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Come fare business in Cina? | INNOVATION CLUB

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Cina, foto generica da Pixabay

L’ECONOMIA CINESE – INDUSTRIA E MANIFATTURA 

L’industria e l’edilizia compongono il 46,7% del PIL cinese. La IHS Global Insight ha stimato che  il 19,8% della produzione manifatturiera mondiale proveniva della Cina, divenendo il leader nella produzione industriale e sorpassando gli Stati Uniti, i quali avevano tenuto questo primato da 110 anni. Sin dalla fondazione della Repubblica Popolare Cinese, lo sviluppo industriale è da sempre stato al centro dell’attenzione nei programmi economici del Partito Comunista Cinese. Fra i vari settori industriali, la costruzione di macchinari e la metallurgia hanno ricevuto la maggior attenzione. Questi ultimi oggi compongono il 20-30% del totale valore del gettito industriale del paese. Tuttavia questi settori hanno sofferto una carenza nell’innovazione dovuta ad un sistema che ha premiato l’incremento della produzione sopra ogni cosa, a discapito di sofisticazione, qualità e varietà. Perciò oggi giorno, nonostante l’enorme settore metallurgico, sono ancora carenti le produzioni di acciai speciali. La crescita della manifattura ha avuto una media del 10%, sorpassando gli altri settori dell’economia. Numerose compagnie nell’industria pesante rimangono sotto il controllo statale, per via della loro importanza strategica. La manifattura leggera e la produzione di beni di consumo e di lusso sono generalmente e sempre più nelle mani dei privati.

Fra le industrie principali vi sono le industrie minerarie e quelle di alluminio, carbone, macchinari, armi, tessili, abbigliamento, petrolio, cemento, fertilizzanti, industria alimentare, automobili, macchinari per il trasporto tra cui locomotive e binari, navi ed aeroplani. A questi si aggiungono quelle di altri beni di consumo quali calzature, giocattoli, elettrodomestici ed il settore tecnologico quali telecomunicazioni e tecnologie per l’informatica. L’industria chimica copre un ruolo importante a livello globale, essendo il paese leader nella produzione di fertilizzanti, plastiche e fibre sintetiche. Dal 2000 il Paese è fra le mete preferite per la ricollocazione della produzione manifatturiera, per via della conveniente manodopera e del posizionamento della Cina come piattaforma per l’export globale. Tuttavia dato l’innalzamento del tenore della vita, il rinvigorimento dei regolamenti ambientali e del lavoro e soprattutto l’innalzamento dei salari, le considerazioni per il ricollocamento si basano sempre meno sulla convenienza della manodopera rispetto al periodo iniziale dell’industrializzazione cinese.

L’ECONOMIA CINESE – SERVIZI

La Strada di Nanchino, la via commerciale più famosa e più trafficata di Shanghai.
Il settore dei servizi cinese si classificava terzo al mondo per prodotto nominale, dopo Stati Uniti e Giappone, mentre per PPA già negli anni scorsi si classificava secondo dopo gli Stati Uniti. Nel 2010 Il settore dei servizi componeva il 43% del PIL cinese, secondo per pochi punti al settore manifatturiero e dell’edilizia combinati. Tale rapporto è tuttavia ancora basso rispetto a quello dei paesi più sviluppati.

Prima delle riforme economiche del 1978, il settore dei servizi cinese era caratterizzato da aziende statali, con controlli sui prezzi e razionamento dei servizi prodotti. Con le riforme vennero introdotti mercati privati, il settore commerciale e fu dato spazio al ruolo degli imprenditori. I settori della vendita al dettaglio e vendita all’ingrosso si svilupparono rapidamente, negli anni facendo nascere numerosi centri commerciali, negozi. Così fu rapida la nascita di ristoranti, alberghi, vendita articoli e beni secondari e numerose piccole e medie imprese in proprio. L’amministrazione pubblica rimane tuttora una forte componente del settore dei servizi, mentre il turismo, sia per turisti cinesi che stranieri, sta crescendo rapidamente ed è una fonte di valute estere.

L’ECONOMIA CINESE – AGRICOLTURA

Secondo la Banca Mondiale, nel 2011 l’agricoltura componeva il 10% del PIL cinese. Nel 1983 tale figura era al 33%, mostrando una radicale trasformazione nell’economia cinese. Secondo le statistiche della FAO la Cina è il produttore e consumatore di prodotti agricoli più grande al mondo, primo nella produzione di riso e grano. Inoltre la Cina è fra i principali produttori di mais, tabacco, soia, patate, sorgo, arachidi, tè, orzo. Altre produzioni non alimentari quali cotone, fibre, seta ed olio di semi formano una piccola componente delle esportazioni agricole della Cina. La resa è generalmente alta, dato l’utilizzo di coltivazioni intensive. La Cina possiede solo il 75% delle terre coltivabili degli Stati Uniti, tuttavia ha una produzione agricola del 30% superiore a quest’ultimo paese. Produzione di grano dal 1961 al 2004. Stime tratte dalla FAO. Asse Y: produzione in tonnellate metriche.
Secondo stime delle Nazioni Unite, nel 2003 la Cina ha sfamato il 20% della popolazione mondiale, con solo il 7% delle terre arabili al mondo. A causa della geografia della Cina, solo il 15% del territorio cinese è adatto all’agricoltura. Di questo, la metà non è irrigata ed il rimanente è diviso tra risaie ed aree irrigate. Ciononostante circa il 50% dei cinesi vive in queste aree, un’alta percentuale dei quali lavora in agricoltura. Le stime nazionali indicano una popolazione rurale tra i 600 e i 700 milioni di abitanti, stima esatta difficile da ottenere dato che numerosi cittadini cinesi sono tuttora registrati in regioni rurali ma da tempo si sono trasferiti in centri urbani. Di questi circa la metà lavora nell’agricoltura, mentre il rimanente ha trovato lavoro in industria leggera o servizi a livello locale.

