella provincia bresciana, già a partire dall’autunno».

Baiguera ha sottolineato anche come le imprenditrici bresciane possano trovare nel raggruppamento un luogo dove sviluppare il confronto, cercando nuove idee ed aspirazioni senza rinunciare alla possibilità di ricevere risposte specifiche quanto a esigenze d’informazione, formazione e consulenza.

All’incontro era presente anche Elena Razzano, da pochi mesi presidente di Cna Impresa Donna Lombardia.

Brescia seconda in Lombardia per export… di pesce

in Alimentare/Economia/Export/Tendenze by

Mercato del pesce conservato e lavorato: dalla Lombardia parte il 41% dell’export italiano per un valore che nei primi tre mesi del 2016 supera i 40 milioni di euro, +22,7% rispetto allo stesso periodo del 2015. Il pesce lavorato e conservato parte soprattutto da Como (84,8% del totale regionale). Seguono Brescia (4,8%), Milano (2,1%), Cremona (1,3%) e Lodi (1,2%). Nel 2016 i principali Paesi di destinazione sono Grecia e Arabia Saudita: entrambe rappresentano un decimo del totale verso il mondo ma è l’Arabia Saudita a spiccare per la crescita più consistente, +76%. Terza la Germania (era al primo posto lo scorso anno). E sono 1.505 le imprese ittiche, tra produzione e commercio di pesce fresco e conservato, attive in Lombardia nel 2016, una su venti in Italia, +5,1% in un anno. Sono soprattutto commercianti all’ingrosso (840, +7,8%), al dettaglio ambulante (255, +3,7%) o negozi al dettaglio (178, +6%) di pesce.

Il maggior numero di attività a Milano (652, +6,4%), Brescia (212, +2,9%), Varese (119, +12,3%) e Bergamo (99, +5,3%). Emerge da un’elaborazione Camera di commercio di Milano su dati Istat e registro imprese al I trim. 2016 e 2015. Da dove arriva il pesce lavorato sulle tavole lombarde? Soprattutto dalla Spagna, per un import di circa 59 milioni di euro in tre mesi, +5,3%. Seguono l’Indonesia (+14,3%) e i Paesi Bassi (+2,5%). In forte crescita l’Ecuador, +61,8%.

Pesce lavorato e conservato: l’Italia in tre mesi importa per quasi un miliardo di euro. Circa dieci volte di più di quanto esporta. Ma sia l’import che l’export sono in aumento: rispettivamente +6,5% e +7,3%. E nel settore ittico, che tra produzione e commercio conta quasi 30 mila imprese (+1,8%), prima Napoli con 2.233 attività (+3% in un anno) seguita da Rovigo con 2.134 (+0,7%). Vengono poi Ferrara, Roma e Venezia.

Bagnolo, ecco i nominati nella Fondazione Fasani e nella casa di riposo

in Economia/Istituzioni/Nomine by

Dopo che sono state completate le procedure per la presentazione della candidature, il sindaco di Bagnolo Mella, Cristina Almici, ha provveduto a comunicare i membri del Consiglio di Amministrazione della “Fondazione Casa di Riposo Paolo VI” e della “Fondazione Fasani” che rappresenteranno il Comune. Per quel che riguarda la casa di riposo sono stati incaricati Paolo Amadio (già presente nel Cda uscente), Angelo Chiari, Francesco Roncali, Giuseppe Viviani ed Onofrio Procaccio (presentato dalla Minoranza in Consiglio Comunale). In attesa del membro che verrà nominato dalla Parrocchia, i membri del Cda della “Fondazione Fasani” sono Rita Brunelli (che nel precedente mandato ha svolto il ruolo di presidente), Giulio Bellini, Florinda Ongarini e Carlo Fogazzi (scelto dalla Minoranza in Consiglio Comunale). Tutti i consiglieri prescelti hanno accettato l’incarico e si riuniranno nei prossimi giorni per dare avvio al nuovo mandato dei due enti, scegliendo i nuovi presidenti e dettando le linee programmatiche dei prossimi anni.

Brend, nasce il Makers Hub Brescia: l’incubatore per i giovani stilisti

in Economia/Istituzioni/Partner/Startup by

In applicazione dell’accordo tra Comune di Brescia, Brescia Infrastrutture Srl, Associazione Artigiani, Assopadana, Cna, Confartigianato, Residenza Idra, Associazione Museo della Fotografia Italiana, Fondazione Asm, in merito all’utilizzo di Palazzo Martinengo Colleoni quale sede per l’incubatore per l’innovazione, impresa e cultura, verranno offerti a giovani stilisti e designer spazi di lavoro gratuiti nel prestigioso immobile. A settembre il bando di Brescia Infrastrutture Srl con fondi da Comune di Brescia e Regione Lombardia.

Palazzo Martinengo Colleoni si prepara a ospitare aspiranti imprenditori e neo-imprenditori artigiani under 35, che sappiano creare innovazione nella moda e nel design. Lo farà offrendo spazi di residenza gratuiti con il progetto “Makers Hub Brescia” per lo sviluppo dell’auto-imprenditorialità giovanile, che fa capo alle quattro associazioni artigiane di Brescia: Associazione Artigiani, Assopadana, Cna e Confartigianato.

Il progetto – Nell’ex Tribunale nascerà un polo dedicato alla nascita e allo sviluppo di nuove imprese artigiane completo dei servizi riservati a tale categoria. Il progetto è finanziato da Comune di Brescia e Regione Lombardia (bando Territori creativi). Fino a 15 realtà potranno avere a disposizione gratuitamente per un anno (rinnovabile per altri 12 mesi previa valutazione di un’apposita Commissione) spazi di coworking, fab-lab, atelier, sportelli di servizio e assistenza, spazi e occasioni di formazione, aree di produzione per il digital manifacturing, spazi espositivi. A ospitarli sarà la manica lunga del palazzo, in via Moretto. Le quattro associazioni di categoria affiancheranno i giovani artigiani con servizi di tutoring sull’avvio e sulla gestione d’impresa, di incubazione e accelerazione, con iniziative di formazione e mentoring . Non una vetrina quindi, ma un vero luogo di lavoro con possibilità – nel piano nobile del palazzo – di incontrare clienti e organizzare piccoli meeting.

La “call to action” – Il 15 settembre si aprirà il bando di Brescia Infrastrutture, che si occuperà anche dei lavori di ristrutturazione del palazzo. Potranno fare domanda giovani con meno di 35 anni che operino (sotto forma di imprese o aspiranti tali) nel settore della moda, dalla progettazione alla realizzazione di abbigliamento, accessori e tessili per la casa, e del design, cioè arredo e complementi d’arredo per casa e cucina.

