Il 2021 si chiude per il Made in Brescia con una crescita media annua della produzione pari al 14,8%, dopo la pesante caduta del 2020 (-16,2%). La dinamica rilevata nello scorso anno è la più intensa da quando è disponibile la serie storica ed è giustificata dalla vivacità dell’industria locale, che ha saputo velocemente interamente recuperare quanto perduto durante il lockdown nella primavera 2020.
A evidenziarlo è l’indagine congiunturale del Centro Studi di Confindustria Brescia sui dati relativi al 4° trimestre 2021.
Con riferimento al solo periodo tra ottobre e dicembre, l’attività produttiva ha registrato una variazione rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente (tendenziale) ancora in significativo incremento (+13,0%), che tuttavia è frutto principalmente dei recuperi sperimentati nei primi mesi dell’anno. Nella seconda metà del 2021, il sistema produttivo bresciano è stato protagonista di un movimento più contenuto, giustificato da un fisiologico rallentamento e dall’emergere di alcuni fattori che hanno limitato la produzione, quali la scarsità delle più rilevanti materie prime e semilavorati, nonché gli ingenti rincari del costo dell’energia, che hanno impattato significativamente sui comparti più energivori.
Nel dettaglio, la produzione industriale evidenzia un aumento sul trimestre precedente (congiunturale) di +4,1%, in parte influenzato dalla ripresa dell’attività, dopo la pausa nel mese di agosto. La crescita media annua rilevata nel 2021 è frutto di quanto ereditato dal 2020 (+4,9%) e di una componente propria pari a +9,4%. La variazione trasmessa al 2022 è positiva (+3,2%): ciò sta a indicare che la crescita nell’anno in corso troverà beneficio, dal punto di vista algebrico, dalla dinamica rilevata nel 2021.
“Il recupero nel 2021 dei volumi persi a causa della pandemia è un dato di partenza incoraggiante e le prospettive per il Made in Brescia dal lato della domanda sono positive, aspetto che contribuirà a dare sostegno ai livelli produttivi – commenta Franco Gussalli Beretta, Presidente di Confindustria Brescia –. Tuttavia, i recenti e ingenti rincari degli input energetici rischiano di compromettere questa situazione, determinando una serie di incognite sulla competitività delle nostre imprese per i mesi a venire e incidendo in modo importante sulle marginalità. In questo senso ci stiamo muovendo come associazione per cercare una soluzione comune al problema, pur nella consapevolezza di come la dinamica sia legata a fattori mondiali.”
Le prospettive a breve termine rimangono positive, nonostante le molteplici nubi recentemente addensatesi sullo scenario previsivo: le aziende che stimano un miglioramento della situazione nei prossimi tre mesi sono il 45%. Quelle che prevedono di mantenere i livelli attuali sono il 44%, mentre l’11% stima un calo dell’attività. In tale contesto, i maggiori elementi di incertezza riguardano, tra l’altro, la nuova ondata pandemica (che frena i consumi nei servizi) e la persistente scarsità di commodity industriali e i prezzi abnormi dell’energia (che minano i margini aziendali). È opportuno inoltre ricordare come importanti segmenti dell’industria locale siano a rischio di dover sospendere l’attività per eccesso di costi che vanno a erodere la marginalità, nonostante la forte domanda proveniente dalla clientela. Infine, non vanno dimenticate le inedite pressioni inflattive (che limitano il potere d’acquisto delle famiglie) e le crescenti tensioni geopolitiche nell’ex Unione Sovietica.
- La disaggregazione della variazione della produzione per classi dimensionali mostra incrementi superiori alla media nelle piccole imprese (+7,1%), seguite dalle medie (+4,0%) e dalle grandi (+1,9%). Segnali timidamente negativi giungono invece dagli operatori micro (-0,2%).
- Con riferimento alla dinamica congiunturale per settore, l’attività produttiva è aumentata oltre la media nei comparti legno e minerali non metalliferi (+5,5%), metallurgia (+5,4%), sistema moda (+4,7%). Consuntivi positivi provengono inoltre dalle aziende del chimico, gomma, plastica (+3,7%), della meccanica (+3,6%) e dell’alimentare (+0,7%).
- Il tasso diutilizzo della capacità produttiva, che si è attestato all’81%, è aumentato nei confronti della rilevazione precedente (79%) e risulta superiore a quello del quarto trimestre del 2019 (77%).
- Le vendite sul mercato italianosono aumentate per il 58% delle imprese, rimaste invariate per il 20% e diminuite per il 22%. Le vendite verso i Paesi comunitari sono cresciute per il 39% degli operatori, calate per il 22% e rimaste stabili per il 39%; quelle verso i Paesi extra UE sono aumentate per il 37%, diminuite per il 23% e rimaste invariate per il 40% del campione.
- I costi di acquisto delle materie prime sono cresciuti per l’80% delle imprese, con un incremento medio del 13,1%. I prezzi di vendita dei prodotti finiti sono stati rivisti al rialzo dal 63% degli operatori, per una variazione media pari a +5,0%. Tali dinamiche confermano le significative pressioni sui margini industriali a cui sono sottoposte le imprese: dal terzo trimestre 2020 alla fine del 2021, i costi di acquisto sono complessivamente aumentati del 63%, mentre i prezzi di vendita solamente del 16%.
- La crescita dei ricavi (a prezzi correnti) sarebbe giustificata dall’incremento dei quantitativi venduti (in risposta a una domanda globale in significativa ripresa) e dei prezzi di vendita (come conseguenza dei forti rincari delle quotazioni delle materie prime più utilizzate nei processi produttivi).
- Per quanto riguarda l’input di lavoro, nel 2021 le ore lavorate sono stimate in aumento del 16% sul 2020 e del 3% sul 2019, a conferma quindi del recupero dei livelli pre-pandemia.
- Le aspettative a breve termine appaiono nel complesso positive, nonostante i numerosi fattori di incertezza recentemente sorti. La produzione è prevista in aumento da 45 imprese su 100, stabile dal 44% e in calo dal rimanente 11%. I settori con le prospettive relativamente più positive sarebbero chimico, gomma, plastica e metallurgia.