Magazine di informazione economica di Brescia e Provincia

Category archive

Alimentare - page 6

Dazi, Grana Padano: dai dazi Usa danni per 270 milioni all’anno

in Agricoltura e allevamento/Alimentare/Economia by
Grana Padano, foto generica da Pixabay

Desenzano d/G (Bs), 30 settembre 2019 – “Il sistema Grana Padano, in un anno, se venissero applicati i dazi annunciati dall’Organizzazione Mondiale del Commercio, subirebbe un danno quantificabile in circa 270 milioni di euro. Un vero e proprio macigno che metterebbe in ginocchio un intero comparto. Ci auguriamo che alle prese di posizione del presidente Conte, facciano seguito, anche grazie alla vostra attenzione, interventi concreti nelle sedi internazionali competenti”.

Lo scrive in una lettera inviata ai ministri Teresa Bellanova (Politiche Agricole e Alimentari) e Stefano Patuanelli (Sviluppo economico) Nicola Cesare Baldrighi, presidente del Consorzio Grana Padano, il prodotto Dop più consumato del mondo con circa 5 milioni di forme annue.

“Tale danno – si legge ancora nella missiva – si trasferirebbe sulle 4.000 stalle il cui latte è destinato alla produzione di Grana Padano e sulle altre aziende il cui prezzo del latte è, da sempre, condizionato dall’andamento del Grana Padano. Questo danno indiretto al latte italiano non sarebbe inferiore ai 150 milioni di euro all’anno”.

“Il sistema lattiero caseario italiano, per latte omogeneo, escluso quindi quello del Parmigiano Reggiano a sé stante – spiega ancora Baldrighi nella lettera – sarebbe superiore ai 400 milioni di euro all’anno. Tutto ciò è inaccettabile e lo è ancor di più se si considera il danno che produrrebbe al prezzo ‘alla stalla’ del latte omogeneo: certamente non meno di 5 o 6 centesimi al litro di perdita secca”.

Il presidente del Consorzio ricorda poi ai ministri che: “Il valore annuo della produzione di Grana Padano al caseificio è di 1,5 miliardi di euro e il valore di quello esportato in un anno negli USA alla produzione è annualmente di 60 milioni”.

Tutto ciò per arrivare a dire che: “Il valore della perdita di esportazione, pari a non meno dell’80%, sarà di 50 milioni all’anno. Senza sottovalutare che le forme già da mesi nei magazzini di stagionatura e destinate al mercato americano, peseranno tremendamente sugli altri Paesi, tra cui l’Italia, portando squilibrio sicuro nella bilancia commerciale”.

I distributori automatici a Brescia danno lavoro a ben 84 aziende

in Alimentare/Economia/Tendenze by
Distributori automatici, foto generica da Pixabay

Distributori automatici: pratici, veloci e sempre aperti. Dalle bevande ai gelati, dai prodotti parafarmaceutici ai gadget, sono oltre 6 mila le attività del settore in Italia, tra sedi (3.620) e unità locali (2.676), e crescono del 4,1% in un anno e del 17,7% in cinque, grazie soprattutto all’apertura di nuove unità locali mentre le sedi di impresa restano stabili rispetto al 2018 e aumentano dell’1% dal 2014, passando da 3.588 a 3.620. È quanto emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi su dati registro imprese al secondo trimestre 2019, 2018 e 2014.

La Lombardia è la prima regione italiana per numero di attività nel settore, con 877 tra sedi di impresa e unità locali (di cui 525 sedi) e un peso del 13,9% sul totale nazionale. Milano ne concentra 353, seguita da Brescia (84, +1,2% in un anno), Bergamo (80, +9,6%) e Monza e Brianza (76, +2,7%). Varese è quinta con 62 attività (+3,3%). In cinque anni in forte crescita Lodi (+30,4%) e Cremona (+26,3%).

La classifica italiana. Roma con 431 attività, 6,8% del totale italiano, Milano con 353 (5,6%) e Torino con 306 (4,9%) sono i primi tre territori per concentrazione, seguiti da Bari, Napoli, Cagliari, Taranto, Genova, Lecce e Firenze. Tra i primi dieci territori, crescono in un anno soprattutto Bari (+13,4%), Taranto (+12%) e Firenze (+8,9%). In cinque anni maggior aumento a Taranto (+211,8%), Bari (+125,2%) e Lecce (+80%).