In attesa dell’apertura bando, Brescia Infrastrutture Srl (soggetto attuatore dell’accordo con il Comune di Brescia) ha pubblicato un avviso per la raccolta di manifestazioni di interesse per l’adesione al progetto “Makers Hub Brescia”. Manifestare il proprio interesse, è semplice: si compila il modulo pubblicato sul sito di Brescia Infrastrutture Srl e delle quattro associazioni dell’artigianato, via mail o per posta ordinaria. Ciò non comporterà alcun obbligo di partecipazione al bando.

Danni all’agricoltura, Enpa a Coldiretti: vietare gli allevamenti di cinghiali

in Agricoltura e allevamento/Economia/Partner by

Recentemente gli organi di informazione hanno dato spazio alla denuncia di Coldiretti che parla di “diciassette milioni di danni” provocati dagli animali selvatici. Con una nota gli animalisti di Enpa Brescia rispondono all’associazione degli agricoltori invitandola a “a farsi portavoce di ciò che da anni Enpa sostiene, e cioè vietare l’allevamento di cinghiali, le reimmissioni nelle aziende faunistico-venatorie, dalle quali gli animali tendono a fuggire, e la vendita degli stessi cinghiali”.

“Occorre altresì inasprire controlli e sanzioni contro i fenomeni illegali come quelli legati al mercato nero della carne”, incalzano gli animalisti, “per Enpa Brescia gli agricoltori hanno diritto ai risarcimenti ma, anche per evitare possibili illeciti, solo nel caso in cui questi siano verificabili e verificati. Tuttavia, è altrettanto doveroso chiedere – e pretendere – agli stessi agricoltori il ricorso ai metodi preventivi ecologici: recinzioni, dissuasori, sorveglianza degli animali da allevamento”.

“Le istituzioni”, continua il comunicato tampa degli ambientalisti, “dovrebbero aiutare i comportamenti virtuosi e incentivare tali pratiche, prioritarie per legge rispetto alle uccisioni. D’altro canto, è evidente come venti anni di politiche filovenatorie abbiano peggiorato gli squilibri ambientali. Le leggi per attuare politiche realmente efficaci ci sono ma devono essere applicate, non stravolte. Enpa, a livello nazionale, ha già da tempo fornito alle istituzioni un documento tecnico sulle misure da adottare, senza però avere alcuna risposta. Enpa Onlus sezione di Brescia si rende quindi disponibile ad un confronto con Coldiretti per vagliare eventuali proposte e dare il proprio supporto per una soluzione etica ed ecologica”.

Vivenzi presidente di Lgh, ecco la nota ufficiale

in A2A/Cogeme/Economia/Energia/Lgh/Nomine/Partecipate e controllate/Partner by

Di seguito il comunicato ufficiale della nomina di Antonio Vivenzi a presidente di Lgh, anticipata dal quotidiano on line BsNews.it

ECCO IL TESTO

A seguito della partnership raggiunta tra A2A e Linea Group Holding, l’Assemblea dei Soci ha eletto il nuovo Consiglio d’Amministrazione di LGH.

Il nuovo Presidente è Antonio Vivenzi, già sindaco di Paderno Franciacorta, figura di spicco nel panorama politico lombardo e consigliere politico della Presidenza del Consiglio dei Ministri presso il sottosegretario per le Politiche e gli Affari Esteri. “Ringrazio i Soci di Lgh per la fiducia che ci hanno accordato. ll nostro compito – ha dichiarato Vivenzi- sarà quello di dare corpo ad un progetto capace da un lato di cogliere significativi obiettivi di sviluppo e di crescita industriale e dall’altro di mantenere, anzi di incrementare, il nostro radicamento territoriale, cioè la vicinanza alle comunità locali, impegnate oggi a contrastare una crisi che morde e si fa sentire. Un sentito grazie, infine, credo sia giusto tributarlo a chi ci ha preceduto alla guida di LGH e che ha dimostrato capacità manageriale e lungimiranza nel perseguire l’accordo strategico con A2A.”

“La positiva conclusione dell’accordo di partnership industriale con A2A” – commenta Massimiliano Masi, neo Amministratore Delegato di Linea Group Holding (LGH) – “è sicuramente l’operazione più importante degli ultimi anni nel settore. Da oggi LGH ha davanti a sé sfide impegnative che affronteremo con la consapevolezza di avere alle spalle solide competenze e gli strumenti giusti per vincerle e assicurare quella crescita industriale, efficienza e qualità dei servizi che meritano i cittadini e i clienti dei territori in cui siamo presenti”. Masi, dopo la laurea in economia aziendale conseguita presso l’Università L.Bocconi di Milano, ha iniziato la sua carriera in consulenza in Arthur Andersen e A.D. Little passando poi nell’energia con ruoli di Direzione mercato e CFO in Enia (ora Iren) e dal 2010 in A2A con ruolo fra l’altro di CFO di Edison prima di assumere la responsabilità di AD di Edipower e di Responsabile della filiera Generazione e Trading del Gruppo.

Nel nuovo board di LGH insieme al Presidente Vivenzi e all’AD Masi anche i Consiglieri: Andrea Cavallini, Stefano Antonio Donnarumma, Lorenzo Giorgio Giussani, Fulvio Roncari, Emilia Rio, Rita Daniela Giupponi, Dino Martinazzoli, Massimo Maria Mustarelli, Salvatore Nupieri, Fiorella Lazzari, Paolo Formentini.

 

Domenica 7 agosto le aziende di Cna festeggiano il primo giorno senza tasse

in Associazioni di categoria/Cna/Economia/Tasse by

Le piccole e medie imprese artigiane di Brescia e provincia hanno cerchiato di rosso domenica 7 agosto sul calendario: è il giorno in cui si liberano dalle tasse, in cui smettono di produrre per pagare per il fisco e cominciano a farlo per loro stesse e per le famiglie cui danno sostentamento. Alle imprese bresciane va peggio che a quelle lombarde, dove in media il “Tax free day” è il 5 agosto, ma meglio di quelle italiane, che lavoreranno per il fisco fino al 10 agosto di media.

Nel 2015 il “Tax free day” era stato il 9 agosto; nel 2014 addirittura il 17 agosto. Lo dice il “Rapporto 2016 – Comune che vai fisco che trovi” dell’Osservatorio permanente Cna sulla tassazione, curato dal Centro Studi Cna e dal Dipartimento politiche fiscali.

Fisco record negli ultimi anni – Il rapporto ha evidenziato che il fisco comunale, regionale e nazionale pesa sulle pmi di Brescia per il 60,1%: nel 2016 si lavora 220 giorni per pagare tasse e imposte. Un “Total Tax Rate” che colloca Brescia al 65° posto nella classifica di 124 comuni, a partire dai capoluoghi di regione e di provincia. Il tasso è in crescita dell’2,7% rispetto al 2011, quando si assestava su 57,4 punti percentuale, e dello 0,1% rispetto al 2015. Il “grande balzo” lo si è fatto tra il 2011 ed il 2012, quando il “Total tax rate” è cresciuto di 6 punti (da 57,4 a 63,5%).

