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Banche, Valsabbina sale al 9,9% del Gruppo Nsa

in Banche/Economia/Valsabbina by

Banca Valsabbina sigla l’accordo per l’investimento nel Gruppo NSA, storico partner dell’Istituto e primario player nell’ambito della mediazione creditizia e della consulenza alle PMI Italiane.

La collaborazione tra le due realtà, avviata sin dai primi anni 2000 e poi rafforzata a partire dal 2007, ha permesso di creare nel corso del tempo un modello di mercato funzionale a veicolare in modo sempre più efficiente risorse alle aziende del territorio, principalmente a valere sulle garanzie statali (in primis Fondo Centrale di Garanzia ex lege 662/96).

Le competenze complementari della Banca, Istituto di riferimento delle PMI del territorio, e di NSA, leader nella consulenza e nel supporto all’erogazione di finanziamenti assistiti dalla “garanzia MCC”, hanno infatti consentito di offrire un servizio alle aziende sempre più integrato ed a 360°. La sinergia tra le due realtà, a valere quindi su un modello da tempo consolidato e rodato, ha inoltre permesso – nel recente passato – di sostenere le imprese anche nell’ambito della crisi emergenziale, agevolando il reperimento ed il trasferimento di risorse, finanziando fabbisogni di liquidità, investimenti nonchè percorsi di crescita.

Il sostegno all’economia del territorio si è quindi tradotto nei numeri con l’erogazione da parte della Banca di circa 17 mila finanziamenti assistiti da garanzie statali per euro 2,9 mld, affiancando al contempo la clientela anche con soluzioni consulenziali complementari, con l’obiettivo di offrire alle aziende servizi sempre più completi.

NSA”, nasce a Brescia nel 2001 per assistere le PMI nel reperimento di agevolazioni nazionali e regionali: nel 2006 inizia a studiare ed approfondire con attenzione il Fondo Centrale di Garanzia, al tempo scarsamente utilizzato. Nel 2007, insieme a Banca Valsabbina, si sperimenta quindi una formula molto semplice ed efficace: sviluppo di nuova clientela con il supporto di garanzie pubbliche per mitigare il rischio di credito. Dal 2007 ad oggi, NSA ha trattato oltre 60.000 finanziamenti pubblici e superato euro 10 mld di erogato per 40.000 PMI operanti su tutto il territorio italiano.

Oggi il Gruppo è molto più articolato: oltre alla società NSA Srl, vigilata “OAM” e primo mediatore creditizio italiano, sono state avviate nuove attività e rinforzati alcuni servizi esistenti, integrando la propria offerta con soluzioni di tipo assicurativo, consulenziale, nonché servizi digitali. Nel Gruppo rientrano infatti NSA Soluzioni Assicurative S.p.A., specializzata nella consulenza assicurativa e finanziaria, ALA S.r.l, fondata nel 2019 e che fornisce consulenza nell’ambito della finanza agevolata, nonchè la più recente Planet Finance S.r.l., nata nel 2021, con la finalità di sviluppare piattaforme per il digital lending, l’onboarding della clientela e l’automazione di alcune fasi operative connesse al finanziamento alle PMI.

L’intesa raggiunta prevede in particolare l’ingresso di Banca Valsabbina nel capitale della Holding del Gruppo NSA per una quota di minoranza (9,9%) a fronte di un aumento di capitale sociale dedicato, funzionale agli investimenti del gruppo, anche nell’ambito dello sviluppo di ulteriori sinergie.

Hermes Bianchetti, Vicedirettore Generale Vicario di Banca Valsabbina, precisa: “La nostra Banca ha il compito di finanziare e veicolare in modo efficiente risorse nell’economia reale. Da 20 anni lavoriamo con soddisfazione con NSA ed insieme siamo riusciti a creare un “modello” efficace, fondato sulla collaborazione tra due realtà che hanno dimostrato di essere in grado di lavorare in sinergia. Il percorso intrapreso ha permesso ad entrambi di crescere, migliorare ed evolvere, sfruttando competenze trasversali che hanno consentito anche di affrontare fasi storiche ed economiche complesse.

I numeri confermano nel concreto l’efficacia della collaborazione, che ci vede agire al fianco delle imprese come partner presenti ed affidabili.

Recentemente abbiamo avviato ulteriori progettualità innovative ed altre sono in cantiere, l’investimento finanziario – ancorchè di minoranza – rafforza la partnership e permette a NSA di proseguire nel proprio percorso di sviluppo e crescita, continuando a creare valore per il territorio e per la ns Banca”.

“Siamo molto felici di questo accordo con Banca Valsabbina e riteniamo che accelerare gli investimenti per la crescita, in un momento in cui il credito alle PMI vive un periodo di difficoltà, sia la strategia migliore per essere pronti alla ripresa del mercato che, di certo, ci sarà e che non sarà legata esclusivamente al ridimensionamento dei tassi di interesse.” Dichiara Stefano Bresciani, Socio fondatore e Direttore Generale del Gruppo NSA.

“Alma” Società tra avvocati ha assistito Banca Valsabbina per gli aspetti legali e regolamentari dell’operazione, con un team coordinato dal partner Avv. Zechini Marco. Archè Srl è stato l’Advisor finanziario per la Banca, con il CEO Roberto Leuzzi.

Il Gruppo NSA è stata assistito dallo Studio Legale Bonelli Erede, con un team coordinato dal partner Riccardo Bordi e composto da quest’ultimo e dall’associate Marco Cislaghi per gli aspetti di diritto societario e dal partner Federico Vezzani e dagli associates Giulio Vece e Caterina De Stefano per le tematiche di diritto bancario e finanziario, coadiuvati dal dottor Antonio Galignani, commercialista e revisore contabile.

KPMG è stato advisor finanziario del Gruppo NSA con il team di Corporate Finance, guidato dal partner Domenico Torini e dall’associate director Emanuele Cavalletti.

Banca Valsabbina è una Società Cooperativa per Azioni, fondata nel 1898. È la principale Banca popolare di Brescia e da centoventicinque anni sostiene la crescita e lo sviluppo economico del territorio, ponendosi come interlocutore sia per le famiglie che per gli artigiani, le piccole attività economiche e le PMI. Opera attraverso una rete territoriale che conta 70 filiali, di cui 43 in provincia di Brescia, 8 in provincia di Verona e 3 a Milano. Impiega più di 825 dipendenti, gestisce masse superiori agli 11 miliardi di € e vanta un solido patrimonio, con il CET 1 Ratio al 14% ed il Tier Total al 16%.

Le imprese bresciane frenano nel secondo semestre

in Economia/Evidenza/Manifatturiero/Servizi/Tendenze by

“La frenata dell’economia europea, iniziata nel quarto trimestre del 2022  – commenta il Presidente della Camera di Commercio di Brescia, Ing. Roberto Saccone – è poi proseguita. Anche in Italia la ripresa si è fermata, come dimostrato dalla la contrazione del Pil del secondo trimestre.

La domanda interna sta, peraltro, decelerando In tutti i maggiori Paesi, in particolare nei settori legati ai beni di consumo e alle costruzioni (pesa, in particolar modo, l’effetto dell’aumenti dei tassi d’interesse).

Il calo della domanda di prodotti determina, in molti Paesi, una flessione delle importazioni e, di conseguenza, una contrazione del commercio mondiale.

Per quanto riguarda la provincia di Brescia – prosegue Roberto Saccone – il quadro congiunturale del secondo trimestre evidenzia una dinamica in rallentamento dell’attività produttiva: la produzione industriale ha registrato una contrazione dopo nove trimestri consecutivi di crescita.