Secondo, CONFIDA, l’associazione italiana della distribuzione automatica, nell’ultimo anno è cresciuto anche il fatturato del settore (+ 4,7%) che ha sfiorato i 4 miliardi di euro, così come le vending machine installate nel nostro Paese hanno superate le 822 mila unità (822.175, + 1,4%) e le consumazioni si sono attestate a 12 miliardi.

I prodotti piu’ venduti: caffe’ e acqua trainano il settore. Crescono le bibite zero zuccheri, la frutta secca e i prodotti biologici. Il caffè è il prodotto più consumato dell’automatico col 56% delle vendite dell’intero settore che corrispondono a 2,8 miliardi di consumazioni (+1,68%). Seguito dall’acqua (767 mila consumazioni in crescita dello 0,43%) e dalle altre bevande fredde (224 mila consumazioni) dove spicca la crescita delle bevande zero zuccheri (+53%). Per quanto riguarda gli snack che superano le 787 mila consumazioni annue si segnala la crescita del cioccolato (+1,8%), dei croissant (+5,4%) e tra i prodotti freschi i panini / tramezzini (+4,5%) e la frutta (+8,8%). Vero boom negli ultimi anni è quello della frutta secca che anche quest’anno cresce del +12%. Aumentano infine anche le vendite di prodotti nuovi per il vending come le bevande bio (+6%), snack bio (+25%) e quelli gluten free (+15%).

Brescia, il mercato del pesce esporta 12 milioni di euro all’anno

in Alimentare/Economia/Tendenze by
Pesci, foto generica da Pixabay

Il commercio estero di pesce conservato e lavorato vale per la Lombardia 1,3 miliardi in un anno, +6% nel 2018. Emerge da un’elaborazione Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi su dati Istat.
La Lombardia è leader in Italia con un quarto dell’interscambio totale che è di 5 miliardi, +3%. In particolare, l’export lombardo nel 2018 ha raggiunto i 188 milioni di euro, +8%. Il pesce lavorato e conservato parte soprattutto da Como prima in Italia con 155 milioni (+9%): concentra infatti l’80% dell’export regionale, un terzo circa di quello nazionale e precede Venezia, Rimini e Rovigo. In Lombardia bene anche Brescia (12 milioni +10%), Milano (6 milioni +33%). I principali Paesi di destinazione del pesce lombardo sono Germania (13% del totale), Grecia (9%) e Svizzera (7%). Nell’import invece è Milano a primeggiare con 694 milioni (+15%), seguita da Venezia, Roma e Napoli a livello nazionale e da Como (135 milioni, +16%), Lodi e Varese in regione. Ma da dove arriva il pesce lavorato in Lombardia? Soprattutto da Spagna (30% del totale, +12%). Seguono l’Ecuador (8%, +8%), Paesi Bassi e Francia (5%). In crescita Sri Lanka (+82%), Indonesia e Argentina, +60% circa.

Le imprese del settore ittico sono 31 mila in Italia (+0,3%) e 1.683 in Lombardia (+2%). Prima a livello nazionale è Napoli con 2.350 attività, seguita da Rovigo con 2.085, Ferrara con 1.780 e Roma con 1.806. Il settore prevalente in Italia è quello della pesca con circa 12 mila imprese, seguito dal commercio all’ingrosso, con 8 mila. In Lombardia invece si tratta soprattutto di commercianti all’ingrosso, oltre mille, seguono la vendita al dettaglio ambulante (250), i negozi al dettaglio di pesce e le attività di pesca e acquacultura (circa 200). Il maggior numero di imprese a Milano (778, +3%), Brescia (230), Varese e Bergamo (oltre 100). Emerge da un’elaborazione Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi su dati registro imprese 2018 e 2019.

Alcass di Bedizzole chiude il bilancio con un più 34 per cento

in Alimentare/Aziende/Bilanci/Economia by

Alcass SpA di Bedizzole, azienda tra i maggiori player nel settore dei prodotti surgelati e senza conservanti, continua il percorso di crescita che l’ha contraddistinta negli ultimi anni.