L’allevamento costituisce la seconda più importante componente della produzione agricola. La Cina è leader mondiale nella produzione suina, di pollame e di uova e dispone di notevoli allevamenti bovini ed ovini. L’acquacoltura e la itticoltura rappresentano settori tradizionali da tempo presenti nel settore agricolo del paese, per far fronte all’insufficienza delle risorse marine presenti nei mari della Cina. Nella regione del tibet è sviluppato l’allevamento dello yak, dai cui si ricavano pellame, latte e carne. In seguito alla crescita demografica ed agricola del paese, molte risorse forestiere sono andate perdute. Vi sono stati numero interventi di riforestazione a livello nazionale, tuttavia questi non si sono rivelati pienamente efficaci ed il Paese tuttora fa fronte ad un grave problema di deforestazione.[44] Le foreste principali si trovano sulle montagne Qin, nelle regioni centrali e nell’altopiano dello Sichuan e Yunnan, data la difficoltà nell’accedere a queste regioni. La maggior parte della produzione di legna del paese proviene dalle province del nord-est del Helongjiang e Jilin, e centrali ed meridionali del Sichuan e Yunnan.

Le province Occidentali quali il Tibet, lo Xinjiang e il Qinghai, nonostante la vasta estensione territoriale, hanno una produzione agricola bassissima data la natura geografica di queste regioni. Nelle regioni meridionali la produzione di riso domina l’agricoltura, spesso con due rese annue. Nel nord del Paese domina invece la produzione del grano, mentre nelle regioni centrali le produzioni di riso e di grano sono generalmente alla pari. La soia ed il frumento sono per la maggior parte prodotti al nord ed al centro, mentre il cotone è coltivato intensivamente nelle regioni centrali.

WOFE – WHOLLY FOREIGN OWNED ENTERPRISE

Una Wholly Foreign Owned Enterprise (WFOE) è, in Cina, un mezzo di investimento per creare unità produttive o commerciali in territorio cinese. La WFOE si configura in diverse tipologie di cui la più popolare è la società a responsabilità limitata (Limited Liability Companies – LLC). Come indicato dal nome stesso di questa entità giuridica, la WOFE, chiamata anche WFOE, è controllata al 100% da un investitore straniero.

A differenza di altri tipi di investimento previsti dalla legislatura nazionale, la caratteristica della WFOE è il fatto che non sia richiesta la presenza di un soggetto cinese in quanto sono di proprietà interamente straniera. Questo può risultare, per un’impresa estera interessata ad entrare nel mercato cinese, in un maggiore controllo sulla venture, evitando i problemi tipici di una joint venture: negoziazioni contrattuali, conflitti potenziali con l’altro partner nella venture, obbligo di condivisione di talune scelte strategiche.

Si ricorre spesso alle WFOE per produrre in Cina un prodotto straniero, per poi esportarlo in un altro paese. Infatti, una WFOE non ha la possibilità di distribuire i prodotti in Cina, sebbene sia stata recentemente una variante (Foreign Invested Commercial Enterprise) che ne ha invece la possibilità.

Il vantaggio principale di una WOFE è che, a differenza di altri strumenti come l’Ufficio di Rappresentanza o l’Ufficio Vendite, consente di operare e generare profitti in Cina. Una WOFE può infatti emettere i fapiao (fatture Cinesi), consentendo quindi all’azienda di svolgere attività produttive vere e proprie a non solo di marketing.

Inoltre, la WOFE garantisce all’investitore straniero diritti quasi uguali a quelli di un imprenditore Cinese.

Se gli investitori optano per una WOFE a responsabilità limitata (LLC), questi saranno responsabili solo per i capitali investiti. Grazie all’adesione alla World Trade Organization (WTO), la WOFE può operare anche come negozio al dettaglio o società commerciale.

D’altra parte, costituire una WFOE significa addentrarsi nel mercato cinese rinunciando ad appoggi più sicuri, come può essere un partner in una joint venture. Di conseguenza, la WFOE può faticare a creare un tessuto di guanxi, cioè “relazioni” personali con l’apparato burocratico e i soggetti del mercato, relazioni che in Cina sono molto importanti per portare avanti un’impresa.

Le tempistiche per la creazione di una WOFE possono anche richiedere 1/2 mesi, nella migliore delle ipotesi, e richiedono la presentazione della documentazione richiesta presso diversi organi competenti. La procedura è piuttosto macchinosa e molta della documentazione deve essere presentata in lingua Cinese. Solitamente le aziende straniere si appoggiano a società specializzate che si occupano di tutta la procedura burocratica per aprire una WOFE in Cina.

In alcuni settori è vietata la costituzione di WFOE. In questi casi, peraltro limitati, si ricorre di solito all’alternativa della joint venture con un partner locale.