Nel 2015 il reddito di un’impresa bresciana si è così ripartito: il 41,6% è andato allo Stato (Irpef e contributi previdenziali IVS); il 12,3% al Comune (addizionale comunale Irpef, Imu, tassa rifiuti, Tasi); il 6,1% alla Regione (addizionale regionale Irpef e Irap). Solo con un’analisi di questo tipo è possibile attribuire le responsabilità in modo oggettivo ai vari livelli di governo, in negativo e in positivo.

Considerando la tassazione locale, sempre più importante con il federalismo fiscale, la pressione è molto diversa anche da territorio a territorio (clicca qui per scaricare la versione integrale del Rapporto 2016).

La ricetta di Cna – «Nella spesa pubblica si possono realizzare economie a costo zero; la stessa cosa può fare un’impresa. Ci sono agevolazioni, sconti fiscali, crediti d’imposta, introdotti anche dall’ultima Finanziaria, di cui si può usufruire per efficientare la gestione dell’azienda» ha spiegato Laura Buscarini, direttore di Cna Brescia. Ma non basta fare le azioni giuste, bisogna anche scegliere il momento adatto, senza ritrovarsi a dover chiudere la contabilità nelle ultime settimane di dicembre, accorgendosi magari di aver perso occasioni importanti. In un contesto dove la pressione fiscale mangia il 60% del reddito d’impresa come quello bresciano, massimizzare e rendere l’azienda il più performante possibile diventa vitale. Per questo Cna «informa e supporta le imprese perché arrivino ad avere una gestione il più possibile efficiente, diversificando fonti e impieghi per ridurre i rischi nello sviluppo aziendale». Per esempio c’è tempo fino al 30 settembre, ricorda la Cna, per l’assegnazione dei beni ai soci e fino al 31 dicembre, invece, per chi vuole investire con il super ammortamento del 140%.

«Non diciamo che non vogliamo pagare le tasse – ha dichiarato Eleonora Rigotti, presidente di Cna Brescia -, ma che il sistema sia più equo, soprattutto verso le pmi che da sempre garantiscono la tenuta economica oltre che sociale del Paese». La situazione è pesante. «Quelle che vengono sottratte sono risorse tolte alla produttività, al consolidamento dello sviluppo aziendale, che andrebbero a creare ulteriore ricchezza per il sistema economico e sociale bresciano e italiano».

La pressione sul governo – Perché palazzo Chigi adotti misure che rendano il fisco più a misura di piccole e medie imprese, la Cna ha elaborato un elenco di dieci proposte che sono state presentate alla Camera lo scorso giugno con un’interrogazione parlamentare, il cui iter è ancora in corso.

1. Rendere l’Imu sugli immobili strumentali completamente deducibile dal reddito d’impresa;

2. Utilizzare le risorse provenienti da spending review e lotta all’evasione per ridurre la tassazione sul reddito delle imprese personali e sul lavoro autonomo;

3. Introdurre una misura premiale che riduca l’imposizione sul reddito incrementale rispetto al reddito «ideale» stimato dagli studi di settore;

4. Definire il concetto di autonoma organizzazione ai fini del non assoggettamento all’Irap;

5. Introdurre l’Iri (imposta sul reddito delle imprese) per consentire alle imprese personali di allineare l’imposizione sui redditi re-investiti in azienda a quella applicata alle società di capitali;

6. Redistribuire il gettito derivante dalla tassazione sugli immobili adeguando i valori catastali ai valori commerciali;

7. Trasformare le detrazioni relative a spese per lavori edili in crediti d’imposta cedibili agli intermediari finanziari;

8. Introdurre il principio di cassa nella determinazione del reddito delle imprese personali in regime di contabilità semplificata;

9. Eliminare lo split payment e ridurre la ritenuta sui bonifici, relativi a spese per le quali sono riconosciute le detrazioni fiscali, dall’8 perlomeno al 4 per cento, come in precedenza; evitare di spostare sulle imprese gli oneri dei controlli attraverso un uso intelligente della fatturazione elettronica B2B;

10. Agevolare il passaggio generazionale delle imprese individuali tramite la completa neutralità fiscale delle cessioni d’azienda, al pari di quanto previsto in caso di conferimenti.

Massiah sulla semestrale: continueremo a creare valore per gli azionisti

in Banche/Bilanci/Economia/Evidenza/UBi by

Allegata alla nota di Ubi era presente una autointervista al Consigliere Delegato di UBI Banca Victor Massiah sui risultati semestrali, che pubblichiamo in forma interale.

Dott. Massiah, questa trimestrale sconta già il 95% dei costi del nuovo Piano Industriale 2019/2020. Quali sono invece le principali tendenze della gestione ordinaria del Gruppo? Quali segnali stanno dando, a livello economico, le imprese e le famiglie clienti di UBI Banca?

Innanzitutto mi faccia dire che non è solo una componete “costi” quella che è stata gestita da questa trimestrale. Abbiamo fatto una importantissima manovra di chiusura della shortfall. La shortfall era una riserva che avevamo sul patrimonio e che abbiamo utilizzato per oltre 900 milioni per potere, sostanzialmente, aumentare una serie di coperture sui crediti deteriorati. Non deve far paura questa registrazione perché, se dal punto di vista contabile appare come una perdita, dal punto di vista patrimoniale è invece un utilizzo di una riserva, tant’è che abbiamo già annunciato al mercato che proporremo al nostro Consiglio, a fine anno, un’ipotesi di dividendo pari se non addirittura migliore in confronto a quella dell’anno scorso.

Ma facciamo di più: facciamo, sostanzialmente, un’opera di ulteriore crescita della componente di asset management, coerente con quella che è l’ipotesi di piano: abbiamo conquistato quote di mercato nella componente fondi di investimento, risalendo posizioni tra le società che gestiscono il risparmio, dal punto di vista delle quote di mercato e abbiamo anche, seppur di poco, ampliato la nostra quota di mercato negli impieghi, ovviamente parlando degli impieghi “in bonis”.

Continua ad arrivare in maniera importante nuova raccolta dal mercato, ed è evidentemente un “flight to quality” in questo momento particolare, e allo stesso tempo stiamo ulteriormente aumentando lo sforzo, lo vedremo nel prossimo trimestre e nel successivo, di riduzione del costo della raccolta, attraverso l’utilizzo della forte componente di retail bond che raggiungeva circa 25 miliardi nel 2015 e che, evidentemente è un tipo di prodotto meno interessante per la clientela dopo le nuove regole sul ‘bail-in’. Questa componente verrà trasferita in depositi a termine con tassi inferiori o, come detto prima, in asset management.