Alcass produce da oltre trent’anni una varietà di prodotti a brand Amica Natura, dalla linea classica a base di carne, al Biologico distribuito presso i negozi specializzati, al Vegano e Vegetariano, fino alle ultime novità sviluppate con l’utilizzo di alimenti “Superfood”, su tutti il cavolfiore. In crescita anche il segmento delle “private labels” grazie alla fiducia di prestigiosi partner commerciali.

Venendo ai dati economici principali, l’esercizio 2018 ha visto una importante crescita del Valore della Produzione che passa da 9,8 milioni di euro del 2017, a 13,1 milioni di euro nel 2018, registrando un aumento del 33,6%. Anche l’EBITDA cresce a 1,47 milioni rispetto ai 1,26 milioni dell’anno precedente. L’utile netto dopo le imposte (di € 226.135) si attesta a 728.801 € contro i 584.204 € del 2017. In miglioramento rispetto al 2017 anche la posizione finanziaria netta.

L’incidenza della quota export sul fatturato aziendale è cresciuta e si attesta attorno al 10%, in ulteriore crescita anche nei primi mesi del 2019.

Nella relazione sulla gestione si evidenzia come negli ultimi anni l’Azienda stia concentrando le forze per ampliare l’export, dirigendo lo sguardo verso mercati esteri sempre più attenti al Made in Italy, ad un’alimentazione genuina e di qualità. Prosegue Bonaglia:<<I mercati esteri, soprattutto Stati Uniti ed Asia, sono molto complessi da affrontare sia per gli aspetti legislativi che per i gusti e le abitudini di consumo. Il nostro modo di lavorare, tuttavia, ci dà grandi chanche poiché da sempre siamo abituati a sfide impossibili e ad adattarci alle richieste del cliente sviluppando prodotti su misura. E’ il caso della certificazione Kosher ottenuta la scorsa estate dal prestigioso ente americano “OK Kosher” che ci ha aperto un importante canale in nord America, oppure dello sviluppo del nuovo prodotto a base di ceci partendo proprio dal seme e non dalla farina, ottenendo così una qualità molto più elevata. E’ stata comunque un’ottima annata per tutto, anche per le linee VEG e BIO che hanno aiutato il business oltre confine, dove i valori di genuinità e innovazione sono molto richiesti>>.

Export, il cibo italiano vale 41 miliardi… Ecco la mappa con le rotte

in Agricoltura e allevamento/Alimentare/Economia/Export/Tendenze by
Uva, foto generica da Pixabay

Vini, acque minerali e oli in USA, pesce fresco in Spagna, alimenti per animali nelle Filippine. UK primo per animali e secondo per frutta, ortaggi e gelati. In forte aumento Polonia e Australia per vini, Indonesia per alimenti per animali, Cina per cioccolato, caffè e spezie, Canada per formaggi, Russia per pasta, Spagna per frutta e granaglie, Croazia per oli, Slovenia e Vietnam per carni, Portogallo per pesce fresco e Ungheria per quello lavorato

 

L’agroalimentare “made in Italy” nel mondo vale 41 miliardi di euro all’anno e cresce del +1,4%. Ma per sapere dove va e da dove parte l’export, quali sono i maggiori mercati di sbocco e i prodotti più apprezzati arriva la mappa: “L’agroalimentare italiano nel mondo”, realizzata dalla Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi e Coldiretti Lombardia, con Promos Italia sui settori dell’agricoltura, della pesca, dell’allevamento, dell’industria alimentare e delle bevande, esclusi silvicoltura e tabacco. La mappa, disponibile in italiano e inglese, è scaricabile in internet (https://www.promos-milano.it/). Una mappa che arriva nei giorni di “Milano Food City”, la settimana dedicata al cibo e alla cultura della sana alimentazione, dal 3 al 9 maggio.