La procedura  per aprire una società (WFOE) in Cina comprende 8 passi:

1. Individuare un’agenzia o uno studio legale che ti aiuti e consigli durante il processo di formazione e gestione della società;

2. Scegliere il Business Scope in cui intendi operare e determina se è incentivato, ristretto o proibito agli stranieri;

3. Verificare che tutti i soci abbiano l’approvazione per possedere azioni di una società cinese;

4. Preparare tutti i documenti necessari per avere le approvazioni governative:

Il nome della società, in cinese, che intendi utilizzare;

La lista dei soci (o delle società) controllanti;

La struttura manageriale;

L’indirizzo legale della società;

Il numero, cittadinanza, salario e benefit degli impiegati;

Il capitale registrato;

Uno studio di fattibilità.

5. Richiedere l’approvazione finale alle autorità competenti;

6. Ottienere la business license dalle autorità;

7. Aprire il conto e depositare il capitale registrato.

Vuoi più informazioni. Contattaci info@innovationclub.it.

Occhiali da sole, l’export vale 3,7 miliardi di euro all’anno

in Economia/Export/Tendenze by
Occhiali da sole, foto generica da Pixabay

Sono 920 le imprese italiane nella fabbricazione di lenti ed occhiali al primo trimestre 2018, +2,1% rispetto all’anno precedente, secondo un’elaborazione della Camera di commercio di Milano Monza Brianza e Lodi sui dati Registro Imprese. Il Made in Italy ha esportato occhiali da sole per 3,7 miliardi di euro nel 2018 (dato ancora provvisorio), in crescita dello 0,8% rispetto al 2017, contro un import di 1,5 miliardi. Le esportazioni crescono in America (+2%) e in Europa (+1,4%). Gli occhiali italiani piacciono soprattutto negli Stati Uniti, mercato che assorbe il 26% dell’export (+2,1% in un anno) per quasi 1 miliardo di euro. La Francia è stabile e si conferma il secondo Paese, con 456 milioni di euro di export (12,3% dell’export), terzo il Regno Unito a quota 251 milioni di euro (+5,1% in un anno), quarta la Germania con 233 milioni (in calo del 3,2%). Tra i principali Paesi, cresce l’export verso Hong Kong (+25%), Svizzera e Svezia (+24%), India (+21%) e Messico (+15%). I principali mercati di importazione sono nell’area dell’Asia per 880 milioni di euro (59% dell’import complessivo). Emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi su dati Istat 2018 e 2017.

Fabbricazione, Veneto primo, in Lombardia un’impresa su nove. Nel 2019 spetta ancora al Veneto il primato dell’occhialeria nazionale (422 attività), con le prime due province italiane per numero di imprese, Belluno (208) e Treviso (156). La fabbricazione di occhiali in territorio lombardo conta 95 imprese, il 10,3% del totale italiano, e cresce dell’1% in un anno. Varese e Milano, con 28 e 27 imprese sono l’area fulcro della produzione lombarda e si collocano al terzo e quarto posto tra le province italiane, Torino è quinta. A seguire Udine e Vicenza. In Lombardia, dopo Varese e Milano, si trovano Bergamo, Brescia e Mantova.

Giappone: per Brescia vale 10 milioni di export al mese

in Economia/Export/Tendenze by
Giappone

Giappone e Lombardia, business da oltre 800 milioni secondo i dati della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi e di Promos Italia la struttura delle Camere di commercio per l’internazionalizzazione delle imprese, con scambi per 470 milioni per l’export e 350 milioni per l’import nei primi tre mesi del 2019. Pesa la Lombardia circa il 30% del totale italiano sia per l’import che per l’export. Il totale italiano è di 1,1 miliardi di import e di 1,6 miliardi di export. In Italia, l’export cresce del +8,8% e l’import del +16,8% nei primi tre mesi del 2019, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il 99% dell’interscambio riguarda i prodotti di manifatturieri.

Per provincia (primi 3 mesi 2019). Prima Milano con 218 milioni di import e 308 milioni di export nei primi tre mesi del 2019, insieme a Varese con 33 e 36 milioni, Bergamo con 20 e 31 milioni, Brescia con 12 e 30 milioni (10 al mese di export), Monza con 44 e 18 milioni. Pesa Milano oltre il 60% del totale regionale in entrambi, sia import che export.

Export, principali settori per la Lombardia (primi 3 mesi 2019). Milano ha esportato moda per 157 milioni, macchinari per 24 milioni, chimica per 36 milioni e alimentari per 15 milioni. Varese ha esportato mezzi di trasporto per 18 milioni e macchinari per 6 milioni. Bergamo ha esportato moda e macchinari per 7 milioni. Tra i settori in crescita per Milano il legno e i prodotti in legno (+124% in un anno), per Bergamo articoli farmaceutici (+107%) e food (+18%), per Brescia metalli (+70%) e food (+40%), per Varese legno (+ 670%) e trasporti (+162%), per Monza metalli (+36%).

Import, principali settori per la Lombardia (primi 3 mesi 2019).Milano ha importato macchinari (70 milioni), prodotti chimici (41 milioni), elettronica (31 milioni) e mezzi di trasporto (20 milioni). Monza ha importato prodotti chimici (18 milioni), Varese macchinari (18 milioni) e Bergamo mezzi di trasporto (8 milioni).