Vediamo costi molto stabili e un costo del credito che a sua volta mostra un importante nuovo fenomeno: quello di una accelerazione della riduzione dei nuovi flussi da bonis a credito deteriorato. Questa componente viene ridotta del 45%, e mi sembra essere – almeno per le semestrali che abbiamo letto fino a oggi – il dato migliore del sistema, ad attestare la qualità complessiva del nostro portafoglio in bonis.

Quindi, in un contesto estremamente difficile, una semestrale molto difficile evidentemente perché opera una serie di azioni straordinarie, che sono fondamentali per la buona riuscita del nostro piano. Abbiamo deciso di farle, e di farle in un unico trimestre, ovvero questo, ma rappresentano delle pietre miliari fondamentali della costruzione del nuovo piano.

Quali attività previste nel piano industriale presentato a giugno sono già in corso di realizzazione?       

È in corso un grande sforzo di realizzazione della ‘banca unica’. I dipendenti del Gruppo UBI stanno facendo degli enormi sacrifici per rispettare i tempi – sono saltati anche diversi weekend e me ne dispiace – ma riusciremo sicuramente a rispettare i tempi anche perché l’iter autorizzativo sta seguendo una tempistica accelerata e credo che le autorità ci faranno pervenire le autorizzazioni in tempo per poter tenere le assemblee in autunno e quindi portare a termine tutto il nostro processo complessivo secondo i tempi dovuti. Come già detto, dal punto di vista della trasformazione del risparmio investito in prestiti obbligazionari della banca in risparmio gestito siamo già avanti; abbiamo visto i primi segnali importanti di nuova crescita degli impieghi. Mi sembra di poter dire che i primi passi siano i passi corretti.

Consolidamento del sistema bancario: con regolare frequenza UBI Banca è citata dai media come interessata a operazioni di aggregazione. Ci sono novità?

È sempre importante il ruolo, che ci viene dato dai media, di ‘cavaliere bianco’ di una serie di complessità che ci possono essere sul mercato. Dal nostro punto di vista noi continuiamo a cercare delle situazioni di creazione di valore da poter proporre al nostro board perché siamo, evidentemente, consapevoli che le economie di scala sono un elemento determinate per una banca in un contesto così difficile come quello attuale, con forte schiacciamento dei ricavi. Però sono e saranno sempre delle operazioni di creazione di valore per gli azionisti e per i nostri dipendenti.

Ubi, nel semestrale perdite per 787 milioni di euro

in Banche/Bilanci/Economia/UBi by

Il dato era noto dallo scorso 27 giugno, ma certo salta all’occhio più di tutti i dati di inizio comunicato stampa, in cui si parla di crescita. Ubi Banca ha inserito nel bilancio di metà anno il 95 per cento dei costi per realizzare il nuovo piano industriale con la creazione di Banca Unica, con il risultato di una perdita da 787 milioni di euro.

COMUNICATO STAMPA INTEGRALE (QUI IL PDF)

Inizia con il giusto passo l’implementazione del Piano Industriale

  • –  Crescono gli impieghi in bonis1 a 74,6 miliardi (+1,1% vs marzo 2016 e +1,3% vs dicembre 2015), nonostante la progressiva diminuzione del portafoglio in run off
  • –  Si rafforza il sostegno ai clienti privati e alle imprese del territorio:
    • –  nuove erogazioni di finanziamenti a medio/lungo termine per Euro 6,6 miliardi – di cui

      4,9 miliardi alle imprese (+12,8% rispetto al 1° semestre 2015) e 1,6 miliardi ai privati

      (+14,2% rispetto al 1° semestre 2015)

    • –  in crescita il numero dei clienti “a valore” (oltre 11.000 nuovi clienti rispetto a dicembre 2015)
  • –  Cresce la quota di mercato di impieghi al settore privato2 al 5,73% (dal 5,67% del dicembre 2015)
  • –  Significativi segni di miglioramento della qualità del credito:
    • –  Scendono gli stock di crediti deteriorati sia lordi (-1,6% vs marzo 2016 e -1,1% vs

      dicembre 2015) che netti (-1.159 mln vs marzo 2016 e -1.177 mln vs dicembre 2015),

      anche per effetto delle maggiori rettifiche previste in sede di Piano Industriale

    • –  Si riducono ulteriormente i flussi da crediti in bonis a deteriorati (-47,4% 1sem2016 vs

      1sem2015)

    • –  Rallenta la formazione delle sofferenze: si riducono del 19% nel primo semestre

      dell’anno (rispetto al primo semestre 2015) i passaggi a sofferenze da altre categorie di

      crediti deteriorati

  • –  Coperture dei crediti deteriorati totali, inclusi gli stralci3, al 44,3% (+667 punti base vs

    marzo 2016 e +711 vs dicembre 2015); sofferenze coperte al 58,25% (+584 punti base vs marzo 2016 e +600 punti base vs dicembre 2015). Il Portafoglio crediti deteriorati di UBI Banca risulta inoltre tra i più garantiti a livello di sistema

  • –  Cresce il risparmio gestito (inclusivo della raccolta assicurativa) a 50,9 miliardi (+3,7% vs marzo 2016 e +4,8% vs dicembre 2015). UBI Pramerica incrementa le quote di mercato al 6,1% a livello di società bancarie (dal 5,9% di dicembre 2015) e al 2,7% a livello di sistema (dal 2,5% di dicembre 2015) 4
  • –  Si mantiene elevato il flusso di depositi a vista (stock 49,1 miliardi rispetto ai 48,6 di marzo 2016 e ai 47,7 del dicembre 2015)

Dal punto di vista economico:

  • –  spesato nel secondo trimestre dell’anno il 95% degli impatti previsti per l’attuazione del

    Piano Industriale, come annunciato al mercato in data 27 giugno u.s., con effetto

    negativo sui risultati del periodo di circa -835 milioni netti5

  • –  al netto di tale effetto, il primo semestre del 2016 si chiude con un utile di 48,1 milioni

    (rispetto ai 124,4 milioni al 30 giugno 2015). La differenza, pari a 76,3 milioni di euro, è da attribuirsi oltre al calo del margine d’interesse, anche a rettifiche di valore “una tantum” su strumenti finanziari (-43,4 milioni netti) e a un minor risultato della finanza (circa -20 milioni netti)

  • –  Risultato contabile di periodo a -787 milioni di euro.

