Magazine di informazione economica di Brescia e Provincia

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Disoccupazione giovanile, report Api: Brescia tra le peggiori del Nord Italia

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In provincia di Brescia più di un giovane su tre, di età compresa tra 15 e 24 anni, è disoccupato: nel 2008 lo era poco più di uno su venti. Il dato, più che preoccupante, viene sottolineato nell’indagine su «Disoccupazione giovanile e mismatch» realizzata dal Centro Studi e dall’Ufficio Risorse Umane di Apindustria. Obiettivo dello studio, oltre a mettere a confronto i dati bresciani sulla disoccupazione giovanile nella fascia 15-24 anni con quelli delle altre provincie italiane e con i dati europei, cercare anche di capire (attraverso 200 interviste a giovani che hanno rifiutato la posizione lavorativa per la quale erano stati selezionati) le difficoltà che esistono nell’incrocio tra domanda e offerta di lavoro.

«Il trend degli ultimi anni ha segnato un peggioramento molto evidente – si legge nel report del Centro Studi Apindustria -, portando la nostra provincia, a vocazione prettamente metalmeccanica, al 50esimo posto nella lista delle province italiane classificate per tasso di disoccupazione giovanile nel 2015». Lo scorso anno, in provincia di Brescia, il tasso di disoccupazione giovanile nella fascia 15-24 anni risulta essere infatti del 35,9%, in continuo peggioramento rispetto agli anni precedenti (6,2% nel 2008, 21,5% nel 2011, 28,2% nel 2014). Ben lontana da province quali Bolzano (11,9%), Verbano-Ossola (15,8%) o Cuneo (17,1%), peggio della media lombarda (32,3%) e del Nord Italia (30,6%), appena meglio addirittura rispetto alla media nazionale (40,3%). «Stupisce negativamente il dato del 2015 – sottolinea il rapporto -: il Nord e in generale l’Italia registrano un miglioramento rispetto all’anno precedente, con una riduzione del tasso di disoccupazione per i giovani 15-24. In Lombardia peggiora di un paio di punti, mentre a Brescia di ben 7,7 punti percentuali». Meglio la disoccupazione in fascia 15-29, in cui il tasso si staglia al 22,7% nel 2015 (l’anno prima era il 17,5%).

Se questo è il dato negativo, è pur vero che anche negli ultimi anni le imprese, seppure in misura minore rispetto al passato, hanno continuato a cercare nuove figure professionali. Un dato, questo, confermato anche dal report quando evidenzia «una variazione crescente positiva nella domanda di personale da parte delle imprese» nell’ultimo triennio. Dall’analisi incrociata con l’Ufficio Risorse Umane di Apindustria è però emersa in modo abbastanza evidente anche una difficoltà a far incrociare domanda e offerta di lavoro. In particolare, basandosi su 200 interviste ad altrettanti giovani che hanno rifiutato la posizione lavorativa per la quale erano stati selezionati, è emerso che tra le cause principali di questo mancato incontro vi sono la distanza casa-lavoro, le aspettative economiche non soddisfacenti e la mancanza di competenze richieste.

Api, firmato l’accordo sulla detassazione con le segreterie provinciali di Cgil, Cisl e Uil

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È stato sottoscritto questa mattina presso la sede di Apindustria Brescia l’accordo territoriale in materia di detassazione ex decreto 25 marzo 2016. Ne sono firmatari Douglas Sivieri, presidente dell’Associazione, Damiano Galletti e Gabriele Calzaferri in rappresentanza di Cgil, Francesco Diomiaiuta per Cisl e Mario Bailo di Uil.

Le parti intendono favorire attraverso la sottoscrizione di tale accordo la contrattazione collettiva di 2° livello con contenuti economici correlati a incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, quale strumento utile sia per la crescita della competitività e lo sviluppo delle imprese sia per accrescere il potere d’acquisto dei lavoratori che hanno la possibilità di beneficiare della detassazione.