“Parlare e ragionare di cibo – spiega Giovanni Benedetti, Direttore della Coldiretti Lombardia e membro di giunta della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi – non è più solo un tema per addetti ai lavori, ma significa prendere in considerazione una leva strategica per lo sviluppo economico e occupazionale del nostro Paese. L’andamento sui mercati esteri potrebbe ulteriormente migliorare con una più efficace tutela nei confronti della “agropirateria” internazionale, che fattura oltre 100 miliardi di euro utilizzando impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia per prodotti taroccati che non hanno nulla a che fare con la realtà nazionale”

Agroalimentare italiano nel mondo: Germania, Francia, Stati Uniti, Regno Unito i maggiori mercati per l’export. Prima la Germania (+1,6%) seguita da Francia (+4,3%), Stati Uniti (+4%) e Regno Unito (+1,6%). Tra le prime 20 in crescita anche Polonia (+6,3%), Svezia e Australia (+3,8%). Aumenti più contenuti per Giappone e Russia, rallenta la Cina. E se la Germania e la Francia sono i primi acquirenti per quasi tutti i prodotti, gli Stati Uniti eccellono per vini (+4%), acque minerali (+7,4%) e oli, la Spagna per pesce fresco, le Filippine (+36,4%) e la Grecia (+7,1%) per alimenti per animali, il Regno Unito per animali vivi e loro prodotti (+33,1%). Il Regno Unito al secondo posto per frutta e ortaggi lavorati e conservati e per gelati, l’Austria al terzo per cereali e riso. In forte crescita per vini la Polonia (+23,3%) e l’Australia (+18,5%) ma anche la Francia (+10,1%), l’Indonesia per alimenti per animali (+100,7%), la Cina per cioccolato, caffè e spezie (+21,7%), il Canada per formaggi (+27,2%), la Russia per la pasta (+43,5%), la Spagna per frutta (+22,5%) e granaglie (+13,6%), la Croazia per oli (+35,2%), la Slovenia e il Vietnam per carni (+17% circa), l’Ungheria per pesci lavorati e conservati (+44,1%) e il Portogallo per i prodotti di acquacultura (+209%). Emerge da elaborazioni della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi insieme a Coldiretti Lombardia e Promos Italia su dati Istat, anni 2018 e 2017.

I prodotti “made in Italy” più esportati. Cioccolato, tè, caffè, spezie e piatti pronti con 7 miliardi di euro (+3,6%), seguiti dai vini con 6,2 miliardi (+3,3%), vengono poi pane, pasta e farinacei con 3,9 miliardi di euro (+2,5%) ma anche 3,5 miliardi (+4,2%). Superano i 3 miliardi di euro anche frutta (+2,4%), prodotti lattiero-caseari (+3,2%), carni e prodotti non lavorati da colture permanenti (tra cui uva, agrumi). Gli aumenti più consistenti si registrano per pane e prodotti di pasticceria con 1,2 miliardi (+72%), prodotti per animali (+10,5%) e gelati (+7,4%).

I maggiori esportatori italiani? Cuneo e Verona con 3 miliardi di euro. Al terzo posto sale Milano con 1,6 miliardi, +4,4%. Vengono poi Parma 4°, Bolzano 5°, Salerno 6° e Modena 7°. Tra le prime venti posizioni la maggiore crescita a Cuneo (+11%), Ravenna (+8,1%) e Treviso (+6,2%).

Lombardia con 6,4 miliardi di export rappresenta circa un sesto del totale italiano. Oltre a Milano, 3° in Italia, tra le prime 20 ci sono anche Bergamo 12° con 880 milioni circa (+5,9%) e Mantova 19° con 661 milioni. A crescere di più sono però Lodi (+7,1%) e Como (+6,2%). Como leader italiana in pesci, crostacei lavorati e conservati (con 155 milioni, +8,9%), Brescia 8° e Milano 17°, Lodi prima per prodotti lattiero-caseari dove rappresenta un decimo del totale nazionale, +9,4% con Mantova 5°, Cremona 6°, Brescia 8°, Bergamo 9° e Milano 14°. Pavia eccelle invece per granaglie, amidi e prodotti amidacei (17% nazionale, +4,3%), Milano è prima per prodotti da forno e terza per cioccolata, caffè e spezie.