L’artigianato manifatturiero prosegue anche nel secondo trimestre con una dinamica migliore dell’industria ma il ritmo di crescita continua nel percorso discendente già evidenziato nei trimestri scorsi

L’andamento del fatturato delle imprese bresciane del commercio al dettaglio evidenzia una tendenza ancora positiva ma in forte rallentamento: la variazione rispetto ai primi tre mesi dell’anno è stata pari a +0,4%,

Il fatturato delle imprese dei servizi chiude con risultati negativi: la variazione rispetto ai primi tre mesi dell’anno è stata pari a – 0,7%, mentre su base annua il calo è stato più intenso (-1,0%).

Il quadro congiunturale bresciano è pertanto coerente con il contesto internazionale e nazionale divenuto negli ultimi mesi sempre più critico.

Le preoccupazioni degli imprenditori bresciani riguardano il rallentamento del commercio mondiale, la recessione tedesca che assorbe il 20% delle esportazioni bresciane, l’aumento dei tassi d’interesse che incidono sugli investimenti e l’inflazione galoppante che pesa sul potere d’acquisto dei consumatori e sulle vendite dei beni di consumo.

In tale contesto, le notizie positive provengono dai costi dell’energia e delle materie prime, rientrati dai picchi sperimentati lo scorso anno”.

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L’industria manifatturiera – Nel secondo trimestre la produzione industriale delle imprese manifatturiere bresciane diminuisce dello 0,5% rispetto allo stesso periodo del 2022, si tratta del primo valore negativo da fine 2020 ovvero il periodo in cui le imprese facevano fronte alle criticità causate dalla pandemia da Covid-19. La dinamica congiunturale della produzione, al netto degli effetti stagionali, resta stabile (0,0%). Il numero indice si assesta 128,1 oltre 14 punti sopra i valori pre-pandemici, a conferma della robustezza della fase di crescita da poco conclusa.

Il risultato bresciano è leggermente inferiore a quello lombardo: a livello regionale la produzione industriale è rimasta stabile rispetto al primo trimestre, mentre nel confronto con lo stesso periodo dello scorso anno è aumentato dello 0,5%.

In rallentamento la produzione della Meccanica (-1,9% su base tendenziale), della Siderurgia (-5,6%), dei Minerali non metalliferi (-4,8%) della Carta- Stampa (-9%) e della Gomma-plastica (-7,9%).

Tra i settori industriali, chiude con risultati positivi, rispetto al secondo trimestre dello scorso anno, il comparto dei mezzi di trasporto.

Il fatturato riporta una variazione negativa (-0,5% tendenziale; -1,4% congiunturale) dopo un lungo periodo di crescita sostenuto dal forte aumento dei prezzi. L’allentamento delle tensioni sui prezzi è confermato dai risultati del trimestre: i prezzi dei prodotti finiti, infatti, aumentano appena dello 0,9% (su base congiunturale) proseguendo il percorso di rallentamento dopo il picco segnato nel primo semestre del 2022. Anche la dinamica dei prezzi delle materie prime si conferma positiva ma su livelli più contenuti (+1,0%) rispetto ai valori massimi raggiunti lo scorso anno.

Segnali di difficoltà arrivano sul fronte della domanda sia domestica che estera. Gli ordini provenienti dall’Italia segnano una battuta d’arresto ( -1,1% su base congiunturale; – 2,2% su base tendenziale).

Gli ordinativi provenienti dai mercati esteri diminuiscono dell’1,5% sul primo trimestre e dello 0,2% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, si tratta del primo valore negativo dopo dieci trimestri di crescita che sconta il rallentamento del commercio mondiale e della manifattura tedesca primo partner commerciale delle industrie bresciane.

Positiva la dinamica dell’occupazione che al di là delle oscillazioni legate agli effetti stagionali conferma la tendenza di fondo già evidenziata nel biennio 2021-2022. In aumento la quota di imprese che dichiara di avere utilizzato la CIG che passa dal 6,5% del trimestre scorso all’11,6% del periodo osservato.

Le aspettative delle imprese industriali bresciane per il terzo trimestre dell’anno, al dì là delle chiusure estive degli stabilimenti, riflettono l’attuale clima di incertezza: le previsioni per il prossimo futuro vedono una prevalenza di attese di diminuzione per tutte le variabili (-8,4 per produzione; -4,8 per domanda estera; -16,1 per domanda interna) a esclusione dell’occupazione dove prevalgono le attese di stabilità.

Le preoccupazioni degli industriali bresciani riguardano il rallentamento del commercio mondiale, la recessione tedesca che assorbe il 20% delle esportazioni bresciane, l’aumento dei tassi d’interesse che incidono sugli investimenti e l’inflazione galoppante che pesa sul potere d’acquisto dei consumatori e sulle vendite dei beni di consumo.

Artigianato manifatturiero – L’artigianato manifatturiero bresciano prosegue anche nel secondo trimestre con una dinamica migliore dell’industria ma il ritmo di crescita continua nel percorso discendente già evidenziato nei trimestri scorsi. La produzione artigiana cresce su base annua dello 0,6% mentre rispetto al primo trimestre diminuisce dello 0,2% portando il numero indice al 108,6, valore che comunque si colloca sopra i livelli pre-pandemici di oltre 10 punti.

I segnali di rallentamento nella produzione artigiana sono percepiti anche a livello lombardo dove i livelli produttivi nell’ultimo trimestre non sono cresciuti (+0,0% quella congiunturale; +1,1% la variazione tendenziale).

Sul fronte settoriale, chiudono con risultati positivi, rispetto al secondo trimestre dello scorso anno, il comparto Alimentare (+10,6%), la Carta-Stampa (+5,6%) e la Gomma-Plastica (+3,6%).

In rallentamento la produzione della Siderurgia (-1,7%), dell’Abbigliamento (-4,4%) e del Tessile (-14,6%), mentre resta stabile per la meccanica (+0,07%).

I prezzi di materie prime (+3,9% congiunturale) e prodotti finiti (+3,2%) mostrano un incremento ancora importanti e più marcati rispetto al comparto industriale, ma anche per l’artigianato è evidente un fenomeno di rientro dei tassi di crescita.

Benché i prezzi dei listini siano ancora in crescita la dinamica del fatturato arretra leggermente (-0,2% congiunturale), nel contempo gli ordinativi domestici si contraggono (-1,8% tendenziale) per la prima volta dopo da fine 2020. Diminuisce anche la domanda estera (-0,7%) che comunque non rappresenta una destinazione marginale per gli artigiani (la quota estera rappresenta il 7% del fatturato totale).

Sul fronte occupazionale il trimestre in esame riporta una variazione, al netto degli effetti stagionali, leggermente positiva (+0,6%) confermando la lieve tendenza alla crescita già registrata nel 2022. La percentuale di imprese che dichiara di aver fatto ricorso alla Cassa Integrazione è in aumento dal 4,3% del primo trimestre al 6% attuale.

Il raffreddamento della dinamica produttiva unitamente al calo degli ordini interni, che rappresentano la principale destinazione, hanno deteriorato il clima di fiducia degli imprenditori artigiani. Le previsioni per il terzo trimestre sono pessimistiche per produzione e domanda interna. Meno negative le attese sui mercati esteri e sull’occupazione.

Il commercio al dettaglioL’andamento del fatturato delle imprese bresciane del commercio al dettaglio evidenzia una tendenza ancora positiva ma in forte rallentamento: la variazione rispetto ai primi tre mesi dell’anno è stata pari a +0,4%, mentre nel confronto con lo stesso trimestre dello scorso anno la crescita è stata pari a +0,6 (a fronte dell’incremento del 6,5% del secondo trimestre del 2022). Sebbene contenuto l’incremento ha consentito al numero indice del fatturato di attestarsi a quota 105,6, circa diciassette punti sopra i livelli medi del 2019.