    1sem2016 vs 1sem2015:

  •   Margine d’interesse in diminuzione del 9,6% a 765,6 milioni sia per effetto della riduzione

    e ricomposizione del portafoglio titoli che per la compressione degli spread sugli impieghi

  •   Commissioni nette a 667,5 milioni, sostanzialmente stabili rispetto all’analogo periodo del

    2015 (669 milioni)

  •   Risultato della finanza a 82,6 milioni (111,1 nel 1sem2015)
  •   Spese del personale a 639,1 milioni (-2,4% rispetto al 1sem2015)
  •   Oneri operativi complessivi a 1.038,2 milioni (incluso il contributo ordinario annuo al

    Fondo Unico di Risoluzione per circa 32 milioni lordi, non presente nel 20156) in ulteriore

    riduzione dello 0,7% rispetto al 2015

  •   Costo del credito, al netto degli effetti del Piano Industriale7, a 355,5 milioni rispetto ai

    389,1 del 2015

  •   Rettifiche di valore per deterioramento di altre attività per 50,5 milioni (3,3 milioni nel

    2015) di cui 47,4 “una tantum” riferiti al sostanziale azzeramento del rischio di credito residuo legato a strumenti finanziari rivenienti da posizioni di credito deteriorato

    2trim2016 vs 1trim2016:

    •   Margine d’interesse a 378 milioni, -2,5% o -9,6 milioni rispetto ai 387,6 del 1trim2016

      (riduzione attribuibile per circa 5 milioni agli interessi sul Tier2 emesso a maggio 2016)

    •   Commissioni nette a 330,3 milioni, in leggera flessione rispetto ai 337,1 milioni del

      1trim2016

    •   Risultato della finanza a 66,9 milioni (15,7 milioni nel 1trim2016)
    •   Spese del personale a 319,3 milioni (319,8 nel 1trim2016)
    •   Oneri operativi complessivi a 510,5 milioni (-3,2% rispetto ai 527,6 milioni del 1trim2016)
    •   Costo del credito, al netto degli effetti del piano Industriale7, a 200,1 milioni (155,3 milioni

      nel 1trim2016)

Rettifiche di valore per deterioramento di altre attività per 50,7 milioni (+0,3 milioni nel 1trim2016) di cui 43,4 “una tantum” riferiti al sostanziale azzeramento del rischio di credito residuo legato a strumenti finanziari rivenienti da posizioni di credito deteriorato

Nessun impatto economico dal nuovo decreto sulle DTA

Indici patrimoniali

  •   A seguito della contabilizzazione degli oneri di Piano Industriale, il Common Equity Tier 1

    ratio “phased in” al 30 giugno 2016 si attesta all’11,43% e “fully loaded” all’11,02% (si rammenta che l’annunciato riacquisto delle minorities principalmente mediante emissione di azioni UBI e l’effetto della deducibilità fiscale delle maggiori rettifiche effettuate, già dedotte dal CET1, porteranno un beneficio stimato in circa +0,7 punti percentuali sul CET1 fully loaded, beneficio non incluso nel dato di giugno e che riallineerebbe il dato al livello del 31 marzo 2016)

    Il CET1 include la computazione pro-quota di un dividendo almeno pari a quello del 2015

  •   Total capital ratio “phased in” pari al 14,47% (13,87% al 31 marzo 2016)
  •   Leverage ratio “phased in” al 5,7% e “fully loaded” al 5,5%
  •   NSFR e LCR >1

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    Bergamo, 5 agosto 2016 – Il Consiglio di Gestione di Unione di Banche Italiane Spa (UBI Banca) ha approvato i risultati consolidati del primo semestre del 2016, che si è chiuso, dopo la contabilizzazione degli impatti relativi al nuovo Piano Industriale presentato il 27 giugno u.s., con un risultato netto di -787 milioni. Al netto di tali impatti, il semestre si chiude con un utile di 48,1 milioni rispetto ai 124,4 milioni del 1° semestre 2015. La differenza, pari a 76,3 milioni di euro, è da attribuirsi oltre al calo del margine d’interesse, anche a rettifiche di valore “una tantum” su strumenti finanziari (-43,4 milioni netti) e a un minor risultato della finanza (circa -20 milioni netti).

    Si rammenta che gli impatti derivanti dall’attuazione del Piano Industriale, contabilizzati nel secondo trimestre dell’anno, ammontano complessivamente a circa -835 milioni netti e riguardano, in particolare:

    •   l’incremento delle rettifiche su crediti, di cui circa 851 milioni (586 al netto di imposte e di terzi) riconducibili a rettifiche già dedotte dal patrimonio di vigilanza (la cosiddetta “shortfall”), da ricondursi anche all’obiettivo di riduzione del rapporto tra crediti deteriorati netti e patrimonio tangibile (Texas Ratio),
    •   gli oneri per incentivi all’esodo per 323 milioni (207 al netto di imposte e di terzi) finalizzati alla progressiva riduzione degli organici del Gruppo
    •   l’impairment dei marchi (63 milioni, 38 al netto di imposte e terzi) e la prima parte delle spese progettuali (5 milioni, 3 al netto di imposte e terzi) correlati al progetto “Banca Unica”8.

      I risultati del 1 semestre 2016 rispetto al 1 semestre 2015 Il primo semestre del 2016 si è chiuso con un risultato della gestione operativa pari a 550,3

      milioni rispetto ai 663,4 dell’analogo periodo del 2015; nell’ambito dell’aggregato sono scesi i proventi operativi del 7,1% a 1.588,4 milioni, segnati dal minor contributo del margine d’interesse e della finanza, in presenza di una sostanziale stabilità delle commissioni nette, mentre gli oneri operativi hanno confermato un andamento virtuoso, registrando un’ulteriore riduzione dello 0,7% a 1.038,2 milioni nonostante l’inclusione nel 2016 di 32 milioni quali contributo al Fondo Unico di Risoluzione, non presenti nel 20159.

Il margine d’interesse, pari a 765,6 milioni, ha mostrato una flessione del 9,6% rispetto al 2015, attribuibile in parti pressoché uguali alla riduzione del contributo del portafoglio titoli di proprietà – per il quale è in corso una manovra di riduzione e ricomposizione, come da Piano Industriale – e alla contrazione del risultato dell’intermediazione con la clientela in uno scenario di forte riduzione dei tassi di mercato (l’ Euribor a 1 mese è sceso in media semestrale a -31 punti base dai precedenti -2 punti base).

Nel dettaglio, il portafoglio titoli di proprietà ha generato interessi attivi per circa 118 milioni rispetto ai precedenti 158,2 – in presenza di investimenti in titoli di debito scesi nei 12 mesi di 2,2 miliardi (-4,3 miliardi il portafoglio titoli di stato italiani). Il margine netto prodotto dall’attività di intermediazione con la clientela si è attestato a 653,1 milioni, in flessione rispetto ai precedenti 695,7 principalmente per effetto della riduzione dei tassi sul portafoglio crediti a breve scadenza, solo marginalmente controbilanciato dalla dinamica riflessiva della raccolta a medio-lungo termine. In tale contesto, la forbice con la clientela si è chiusa di 15 punti base rispetto al primo semestre 2015, risentendo della più accentuata riduzione che ha caratterizzato i tassi attivi rispetto a quelli sulla raccolta.