Feste di Pasqua, il settore delle vacanze dà lavoro a 40mila bresciani

in Alimentare/Economia/Tendenze by
Pasqua

Al via le feste di Pasqua e ai ponti, per quasi un mese di possibili partenze con affari in crescita del 10% rispetto allo scorso anno. I settori della vacanza organizzata con le agenzie di viaggio valgono 750 milioni al mese in Italia, di cui 190 milioni in Lombardia e 140 milioni a Milano. Crescono le imprese legate al turismo e impegnate nell’accoglienza per gite e viaggi, +6% in Lombardia in cinque anni. Si tratta di oltre 58 mila imprese in Lombardia su 407 mila in Italia (+8,2%), con 311 mila addetti in Lombardia su 1,75 milioni in Italia. Prima Milano con 21 mila  imprese, in crescita del 14% in cinque anni, con 150 mila addetti La Lombardia pesa per business nel settore alberghi, ristorazione e agenzie di viaggio con 12 miliardi all’anno su un totale nazionale di circa 45 miliardi, di cui 8 a Milano. Emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi su dati registro imprese e Aida.

Lombardia: i settori delle vacanze. Prima Milano con 21 mila  imprese, in crescita del 14% in cinque anni, 150 mila addetti, seguita da Brescia con 8 mila e 40 mila addetti, Bergamo con 6 mila (+3,4% e 27 mila addetti), Varese e Monza (circa 4 mila imprese, con 19 mila e 14 mila addetti), Como e Pavia (circa 3 mila con 16 mila e 9 mila addetti).

Italia: i settori delle vacanze. Prima Roma per imprese con 35 mila imprese (+18,7% in cinque anni e 131 mila addetti) e Milano per addetti (150 mila). Seguono Napoli con 20 mila imprese (+15,6%) e 66 mila addetti e Torino con 14 mila e 50 mila addetti. Circa 9 mila imprese anche a Salerno, Bari e Brescia.

L’industria del miele non ha crisi: +36 per cento in dieci anni

in Agricoltura e allevamento/Alimentare/Economia/Tendenze by
Miele

Sempre più fornitori per miele e propoli. Sono 720 le imprese lombarde attive nella produzione di miele (+2% in un anno, + 36% in quasi dieci anni), su un totale italiano di 5.603. In testa tra le province lombarde Brescia con 108 imprese, + 3% in un anno e + 26% in circa dieci, Bergamo (102, +89% in una decina d’anni), Varese (95 imprese, +3%), Sondrio (80, + 19% in dieci anni). Tra i territori lombardi che sono cresciuti maggiormente, Lodi (+23% in un anno) e Monza in dieci anni (+94% con 35 imprese). Emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi e di Coldiretti Lombardia sui dati registro imprese al 2018, 2017, 2013, 2009.

“In Lombardia – spiega Giovanni Benedetti, direttore di Coldiretti Lombardia e membro di giunta della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi –  vengono gestiti 143mila alveari per una popolazione stimata di oltre 4 miliardi di api. A livello nazionale esistono più di 50 varietà di miele a seconda del tipo di “pascolo” delle api: dal miele di acacia al millefiori (che è tra i più diffusi), da quello di arancia a quello di castagno (più scuro e amarognolo), dal miele di tiglio a quello di melata, fino ai mieli da piante aromatiche come la lavanda, il timo e il rosmarino. Per non cadere nell’inganno dei prodotti stranieri spacciati per nazionali il consiglio è di verificare con attenzione l’origine in etichetta oppure di rivolgersi direttamente ai produttori”.

Gli addetti. Sono oltre 3 mila in Italia (+18% in un anno), di cui circa 700 in Piemonte (+14%) e 379 in Lombardia (+8%). Più addetti in Italia a Cuneo (+13%) con 175, Torino (+13%) con 150 e Catania con 179 (+49% in un anno).

Le imprese in Italia. Sono 5.603 le imprese italiane attive nella produzione di miele, in crescita del +5% in un anno  e del 49% in dieci anni. La provincia italiana con più imprese è Torino (251, +6% in un anno e + 65% in dieci), seguono Cuneo con 218 (+2% e +66%), Catania con 222 (+8% e + 59%), Trento con 151 (+ 2% e + 29%).

Stranieri, donne e giovani. Sono 227 gli stranieri nel settore in Italia (4% del settore), di cui 23 in Lombardia (3%). Le donne pesano il 26% del settore in Italia con 1.472 imprese, di cui 180 in Lombardia (25%). Pesano i giovani col 16% delle imprese nazionali (880), di cui 102 in Lombardia (14%).