Nel confronto regionale la dinamica bresciana è stata peggiore di quella osservata in Lombardia (+2,6% la variazione tendenziale regionale e +0,5% quella congiunturale).

Il forte rallentamento del fatturato è stato attenuato da un nuovo aumento dei prezzi dei listini che nel trimestre osservato crescono su base congiunturale del 3,7% pressoché in linea con il trimestre scorso. Le dinamiche inflattive che stentano a rientrare, evidentemente, impattano sulla domanda dei consumatori compromettendo la crescita del settore.

Il rallentamento è maggiormente evidente nel comparto non specializzato (ambito nel quale rientra la grande distribuzione) che riporta una flessione del volume d’affari, su base annua, dello 0,4%. Mentre incrementi importanti del volume d’affari si registrano nel comparto alimentare (+5,6%), la cui domanda, nonostante il calo del potere d’acquisto dei consumatori, stenta a essere ridotta.

L’occupazione delle imprese del commercio al dettaglio, dopo il rallentamento che aveva caratterizzato la seconda metà del 2022 e lo stallo dei primi tre mesi dell’anno chiude il trimestre con una variazione del numero di addetti tra inizio e fine trimestre, al netto degli effetti stagionali, pari a +0,2%.

La frenata del trimestre osservato preoccupa gli imprenditori del commercio al dettaglio che esprimono un importante peggioramento delle aspettative per il prossimo trimestre: i saldi tra attese di crescita e diminuzione per quanto riguarda il fatturato svoltano in territorio negativo (-2,5); rimangono positivi ma in ridimensionamento le attese sull’occupazione (1,9 vs 6,1 del trimestre scorso). Si confermano negative le previsioni sugli ordini ai fornitori (-3,8).

Servizi – Il fatturato delle imprese dei servizi, dopo il rallentamento del trimestre scorso, chiude con risultati negativi: la variazione rispetto ai primi tre mesi dell’anno è stata pari a – 0,7%, mentre su base annua il calo è stato più intenso (-1,0%). Si tratta di una dinamica peggiore di quella osservata in Lombardia (+4,6% la variazione tendenziale regionale).

L’andamento del fatturato resta condizionato dall’aumento dei prezzi dei listini che nel trimestre osservato mostra una decelerazione (+1,5% su base trimestrale dopo il +2,7% dei primi tre mesi dell’anno) favoriti dall’allentamento delle tensioni sul fronte dei costi.

Tra i comparti segnano un nuovo aumento del fatturato i servizi alla persona (+4,7%) e i servizi alle imprese (+0,7%). In calo il fatturato, su base annua, del commercio all’ingrosso e delle attività di alloggio e ristorazione.

Il dato occupazionale al netto degli effetti stagionali si conferma positivo (+0,5% su base congiunturale) ma in decelerazione rispetto alla dinamica dei trimestri scorsi.

I risultati negativi del trimestre si traducono in un importante deterioramento del clima di fiducia degli imprenditori dei servizi bresciani: le previsioni sul volume d’affari e sull’occupazione per il terzo trimestre dell’anno, sebbene positive, evidenziano un netto peggioramento.

I dati presentati derivano dall’indagine congiunturale realizzata da Unioncamere Lombardia ed elaborati dal Servizio Studi della Camera di Commercio.

Il campione industria comprende imprese con più di 10 addetti, mentre i campioni artigianato, commercio e servizi comprendono imprese con più di 3 addetti.

Nel secondo trimestre 2023 per l’indagine congiunturale sono state realizzate 841 interviste, così distribuite per settore:

Tab. 1. Campione indagine congiunturale 2° Trimestre 2023

Provincia di Brescia

Comparto Campione
INDUSTRIA277
ARTIGIANATO200
COMMERCIO158
SERVIZI206
TOTALE841

Il campione industria comprende aziende con più di 10 addetti, mentre il campione dell’artigianato, dei servizi e del commercio comprende imprese con più di 3 addetti.

Le informazioni ottenute dall’indagine sono disaggregabili per settore di attività economica in:

  • 13 settori (Siderurgia, Minerali non metalliferi, Chimica, Meccanica, Mezzi di trasporto, Alimentare, Tessile, Pelli calzature, Abbigliamento, Legno mobilio, Carta editoria, Gomma plastica e Varie) per l’industria e l’artigianato manifatturiero;
  • 4 settori(commercio all’ingrosso, alberghi e ristoranti, servizi alle persone e servizi alle imprese) per i servizi;
  • 3 settori di attività economica (specializzato alimentare, specializzato non alimentare, non specializzato) per il commercio al dettaglio.

I profili più ricercati nell’ambito dell’ingegneria informatica e della consulenza

in Economia/Ordini professionali by

Il settore informatico è sempre in continua crescita, sono molte le aziende nel territorio italiano che investono in figure specializzate per poter offrire i migliori servizi. L’azienda Sanmarco Informatica è tra queste: sta assumendo nuovi talenti per supportare l’espansione dell’azienda sul territorio bresciano. Tra i servizi messi a disposizione dall’azienda troviamo un software gestionale per il magazzino e la consulenza informatica, per dare chiarezza ai clienti sulle soluzioni digitali che possono incrementare il loro business e rendere i processi operativi più semplici e fluidi.

Sanmarco Informatica offre un percorso di crescita ai dipendenti, un ambiente di lavoro stimolante e un team affiatato. L’azienda, che ha sede a Brescia, è formata da più di 600 dipendenti con un’età media di 35 anni. Lavorare per Sanmarco Informatica è una buona occasione per investire nella propria carriera e stringere nuovi rapporti professionali. Fortunatamente, l’azienda cerca nuovi talenti, soprattutto sviluppatori e IT Specialist, per poter espandere i loro servizi in tutto il territorio.

Sanmarco Informatica alla ricerca di figure specializzate

La domanda di sviluppatori e IT specialist ha raggiunto livelli senza precedenti. Poiché le aziende fanno sempre più affidamento sulla tecnologia per promuovere la crescita e l’innovazione, il ruolo di queste figure specializzate è diventato indispensabile.

Sanmarco Informatica offre varie soluzioni informatiche che hanno bisogno del supporto di IT specialist e sviluppatori:

  • Software per la contabilità: per aiutare le aziende a tenere traccia delle entrate e delle spese, generare report e adempiere agli obblighi fiscali. Tutte le imprese hanno bisogno di controllare le proprie finanze e di gestirle, si può fare in modo più professionale, andando a limitare gli errori, grazie ad un software dedicato.
  • Software per la gestione dei progetti: tutte le aziende hanno bisogno di pianificare, eseguire e monitorare i progetti, evitando ritardi e costi imprevisti. Con un software professionale sarà più facile gestire i progetti e le risorse.
  • Software per la gestione delle risorse umane: le aziende che hanno un reparto di risorse umane hanno bisogno di un software personalizzato per gestire al meglio i dipendenti, le retribuzioni, le ferie e i permessi.

L’azienda dispone di un team di esperti in grado di valutare le esigenze del cliente e sviluppare una soluzione su misura, così da offrire formazione sui prodotti per utilizzarli nel modo migliore e assistenza tecnica in caso di problemi o dubbi sulle funzionalità del software.