Potranno godere dell’accordo le imprese aderenti al sistema di rappresentanza di Apindustria-Confapi aventi sede legale e/o operativa nella provincia di Brescia e le aziende non associate che conferiscono all’Associazione espresso mandato di assistenza sindacale. Un importante vantaggio correlato alla sottoscrizione dell’accordo è che permetterà anche alle aziende prive di rappresentanza sindacale di applicare la detassazione alla retribuzione collegata ai premi di risultato, a favore dei lavoratori che rischierebbero di esserne esclusi.

“L’accordo rappresenta un importante elemento a vantaggio del consolidamento e dello sviluppo della contrattazione aziendale legata a retribuzione realmente variabile, a percorsi di welfare aziendale e alla partecipazione attiva dei lavoratori ai risultati aziendali” commenta Sivieri, che si dichiara soddisfatto della condivisione con le organizzazioni sindacali, “a conferma della collaborazione in atto su varie tematiche”.

È possibile consultare l’accordo sulla detassazione sul sito www.apindustria.bs.it e sui siti delle organizzazioni sindacali. Per renderlo operativo le aziende possono rivolgersi all’Ufficio Relazioni Industriali e Sindacali dell’Associazione, tel. 030 23076, e-mail sindacale@apindustria.bs.it.

Fallimenti, analisi Apindustria: Brescia meglio dell’Italia

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Il Centro Studi Apidustria Brescia ha analizzato il trend dei fallimenti in Italia e a Brescia, confrontandone le dinamiche con i dati sullo sviluppo di nuove imprese. In particolare i numeri dei fallimenti sono analizzati nei singoli trimestri e poi a livello annuo (dati aggregati).

La Lombardia presenta un triste primato: nonostante le 958.464 imprese attive al 30 settembre 2016 (dati Unioncamere) vi si trova quasi il 21% dei fallimenti italiani per il 2016 (i dati si fermano al terzo trimestre), seguita a distanza dal Lazio (al secondo posto come numero di imprese attive, contandone 641.646 unità, ed il 11,5%c. delle procedure fallimentari).

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Fonte: rielaborazione Centro Studi Apindustria Brescia su dati Unioncamere

Complessivamente nel Nord Italia si localizza il 45% delle imprese attive ed il 38%c. dei fallimenti italiani.

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Fonte: rielaborazione Centro Studi Apindustria Brescia su dati CRIBIS

Messi a sistema, i dati italiani e i dati bresciani declinati sul singolo trimestre presentano un diverso trend di sviluppo.

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La dinamica dei fallimenti per l’Italia si presenta in netta crescita, con un asse previsionale che si sviluppa decisamente verso l’alto.
Al contrario, i dati su Brescia presentano un andamento stabile, con un trend in termini previsionali positivo ma in modo molto contenuto.
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Nel grafico che segue si confrontano i dati aggregati relativi ai primi due trimestri dell’anno (non sono ancora disponibili i dati del terzo trimestre sulla provincia di Brescia).

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Nella tabella che segue, i dati sui fallimenti del primo semestre 2016 sono confrontati con i corrispettivi degli anni precedenti, evidenziando come rispetto al 2009 (anno di riferimento per la nostra analisi), l’anno in corso presenti un incremento di forte rilievo delle procedure, sia a livello italiano (+60% rispetto al 2009) quanto sulla nostra provincia (+43%).

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Anche in termini di variazioni su singolo trimestre, gli andamenti bresciani presentano una variabilità maggiore rispetto a quanto evidenzi il territorio italiano (vedi tabella finale).

I dati riportati vanno tuttavia inseriti nel vivo contesto imprenditoriale italiano, in cui le nuove imprese del 2016, registrate in Camera di Commercio, sfiorano le 42mila unità nei primi nove mesi dell’anno (+0,7% rispetto allo stesso anno del 2015). I dati Unioncamere italiani, lombardi e provinciali relativi al solo terzo trimestre sono così riassunti (comunicato stampa del 20 ottobre 2016):
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Fonte: rielaborazione Centro Studi Apindustria Brescia su dati Unioncamere

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Analisi congiunturale di Apindustria: ottimisti, ma con moderazione

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La tendenza è moderatamente positiva ma continuano a esserci situazioni preoccupanti, di forte difficoltà. A registrarlo è l’analisi congiunturale del III trimestre 2016 realizzata dal Centro Studi di Apindustria intervistando un campione di associati.