Boom di enoteche in Lombardia, ma Brescia è ferma…

in Alimentare/Economia/Tendenze by
Enoteca, foto da Pixabay

Sono 988 le enoteche in Lombardia nel 2018, rispetto alle 851 di cinque anni fa e alle 786 del 2010 secondo un’elaborazione della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi sulle localizzazioni. In otto anni la crescita del settore è stata del 25,7%, in cinque anni del 16,1%, stabile il settore nell’ultimo anno (+0,2%). Milano è prima in Lombardia con 256 imprese (+43% in otto anni, +23,7% in cinque). Le imprese a Brescia sono 165 (stabili rispetto a otto anni fa), a Bergamo 106 (+53,6% in 8 anni e 39,5% in 5 anni), a Varese 103 (+12% in 5 anni) e a Monza 82 (+30,2% in 8 anni, 15,5% in 5 anni). Un comparto che in Lombardia impiega circa 1200 addetti e genera in un anno un giro d’affari da 67 milioni di euro, circa un quinto del totale italiano. È quanto emerge da una elaborazione della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi e Coldiretti Lombardia su dati Registro Imprese e AIDA – Bureau van Dijk.

[amazon_link asins=’B008CZ94DE,8866411507,8869852954,B01I31UNCM,B017T0QWC8,B0195CTP0O’ template=’ProductCarousel’ store=’vendit-21′ marketplace=’IT’ link_id=’0d05917a-2164-4ca2-803c-1a5184c05cd4′]

Le enoteche in Italia sono 7.278, +14% in otto anni, +8,7% in 5 anni, stabili nell’ultimo anno, un comparto che impiega oltre 7.800 addetti, per un giro d’affari che supera i 280 milioni di euro in un anno. Prime per imprese Napoli (547 +10,1% in 5 anni), Roma (486, +24% in 8 anni, +11,2 in 5 anni) e Milano (256, +43% in otto anni, +23,7% in cinque). Dopo Milano c’è Torino (229, +27,9% in 8 anni), Bari (196, +12% in 8 anni), Brescia (165, stabile rispetto a 8 anni fa), Firenze (164, -3,5% in 8 anni), Venezia (160, +14,3% in 8 anni), Padova (144, +29,7% in 8 anni). Crescono di più in Italia Bologna (+147,9% in otto anni, da 48 a 119), Matera (da 11 a 23, +109,1%), Mantova (+78,6% da 28 a 50), Prato (+76,5% da 17 a 30) e Trieste (+70,6%). Guardando la concentrazione di enoteche nelle singole città, i primi 10 comuni in Italia, per numero di localizzazioni attive, sono Roma, al primo posto con 340 enoteche, Napoli (231), Milano (134), Torino (115), Firenze (89), Genova (85), Venezia (68), Palermo (60), Bologna (59), Bari (55).

L’identikit del settore in Lombardia, donne al 20,7%, giovani all’8,3%. Considerando le sedi di impresa attive in Lombardia (che possono avere più localizzazioni), ci sono più donne a Mantova (32,1% 9 delle 28 sedi di impresa) e Como (35,3% 18 delle 51 totali). Più giovani a Como (13,7%) e Pavia (12,1%). 22 in tutto le imprese straniere attive in Lombardia (3,3% del totale) di cui 11 attive a Milano.

L’identikit del settore in Italia, donne al 26,7% e giovani al 11,8%. Considerando le sedi di impresa (che possono avere più localizzazioni) e i territori con più di 50 attività nel settore, ci sono più giovani a Taranto (25,4% delle 59 sedi di impresa), a Catania (22,1% su 68 imprese), Caserta (17% su 106 imprese), Lecce e Bari (16% delle 73 e 141 imprese). Più donne a Taranto (47,5% delle 59 imprese), Caserta (40,6% su 106 imprese), Pisa (37% delle 54 imprese), Como (35,3% delle 51), Catania (33,8% delle 68 imprese) e Cagliari (32,6% di 58). Più stranieri a Firenze (10,4%) e Roma (9,1%).