 

Cina ed Emirati Arabi, scambi per 40 milioni al mese con Brescia

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I rapporti con la Cina valgono 11 miliardi nei primi tre mesi del 2019 per l’Italia, di cui 4 miliardi per la Lombardia oltre 1 miliardo con gli Emirati Arabi, di cui 310 milioni regionali. Quindi 12 miliardi di scambi nazionali verso entrambi i Paesi, di cui 4 miliardi lombardi. Si tratta di 8 miliardi di import dalla Cina di cui 3 miliardi lombardi (+4% per entrambe) e 3 miliardi di export di cui quasi un miliardo lombardo (+0,5% nazionale). Per gli Emirati si tratta di 163 milioni di import di cui 19 milioni lombardi e 1 miliardo di export di cui 290 milioni lombardi (+2% nazionale). Emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi e di Promos Italia su dati Istat nei primi tre mesi del 2019.

Cina. Per export in tre mesi la Lombardia è seguita in Italia da Emilia Romagna (528 milioni), Piemonte (366 milioni) e Veneto (332 milioni). Prime a livello nazionale per export Milano (484 milioni), Torino (194 milioni). Tra le prime le lombarde Brescia e Bergamo (100 milioni circa, +5% per Brescia). Si importano e esportano in prevalenza prodotti manifatturieri.

Emirati Arabi. Per export in tre mesi la Lombardia è seguita in Italia da Toscana (218 milioni) ed Emilia Romagna (121 milioni). Prime a livello nazionale per export Arezzo e Milano (oltre 150 milioni), Bologna e Roma (40 milioni). Tra le prime lombarde Bergamo e Brescia (20 milioni circa). Si importano in prevalenza prodotti manifatturieri e petrolio  e si esportano prodotti manifatturieri.

Per Brescia gli scambi con Cina ed Emirati valgono dunque circa 12o milioni nel  trimestre, circa 40 al mese.

Macchinari industriali, per Brescia l’export vale 4 miliardi all’anno

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Macchinari e apparecchi: un export per l’Italia da 82 miliardi all’anno, in crescita del 2% nel 2018 e che nei primi tre mesi del 2019 raggiunge già i 19,4 miliardi, +1,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Milano è la prima provincia con 7,6 miliardi di esportazioni nel 2018 e 1,9 miliardi nel 2019 (+3,2%). Seguono Bologna e Torino. Tra le prime 10, Modena con 3 miliardi di euro nel 2018 si distingue per la maggiore crescita in un anno +8,5% che continua anche nel 2019 (773 milioni, +7,4%). Mentre Brescia è sesta, con oltre quattro miliardi di export. Verona supera i 2 miliardi in un anno (+5,8%), in lieve flessione nel 2019 (554 milioni, -0,6%). Le maggiori destinazioni dell’export italiano di macchinari sono Germania, Stati Uniti e Francia. Emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi e di Promos Italia sui dati Istat anni 2018 e 2017 e primi tre mesi del 2019 e 2018.

 