L’analisi dei dati congiunturali si sviluppa dal confronto dei dati del trimestre in esame rispetto al trimestre precedente. Nel complesso il campione di riferimento si distribuisce tendenzialmente nella fascia “nessuna variazione/+5%”. Continuano a esserci però situazioni di forte difficoltà, con decisa contrazione nei valori rilevati.

Più nel dettaglio crescono fatturato (nettamente positivo in poco meno della metà dei casi, stabile per un quarto del campione) e produzione (in crescita in quattro casi su dieci, stabile per un terzo del campione), a fronte di un aumento degli ordini per il 40% dei rispondenti. In crescita gli investimenti (30% dei casi) e l’occupazione, con una crescita tra l’1% e l’8% per il 29% degli associati. Per contro aumentano mediamente anche i costi di produzione, tra +1 e +8% per circa un terzo dei rispondenti (oltre la metà del campione segnala invece stabilità).

In linea con il trimestre precedente, l’analisi incrociata dei dati evidenzia realtà aziendali che vivono una fase di netta ripresa negli indicatori rilevati, con punte positive di particolare rilievo.

Rimangono presenti situazioni di crisi aziendale, come evidenziato dal grado di utilizzo degli impianti: il 30% del campione ha infatti impianti decisamente sottoutilizzati (nel II trimestre era il 33%). Nel restante 70% del campione non si sono invece registrati cambiamenti significativi.

FOCUS METALMECCANICO

Il settore metalmeccanico, rappresentato dal 39% dei rispondenti, non presenta differenze sostanziali con quanto rilevato dalla totalità del campione. Emergono però note leggermente più positive nei valori percentuali per crescita del fatturato, produzione e ordini. La crescita dei costi di produzione è invece più contenuta rispetto a quanto rilevato dal complesso degli intervistati. Occupazione in crescita per il 21% dei rispondenti (nel secondo semestre era il 64%). Bene gli investimenti, in crescita nel 100% dei casi, in linea con quanto rilevato nel trimestre precedente.

«I dati del terzo trimestre trasmettono fiducia – afferma Douglas Sivieri a commento dell’analisi congiunturale -. È positivo che questo avvenga e che venga dato un minimo di respiro, anche perché tutte le previsioni a livello macroeconomico dicono che il 2017 non sarà un anno semplice e che ci sarà ancora molto da fare».

Acciai e metalli non ferrosi, quali prezzi mettere a budget per il 2017? Se ne parla in Apindustria.

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Delineare lo scenario macroeconomico di fronte al quale si trovano oggi le imprese, analizzare i prezzi delle materie prime – in particolare acciai e metalli non ferrosi – e tratteggiare un panorama previsionale per il 2017. Questi gli obiettivi del seminario “Steel & metals outlook 2017. Acciai e metalli non ferrosi, quali prezzi mettere a budget per il 2017?” che si terrà venerdì 14 ottobre p.v. alle ore 16.00 presso la sede di Apindustria in via Filippo Lippi 30 a Brescia.
Ad approfondire le tematiche in oggetto sarà Gianclaudio Torlizzi, tra i maggiori esperti italiani di commodities, managing director di T-Commodity, prima società italiana specializzata nella consulenza indipendente sulle materie prime per utilizzo industriale. In scaletta, in particolare, un’analisi dello scenario macroeconomico, analisi e previsioni prezzi metalli LME (rame, alluminio primario e secondario, nichel, zinco, piombo, stagno), prezzi metalli preziosi (oro, argento, platino, palladio), mercato siderurgico (piani & lunghi, rottame, minerale di ferro), per concludere con analisi e previsioni EUR nei confronti delle principali valute internazionali.
La partecipazione è gratuita previa iscrizione. Per informazioni e adesioni: tel. 030.23076, segreteria.associati@apindustria.bs.it.

