Nel 2020 le imprese bresciane attive nel settore Meccanica hanno evidenziato risultati economici decisamente incoraggianti, soprattutto se contestualizzati alla luce della crisi globale generata dalla pandemia da Covid-19.
A evidenziarlo è lo strumento dell’Indice Sintetico Manifatturiero – ISM, frutto della collaborazione tra il Centro Studi di Confindustria Brescia e OpTer (Osservatorio per il territorio: impresa, formazione, internazionalizzazione) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Nel dettaglio, tale indice, applicato ai bilanci 2020 di quasi 1.750 realtà bresciane attive nel comparto, mostra una solida tenuta rispetto alla situazione rilevata nel 2019. Nel 2020 la quota di aziende che si posizionano nella classe A (quella che include gli operatori più virtuosi) si attesta al 28% del totale, quota che risulta invariata rispetto all’anno precedente. La classe di merito B mostra movimenti marginali, perdendo infatti solo due punti percentuali. Unico dato che desta qualche preoccupazione è l’incremento della sezione D (l’ambito che accoglie le realtà potenzialmente più fragili) che passa dal 4% nel 2019 al 7% nel 2020.
L’ISM è stato poi implementato per effettuare un confronto tra gli effetti sui bilanci delle imprese della crisi da Coronavirus, con la “Grande Recessione” del 2009, pur nella consapevolezza della diversa natura dei due fenomeni presi in considerazione. Per prima cosa va evidenziato come il Conto Economico del settore Meccanica abbia avuto nel 2020, pur registrando significative contrazioni, un’evoluzione decisamente migliore di quella che aveva contraddistinto il 2009. A titolo esemplificativo, nel 2020 il fatturato complessivo del comparto locale ha subito un calo del 9,8%, a fronte di una riduzione del 25,8% sperimentata nel 2009. Anche gli altri principali saldi intermedi del Conto Economico mostrano dinamiche coerenti con quanto sopra riscontrato. Il Margine operativo lordo, indicatore che esprime la redditività lorda industriale, ha evidenziato nel 2009 una caduta del 33,0%, contro il 14,4% nel 2020. Analoghe considerazioni valgono anche per il Risultato prima delle imposte, che nell’ultimo anno è calato complessivamente del 33,0%, mentre nel 2009 aveva evidenziato un vero e proprio dimezzamento (-49,4%).
Tutto ciò si ripercuote sui punteggi prodotti dall’ISM: l’aggregato che accorpa le imprese nelle classi A e B, tra il 2008 e il 2009 ha riscontrato una flessione di circa il 6%, passando da una quota del 53% al 47%. Tra il 2019 e il 2020 lo stesso aggregato è sceso solo di due punti percentuali (dal 63% a 61%), una contrazione che vede coinvolti unicamente gli operatori posizionati nella classe B, la quota nella classe A rimane infatti immutata. Il confronto tra i due bienni (2020/19 e 2009/08) permette di osservare come il settore Meccanica si sia notevolmente rafforzato negli ultimi 10 anni: ciò è evidente se si prende in considerazione la quota delle imprese che si posizionano nelle prime due fasce di merito (A e B), passata ad essere meno della metà nel 2009 ad un abbondante 60% nel 2020. In sintesi, ISM fotografa un settore Meccanica che nella crisi pandemica ha sostanziale tenuto e che mostra nell’ultimo decennio un deciso irrobustimento. Risultati che appaiano importanti vista la rilevanza economica ed occupazionale che contraddistingue tale settore nella provincia bresciana. Allo stesso tempo il 7% nel 2020 della classe D – quota che rappresenta quelle imprese che versano in uno stato di potenziale fragilità – non deve essere né trascurato né sottovalutato ma al contrario letto ed analizzato con particolare attenzione.
“La resilienza mostrata dalle nostre aziende in questi anni di pandemia, la forza nell’innovare e quella di essere presenti in tutto il mondo, con il record di esportazioni, certifica il valore del nostro comparto produttivo, capace di affrontare questa crisi con maggiore forza rispetto a quanto avvenne nella grande recessione del 2008/09 – commenta Gabriella Pasotti, Presidente del settore Meccanica di Confindustria Brescia –. Nel 2021 stiamo assistendo a un forte recupero dei volumi, ma questo non basta: ora serve una politica comune europea che porga un freno, in modo strutturale, a due problematiche emerse nell’ultimo anno come l’aumento delle quotazioni dei metalli e dell’energia o, come abbiamo detto più volte, sarà troppo tardi.”