Export di macchinari e apparecchi meccanici: per province italiane

PROVINCE EXP2017 EXP2018 peso % variaz. %
Milano 7.565.206.288 7.587.306.878 9,3% 0,3%
Bologna 5.327.031.966 5.501.631.297 6,7% 3,3%
Torino 4.841.278.316 4.633.873.874 5,7% -4,3%
Bergamo 4.018.271.558 4.170.560.543 5,1% 3,8%
Reggio nell’Emilia 3.966.355.022 4.153.864.189 5,1% 4,7%
Brescia 3.972.101.635 4.151.771.760 5,1% 4,5%
Vicenza 3.394.140.983 3.581.750.396 4,4% 5,5%
Padova 3.020.258.330 3.221.281.797 3,9% 6,7%
Modena 2.905.320.892 3.152.858.292 3,9% 8,5%
Verona 2.221.748.149 2.351.399.361 2,9% 5,8%
Treviso 2.161.953.830 2.328.263.202 2,8% 7,7%
Varese 2.172.189.291 2.196.875.382 2,7% 1,1%
Parma 1.837.756.933 1.822.088.561 2,2% -0,9%
Firenze 1.879.729.841 1.740.182.783 2,1% -7,4%
Monza e della Brianza 1.681.727.106 1.673.635.064 2,0% -0,5%
Novara 1.457.080.461 1.462.242.533 1,8% 0,4%
Pordenone 1.183.612.174 1.224.545.212 1,5% 3,5%
Udine 1.077.746.474 1.155.412.286 1,4% 7,2%
Lecco 1.179.252.767 1.146.651.035 1,4% -2,8%
Mantova 1.011.718.339 1.071.863.289 1,3% 5,9%
Cuneo 1.024.095.280 988.307.503 1,2% -3,5%
Piacenza 977.170.877 973.950.922 1,2% -0,3%
Bolzano/Bozen 865.841.457 912.797.605 1,1% 5,4%
Lucca 706.136.888 906.537.278 1,1% 28,4%
Ancona 952.358.791 889.486.617 1,1% -6,6%
Ravenna 756.004.698 873.489.208 1,1% 15,5%
Trento 727.481.047 832.912.664 1,0% 14,5%
Pavia 815.251.772 812.576.213 1,0% -0,3%
Genova 1.048.249.576 800.252.260 1,0% -23,7%
Asti 420.274.975 784.604.075 1,0% 86,7%
Ferrara 743.979.233 780.342.181 1,0% 4,9%
Como 756.435.060 771.396.351 0,9% 2,0%
Pesaro e Urbino 728.621.355 750.394.914 0,9% 3,0%
Rimini 625.803.154 698.188.481 0,9% 11,6%
Alessandria 626.618.528 685.252.421 0,8% 9,4%
Perugia 636.566.441 677.713.180 0,8% 6,5%
Venezia 610.938.413 645.315.339 0,8% 5,6%
Cremona 628.473.100 631.890.758 0,8% 0,5%
Trieste 658.147.433 625.082.504 0,8% -5,0%
Forlì-Cesena 589.592.341 605.178.237 0,7% 2,6%
Roma 635.584.454 539.236.426 0,7% -15,2%
Massa-Carrara 855.122.376 523.026.977 0,6% -38,8%
Pisa 473.098.724 492.003.123 0,6% 4,0%
Vercelli 467.617.353 486.388.948 0,6% 4,0%
Chieti 631.187.079 460.712.760 0,6% -27,0%
Belluno 428.949.202 457.159.056 0,6% 6,6%
Bari 540.192.382 451.367.533 0,6% -16,4%
Rovigo 292.563.248 272.602.825 0,3% -6,8%
Lodi 222.775.059 268.146.687 0,3% 20,4%
Lecce 197.928.900 256.195.321 0,3% 29,4%
Napoli 220.907.628 233.097.036 0,3% 5,5%
Siena 223.019.484 211.417.168 0,3% -5,2%
Gorizia 215.210.933 199.252.422 0,2% -7,4%
La Spezia 218.511.561 194.756.460 0,2% -10,9%
Macerata 191.499.904 176.368.881 0,2% -7,9%
Livorno 227.456.991 159.937.548 0,2% -29,7%
Arezzo 147.752.028 146.677.895 0,2% -0,7%
Biella 160.394.710 144.138.681 0,2% -10,1%
Pescara 98.174.634 139.265.220 0,2% 41,9%
Latina 148.327.525 136.180.128 0,2% -8,2%
Frosinone 119.751.628 123.500.027 0,2% 3,1%
Verbano-Cusio-Ossola 105.758.072 119.986.100 0,1% 13,5%
Sondrio 90.670.943 119.384.979 0,1% 31,7%
Prato 114.527.261 113.904.973 0,1% -0,5%
Salerno 117.880.611 102.916.140 0,1% -12,7%
Pistoia 92.657.316 91.180.216 0,1% -1,6%
Avellino 42.373.888 73.320.597 0,1% 73,0%
Province non specificate e altri stati membri 89.534.049 71.673.982 0,1% -19,9%
Teramo 69.388.110 67.114.156 0,1% -3,3%
Rieti 61.129.994 66.692.377 0,1% 9,1%
Aosta 63.052.736 66.611.074 0,1% 5,6%
Brindisi 93.879.536 65.247.233 0,1% -30,5%
Ascoli Piceno 70.207.325 59.805.635 0,1% -14,8%
Fermo 54.530.522 52.259.159 0,1% -4,2%
Benevento 52.737.725 49.243.585 0,1% -6,6%
Cagliari 47.753.541 47.336.205 0,1% -0,9%
Catania 27.379.974 45.365.953 0,1% 65,7%
Terni 48.041.515 43.074.965 0,1% -10,3%
Imperia 39.427.254 39.765.185 0,0% 0,9%
L’Aquila 18.717.614 36.089.926 0,0% 92,8%
Caserta 25.628.719 30.533.848 0,0% 19,1%
Savona 25.638.204 30.318.179 0,0% 18,3%
Vibo Valentia 17.893.243 26.647.702 0,0% 48,9%
Potenza 26.925.200 26.445.220 0,0% -1,8%
Barletta-Andria-Trani 16.515.427 22.858.054 0,0% 38,4%
Trapani 26.422.495 20.906.490 0,0% -20,9%
Campobasso 13.934.014 20.021.357 0,0% 43,7%
Palermo 23.233.202 19.993.734 0,0% -13,9%
Grosseto 15.291.337 19.580.362 0,0% 28,0%
Messina 40.905.418 17.825.976 0,0% -56,4%
Viterbo 17.370.776 17.147.666 0,0% -1,3%
Taranto 28.379.601 16.282.758 0,0% -42,6%
Catanzaro 10.697.792 11.928.458 0,0% 11,5%
Siracusa 10.082.527 8.018.612 0,0% -20,5%
Foggia 5.831.125 7.604.527 0,0% 30,4%
Caltanissetta 4.038.942 6.044.074 0,0% 49,6%
Ragusa 3.009.104 4.131.716 0,0% 37,3%
Agrigento 3.249.263 4.102.350 0,0% 26,3%
Matera 19.437.334 3.587.916 0,0% -81,5%
Crotone 3.658.799 3.511.471 0,0% -4,0%
Sassari 5.199.009 3.072.275 0,0% -40,9%
Cosenza 2.199.616 2.464.538 0,0% 12,0%
Reggio di Calabria 3.560.022 1.840.464 0,0% -48,3%
Isernia 1.164.639 1.718.746 0,0% 47,6%
Enna 1.323.581 1.585.387 0,0% 19,8%
Nuoro 274.360 1.064.210 0,0% 287,9%
Oristano 721.426 589.505 0,0% -18,3%
Provincia del Sud Sardegna 0 261.032 0,0% nr
Carbonia-Iglesias 883.381 0 0,0% -100,0%
Medio Campidano 73.325 0 0,0% -100,0%
Ogliastra 481.049 0 0,0% -100,0%
Olbia-Tempio 622.526 0 0,0% -100,0%
 Totale 80.142.840.019 81.706.216.634 100,0% 2,0%