Tre studenti alla Scuola di pressocolata grazie alle borse di studio di Apindustria

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Tre borse di studio per altrettanti studenti alla Scuola di pressocolata organizzata da AQM E CSMT: a finanziarle Apindustria Brescia con l’obiettivo di facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. «In questo modo permettiamo alle nostre aziende associate di assumere figure professionali già formate – afferma Marco Mariotti, vice presidente vicario di Apindustria Brescia, nella sede di AQM a Provaglio d’Iseo dove oggi c’è stata la seconda lezione -: noi, come associazione, facilitiamo l’incontro mettendo a disposizione tre borse di studio, rivolte espressamente a studenti e non a personale già operativo in azienda». Il settore della pressofusione di alluminio è settore in forte trasformazione e necessita di figure sempre più specializzate e preparate per rispondere alle esigenze di un mercato, nell’automotive ma non solo, sempre più esigente. «Borse di studio per studenti – sottolinea Mariotti – significa quindi andare incontro alle esigenze delle aziende, permettere agli studenti di acquisire una forte specializzazione e aumentare il bacino di persone in grado di confrontarsi in modo adeguato in questo settore».

Oltre 400 ore di lezioni teoriche e pratiche a cadenza settimanale, insegnamento effettuato da professionisti con lunga esperienza operativa nel settore della Pressocolata, metallurgisti e specialisti di AQM e docenti dell’Università di Brescia, al termine del corso gli studenti diventeranno – a seconda del percorso scelto – tecnologo di industrializzazione del processo, tecnologo di industrializzazione del prodotto o responsabile della produzione di un’azienda di pressocolata. «È il secondo anno che sosteniamo in modo attivo il corso attraverso borse di studio – ricorda Mariotti -, forti dei risultati ottenuti e del gradimento di tale percorso da parte delle nostre aziende associate».

«Anche per questa edizione il settore ha risposto alla chiamata formativa – spiega il Direttore di AQM e CSMT Gabriele Ceselin -, i nuovi discenti godranno delle migliorie introdotte grazie all’esperienza del primo corso, sia a livello organizzativo sia sul piano didattico in particolare con l’introduzione di 40 ore circa di addestramento pratico in fonderia, 16 ore di visite aziendali e un project work finale che porterà gli studenti a progettare e lavorare su un caso pratico».

«L’adesione alla seconda edizione dell’HPDC School conferma la necessità dell’industria di professionisti con un bagaglio d’eccellenza che AQM e CSMT possono adeguatamente formare sia dal punto di vista tecnico che manageriale» ha dichiarato l’Ing. Riccardo Trichilo, Presidente di entrambe le strutture.

Tutti i dettagli sulla Scuola di pressocolata: www.scuoladipressocolata.it

 

Sivieri (Api) contro le banche: accesso al credito difficile per le Pmi

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«L’accesso al credito continua ad essere un problema enorme ed è necessario che le banche inizino a credere di più nelle piccole e medie imprese». Ad affermarlo è Douglas Sivieri, presidente di Apindustria Brescia, in un incontro di approfondimento dedicato avuto nella sede dell’associazione con il presidente di Confapi Lombarda Fidi, Virginio Novali.

Negli ultimi anni in Italia il credito deteriorato riconducibile alle imprese è triplicato, da circa il 10 al 30%, e ammonta oramai a 260 miliardi di euro. Nel 2008 le sofferenze delle imprese ammontavano a 76 miliardi di euro, nel 2016 hanno superato i 150 miliardi. Una situazione anomala, non paragonabile a quella della Francia o della stessa Spagna. «Le banche hanno avuto molte difficoltà a gestire il credito incagliato, il risultato è che c’è stata una restrizione forte che ha innescato una reazione a catena – ha ricordato Sivieri –: il credito è stato concesso solo alle imprese più virtuose o per le quali ci sono garanzie di altri, dallo Stato in primo luogo, mentre per tante altre imprese l’asticella della concessione del credito è stata messa troppo in alto. Ma se si vuole interrompere questa spirale bisogna che si esca dalla logica dei puri numeri, spesso vecchi e non in grado di fotografare realmente la situazione, e di capire invece i progetti imprenditoriali meritevoli».