[amazon_link asins=’B017T0QWC8,B001DSQMSW,B0722PTW96,B07JMD47ZK,B00005U2FA,B00005AS55′ template=’ProductCarousel’ store=’vendit-21′ marketplace=’IT’ link_id=’14163be0-1053-40bb-bb65-e2208ab23b16′]

Pasta Zara, i lavoratori tornano a sperare e danno l’ok alla rinuncia al premio

in Alimentare/Economia by

Pasta Zara torna a sperare grazie all’operazione che ha portato Barilla ad acquisire lo stabilimento di Muggia (Trieste), dando una boccata d’ossigeno al gruppo che dà lavoro a 470 persone e comprende anche gli stabilimenti di Riese (Veneto) e Rovaato.

Pasta Zara, lo ricordiamo, è stato ammesso pochi mesi fa al concordato preventivo per la pesante situazione debitoria (circa 240 milioni di euro). L’operazione dovrebbe portare nelle casse dell’azienda circa 120 milioni. Il resto lo faranno i sacrifici chiesti ai lavoratori, come la rinuncia al premio di risultato per i prossimi cinque anni con la ridefinizione – al raggiungimento del 10 per cento dell’Ebitda – di un nuovo premio per traguardi.

I lavoratori, nelle scorse ore, hanno accettato infatti la bozza di accordo per la rinuncia al Premio per obbiettivi in tutta la durata del piano concordatario che riguarda la società. 214 i favorevoli e 114 i contrari.

Latte, prezzo in crescita. Martinoni: le aziende ne prendano atto

in Alimentare/Economia by

“Ci sono buone notizie per il settore del latte e per gli allevatori italiani –  afferma Francesco Martinoni, presidente di Confagricoltura Brescia –grazie ad una serie di fattori interni e internazionali.   A conferma di questo basti pensare che il prezzo del Grana Padano (nove mesi) è salito nelle recenti contrattazioni sino a 6 euro e 60 centesimi, dopo aver toccato solo la scorsa primavera i 6,10 euro/kg. Questo grazie anche alle politiche del Consorzio che hanno favorito la crescita dell’export della nostra maggiore Dop casearia”.

Dopo un primo semestre difficile per il settore, a partire dalla scorsa l’estate il mercato sta ripartendo e la prospettiva del prossimo futuro è decisamente migliore: “Il latte spot supera la quotazione di  43 centesimi al chilo, riportandosi ai livelli di fine 2017 – continua il presidente Martinoni – e, anche a causa della straordinaria siccità in alcuni paesi del nord Europa, l’incremento produttivo europeo si è rallentato rispetto alle previsioni. Questo deve andare  a beneficio del prezzo del latte riconosciuto agli allevatori, come testimoniato dal trend positivo del valore medio europeo alla stalla”. Il contesto nazionale, con il segno più dei principali indicatori – con le quotazioni  delle produzioni nazionali tutte in crescita -, insieme all’andamento internazionale che vede un aumento dello sviluppo degli scambi, consentono dunque di tratteggiare un quadro a tinte più positive

Ci sono quindi – secondo Confagricoltura –  tutte le condizioni per affrontare positivamente la stagione del rinnovo dei contratti con le imprese lattiero-casearie. Il primo banco di prova è la trattativa in corso con uno dei più grandi player del settore, ovvero Lactalis, che attraverso Italatte controlla marchi storici come Galbani.  “Siamo in fase conclusiva nella contrattazione con questa grande impresa – ha evidenziato Francesco Martinoni – in cui contiamo di giungere ad un positivo accordo che veda riconosciuto un’equa remunerazione agli allevatori”. “Restiamo comunque consapevoli – conclude Martinoni –  della necessità di sviluppare strategie di più ampio respiro per la valorizzazione del latte italiano a partire dall’aggregazione di prodotto. Vanno inoltre ripresi alcuni temi centrali su cui sviluppare la politica settoriale: nuove regole per il rapporto con la Gdo, archiviando l’intollerabile meccanismo delle doppie aste; l’individuazione di nuovi sbocchi di mercato come l’industria dolciaria di eccellenza e, non ultimo, e il rafforzamento dell’export”.

1 4 5 6 7 8 13
Go to Top
Vai alla barra degli strumenti