Nella seconda parte dell’anno, in considerazione della nuova normativa sul bail-in, verrà progressivamente ridotto il collocamento di obbligazioni bancarie, che verranno sostituite con un’offerta di depositi a termine. Tale tipologia di prodotto è tutelato dallo Schema di garanzia dei Depositi e presenta un vantaggio in termine di minor costo per la Banca.

Le commissioni nette hanno totalizzato 667,5 milioni, importo sostanzialmente invariato rispetto ai 669,1 milioni del 1° semestre 2015 nonostante la minor presenza di commissioni di performance (5,4 milioni rispetto ai precedenti 11,8). Le commissioni relative ai servizi di gestione, intermediazione e consulenza, che rappresentano il 57% circa dell’aggregato commissionale, si sono attestati a 378 milioni, in crescita del 2,5% rispetto al 2015; le commissioni correlate all’attività bancaria tradizionale ammontano a 289,5 milioni, e registrano una riduzione del 3,6% rispetto all’anno precedente, essenzialmente legata ai servizi di incasso e pagamento.

Il risultato dell’attività finanziaria si è posizionato a 82,6 milioni (111,1 milioni di euro nel 1° semestre 2015), e registra i seguenti contributi:

  • –  per 5,6 milioni dall’attività di negoziazione (45,4 milioni nel 1sem2015);
  • –  per 86,5 milioni dalla cessione di asset finanziari (53,4 milioni nel 1sem2015), principalmente

    riconducibili, come nel periodo precedente, alla cessione di titoli di Stato italiani; la voce comprende inoltre gli introiti riconducibili alle azioni Visa Europe Ltd, per un ammontare complessivo di 15,2 milioni;

  • –  per -8,2 milioni dalla valutazione delle attività finanziarie al fair value (+5,5 milioni nel 1sem2015);
  • –  per -1,3 milioni dalle attività di copertura (+6,7 milioni nel 1sem2015). Dal lato dei costi, nonostante l’inclusione di 32 milioni di contributo ordinario al Fondo Unico di

    Risoluzione, non presente nel 201510, gli oneri operativi del primo semestre dell’anno si sono attestati a 1.038,2 milioni di euro, in ulteriore calo dello 0,7% rispetto ai 1.045,5 milioni dell’analogo periodo del 2015. Gli oneri operativi non includono i costi straordinari correlati al nuovo Piano Industriale, che sono stati riclassificati a voci proprie, per consentire la disamina delle tendenze operative ordinarie.

Nel dettaglio:

  • –  le spese per il personale hanno registrato un’ulteriore riduzione di 15,7 milioni (-2,4%) rispetto al

    1sem2015, totalizzando 639,1 milioni. I risparmi derivano principalmente dalla diminuita forza lavoro media (-319 risorse nei dodici mesi), nonché dai minori esborsi per prestazioni lavorative, nelle varie forme previste dagli Accordi sindacali via via sottoscritti, dal turnover delle risorse incentivate ai congedi straordinari, fino all’impatto dei nuovi part-time;

  • –  le altre spese amministrative, pari a 327,3 milioni, includono i 32 milioni di contributo ordinario al Fondo Unico di Risoluzione di cui sopra, non presente nel 201511, e si raffrontano con i 313 milioni del 2015. Al netto del contributo al Fondo Unico di Risoluzione, le altre spese amministrative risultano in riduzione del 5,6% rispetto al 2015, grazie al contenimento di pressoché tutte le componenti di costo.

    – infine, le rettifiche di valore nette su attività materiali e immateriali hanno totalizzato 71,7 milioni, registrando anch’esse una diminuzione di 6 milioni rispetto al 1sem2015 per effetto di minori ammortamenti in ambito IT e real estate.

    Nel primo semestre dell’anno sono state contabilizzate rettifiche di valore nette per deterioramento crediti per 1.206,4 milioni (389,1 nel 1sem2015). Le maggiori rettifiche annunciate il 27 giugno u.s. quale premessa alle proiezioni di Piano Industriale, hanno comportato il parziale riassorbimento della cosiddetta “shortfall”, ossia della differenza tra la perdita attesa e le rettifiche di valore, già dedotta dal patrimonio di vigilanza, per circa 851 milioni. Al netto di tale importo, le rettifiche di valore del periodo ammontano a circa 355 milioni.

    Grazie alle rettifiche di valore effettuate, la copertura complessiva dei crediti deteriorati ha segnato un incremento di 7,11 punti percentuali rispetto a dicembre 2015, attestandosi, inclusi gli stralci, al 44,31%.

    Infine, il conto economico del semestre registra rettifiche di valore nette per deterioramento di altre attività/passività finanziarie per 50,5 milioni (3,3 nel 2015) riconducibili per 47,4 milioni (43,4 al netto di imposte e di terzi) al sostanziale azzeramento del rischio di credito residuo legato a strumenti finanziari rivenienti da posizioni di credito deteriorato.

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    I risultati del 2 trimestre 2016 rispetto al 1 trimestre 2016

    Il 2° trimestre dell’anno è stato influenzato dalla contabilizzazione degli impatti derivanti dall’attuazione del Piano Industriale, descritti sopra, per circa 835 milioni netti12 e dall’appostamento di rettifiche di valore “una tantum” su strumenti finanziari rivenienti da posizioni di credito deteriorato per 39,4 milioni netti, che hanno portato il risultato di periodo a registrare una perdita di 829 milioni.

    Dal punto di vista dell’operatività ordinaria, il secondo trimestre del 2016 ha registrato proventi operativi in crescita a 815,5 milioni dai 772,9 del primo trimestre dell’anno. La crescita di 42,5 milioni è il risultato delle seguenti tendenze:

 

  • –  il margine d’interesse si è contratto del 2,5% (9,6 milioni) 2trim2016/1trim2016. La riduzione è principalmente ascrivibile agli interessi sull’emissione Tier2 effettuata ad inizio maggio 2016 (circa 5 milioni di euro) e al minor contributo del portafoglio titoli (-1 milione circa). L’ulteriore riduzione dei tassi di mercato (da una media Euribor a 1 mese di -26 bps nel primo trimestre dell’anno, a -35 nel secondo) ha inoltre comportato una chiusura della forbice clientela di 6 punti base.
  • –  Le commissioni nette si sono attestate a 330,3 milioni, in sostanziale continuità con i 337,1 del 1trim2016. La differenza è da ricondurre alla diversa distribuzione nei due periodi delle sottoscrizioni di nuovi prodotti di risparmio gestito, fondi e sicav.
  • –  Il risultato dell’attività finanziaria è cresciuto a 66,9 milioni (15,7 nel 1trim2016), principalmente a seguito della cessione di titoli di Stato italiani (che hanno contribuito per 51,2 milioni) e dell’inclusione degli introiti riconducibili alle azioni Visa Europe Ltd, per un ammontare complessivo di 15,2 milioni.