Alta richiesta di sviluppatori e IT Specialist in azienda

I software di Sanmarco Informatica sono progettati per rendere il lavoro più semplice e leggero, andando così ad aiutare i dipendenti nelle azioni quotidiane. Sono principalmente 3 i motivi per cui bisognerebbe scegliere un software personalizzato:

  1. Migliore gestione dei processi aziendali: automatizzare i flussi rende i dipendenti liberi da incarichi ripetitivi e noiosi, così possono concentrare le loro energie su altre mansioni più utili.
  2. Maggiore efficienza: aumentare la produttività è fondamentale per un’azienda in crescita, si vanno a ridurre le tempistiche e i dipendenti sono più soddisfatti.
  3. Riduzione dei costi: tutte le aziende cercano di risparmiare dove possono, ed è ancora meglio se possono farlo automatizzando le attività contabili, gestionali e di risorse umane.

Tutto questo si può ottenere grazie al supporto del lavoro di un IT Specialist e di sviluppatori specializzati. Se hai studiato informatica o hai già un’esperienza lavorativa alle spalle in questo campo, puoi candidarti per migliorare la tua carriera professionale, in un’azienda che investe nella formazione dei suoi dipendenti.

Perché lavorare per Sanmarco informatica?

L’azienda Sanmarco Informatica è stata fondata nel 1984 e oggi è leader nella fornitura di software per la gestione aziendale, con un’esperienza pluriennale e tante soluzioni per soddisfare specifiche esigenze di ogni tipo di azienda. Tutte le imprese hanno bisogno di una corretta gestione dei processi aziendali, sia le PMI che le multinazionali. Snellire gli step durante il lavoro, rendere più accessibile la gestione del magazzino nella logistica o la tracciabilità dei lotti, ti permette di risparmiare tempo e anche denaro.

Questo però diventa possibile solo grazie al lavoro di figure specializzate, che sanno creare software su misura in base alle esigenze dei clienti. Sviluppatori e IT Specialist contribuiscono alla realizzazione di programmi professionali, che si adattano a diversi tipi di realtà aziendali. L’obiettivo dei software di Sanmarco Informatica è aiutare le aziende a migliorarsi nella gestione dei processi aziendali, andando ad automatizzare i flussi, riducendo così anche i costi. C’è sempre più bisogno di sviluppatori esperti o con tanta voglia di imparare, che vogliano crescere nel settore dell’informatica. Sanmarco Informatica si sta espandendo e cerca personale, proprio perché c’è sempre più richiesta di software gestionali specifici per le aziende, in tutto il territorio italiano.

L’Industria delle calzature cresce, ma non mancano le ombre

in Abbigliamento/Economia/Tendenze by

Si chiude in positivo, ma con più di un’ombra sull’evoluzione futura, il primo semestre del 2023 per il comparto calzaturiero italiano, con una crescita del fatturato (+7,4%) e dell’export (+10,2% in valore nei primi 5 mesi). Sono però le quantità a soffrire: -6,8% quelle esportate e -5,7% quelle realizzate (secondo l’indice Istat della produzione industriale). Battuta d’arresto in maggio e giugno per gli acquisti delle famiglie, con una prima metà dell’anno su ritmi molto blandi (-1,2% in spesa e -3,4% in volume). Questa, in sintesi, la fotografia scattata dal Centro Studi Confindustria Moda divulgata al Micam, il salone internazionale della calzatura in corso a fieramilano (Rho).

In Lombardia nel primo semestre 2023 il numero di imprese attive (tra calzaturifici e produttori di parti) ha registrato, secondo i dati di Infocamere-Movimprese, un calo di -11 aziende sullo scorso dicembre, tra industria e artigianato, accompagnato da un saldo positivo di +207 addetti. Per quanto riguarda le ore di cassa integrazione guadagni autorizzate da INPS nella prima metà dell’anno per le imprese lombarde della filiera pelle, si registra una flessione del -33,3% rispetto allo stesso periodo del 2022: sono state autorizzate oltre 630mila ore, un numero ancora superiore del +49,5% rispetto alla situazione pre-emergenziale del 2019.

Sul fronte dell’export – grazie anche al ruolo di fondamentale snodo logistico-distributivo che la regione svolge (in particolare Milano, per la vicinanza con la Svizzera e i depositi delle multinazionali del lusso) – si registra un aumento del +39,2% in valore sul primo semestre 2022, tra calzature e componentistica (con un +87,2% sui livelli pre-pandemia di gennaio-giugno 2019). Nella prima metà del 2023 sono stati esportati beni per 1,7 miliardi di euro. Le prime 5 destinazioni dell’export lombardo, che coprono il 56% del totale regionale, sono risultate: Svizzera (+222,3%), USA (+21,5%), Francia (+13,7%), Cina (+21,5%) e Corea del Sud (+21,1%).

Rimbalzo nei flussi verso Russia e Ucraina: +50,2% complessivo rispetto ai livelli dello scorso anno, già colpiti dallo scoppio della guerra.

La Lombardia, grazie anche a queste dinamiche puramente distributive, è divenuta la prima regione italiana per export calzaturiero, superando Veneto e Toscana, con una quota del 25% sul totale Italia.

Dopo un primo trimestre chiuso con un +49,5% su gennaio-marzo 2022, la seconda frazione ha registrato un +29,7% tendenziale.

Giovanna Ceolini, Presidente di Assocalzaturifici, commenta così lo scenario nazionale: “Il rallentamento ampiamente previsto si è infine palesato nel secondo trimestre dell’anno in corso. Al forte rimbalzo del 2021 registrato dopo il crollo procurato dai lockdown e al proseguimento del recupero nel corso del 2022 – pur su ritmi comprensibilmente meno sostenuti, via via che i livelli di attività si normalizzavano – ha fatto seguito, dopo un avvio 2023 ancora favorevole in gran parte delle variabili congiunturali, una marcata decelerazione. A cominciare dalle esportazioni, da sempre il volano del settore, che nel bimestre aprile-maggio hanno evidenziato, dopo gli incrementi a doppia cifra dei mesi precedenti, solo una debole tenuta in valore (+1%), accompagnata da una battuta d’arresto in volume (-14,9%). Nei primi 5 mesi registrano incrementi in valore tutte le principali destinazioni dell’export, ad eccezione della Svizzera – tradizionale hub logistico, in sensibile arretramento dovuto verosimilmente a diverse strategie di distribuzione adottate dalle griffe, senza transito nei depositi elvetici – che segna un -13,6% (con un -29% nelle paia), del Regno Unito (-2,6%) e del Canada (stabile, -0,5%, ma in forte calo in quantità)”.

Sempre a livello nazionale, indicazioni sinora decisamente premianti, malgrado le recenti preoccupazioni per il rallentamento dell’economia nazionale, provengono dalla Cina (+20,4% in volume e +43,4% in valore), dove il prezzo medio, di gran lunga il più elevato tra quello dei principali mercati di sbocco della calzatura made in Italy, indica chiaramente come tali numeri siano legati soprattutto alle performance delle grandi multinazionali del lusso, in un mercato non di facile approccio per le aziende con marchio proprio.

“Si registra inoltre – continua Ceolini – sempre in ottica nazionale, un rimbalzo in Russia e Ucraina (+37% e +56% in valore rispettivamente), anche se va tenuto conto che il raffronto avviene su un periodo in cui l’inizio del conflitto aveva fatto crollare le vendite verso i due mercati coinvolti. I livelli attuali, nonostante il rimbalzo sul 2022, sono assai vicini (+1,2%) a quelli dei primi 5 mesi 2021, peraltro già molto colpiti dalla pandemia, in cui non c’era la guerra. Infine, il saldo commerciale, trainato dalle vendite estere, ha sfiorato nei primi 5 mesi i 2,5 miliardi di euro (+14,2%)”.