É quello che fanno i Confidi legati alle imprese: «Il Confidi oggi – ha sottolineato Novali – cerca di anticipare le necessità del credito attraverso istruttorie plafond che danno alle aziende una credenziale per il sistema bancario e deliberando nella gran parte dei casi ben prima delle banche. In questo modo il Confidi è in grado di fornire alla banca una delibera sostenuta non solo dall’analisi dell’ufficio fidi del Comitato esecutivo ma anche dal parere di un Comitato tecnico composto da imprenditori». Si può guardare la sintesi dell’incontro sul canale Youtube di Apindustria Brescia, nella rubrica «Diamo voce all’imprenditoria bresciana».

Indagine Api: le imprese guardano all’estero, ma il credito scarseggia

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Il Centro Studi di Apindustria Brescia ha recentemente indagato lo stato delle attività estere dei propri associati verso i Paesi extra UE, tramite un questionario che ha rilevato l’attività attuale (dettagliandone presenza nelle macro aree e quindi le modalità di ingresso nei singoli Paesi) e l’intenzionalità di sviluppo futuro, correlandole alle difficoltà fino ad ora riscontrate.
Ne è emerso che il 67% dei rispondenti registra ad oggi una presenza in mercati esteri, mentre il 45% circa intende sviluppare o rafforzare rapporti commerciali con Paesi extra europei.
La principale macro area di destinazione è rappresentata da Paesi europei non presenti nell’Unione (verso cui il 49% dei rispondenti ha sviluppato rapporti commerciali), seguito dall’America (40%) e dal Medio Oriente (32%); nella sola Russia si posizionano i clienti del 29% dei rispondenti.
Nell’approccio ai Paesi esteri, la formula preferita è l’esportazione diretta (79% circa), segue l’appoggio a distributori locali (16% circa). Molto più contenuti i casi in cui si esporta tramite filiali commerciali e uffici di rappresentanza, sporadico il ricorso a joint ventures.

Sono numerose invece le difficoltà riscontrate dalle aziende associate che lavorano al di fuori dei confini europei. Quelle di maggior rilievo sono riconducibili sostanzialmente a:
questioni interne/strutturali delle imprese, che per carenza o inadeguatezza di risorse economiche e umane (o per la propria dimensione aziendale) non sono in grado di sviluppare relazioni commerciali al di fuori dei confini nazionali (52,7%);
finanziarie, in primis in termini di accesso al credito (14,45%);
geopolitiche e culturali/linguistiche tra Paesi (27,3%);
legate alla figura del cliente/partner estero, che presenta caratteri strutturali o di affidabilità che limitano l’instaurarsi della relazione commerciale (18,18%).

Nel dettaglio, la difficoltà più frequente è rappresentata dalla mancanza di economicità dell’operazione, in cui si identifica il 22% circa dei rispondenti; tuttavia si annovera anche la carenza di personale dedicato e, sovente, l’inaffidabilità dei partner locali.
Tra le difficoltà finanziarie, domina il rischio Paese (5,5%), ma anche problemi relativi alla bancabilità del potenziale cliente (poco meno del 2%) e al rapporto commerciale (4% circa), che non sembra sicuro per durata, importo o clausole contrattuali imposte.
Nonostante le difficoltà indicate, le imprese dimostrano ottimismo e intenzionalità di ulteriore sviluppo estero (45% circa dei rispondenti), ma anche necessità di supporto nella ricerca di clienti esteri (57,3%). Meno rilevante la richiesta di sviluppare in loco relazioni con partner (23%) o consulenti (8,6%).

FOCUS METALMECCANICO
Le imprese metalmeccaniche si sono dimostrate particolarmente attive verso l’estero; i risultati rilevati paiono in linea con le dinamiche segnalate dal complesso dei rispondenti.
Marcato, per queste imprese, il ricorso all’esportazione diretta. Tra le difficoltà di accesso ai mercati esteri, l’inadeguatezza della struttura aziendale (47% circa) in termini di onerosità (25% dei rispondenti) e di carenza di personale dedicato (18% circa). Le dimensioni aziendali incidono solo per il 3,5%, mentre le difficoltà legate al Paese e al cliente pesano, complessivamente, per il 43% circa.
Anche nel caso del settore metalmeccanico, la ricerca di clienti esteri sembra essere la necessità più sentita nelle aziende (42% dei rispondenti), mentre la ricerca di partner e/o consulenti in loco incide per il 18% circa degli intervistati.