India, le imprese della leonessa alla ricerca di nuove partnership

in Aib/Associazioni di categoria/Economia/Export/Tendenze by
Seminario in Aib sui rapporti Brescia-India

Si è tenuto giovedì pomeriggio, nella Sala Beretta dell’Associazione Industriale Bresciana, il seminario “India Industriale, Culturale, Strategica”, ultimo appuntamento delle due intense giornate che hanno portato a Brescia il Console Generale dell’India a Milano, Binoy George, e il Console Generale d’Italia a Calcutta, Damiano Francovigh – accompagnati da alcune importanti imprese indiane, tra cui Mecon, Nalco, JSW- Jindal, Tata Steel  –, impegnati in una serie di visite istituzionali e nelle aziende promosse da Indo-Italian MilanHUB con il patrocinio del Consolato Generale dell’India a Milano e dell’Associazione Industriale Bresciana, insieme a BTL – Banca del Territorio Lombardo.

Ai lavori hanno preso parte, tra gli altri, Giuseppe Pasini (Presidente AIB), Michela Tiboni (Assessore all’Urbanistica del Comune di Brescia), Eugenio Bodini (Past President AIB e Presidente Sideridraulic), Mohan Babu (Direttore JSW Steel Italy), Simone Vercesi (Direttore Enel Green Power India pvt ltd), Sanjeev Kumar (alla guida di Mecon, leader nella progettazione metallurgica in India), Pratapaditya Mishra (Direttore Generale Aluminium Association of India) e Alberto Cavicchiolo (Presidente Indo-Italian MilanHUB), oltre a una lunga lista di importanti imprenditori bresciani.

Dalla Lombardia proviene oggi il 40% dell’export italiano verso il Paese asiatico; nel 2018 Brescia è tra le prime province italiane per export industriale in India con 138 milioni di euro, al sesto posto nazionale in un quadro complessivo da oltre 4 miliardi di euro.

L’India è il secondo Paese più popoloso al mondo, con 1,3 miliardi di abitanti (fonte: Country Report India – ICE) e l’età media del Paese è al di sotto dei 30 anni. La popolazione indiana continua a crescere dal punto di vista demografico; e nei prossimi 20/30 anni è previsto un consistente aumento dei consumi, espressione di un indicatore di mercato quale l’aumento della classe media dal 19% di oggi al 70% della popolazione. Il PIL ha registrato dal 2015 al 2018 un tasso di crescita costante che si attesta circa al 7%, e le stime della Banca Centrale (Rbi) per l’anno prossimo si confermano intorno al 7%; anche secondo il rapporto Rapporto Export 2019 di SACE SIMEST l’India è uno dei Paesi che trainerà nei prossimi anni l’export italiano.

Il Console Generale dell’India a Milano, SE Binoy George, ha dichiarato che “l’industria bresciana costituisce il più grande hub produttivo della Lombardia e un riferimento per l’Italia. Per Brescia l’India può diventare uno dei grandi mercati della produzione moderna e anche una destinazione di investimenti ad elevata redditività. Le storie di successo delle sedi indiane di aziende bresciane dimostrano l’efficacia di questo impegno, in particolare nel contesto della piattaforma Make in India”

“I numeri dell’interscambio tra India e Brescia, e tra l’India e l’Italia, non rendono ancora appieno lo straordinario potenziale di crescita che questa nazione possiede – commenta Giuseppe Pasini, Presidente di AIB –. Il nostro territorio, tuttavia, ha già recepito queste opportunità, investendo in India con filiali commerciali e produttive. Il numero di aziende bresciane presenti nel Paese è elevato, e destinato a crescere, grazie anche a importanti appuntamenti come quello promosso dall’Indo-Italian MilanHUB”.

Tra le aziende associate ad AIB presenti in India si segnalano: Automazioni Industriali Capitanio, Ave, Bialetti Industrie, Bicelli, Camozzi Automation, Cavagna Group, Condor Trade, Emer, Foma, Gefran, Gnutti Carlo, Ivars, Marzoli Machine Textile (Gruppo Camozzi), Mesdan, Metal Work, O.M.F.B., Officine Meccaniche Rezzatesi, OMB Saleri, Sideridraulic System, Streparava, Valsir (Silmar Group).

Cile, ogni anno con Brescia scambi per 56 milioni di euro

in Economia/Export/Tendenze by

Cile e Italia, un business da 1,8 miliardi all’anno e che nei primi tre mesi del 2019 è già di 400 milioni circa, +3,2%, grazie soprattutto all’export che segna un +14,3%. Prime province su base annuale sono Avellino con 146 milioni di scambi di cui 142 milioni di import, Milano con 136 milioni, leader per export con 98 milioni, Cremona con 104 milioni (100 milioni circa di import) e Vicenza con 88 milioni (59 milioni di export). In crescita Ravenna (+81,2%) e Lucca (+34,4%). Emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi e di Promos Italia, l’agenzia per l’internazionalizzazione del sistema camerale italiano, sui dati Istat anni 2018 e 2017 e primi tre mesi del 2019 e 2018.