Sviscerando sempre nel dettaglio il report coi dati riferiti all’Italia intera, emerge che nei primi 5 mesi dell’anno l’export di calzature si è attestato a 87,9 milioni di paia, operazioni di pura commercializzazione incluse: 6,4 milioni di paia in meno rispetto al gennaio-maggio 2022 (-6,8%). Il prezzo medio al paio, salito a 62,47 euro, segna un +18,2%.

Analizzando le macroaree, sia i partner dell’UE, cui sono dirette 2 scarpe su 3 vendute oltreconfine, che le destinazioni extra-UE evidenziano una crescita in valore e un calo nelle quantità; quelli intra-UE, però, presentano andamenti migliori (-4,5% in volume e +14% in valore) rispetto agli sbocchi più lontani (-10,9% e +7% rispettivamente nel complesso). Nell’ambito dei mercati comunitari, oltre alla Francia – che occupa saldamente il primo posto nella graduatoria generale dell’export, sia in quantità che in valore, e che registra un +19,6% in valore e un -2,9% in volume – tra le principali destinazioni figurano la Germania (quarta, ma seconda per volumi, che cresce del +8,4% in valore ma con un -15,5% nelle quantità), la Spagna e i Paesi Bassi (con crescite interessanti sia in volume che in valore), il Belgio (con aumenti modesti) e la Polonia (+10,2% in valore ma -5,2% in quantità).

Frena il Nord America: malgrado la sostanziale tenuta in valore, USA e Canada evidenziano contrazioni superiori al -20% nelle paia. Trend penalizzante anche nel Regno Unito (-2,6% in valore, con -13,8% in quantità), già in difficoltà sia nel 2021 che nel 2022. Performance incoraggianti, invece, nel Far East, cresciuto globalmente del +29,4% in valore e del +7,1% in quantità. Evoluzione favorevole negli Emirati Arabi (+37,7% in valore) e in Turchia (che registra incrementi superiori all’80% sia in volume che valore, nonostante la svalutazione della lira).

Il dettaglio per tipologia merceologica mostra andamenti disomogenei in valore e cali generalizzati in volume, con l’eccezione delle pantofole (che, al contrario, crescono in volume ma flettono in valore). Il comparto delle calzature con tomaio in pelle – primo per importanza con un’incidenza del 63% sulle vendite estere in valore – presenta un aumento prossimo al +13% (con un -5,3% nelle paia a confronto con gennaio-maggio 2022 e un -15,2% sui livelli pre-Covid del 2019).

Sul fronte dei consumi interni, secondo il Fashion Consumer Panel di Sita Ricerca per Assocalzaturifici, dopo un avvio d’anno all’insegna del recupero i tre mesi successivi hanno visto una netta riduzione degli acquisti di calzature da parte delle famiglie italiane, con flessioni particolarmente significative in maggio e giugno. Complessivamente la seconda frazione dell’anno ha registrato cali del -9,8% in termini di paia e del -7,9% in valore, annullando i progressi dei mesi precedenti e portando in terreno negativo il cumulato dei primi 6 mesi.

In merito alla demografia delle imprese, l’onda lunga dell’eccezionale crisi innescata dalla pandemia ha portato in Italia ad un saldo negativo di -122 realtà calzaturiere, tra industria e artigianato, nei primi 6 mesi dell’anno (pari al -3,2% rispetto a fine dicembre, secondo i dati diffusi da Infocamere-Movimprese) dopo il pesante arretramento rilevato a consuntivo 2022. Per quanto riguarda il numero degli addetti, è proseguito il positivo rimbalzo innescatosi lo scorso anno: a fine giugno si contavano 73.665 addetti (il +1,8% rispetto a dicembre). Il divario con il consuntivo 2019 è però ancora di oltre 1.200 unità. 

Nei primi 6 mesi del 2023 sono state autorizzate da INPS per le aziende della Filiera Pelle 7,5 milioni di ore di cassa integrazione guadagni, in flessione del -5,6% rispetto alla prima metà dello scorso anno, ma il balzo delle ore nel secondo trimestre (+44%) – assieme al peggioramento del quadro economico generale – preannunciano nuove tensioni.

Attese molto caute, infine, per la seconda parte dell’anno, stante il clima di incertezza generale e la debolezza di molte economie mondiali. Gli operatori del campione si attendono in media nel terzo trimestre un fatturato in calo sull’analogo periodo dell’anno precedente (-2,8%), per la prima volta dopo la ripartenza post-pandemia.

Siderurgica Investimenti (Lonati e Stabiumi): utile record a 177 milioni

in Acciaio/Aziende/Bilanci/Economia by

Siderurgica Investimenti Spa, holding delle famiglie Lonati e Stabiumi, che controlla il Gruppo Alfa Acciai, leader sul mercato italiano del tondo per cemento armato, ha fatto registrare un utile netto consolidato 2022 di 177 milioni di euro, cinque volte superiore a quello dell’esercizio precedente. Lo riferisce il quotidiano Brescia news.

In un anno in cui il Paese ha superato le enormi difficoltà derivanti dalla pandemia da Covid-19, l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, con l’avvio di un conflitto bellico tuttora in corso, ha generato nuove e inaspettate criticità. Tale situazione, come è noto, ha comportato notevoli problematiche nell’approvvigionamento di materie prime e fonti energetiche, con significativo impatto su volumi e prezzi, dando così avvio ad un forte aumento del tasso di inflazione a livello globale, non solo europeo. La conseguente azione al rialzo dei tassi di interesse da parte delle Banche Centrali per cercare di contrastare tale spinta inflazionistica ha portato ad una significativa riduzione dei volumi in molti settori di attività, tra cui anche quello delle costruzioni, principale mercato di sbocco del Gruppo.

Siderurgica Investimenti ha così registrato un calo della produzione di oltre il 15%, concentrato soprattutto nella seconda parte dell’anno, controbilanciato tuttavia da una forte crescita del fatturato grazie a prezzi di vendita in aumento a seguito dei rialzi dei costi delle materie prime e di energia e gas sopra menzionati.

ricavi sono infatti aumentati di oltre 340 milioni di euro rispetto al 2021 (+27%), attestandosi a 1.598,7 milioniClicca qui per scaricare la tabella dei risultati.

Il valore della produzione è aumentato di 435 milioni di euro: +34% rispetto al passato esercizio. La produzione di acciaio, come detto, è stata pari a 1,5 milioni di tonnellate, in calo del 16%.   L’ebitda si è attestato a 233 milioni di euro, più di tre volte superiore al dato del 2021.

Il Gruppo ha proseguito anche nel 2022 il proprio piano di investimenti volto ad incrementare gli standard di sicurezza, le performance ambientali, nonchè a garantire un’elevata flessibilità ed efficienza produttiva su tutta la gamma dei prodotti, introducendo le soluzioni tecnologicamente più avanzate. Gli investimenti si sono attestati a 46 milioni di euro, con un +35% rispetto all’anno precedente.

Il risultato operativo è stato pari a 205 milioni di euro, dopo ammortamenti per 22,7 milioni ed accantonamenti prudenziali a rettifica dei crediti commerciali per 5 milioni. L’utile netto si è attestato a 177 milioni di euro, cinque volte superiore al dato del 2021.

Tutto ciò ha portato ad un ulteriore miglioramento della solidità patrimoniale del Gruppo, con un valore del patrimonio netto pari a 600 milioni di euro, accanto ad una posizione finanziaria netta positiva per 29 milioni, in miglioramento di oltre 80 milioni rispetto al 2021.

I risultati consolidati danno conto di un perimetro di Gruppo del quale fanno parte Alfa Acciai, Alfa Derivati, Acciaierie di Sicilia, Tecnofil e Ferroberica.