    In relazione alla contabilizzazione nel primo trimestre di 32 milioni quale contributo ordinario stimato al Fondo Unico di Risoluzione per l’anno 2016, l’analisi congiunturale evidenzia un ridimensionamento di 17,1 milioni degli oneri operativi, che si riducono a 510,5 milioni rispetto ai 527,6 milioni dei primi tre mesi dell’anno. In dettaglio, rispetto al precedente trimestre:

  • –  le spese per il personale si presentano sostanzialmente stabili a 319,3 milioni (-0,5 milioni), sintetizzando da un lato i risparmi conseguenti all’evoluzione degli organici e delle prestazioni lavorative e dall’altro le componenti variabili delle retribuzioni (incluse le erogazioni una tantum contabilizzate nel secondo trimestre);
  • –  le altre spese amministrative scendono a 155,5 milioni (-16,3 milioni), essenzialmente poiché nel primo trimestre era stata iscritta la stima dei sopra citati contributi al Fondo Unico di Risoluzione;
  • –  le rettifiche di valore su immobilizzazioni materiali e immateriali si sono attestate a 35,7 milioni (-0,4 milioni), per effetto dei minori ammortamenti sulle proprietà immobiliari e sulle componenti IT, parzialmente compensati dai write off seguiti alle chiusure dei minisportelli avvenuti nel mese di aprile.

    Nel secondo trimestre dell’anno sono state contabilizzate rettifiche di valore nette per deterioramento crediti per 1.051 milioni (155,3 nel 1trim2016). Le maggiori rettifiche annunciate il 27 giugno u.s. quale premessa alle proiezioni di Piano Industriale, hanno comportato il parziale riassorbimento della cosiddetta “shortfall”, ossia della differenza tra la perdita attesa e le rettifiche di valore, già dedotta dal patrimonio di vigilanza, per circa 851 milioni. Al netto di tale importo, le rettifiche di valore del periodo ammontano a circa 201 milioni.

    Grazie alle rettifiche di valore effettuate, la copertura complessiva dei crediti deteriorati ha segnato un incremento di 6,67 punti percentuali rispetto a marzo 2016, attestandosi, inclusi gli stralci, al 44,31%.

    Infine, il conto economico del secondo trimestre registra rettifiche di valore nette per deterioramento di altre attività/passività finanziarie per 50,7 milioni (+0,3 nel 1trim2016) riconducibili per 43,4 milioni al sostanziale azzeramento del rischio di credito residuo legato a strumenti finanziari rivenienti da posizioni di credito deteriorato.

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6

Gli aggregati patrimoniali

Al 30 giugno 2016, i crediti netti verso la clientela ordinaria si attestano a 83,9 miliardi, in leggera contrazione rispetto a marzo 2016 e a dicembre 2015 per effetto del significativo decremento della componente di crediti deteriorati. Nel dettaglio, all’interno dell’aggregato:

  • –  i crediti in bonis verso la clientela13 sono ulteriormente saliti a 74,6 miliardi (+1,1% rispetto a marzo 2016 e +1,3% rispetto a dicembre 2015), compensando ampiamente il decremento del portafoglio in run off; la crescita è da attribuirsi essenzialmente alla categoria “mutui ipotecari e altri finanziamenti e medio lungo termine”;
  • –  l’esposizione verso la CCG è pari a 0,8 miliardi (0,6 a marzo 2016 e 1,2 a dicembre 2015);
  • –  i crediti deteriorati netti sono scesi a 8,5 miliardi (-12% rispetto a marzo 2016 e -12,1% rispetto a dicembre 2015) grazie alle maggiori rettifiche appostate, uno dei fattori abilitanti

    annunciati in sede di Piano Industriale.

    Per quanto riguarda in particolare la qualità del credito, lo stock di crediti deteriorati lordi scende a fine giugno 2016 a 13.280 milioni (13.496 milioni a marzo 2016 e 13.434 milioni a dicembre 2015). Il decremento osservato è dovuto totalmente alla naturale soluzione di posizioni deteriorate, in quanto non sono intervenute cessioni di crediti nel periodo.

    I flussi di crediti in bonis a crediti deteriorati confermano una significativa contrazione, essendosi ridotti del 47,4% rispetto al primo semestre del 2015. Si rammenta che tali flussi risultavano già in diminuzione 2015/2014 del 7,5%, 2014/2013 del 36,2% e 2013/2012 del 4,2%. Si notano inoltre minori flussi a sofferenze da altre categorie di credito deteriorato, in discesa del 19% circa rispetto al 1sem2015 (dopo una discesa del 24% circa nel 1sem2015 rispetto al 1sem2014).

    A fine giugno 2016, a seguito delle maggiori rettifiche appostate in linea con le previsioni del Piano Industriale, a valere sia sulle sofferenze che sulle inadempienze probabili, la copertura del totale crediti deteriorati si attesta, inclusi gli stralci, al 44,31%, con un incremento di 6,67 punti percentuali rispetto al 37,64% del marzo 2016 e di 7,11 punti percentuali rispetto al 37,2% del dicembre 201514.

    Lo stock di crediti deteriorati netti ha conseguentemente segnato, per il terzo trimestre consecutivo una diminuzione, attestandosi a 8.512 milioni di euro (era 9.671 milioni di euro a marzo 2016 e 9.689 a dicembre 2015).

    Nel dettaglio, l’ammontare delle sofferenze nette risulta in diminuzione a 3.849 milioni (4.347 milioni a marzo 2016 e 4.288 milioni a dicembre 2015), con un’incidenza sul totale crediti netti del 4,59%. La copertura delle sofferenze, inclusi i crediti stralciati, si attesta a giugno 2016 al 58,25% (rispetto al 52,41% del marzo 2016 e al 52,25% del dicembre 2015)15.

Le inadempienze probabili (cd. Unlikely to pay”) ammontano in valori netti a 4.470 milioni di euro, in contrazione rispetto ai 5.071 di marzo 2016 e ai 5.147 milioni di fine 2015 (la copertura è salita al 23,75% dal 17,02% di marzo 2016 e dal 16,71% del dicembre 2015).

Le posizioni scadute/sconfinanti nette ammontano a 194 milioni, in discesa rispetto ai 254 milioni del marzo 2016 e del dicembre 2015, e risultano coperte al 4,63%.

La raccolta diretta da clientela ordinaria, pari a 69,8 miliardi (71,1 a marzo 2016 e 72,5 lo scorso dicembre), ha risentito della riduzione dello stock di obbligazioni collocate a suo tempo dalla ex Centrobanca su reti terze, in progressiva scadenza (-1 miliardo rispetto a dicembre 2015). Risultano per contro in continua crescita i conti correnti (49,1 miliardi rispetto ai 48,6 di marzo 2016 e ai 47,7 del dicembre 2015) mentre rallenta ulteriormente, in linea con le previsioni di Piano Industriale e in considerazione della normativa sul bail-in, il collocamento di obbligazioni sulla clientela del Gruppo (stock a 17 miliardi di euro rispetto a 18,6 a marzo 2016 e a 20,2 a dicembre 2015), che verranno nella seconda parte dell’anno sostituite con un’offerta di depositi a termine.