L’Economia è ferma, serve una sferzata radicale

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di Douglas Sivieri – Il Governo ha annunciato che la prossima legge di bilancio sarà pro crescita e il presidente del Consiglio ha detto che l’unica ricetta è abbassare le tasse. Molto condivisibile e speriamo che sia vero questa volta perché i segnali delle ultime settimane hanno confermato, se mai ce ne fosse stato bisogno, che l’Italia è ferma. Da troppo tempo, oramai.

Nelle scorse settimane l’Istat ha inanellato una serie di report preoccupanti, l’ultimo dei quali è la nota mensile di lunedì nella quale si osserva che l’economia italiana ha interrotto la fase di crescita e che nei prossimi mesi proseguirà la fase di debolezza. Nei giorni scorsi era stato sempre l’Istat a dirci che l’indice di fiducia è in ribasso, che l’occupazione aveva poco da gioire, che nel secondo trimestre 2016 il Pil è rimasto invariato rispetto al periodo precedente. Gli ottanta euro, la decontribuzione per i nuovi assunti, i bonus dati qua e là non hanno quindi cambiato il verso dell’economia italiana, che continua a muoversi intorno agli zero virgola in più o in meno. Il motivo per cui siamo così fermi è probabilmente proprio questo: tanta, troppa attenzione alla congiuntura, in modo quasi ossessivo, e rimozione al contempo dei problemi di fondo che attanagliano il nostro Paese da ben prima della crisi.

Come ricorda anche l’Istat lo stato dell’economia è condizionato dal contributo negativo della componente interna e dalla caduta produttiva del settore industriale. La domanda interna è in situazione asfittica da troppo tempo, con conseguente avvitamento verso il basso dell’intero sistema: stipendi bassi, difficoltà crescenti per le imprese, mancata nuova occupazione. Un problema che viviamo in modo forte anche nella provincia di Brescia, che da anni si trova ad avere livelli di disoccupazione inimmaginabili fino a pochi anni fa e che, al pari di tante altre provincie, dovrà fronteggiare una radicale trasformazione delle forme stesse del lavoro. Molti lavori, e ancor più avverrà in futuro, stanno infatti scomparendo e per crearne di nuovi serviranno nuove competenze, formazione, capacità di innovazione

Dall’altro, collegato, il problema di fondo della produttività, che negli ultimi 15 anni in Italia è cresciuta dell’1% rispetto a una media del 17% dei Paesi concorrenti europei. Un dato che si commenta da solo e che trova conferma anche sul fronte della crescita, in Italia sempre più bassa rispetto ai partner europei. Questo per dire che c’è un problema europeo, e dell’area euro in particolare, ma c’è anche un malato italiano.

La soluzione, lo sappiamo, non è semplice e nemmeno di breve periodo. La strada da percorrere è però innanzitutto una: abbassare in modo consistente le tasse, sia per i lavoratori sia per le imprese. Solo in questo modo si potrebbe ridare davvero sollievo alla domanda interna. Tagliare la spesa pubblica, come ha osservato anche nei giorni scorsi l’ex commissario alla revisione della spesa pubblica Roberto Perotti, è una strada lunga e complicata, richiede programmazione e visione. Ma è questo che bisogna fare: tagliare sul fronte della spesa, ridurre le tasse in modo consistente, finalizzare le poche risorse a disposizione in misure estremamente mirate, presentarsi in Europa con un piano credibile e coerente. Di alternative non ce ne sono, troppo tempo è stato perso e ne resta sempre meno a disposizione.

In questi anni tante piccole e medie imprese hanno chiuso anche a Brescia, altre sono riuscite a ristrutturarsi, altre ancora sono a metà del guado. Pensando a queste, all’ossatura del Paese in termini di Pil e occupati, è necessario cambiare verso davvero: pensare, dopo tanto tempo, che basti qualche bonus o incentivo, o che ci si possa accontentare di qualche spostamento millimetrico del Pil non solo è illusorio, ma è foriero di nuovi guai.