Alfa Acciai, foto da ufficio stampa

«L’anno in corso sta continuando ad evidenziare le debolezze dell’economia mondiale e quelle del commercio internazionale, connesse con la perdurante incertezza geopolitica e con la persistenza dell’inflazione su livelli elevati nelle principali economie avanzate. I primi mesi dell’esercizio hanno fatto registrare una flessione della domanda rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, in particolar modo nel mercato tedesco, nostro abituale cliente. A ciò si aggiunga, inoltre, una competitività del nostro Paese penalizzata rispetto al mercato europeo, per effetto del costo dell’energia elettrica ancora doppio o triplo rispetto al periodo pre Covid-19.  Siamo tuttavia fiduciosi per una ripresa dei consumi grazie alla straordinaria occasione legata agli investimenti infrastrutturali del PNRR e agli altri fondi europei», commenta Amato Stabiumi, Amministratore Delegato del Gruppo.

«Il mercato delle costruzioni darà grandi soddisfazioni e siamo pronti a servirlo con una gamma di prodotti sempre più performanti, grazie alla nostra consolidata strategia di verticalizzazione. In particolare, continuiamo nel nostro impegno di sensibilizzazione delle istituzioni per difendere a tutto campo gli interessi e le aspettative dei nostri clienti del settore delle costruzioni e del mercato degli acciai da trafila», conclude Amato Stabiumi.

In concomitanza con la chiusura del Bilancio d’esercizio, il Gruppo Alfa Acciai ha redatto il suo terzo Bilancio di Sostenibilità, e quest’anno ha ottenuto la certificazione della propria Carbon Footprint di organizzazione secondo la norma ISO 14064.

A questo proposito, Amato Stabiumi aggiunge: «Alfa Acciai si occupa di sostenibilità da quasi 70 anni e per questo tiene a ringraziare tutti i suoi 1.221 dipendenti che hanno contribuito al raggiungimento degli attuali standard di sostenibilità ambientale, economica e sociale».

Arpa Lombardia, il nuovo direttore è Fabio Cambielli

in Ambiente/Economia/Istituzioni/Regione by

Fabio Cambielli è nuovo direttore di Arpa Lombardia. “La sua riconosciuta preparazione e l’esperienza maturata in ambito di tutela ambientale saranno sicuramente un valore aggiunto – ha commentato l’assessore regionale bresciano all’Ambiente, Giorgio Maione – Il supporto tecnico di Arpa all’azione della Regione Lombardia in campo ambientale è fondamentale soprattutto in vista degli obiettivi che ci siamo prefissati in materia di qualità dell’aria, bonifiche e tutela del territorio”.

Api, il 29 settembre l’assemblea per eleggere il presidente

in Api/Associazioni di categoria/Economia by

Si terrà venerdì 29 settembre nella sede di via F. Lippi, alle ore 16:30, l’assemblea elettiva di Confapi Brescia durante la quale saranno votati ed eletti i quindici nuovi componenti del Consiglio Direttivo dell’Associazione per il prossimo triennio. Fra i 15 soci neo eletti il Consiglio Direttivo eleggerà – nella stessa giornata di venerdì 29 settembre o in data successiva – il Presidente e, su indicazione di questo, cinque Vicepresidenti designando fra questi il Vicario ed il Tesoriere.

La Giunta è costituita dal Presidente e dai 5 Vice Presidenti e decade alla scadenza del Consiglio Direttivo. Come previsto dalla Statuto dell’Associazione, ogni socio ha diritto ad un voto, indipendentemente dalle dimensioni e dalla quota versata. Nella stessa occasione verrà nominato il Collegio dei Sindaci ed il Collegio dei Probiviri. Il Presidente uscente, Pierluigi Cordua, era stato eletto nel 2020.

Emergenza Acqua, A2A: servono investimenti per 50 miliardi di euro

in Ambiente/Economia/Evidenza by

L’acqua è una risorsa a rischio. Contro siccità, sprechi e cambiamenti climatici servono azioni concrete e immediate: un pacchetto di investimenti da circa 50 miliardi di euro in 10 anni per la salvaguardia del ciclo idrico e della produzione di energia idroelettrica, in grado di generare ulteriori ricadute indirette pari a circa 80 miliardi di euro.

  • I dati dicono che siamo vicini a un punto di non ritorno:
    o La siccità record del 2022 ha ridotto la disponibilità di risorsa idrica naturale di 36 miliardi di m3 (-31% vs. 2021, un volume comparabile a 60 volte il Lago Trasimeno), di cui 7,1 miliardi di m3 di acqua consumabile (-34% vs. 2021 quanto l’acqua consumata da 14 milioni di cittadini);
    o La siccità del 2022 ha inoltre ridotto la produzione idroelettrica a 30,3 TWh (vs la media del decennio 2012-2021 di 48,4 TWh). Per trovare un valore così basso bisogna risalire al 1954, ma con una potenza installata di 3 volte inferiore a quella attuale;
    o Il 2022 ha visto picchi di anomalie termiche e pluviometriche e una crescita della frequenza di eventi estremi, come piogge intense (+50,2% medio annuo negli ultimi 20 anni) e allagamenti (+26,4% medio annuo nello stesso periodo). Nella prima metà del 2023, gli eventi idrici estremi sono già aumentati del 130% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
  • Il 18% del Pil Italiano, pari a 320 miliardi di euro l’anno, è generato grazie al contributo della disponibilità abbondante di acqua.

Un pacchetto d’investimenti da 48 miliardi di euro in dieci anni per superare l’emergenza idrica, recuperare acqua per le esigenze di famiglie, agricoltura e industria e rilanciare lo sviluppo dell’idroelettrico, l’unica fonte rinnovabile programmabile, asset strategico per la sicurezza energetica del Paese.

È quel che emerge dallo studio “Acqua: azioni e investimenti per l’energia, le persone e i territori” realizzato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con A2A, presentato oggi nell’ambito del Forum di Cernobbio da Renato Mazzoncini, Amministratore Delegato e Direttore Generale di A2A e Lorenzo Tavazzi, Partner e Responsabile Scenari e Intelligence di The European House – Ambrosetti.

Uno studio completo e dettagliato sui diversi aspetti legati al ciclo dell’acqua che certifica l’emergenza idrica del nostro Paese (nel 2022 -31% di risorsa disponibile rispetto all’anno prima) e indica i possibili correttivi da mettere in campo: da un lato l’analisi mostra infatti come sia possibile recuperare 9,5 miliardi di metri cubi d’acqua (oltre un terzo di quella consumata in un anno nel nostro Paese) investendo su riuso, riduzione delle perdite e dei consumi e recupero dell’acqua piovana; dall’altro elenca le azioni per ottenere energia idroelettrica aggiuntiva investendo su pompaggi, invasi irrigui, repowering, mini-idroelettrico e nuove centrali (azioni in grado di generare 12,5 Twh l’anno). Una doppia strategia, articolata in precise linee di intervento, che potrebbe avere un effetto volano sull’economia nazionale, con ricadute positive per 77 miliardi di euro.

