Imprese, per il sistema Brescia ricavi da record nel 2021

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Il Sistema Brescia registra numeri record nel 2021, anche se – dopo la pandemia – gli investimenti non sono ancora ripartiti e l’incremento dei tassi per il 2022-2023 potrebbe assorbire liquidità, provocando un potenziale calo della redditività.

A evidenziarlo è l’indagine condotta da Confindustria Brescia e Deloitte, presentata oggi pomeriggio nell’evento “GRUPPI INDUSTRIALI BRESCIANI – I record dei Top 100 nel 2021 e le sfide di oggi”, organizzato nella Sala Beretta di Confindustria Brescia in collaborazione con l’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Brescia.

Dopo i saluti di apertura di Severino Gritti (Presidente Ordine Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Brescia) e i contributi tecnici di Davide Fedreghini (Centro Studi Confindustria Brescia) e Riccardo Pastore (Partner, Financial Advisory Deloitte), sono intervenuti, moderati da Massimiliano Del Barba (Corriere della Sera), Franco Gussalli Beretta (Presidente Confindustria Brescia) e Antonio Solinas (AD, Financial Advisory Deloitte).

L’incontro ha analizzato le dinamiche economico-finanziarie sperimentate nel 2021 dai primi 100 gruppi industriali bresciani a vocazione manifattura – che contano ricavi complessivi pari a 21,0 miliardi di euro e oltre 56mila addetti – e discusso su come il “Quarto capitalismo” bresciano, riconosciuto in tutto il mondo per la qualità delle produzioni e per l’elevato livello di proiezione internazionale, stia affrontando le complessità di questi mesi. Nel dettaglio, lo studio ha riguardato il triennio 2019-2021, permettendo quindi di verificare non solo l’entità della crescita sul 2020, anno in cui l’economia mondiale ha subito gli effetti negativi della pandemia, ma anche la capacità di recupero del Made in Brescia rispetto alla “normalità pre-Covid”.

Tra i principali risultati di bilancio nel 2021, dall’analisi condotta dal Centro Studi di Confindustria Brescia emergono i seguenti:

·        i ricavi sono cresciuti del 35,3% sul 2020 e del 22,4% sul 2019. Tale dinamica si spiega con la crescita dei volumi e dei prezzi di vendita, questi ultimi rivisti al rialzo come risposta all’incremento delle quotazioni delle materie prime utilizzate nei processi produttivi;

·        il MOL è cresciuto del 54,5% sul 2020 e del 30,1% sul 2019; il rapporto MOL/Ricavi si attesta ai massimi storici (12,5%): emerge quindi la capacità dei gruppi di trasferire ai clienti l’aumento dei costi registrato nella fase di approvvigionamento;

·        lungo il triennio 2019-2021 le materie prime hanno eroso l’incidenza delle altre voci di costo (62% del totale), in particolare quelle relative al personale e agli ammortamenti. Le informazioni, per lo più assenti in Nota Integrativa, non permettono di quantificare l’evoluzione dei costi riferiti alle utenze energetiche;

·        l’elevata dotazione patrimoniale si conferma un punto di forza per l’industria bresciana, con un indice di indipendenza finanziaria stabile al 49,2%;

·        le attività di investimento non sono ripartite come atteso dopo la pandemia: erano pari a 1,03 miliardi nel 2019 e sono rimaste stabili nel 2020 (893 milioni) e nel 2021 (887 milioni);

·        nel triennio 2019-2021, il costo dell’indebitamento finanziario si è mantenuto su valori storicamente molto bassi (mai oltre il 2,6%), a testimonianza dell’affidabilità dei gruppi bresciani, unita a condizioni finanziarie particolarmente distensive da parte del sistema creditizio; l’incremento dei tassi per il 2022-2023 potrebbe tuttavia assorbire liquidità, provocando un potenziale calo della redditività;

·        la breve indagine somministrata ai gruppi indicherebbe, per il 2022 un nuovo rialzo del fatturato, con il MOL non in grado di replicare interamente tale incremento. Ciò comporterebbe un leggero calo della marginalità che tuttavia rimarrebbe, a livello aggregato, ampiamente positiva. Tale dinamica sarebbe giustificata da una serie di motivazioni, tra cui: l’eterogeneità degli effetti causati dallo shock energetico sui diversi comparti dell’industria bresciana e la rilevante presenza di siti produttivi all’estero, in ambiti territoriali meno colpiti dal rincaro delle quotazioni energetiche.

Per quanto riguarda invece la survey condotta da Deloitte, sono due le principali evidenze emerse:

  • i gruppi industriali del territorio bresciano hanno risposto al generale contesto inflattivo e all’aumento dei costi principalmente focalizzandosi sul ribaltamento dei prezzi, mediamente accettato dai clienti, e sull’aumento dei volumi di acquistati per mitigare rischi di stock-out;
  • inoltre, si evince un particolare focus dei Gruppi sulla gestione del circolante in ottica di sostenibilità di medio-lungo termine per ribilanciare la struttura finanziaria che, con un livello di debito cresciuto nel periodo pandemico e nel primo semestre del 2022 e il recente aumento dei tassi d’interesse, pone dei rischi di sostenibilità futura.

“Se un anno fa, durante questo evento, sottolineavamo in particolare la capacità del sistema produttivo bresciano di reggere all’impatto della pandemia, grazie soprattutto alla sua robusta patrimonializzazione, oggi il focus si è invece spostato verso una nuova direzione – commenta Franco Gussalli Beretta, Presidente di Confindustria Brescia –. I rincari energetici e le crisi geopolitiche mondiali hanno tratteggiato uno scenario differente, per alcuni versi addirittura più complicato, perché non affrontabile con un atteggiamento prudenziale di attesa. A ciò si aggiungono le incertezze sul futuro dell’Automotive, un comparto centrale per il nostro territorio. Il Sistema Brescia è attrezzato per affrontare le sfide, ma ora servono risposte anche da parte del nuovo Governo, che deve essere in grado di mettere il lavoro al centro della propria agenda. Anche perché le prospettive future, pur rimanendo positive, anticipano un possibile calo delle marginalità e allo stesso tempo si prefigura un problema di liquidità delle aziende, legato a due aspetti: il pagamento delle superbollette e le richieste dei fornitori di energia di pagamento anticipato. Governo e istituzioni finanziarie devono quindi preparare un programma per fronteggiare questa problematica, come fatto durante il COVID.”

“Le incertezze relative alla supply chain, unite alla forte spinta inflattiva e ad una sempre maggiore consapevolezza da parte dei clienti circa le dinamiche di prezzo, hanno determinato un contesto generale di significativa volatilità, ma comunque con una capacità costante di far crescere il fatturato – aggiunge Antonio Solinas, Amministratore Delegato di Deloitte Financial Advisory –. Se la resilienza in periodo pandemico è stata guidata da una maggiore attenzione ai costi, supportata da un accesso agevolato al credito, l’attuale scenario suggerisce invece l’adozione di processi e strumenti di pricing evoluti, ove i fattori di digitalizzazione e machine learning diverranno progressivamente un elemento di supporto imprescindibile per un corretto processo decisionale. La recente crescita dei tassi di interesse, con contestuale riduzione dei ritorni sugli investimenti in capacità produttiva, riporta di attualità la capacità di creare valore attraverso una migliore gestione del circolante, sia in ottica di efficientamento della catena del valore, sia in ottica di supporto agli investimenti, siano essi di natura organica o inorganica”.

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