La raccolta diretta da clientela istituzionale ammonta a 17,7 miliardi a giugno 2016, in riduzione rispetto ai 18,5 miliardi di marzo 2016 (erano 19 miliardi ai fine 2015) per effetto di un minor stock di Obbligazioni Bancarie Garantite e di minori pronti contro termine con la CCG (-1,5 miliardi circa), non compensati dall’emissione di Tier 2 per 0,75 miliardi effettuata a maggio 2016.

La raccolta indiretta ha fatto registrare forti flussi progressivi in entrata per circa 1,3 miliardi nel secondo trimestre dell’anno, in accelerazione rispetto agli 0,7 miliardi registrati nel primo trimestre dell’anno. La valorizzazione degli stock complessivi di raccolta indiretta ha risentito della volatilità di mercato, principalmente nella componente di risparmio amministrato, ed ha segnato i seguenti andamenti:

  • –  il risparmio gestito in senso stretto è salito a 35,3 miliardi (+3,5% circa rispetto ai 34,1 miliardi di marzo 2016 e dicembre 2015)
  • –  la raccolta assicurativa è salita a 15,7 miliardi (+4,3% rispetto a marzo 2016 e +8,4% rispetto a dicembre 2015)
  • –  la raccolta amministrata, che ha risentito maggiormente dell’effetto performance negativo dei mercati, stimato in circa 3 miliardi, si è attestata a 27,2 miliardi (era 31 miliardi a fine 2015).

    Si riconferma la solidità della posizione di liquidità del Gruppo, con indici (Net Stable Funding Ratio e Liquidity Coverage Ratio) ormai da anni superiori a 1, e uno stock di attività stanziabili complessivamente pari, al 30 giugno 2016, a 27 miliardi di euro (di cui 12 disponibili), già al netto degli haircut.

    L’esposizione del Gruppo verso la BCE consiste in un ammontare totale di 10 miliardi di euro di TLTRO, iscritti tra i “Debiti verso Banche” e quindi non inclusi nella raccolta diretta.

    A fine giugno 2016, le attività finanziarie nette del Gruppo hanno una consistenza al mark to market di 19,1 miliardi di euro, di cui 16,2 miliardi relativi a titoli di stato italiani: quest’ultimo aggregato risulta in ulteriore diminuzione rispetto al dato di marzo 2015 (17.7 miliardi) e del dicembre 2015 (18,3 miliardi). In valori nominali, i titoli di stato italiani ammontano a 13,6 miliardi rispetto ai 15 miliardi del marzo 2016 e ai 15,8 del dicembre 2015.

    Al 30 giugno 2016, il patrimonio netto consolidato del Gruppo UBI Banca, incluso il risultato di periodo, si attesta a 8.842,3 milioni di euro rispetto ai 9.920 milioni di fine marzo 2016.

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Infine, il Leverage ratio calcolato in base alle indicazioni del Regolamento Delegato UE 2015/62, ammonta “phased in” al 5,70% e “fully loaded” al 5,53%.

In termini di ratio patrimoniali, il CET 1 ratio “phased in” al 30 giugno 2016 si attesta all’11,43% (12,07% al 31.03.2016); il CET1 stimato a regime, a parità di condizioni, è pari all’11,02% e non include gli attesi effetti positivi dell’annunciato riacquisto delle minorities principalmente mediante emissione di azioni UBI e l’effetto della deducibilità fiscale delle maggiori rettifiche effettuate, già dedotte dal CET1, stimabili complessivamente in circa +0,7 punti percentuali.

Il Total Capital Ratio “phased in” si attesta 14,47%, in crescita rispetto al dato di marzo (13,87%) a seguito dell’emissione nel secondo trimestre 2016 di un Tier2 istituzionale per 750 milioni.

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Al 30 giugno 2016, le risorse umane del Gruppo UBI Banca totalizzavano 17.590 unità (17.716 a dicembre 2015). L’articolazione territoriale a fine periodo risulta di 1.531 sportelli in Italia e 6 all’estero (rispetto ai 1.554 sportelli in Italia e 6 all’estero del dicembre 2015).

Differenziata, la Cgil chiede più garanzie per i lavoratori

in A2A/Cgil/Economia/Evidenza/Partecipate e controllate/Sindacati by

“Raccolta differenziata del vetro: a quando il nuovo bando che garantisce migliori condizioni per i lavoratori e le lavoratrici?”. E’ questo il titolo della nota congiunta inviata da Oriella Savoldi (segreteria Camera del Lavoro di Brescia) e Marco Drera (segretario Fp Cgil Brescia), in cui si chiede al più presto un bando che preveda l’applicazione del contratto Federambiente per i lavoratori delle cooperative impegnati nella raccolta.

DI SEGUITO IL TESTO INTEGRALE

Il nuovo sistema di raccolta porta a porta deciso e avviato dall’attuale Amministrazione sta dando primi risultati significativi ed è auspicabile che, una volta perfezionato ed esteso a tutta la città, il sistema stesso possa portare la raccolta differenziata a percentuali finalmente in linea con la gran parte delle città italiane ed europee che da anni stanno sperimentando con successo tale modalità con risultati positivi in termini di riduzione dei rifiuti e benefici economici derivanti dalla valorizzazione e commercializzazione del differenziato.

Tra le cose da perfezionare in tempi rapidi vi è senz’altro la raccolta differenziata nei condomini, talvolta troppo gravosa per gli addetti alla raccolta, e del vetro. Per quest’ultimo il servizio è appaltato in questo momento a cooperative sociali ed era stato previsto, anche in ambito di confronto con le organizzazioni sindacali, che il bando di assegnazione prevedesse l’applicazione del contratto Federambiente per i lavoratori e le lavoratrici impegnati nella raccolta. Ciò premesso in applicazione del principio che a parità di prestazioni debba corrispondere parità di trattamento. Purtroppo, a distanza di mesi dall’avvio del nuovo sistema di raccolta e a pochi mesi dall’estensione dello stesso a tutta la città, il bando di gara non è stato ancora perfezionato. Il risultato è che a rimetterci sono i lavoratori e le lavoratrici delle cooperative, costretti a condizioni economiche e normative peggiori rispetto a quanto spetterebbe invece loro e rispetto agli impegni presi dall’Amministrazione e dall’Azienda che gestisce il servizio nel suo insieme. La richiesta è che questa situazione possa essere al più presto sanata perché un buon sistema di raccolta è tale solo se buone sono anche le condizioni di chi vi lavora per renderlo tale.

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