“Senz’acqua non c’è futuro. Ma in futuro avremo sempre meno acqua. I cambiamenti climatici, gli sprechi e una gestione poco oculata hanno messo a rischio questa risorsa, come denunciato anche dall’Onu – ha spiegato Renato Mazzoncini, Amministratore Delegato di A2A – “Sono necessari circa 50 miliardi di investimenti in 10 anni per la salvaguardia del ciclo idrico e della produzione di energia idroelettrica e l’azione congiunta di istituzioni, industria, cittadini. A2A, come Life Company, è pronta ad essere protagonista responsabile di un fronte comune a tutela della risorsa idrica. La circolarità può essere la risposta migliore per la mitigazione degli effetti del climate change: riuso, riduzione e recupero possono rimettere in circolo 9,5 miliardi di mc di acqua, più di quanto perso nel 2022 a causa della siccità. Inoltre, un miglior utilizzo di accumuli e centrali idroelettriche potrebbe generare 12,5 TWh l’anno di energia pulita, più dei consumi domestici annuali di tutta la Lombardia, un contributo essenziale per raggiungere gli obiettivi europei di decarbonizzazione.”

“Gli effetti del cambiamento climatico si aggiungono ad alcune criticità strutturali che segnano la gestione idrica in Italia e che vanno opportunatamente e prontamente attenzionate” – ha commentato Lorenzo Tavazzi, Partner di The European House – Ambrosetti – “Investire in adattamento e mitigazione del cambiamento climatico è quindi cruciale, in un contesto in cui il cambiamento climatico sta già impattando significativamente il nostro Paese: nel 2022 le temperature sono aumentate fino a 2,0° C, mentre le precipitazioni cumulate si sono ridotte del 23,2%”.

Lo scenario

L’ultimo biennio ha reso evidente nel nostro Paese l’urgenza di intervenire per la mitigazione degli impatti del cambiamento climatico sulla risorsa idrica. Se il 2022 è stato per l’Italia l’anno meno piovoso e più caldo degli ultimi 60 anni, il 2023 vede l’alternanza tra la coda siccitosa del 2022 e precipitazioni intense e fortemente concentrate, indice di una tropicalizzazione del clima italiano che necessita di una maggiore attenzione nel dibattito pubblico del Paese.

L’acqua è un bene prezioso e strategico. Nel ciclo infinito della singola goccia, la risorsa influenza una moltitudine di dimensioni, generando energia, sostenendo i consumi civili e produttivi e salvaguardando l’ecosistema. Non solo, nelle stime realizzate dalla Community Valore Acqua per l’Italia di The European House – Ambrosetti, l’acqua attiva anche una filiera industriale produtt iva lunga e articolata, dal settore primario, alla manifattura, fino al settore energetico e al Servizio Idrico Integrato, abilitando la generazione del 18% del PIL industriale italiano, pari a 320 miliardi di Euro.1

La disponibilità di acqua nel nostro Paese è messa a rischio dagli effetti del cambiamento climatico, di cui il 2022 ha rappresentato l’“anno nero” con picchi di anomalie termiche e pluviometriche e una crescita della frequenza degli eventi estremi, come piogge intense (+50,2% medio annuo negli ultimi 20 anni) e allagamenti (+26,4% medio annuo nello stesso periodo). La tropicalizzazione del clima italiano non si è arrestata e, nella prima metà del 2023, questi fenomeni sono già aumentati del 130% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Il disagio legato alla siccità record del 2022 è stato generalizzato. Fino al 40% dei cittadini ha vissuto gli effetti delle politiche di contenimento dei consumi e il 28% ha subìto razionamenti di acqua nel proprio comune di residenza. La carenza idrica si è concentrata nel Nord-Italia con 5 Regioni che hanno adottato lo stato di emergenza (Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Veneto e Piemonte).

La ricerca ha quindi l’obiettivo di focalizzare l’attenzione sugli impatti della siccità del 2022 sulla dimensione idrica ed energetica, fornendo una chiara indicazione delle potenzialità d’intervento per la salvaguardia di questa risorsa.

Impatti e investimenti in ambito idrico

L’analisi riporta una perdita stimata del 31% delle risorse idriche (36 miliardi di m3 in meno) nel 2022 rispetto al 2021. Si tratta di volumi equivalenti a 4 volte il lago di Bolsena (9,2 miliardi di m3) o 60 volte il lago Trasimeno (0,6 miliardi di m3). In termini di volumi effettivamente disponibili per i vari utilizzi finali, si stima un calo di 7,1 miliardi di m3 in un anno, con impatti negativi sul settore agricolo, civile e industriale. Tale volume corrisponde complessivamente alla quantità d’acqua necessaria per irrigare 641 mila ettari di terreni agricoli (pari alla superficie agricola del Lazio), all’acqua consumata annualmente da oltre 14 milioni di persone (pari agli abitanti di Lombardia e Piemonte) e a quella necessaria alla produzione di 82 mila imprese manifatturiere (il numero di imprese manifatturiere di Veneto, Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna).

A fronte di ciò, gli operatori del settore hanno a disposizione una combinazione di linee di intervento mirate su cui investire per recuperare volumi e rendere più resiliente il sistema ai fenomeni idrici estremi. In particolare, si tratta di:

  • valorizzazione del riuso della risorsa, soprattutto in ambito agricolo, in cui la piena copertura di tutti gli abitanti italiani e dei relativi carichi inquinanti abiliterebbe 5,4 miliardi di m3 aggiuntivi di volumi idrici depurati ogni anno (raggiungendo un valore totale di 14,4 miliardi di m3);
  • la riduzione delle perdite di rete nella fase di distribuzione, con l’obiettivo di raggiungere il tasso di dispersione idrica medio europeo del 25%, e il contenimento dei consumi civili, attraverso un’azione di miglioramento della consapevolezza e un maggiore tracciamento di informazioni, anche grazie ad una maggiore diffusione degli smart water meter individuali (oggi in Italia al 4% contro una media europea del 49%), abiliterebbero complessivamente 1,6 miliardi di m3 di volumi idrici, che attualmente vanno perduti;
  • la crescita della capacità di recupero delle acque meteoriche, attraverso l’autorizzazione di volumi aggiuntivi nelle grandi dighe e la costruzione di piccoli bacini di raccolta. In quest’ottica, l’implementazione del Piano Laghetti/Piano Bacini e l’autorizzazione dei volumi aggiuntivi nelle grandi dighe renderebbe possibile aumentare la raccolta delle acque di 2,5 miliardi di m3.

La combinazione delle linee di efficientamento del sistema idrico nazionale, a fronte di un investimento cumulato di 32,9 miliardi di euro, genererebbe un risparmio idrico di 9,5 miliardi di m3. Non solo: la riduzione stimata dei volumi idrici immessi in rete proveniente dall’efficientamento delle perdite e dal contenimento dei consumi porterebbe anche a un beneficio in termini di energia risparmiata pari a 1,4 TWh annui. Investire nel settore idrico, inoltre, significa attivare filiere di fornitura e sub- fornitura adiacenti: ogni euro investito nel settore genera infatti 1,6 euro di ulteriori ricadute economiche positive nei settori contigui. Di conseguenza, l’investimento necessario stimato di 32,9 miliardi di euro genererebbe ulteriori ricadute economiche indirette per il Paese pari a 52 miliardi di euro.

Impatti e investimenti in ambito idroelettrico

La siccità del 2022 non ha solo influito negativamente sui consumi idrici, ma ha messo a rischio anche la capacità di produzione energetica da fonte idroelettrica, ovvero la prima fonte energetica rinnovabile nel nostro Paese con un contributo medio nel periodo 2012-2021 del 42% sul totale della produzione da fonti rinnovabili in Italia. La siccità record del 2022 ha determinato una produzione lorda idroelettrica nazionale pari a 30,3 TWh, significativamente inferiore della media del decennio 2012-2021 (48,4 TWh2). La perdita di produzione dell’Italia ha rappresentato da sola il 25% della riduzione totale europea di produzione idroelettrica del 2022. Per trovare così basso bisogna risalire al 1954, considerando però un parco idroelettrico con una potenza di 3 volte inferiore a quella attuale. Per dare un dimensionamento, se volessimo compensare questa perdita di produzione idroelettrica con il fotovoltaico, sarebbe necessario installare oltre 4 milioni di pannelli, per una superficie complessiva di oltre 58 km2, pari a 1/3 dell’estensione del Comune di Milano.