Tra le regioni eccelle la Lombardia con 428 milioni di euro di interscambio nel 2018, seguita da Emilia Romagna con 299 milioni, Veneto con 289 milioni e Campania con 195 milioni. In forte aumento la Puglia che passa da 10 a 30 milioni (+189,2%).

I prodotti più scambiati sono i metalli di base che rappresentano il 39,8% dell’import del 2018 e i prodotti dell’agricoltura, silvicoltura e pesca (21,3%) mentre i più esportati sono i macchinari (43% del totale) e gli apparecchi elettrici (9%).

Gli scambi nei primi tre mesi del 2019. Raggiungono i 394 milioni: si tratta in particolare di 234 milioni di export e 159 milioni di import. Si confermano prime province Avellino con 54 milioni di interscambio e Milano con 31 milioni. Terza Vicenza con 26 milioni. Seguono Arezzo, Padova, Cremona, Verona e Reggio Emilia che superano tutte i 10 milioni di scambi. In crescita Arezzo che passa da 1,5 a 15,6 milioni. Tra le regioni prima la Lombardia con 84 milioni, seguita da Veneto (71 milioni) e Campania (63 milioni).

L’interscambio lombardo nel 2018 è di 428 milioni. L’export raggiunge quasi i 247 milioni mentre l’import supera i 181 milioni. Oltre a Milano e Cremona ai primi posti in Italia rispettivamente per export e per import, si distinguono Brescia con 56 milioni di scambi, Bergamo con 39,5 milioni e Varese con 32 milioni. In aumento Pavia che passa da 5,5 a 9,4 milioni di scambi (+68,8%). I prodotti lombardi che vanno di più in Cile sono i macchinari che rappresentano il 30,2% del totale, gli apparecchi elettrici (17,6%) e le sostanze chimiche (12%) mentre si importano metalli (46,9%) e prodotti agricoli (19,6%).

Export, l’innovazione vale 47 miliardi di euro: ecco la mappa

in Economia/Export/Innovazione by
La mappa dell'export nel settore innovazione

Dai medicinali ai computer, dagli strumenti elettronici agli aeromobili e veicoli spaziali: l’innovazione italiana è sempre più apprezzata nel mondo: +5,6% l’export nel 2018, per un valore di 47 miliardi di euro. Ma per sapere dove va l’export per settore, quali sono i maggiori mercati, quali gli emergenti ecco la mappa: “Innovazione italiana nel mondo – Italy’s innovative goods in the world”, realizzata dalla Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi e Promos Italia, l’agenzia per l’internazionalizzazione del sistema camerale italiano, su dati Istat.

L’export lombardo di prodotti innovativi vale 15,5 miliardi, un terzo del totale italiano. In crescita dell’11,4%. Milano, con la metà del totale regionale è seguita da Varese, Monza e Brianza e Lodi. In un anno crescono soprattutto Cremona (+42,7%), Lodi (+31,5%) e Mantova (+31%). I prodotti lombardi più esportati sono i medicinali e preparati farmaceutici (5,4 miliardi, +13,3%) e le apparecchiature per le telecomunicazioni (1,9 miliardi, +36,7%). L’elettronica di consumo segna un +51,9%. Milano prima in Italia per: prodotti farmaceutici di base (26,8% del totale, +5,7%), medicinali (18%, +39,8%), computer e unità periferiche (27,4%), elettronica di consumo (14,5%, +4,5%), strumenti di misurazione (16,5%), di irradiazione ed elettromedicali (19,7%). Varese eccelle a livello nazionale per aeromobili, veicoli spaziali e relativi dispositivi (28%, +26,2%), Monza Brianza per componenti elettronici e schede elettroniche (30%, +8,1%) e Lodi per apparecchiature per le telecomunicazioni (27,1%, +77,5%).

 

Per l’Italia, tra le destinazioni: Stati Uniti in testa con 6,5 miliardi di euro ma superano i 4 miliardi all’anno anche Germania, Belgio e Francia. A crescere di più sono i Paesi Bassi +31,1% e la Cina +23,1% (entrambe con quasi 1,6 miliardi) e l’Australia, +22,7%, con mezzo miliardo circa. I prodotti innovativi più esportati sono i medicinali con 23 miliardi, +3,8% mentre segna il maggiore aumento l’elettronica di consumo audio e video, +26,7%.

Dove vanno i prodotti dell’export. Si dirigono negli USA gli aeromobili e veicoli spaziali: l’export nel 2018 è di 1,6 miliardi, +1,5%, in crescita gli Emirati Arabi Uniti, +148,6% e l’Australia, +118,4%. I prodotti farmaceutici di base vanno in Germania, 461 milioni di euro +34,7%, mentre aumentano in un anno soprattutto i Paesi Bassi +167,7%. I medicinali e preparati farmaceutici prendono la via per il Belgio con 3,8 miliardi, +68,3% in Polonia e +49,3% in Cina. I componenti elettronici e schede elettroniche a Singapore, con 383 milioni mentre cresce soprattutto Hong Kong, +66,1%. Computer e unità periferiche sono preferite in Spagna con 530 milioni mentre segna un +860% la Slovacchia. Sempre la Spagna è prima per apparecchiature per le telecomunicazioni con 913 milioni, +67,1%, in forte crescita il Giappone, +138%. L’elettronica di consumo e gli strumenti di misurazione vanno in Germania, rispettivamente 107 milioni (+22,1%) e 595 milioni (+2,8%), in forte crescita nel primo settore la Bulgaria (+709,6%) e nel secondo la Russia (+48,2%). La Francia è il principale mercato per le apparecchiature elettromedicali con 118 milioni, +8,4% la Spagna. Gli strumenti ottici e fotografici vanno negli USA con 52 milioni circa, in aumento il Qatar, che supera gli 11 milioni. I supporti magnetici e ottici preferiscono la Slovenia e la Polonia, entrambe con 10 milioni.

