Lombardia, sostegni per 22 milioni alle imprese artigiane | Massetti: segnale importante
Regione Lombardia ha varato il nuovo pacchetto economico, dal valore di 64 milioni di euro, destinato alle imprese artigiane, ai commercianti e agli impianti sportivi natatori e del ghiaccio. Gli interventi regionali sono volti alla concessione di contributi a fondo perduto per interventi in tema di efficientamento energetico. Alle imprese artigiane sono destinati 22,3 milioni di euro come contributi a fondo perduto fino al 50% della spesa per progetti di ammontare minimo di 15mila euro, nel limite massimo di 50mila. Per il presidente di Confartigianato Brescia e Lombardia Eugenio Massetti: «Apprezziamo lo sforzo di Regione Lombardia, le risorse stanziate non risolveranno il problema ma sono il segnale dell’attenzione dell’Assessorato per gli artigiani e le PMI. L’aspetto fondamentale sul quale dobbiamo concentrare ogni attenzione è quello della competitività delle nostre imprese sul mercato internazionale – spiega Massetti – Le bollette bollenti rischiano di rappresentare una pesante palla al piede che di fatto già sbilancia una competizione che ha orizzonti sempre più ampi. Per quanto le aziende potranno produrre in perdita? Quasi il 30% dichiara di farlo. La marginalità è essenziale alla loro sopravvivenza, alla capacità di investire in capitale umano e innovazione perché lo sguardo al futuro non è un’opzione».
LE EVIDENZE AVVISAGLIE NEL PRE-GUERRA
L’Osservatorio di Confartigianato Lombardia evidenzia come l’elevato prezzo delle componenti energetiche rappresentava già una criticità rilevante per oltre il 60% delle imprese artigiane, quota che si attestava a livelli maggiori per le manifatturiere. Tale condizione – il balzo dei prezzi delle commodities energetiche – portava pre-guerra la maggior parte dell’artigianato lombardo (54,4%) ad assorbire i maggiori costi per lo più riducendo i margini e scaricando una parte sul cliente finale, aumentando spesso solo parzialmente i listini. Prima di arrivare a questo passo, molti indicano l’adozione di azioni di ottimizzazione e di riduzione al minimo degli sprechi e dei consumi: nel 28,7% dei casi lavorano in perdita, nel 14,3% dei casi riducono o modificano l’orario di lavoro e nel 6,3% dei casi scelgono di non adempiere a contratti in essere.
PERIMETRO IMPRESE ARTIGIANE MAGGIORMENTE COINVOLTE DA CONFLITTO UCRAINO E CARO BOLLETTE
Nelle prime linee della guerra dei prezzi e dei mercati sconvolti dal conflitto sono compresi più di un quarto (26,2%) degli occupati del sistema produttivo lombardo: si tratta di 156 mila imprese, la quasi totalità con meno di 50 addetti (98,1%), con 1 milione e 98 mila addetti, oltre la metà (54,3%) occupati in micro e piccole imprese (MPI). Nel dettaglio si collocano nella trincea avanzata i settori con una maggiore intensità energetica: dalla metallurgia alla petrolchimica, dalla carta al vetro, dalla ceramica ai trasporti. Nei comparti manifatturieri energy intensive sono sempre più numerosi i casi in cui il divario tra costi e ricavi diventa insostenibile, costringendo al fermo dell’attività: a due anni dal lockdown sanitario siamo arrivati al rischio di lockdown energetico per 4.781 MPI, tra cui figurano le artigiane, con 42.124 addetti.
IMPATTO SU TUTTE LE IMPRESE ITALIANE E LE FAMIGLIE
Le differenti matrici di generazione elettrica dei Paesi europei e le loro evoluzioni nella crisi, determinano un divergente andamento dai prezzi dell’elettricità al consumo. Secondo i dati Eurostat pubblicati giovedì scorso, il prezzo dell’energia elettrica sale dell’82,3% in Italia, un ritmo doppio della media dell’Eurozona, a fronte di un più limitato dinamismo in Germania, dove i prezzi salgono del 17,6%, e in Francia, dove l’aumento si ferma al 6%. Sulla base dell’evoluzione dei prezzi, a parità di consumo, le famiglie italiane nell’ultimo anno hanno speso per l’energia elettrica 5,4 miliardi di euro in più rispetto ai dodici mesi precedenti, pari allo 0,33% del PIL. In chiave territoriale, l’incremento di spesa più elevato lo si rileva in Lombardia con 939 milioni in più, pari allo 0,26 del PIL. L’estensione di queste tendenze sul mercato elettrico delle imprese determinerebbe una perdita di competitività, aggravando la già fragile posizione precedente all’inasprirsi della crisi energetica: nel primo semestre del 2021 una piccola impresa italiana pagava un prezzo dell’elettricità del 12,9% superiore rispetto alla media dell’Eurozona.