L’idroelettrico è anche una risorsa chiave per raggiungere il target legato alla generazione da fonti rinnovabili al 2030 in Italia. Infatti, anche con il massimo dispiegamento di solare ed eolico, senza il pieno apporto dell’idroelettrico il nostro Paese non potrebbe raggiungere gli obiettivi di quota di rinnovabili sul fabbisogno elettrico nazionale stabiliti dalla bozza del nuovo PNIEC (pari al 65%).
Per contenere gli effetti dei fenomeni idrici estremi sul settore energetico, gli operatori possono efficientare l’esistente e realizzare nuove infrastrutture. Nella ricerca sono state identificate 5 linee di investimento prioritarie:

— costruzione di nuovi pompaggi idroelettrici sfruttando gli invasi già esistenti. I pompaggi sono, infatti, essenziali nella prospettiva di una crescente penetrazione delle fonti rinnovabili non programmabili come eolico e solare. Questi sistemi garantiscono l’assorbimento dell’eventuale “overgeneration” nelle ore di maggiore disponibilità delle rinnovabili – per esempio nelle ore centrali della giornata – abilitando la copertura della domanda nelle ore di carico elevato e basso contributo delle fonti rinnovabili non programmabili. Installando 3,2 GW di nuovi pompaggi in Italia si potrebbe garantire l’assorbimento di “overgeneration” per circa 2 TWh a fronte di investimenti complessivi per 8 miliardi di euro.
— interventi per valorizzare in ottica energetica i rilasci degli invasi esistenti a scopo irriguo da cui è stata stimata una potenza idroelettrica aggiuntiva pari a 350 MW, per una produzione idroelettrica addizionale di 1 TWh e un volume di investimento totale pari a circa 875 milioni di euro.
— repowering degli impianti idroelettrici esistenti con potenza aggiuntiva stimata pari a 1,6 GW, per una produzione idroelettrica addizionale di circa 4 TWh e un volume di investimento totale pari a circa 560 milioni di euro.
— realizzazione di nuovi impianti mini-idroelettrici per una potenza addizionale di circa 700 MW, stimati sulla base del potenziale massimo di installazione e del trend degli ultimi anni, che supporta una produzione idroelettrica aggiuntiva pari a circa 1,8 TWh e un volume di investimento totale di circa 2,8 miliardi di euro.
— interventi per valorizzare in ottica energetica il ruolo dei fiumi e dei bacini alpini e appenninici. Ad oggi, infatti, circa il 90% dei corsi d’acqua alpini e appenninici idonei è sfruttato per la produzione di energia idroelettrica. Impiegando anche la quota rimanente attualmente non utilizzata, tramite la realizzazione di nuovi bacini connessi, sarebbe possibile produrre 3,7 TWh aggiuntivi di energia idroelettrica, con un investimento totale che potrebbe arrivare a circa 3,0 miliardi di euro.

Complessivamente, portando a sintesi le 5 linee di intervento suggerite per contenere gli effetti dei fenomeni idrici estremi sul settore energetico, risulta come gli operatori industriali potrebbero abilitare un recupero di circa 12,5 TWh (73% della produzione idroelettrica persa nel 2022), a fronte di un investimento complessivo di circa 15 miliardi di euro. Grazie alle ricadute positive indirette sui settori attigui – circa 25 miliardi di euro e generati dagli investimenti nella filiera energetica (pari a 1,64 euro ulteriori per ogni euro investito) – la ricchezza totale distribuita sul territorio nazionale sarebbe complessivamente di circa 40 miliardi di euro.

Autostrada Valtrompia, Zobbio: lavori avanzano, fatto positivo

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“L’avanzamento dei lavori di realizzazione della bretella autostradale della Valle Trompia è senza dubbio un fatto positivo. Al netto di qualche disagio al traffico, che purtroppo fa ‘parte del gioco’, più i cantieri proseguono e più ci avviciniamo alla meta tanto attesa”. Lo afferma il Consigliere provinciale Giacomo Zobbio, delegato della Provincia per la Bretella autostradale della Valtrompia.

“Come amo sempre ripetere – ha aggiunto – il fatto stesso che i lavori proseguano, nonostante un iter accidentato, è sempre una bella notizia. Anche in questo caso, che vede ormai prossimi i lavori del tunnel artificiale tra via Mazzini e via Moro a Concesio, vale lo stesso concetto. È doveroso un ringraziamento a tutti quei soggetti e addetti coinvolti, che si prodigano per fare in modo che i lavori proseguano.

Da parte della Provincia c’è costante e massima attenzione, continuiamo a seguire l’avanzamento dell’iter. Siamo al fianco del sindaco Damiolini, che giustamente è consapevole della complessità dell’intervento, e auspichiamo consapevolezza anche da parte dei cittadini per i disagi che potrebbero venire a crearsi. Sono convinto che, alla fine dei cantieri, tutti noi potremo giovare di questa opera e che la pazienza non sarà stata vana.

La bretella è un’opera che la Valtrompia attende da tantissimo tempo e che garantirà un miglioramento della viabilità per cittadini e imprese, assicurando al territorio anche un risparmio netto in termini di ore di traffico. La sua importanza è nei fatti e tutti noi la conosciamo, è fondamentale proseguire in questa direzione per regalare finalmente ai valtrumplini questa nuova strada” ha concluso Zobbio.

Lombardia, stop ai diesel Euro5 rinviato. Maione: scelta di buon senso

in Ambiente/Economia/Evidenza/Istituzioni/Regione by

“Il rinvio dello stop ai veicoli diesel euro 5 al 2024 – 2025 per tutte le Regioni del bacino padano è una scelta di buonsenso da parte del Governo. Non si possono costringere decine di migliaia di famiglie a sostituire l’automobile dall’oggi al domani. Ora che il decreto è stato approvato dal Consiglio dei ministri, la Regione Lombardia avvierà un confronto con Comuni e associazioni di categoria per arrivare a un percorso condiviso sulle scelte e le tempistiche”. Lo ha dichiarato l’assessore all’Ambiente e Clima della Regione Lombardia Giorgio Maione in seguito al decreto approvato nel fine settimana dal Cdm. Il documento prevede la facoltà per la Regione Lombardia, unitamente a Piemonte, Veneto ed Emilia – Romagna, di attuare misure di limitazione della circolazione dei veicoli diesel euro 5 esclusivamente a far data dal 1° ottobre 2024 e in via obbligatoria solo a partire dal 1° ottobre 2025.

“Il cambiamento va condiviso e accompagnato con gli incentivi, come sta facendo la Regione Lombardia che grazie al bando ‘Rinnova Autovetture 2023’ ha investito 10 milioni e consentito quest’anno a 4744 famiglie di sostituire un veicolo inquinante con uno a zero o bassissime emissioni. Abbiamo come sempre un approccio concreto ai problemi e non una visione puramente ideologica che rischierebbe di compromettere la tenuta economica e sociale dei nostri territori” aggiunge Maione.

“L’incentivo alla sostituzione del veicolo arriva fino a 4.000 euro. Sono ancora disponibili 2 milioni di euro. Il bando chiuderà il 31 ottobre. Tutte le nuove motorizzazioni garantiscono bassissimi valori di emissione e quindi promuoviamo scelte che possano migliorare ulteriormente la qualità dell’aria della nostra regione” conclude l’assessore.

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