Da dove parte l’export italiano. Soprattutto da Milano con quasi 8 miliardi, il 16,5% italiano, +19,2%. Seguono Latina con 4,7 miliardi, 9,9% nazionale e Frosinone con 3,8 miliardi, 8%. Superano i 2 miliardi anche Firenze, Roma e Varese che segna un +21,8%. Monza e Brianza è all’8° posto e Lodi al 10°, +31,5%.

Economia, l’Unione Europea per Brescia vale 13 miliardi all’anno

in Economia/Export/Tendenze by
Bandiera europea, foto generica

L’Unione Europea vale per l’Italia oltre 500 miliardi di scambi commerciali all’anno (250 miliardi di import e 260,6 di export), il 57,6% del totale con il mondo (887 miliardi). In crescita nel 2018 del 4%. Lombardia prima regione con quasi un terzo del totale nazionale (31,4%), 161 miliardi, +5,6%. Seguita da Veneto con 70,7 miliardi (13,8% del totale, +5,1%), Emilia Romagna con 61 miliardi (12%, +4,5%) e Piemonte con 49 miliardi (9,7%, +2,2%). Germania con 128 miliardi, Francia con 85 miliardi, Spagna con 45 miliardi e Regno Unito con 34,6 miliardi i principali partner commerciali. Milano leader in Italia con oltre 64 miliardi di interscambio, +5,1%, pesa il 12,6% sul totale nazionale. Seguono Torino con 22 miliardi (-0,2%, 4,4% del totale), Verona con 20 miliardi (+4,7%, 3,9%), Brescia con 18 miliardi (+8,7%, 3,6%) e Bergamo con 17 miliardi (+5,4%, 3,3%). Tra le prime anche Roma, Vicenza, Bologna, Treviso e Modena, la maggior crescita a Brescia. Emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi e Promos Italia, l’agenzia per l’internazionalizzazione del sistema camerale italiano su dati Istat.

L’interscambio della Lombardia con l’Unione Europea vale 161 miliardi.Si tratta di 90 miliardi di import e 70,6 di export. Oltre a Milano, Brescia e Bergamo rispettivamente 1°, 4° e 5° in Italia, superano i 10 miliardi di euro anche Varese (+4,6%) e Monza Brianza e i 7 miliardi Lodi, Mantova e Pavia. Le maggiori crescite a Cremona (+20,1%) e a Lodi (+16,4%). I maggiori partner della Lombardia sono Germania con 44 miliardi, Francia con 26 miliardi, Paesi Bassi con 14,7 miliardi e Spagna con 13,3 miliardi. I prodotti lombardi più esportati in Europa sono i metalli (19,2% del totale, +7,7%) e macchinari (16,1% del totale, +4,5%), i più importati le sostanze chimiche (14,8%, +2,2%) e i mezzi di trasporto (11,8%, +23,8%).

 

Export, gli scambi con l’Austria valgono per Brescia 1,2 miliardi di euro

in Economia/Export/Tendenze by

Supera 2,7 miliardi nel 2018 l’export lombardo in Austria, + 12% su un totale italiano di 10 miliardi, +6,8%. Gli scambi con l’Austria tra import e export sono di 5,5 miliardi per la Lombardia, +11% e di 20 miliardi per il Paese, +6%. Principali settori sono i metalli con 727 milioni di export dalla Lombardia su 1,8 miliardi in Italia e i macchinari con 470 milioni lombardi su 1,1 miliardi nazionali. La Lombardia pesa quasi la metà dell’export nazionale di metalli e chimica. Cresce l’export lombardo di metalli, + 28% in un anno e di moda, +27% e quello italiano di farmaci, +28%. Emerge da una elaborazione della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi e Promos Italia, l’agenzia per l’internazionalizzazione del sistema camerale italiano su dati Istat. Oggi incontro in Camera di commercio a Palazzo Giureconsulti sul tema dell’opportunitá di espansione commerciale in Austria.

In Lombardia. Prima per scambi Milano con 1,3 miliardi di scambi, +9,3% in un anno, di cui 482 milioni di export, +7%. Segue Brescia con 1,2 miliardi di scambi, +23,5%, di cui 588 milioni di export, +20%. Terza Bergamo con 722 milioni di scambi, +16%, di cui 412 milioni di export, +31%.

In Italia. Prima per scambi Bolzano con 1,5 miliardi di scambi, di cui 498 milioni di export. Segue Milano con 1,3 miliardi di scambi, +9,3% in un anno, di cui 482 milioni di export, +7%. Poi c’è Brescia con 1,2 miliardi di scambi, +23,5%, di cui 588 milioni di export, +20%. Al quarto posto Udine con 880 milioni di scambi, +7%, di cui 563 milioni di export, +4%. Tra le prime con oltre 800 milioni si scambi Verona, Treviso e con oltre 700 milioni  Bergamo e Padova.

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