  • presidente Apindustria

Piccole imprese: segnali positivi da fatturati, ordini e investimenti

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Fatturati e ordini in crescita in oltre un caso su due, col segno positivo in quasi un caso su due anche la produzione, input positivi iniziano ad arrivare anche da investimenti, soprattutto nel settore metalmeccanico, e occupazione (in circa un caso su cinque). L’analisi congiunturale relativa al secondo trimestre 2016 realizzata dal Centro Studi di Apindustria segnala una tendenza nel complesso positiva e, anche se ovviamente permangono elementi critici per un discreto numero di aziende del campione, l’analisi incrociata dei dati evidenzia realtà aziendali che vivono una fase di netta ripresa negli indicatori considerati. «I numeri sulla ripresa sono ancora esigui – afferma Douglas Sivieri, presidente di Apindustria Brescia -, ma molte piccole e medie imprese bresciane hanno ricominciato ad investire e questo è sicuramente un bel segnale. Purtroppo non tutte le imprese vanno nella stessa direzione e, collegato a questo aspetto, resta il grande problema di un mercato interno che continua a essere fermo e che rappresenta però il naturale sbocco di tante aziende. I mercati esteri, per chi può, sono necessari ma non sufficienti».

L’analisi dei dati congiunturali si sviluppa dal confronto dei dati del trimestre in esame rispetto al trimestre precedente. Più nel dettaglio, osserva il Centro Studi, i principali indicatori economici del II trimestre 2016 segnalano una tendenza nel complesso positiva, ma in moderata crescita: il campione di riferimento si distribuisce tendenzialmente nella fascia +1/+5%. I dati medi sono incoraggianti e positivi: mediamente, crescono fatturato (positivo nel 57% dei casi) e produzione (in crescita nel 48% dei casi, il 27% dichiara stabilità), a fronte di un aumento degli ordini (56%); aumentano mediamente anche i costi di produzione, che si stagliano tra +1 e +8% per il 40% dei rispondenti (il 53% segnala invece stabilità).

Tendenzialmente fermi gli investimenti (in crescita solo nel 22% dei casi), e l’occupazione, in timida crescita per il 28% degli associati. L’analisi incrociata dei dati evidenzia realtà aziendali che vivono una fase di netta ripresa negli indicatori rilevati, con punte positive particolarmente significative.

Rimangono tuttavia presenti situazioni di crisi aziendale, come emerge dall’analisi del grado di utilizzo degli impianti: come per il trimestre precedente, le situazioni di maggior difficoltà – in cui gli impianti lavorano alla metà (o meno) della loro capacità – segnano ulteriori riduzioni (il 33% di chi ha impianti pesantemente sottoutilizzati) anche marcate, mentre nel 7% dei casi hanno avuto un forte impulso.

La tendenza nell’utilizzo degli impianti tuttavia si muove coerentemente con la produzione, segnalando stabilità, affiancata da un timido ma fermo miglioramento. Positivi anche gli andamenti di ordini e magazzino giacenze: se nel primo trimestre 2016 si segnalava una contrazione degli ordini particolarmente pesante per più dell’8% degli intervistati (calo degli ordini superiore all’8%), mentre più dell’8% degli intervistati subiva un incremento significativo delle giacenze (variazione delle scorte superiori al 9%), in questo secondo trimestre si segnala una contrazione degli ordini solo nell’8% dei casi – di cui 5% particolarmente pesanti.

FOCUS SETTORE METALMECCANICO

Il settore metalmeccanico, circa la metà del campione complessivo, presenta evidenze leggermente discordanti rispetto alla totalità degli associati interpellati, nei principali indicatori: soprattutto, impatta negativamente la sezione “costi della produzione”, in cui il 95% dei rispondenti dichiara un incremento. D’altro canto, i metalmeccanici presentano produzione e fatturato con note più positive, nonostante una crescita degli ordini meno rappresentativa in termini percentuali, ma più significativa quantitativamente (il 31% dei rispondenti sfrutta una crescita degli ordini tra 6 e 8%).

Anche l’occupazione trova terreno fertile in questo settore, dove si evidenza una crescita nel 64% dei rispondenti. Bene gli investimenti, in crescita nel 100% dei casi.

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