Lavanderie aperte ma in crisi, Massetti: vanno sostenute

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La manutenzione e la pulizia dei capi di abbigliamento è un servizio essenziale, specie in periodo di pandemia, per trattare i capi che possono essere lavati solo a secco. E le lavanderie tradizionali sono in prima linea nella lotta al Coronavirus fin dall’inizio dell’emergenza sanitaria. Un’attività che ha assunto un ruolo strategico per il contenimento del contagio. La conferma arriva anche nell’ultimo DPCM che ha nuovamente incluso l’attività delle lavanderie e pulitura di articoli tessili e pelliccia tra i servizi alla persona ammessi ad operare, indipendentemente dal colore attribuito alle diverse regioni. L’attività dunque è tra quelle autorizzate ad operare anche in zona rossa, nonostante la recessione, scatenata dalla pandemia e da uno shock di domanda interna ed estera, che ha interessato la domanda di servizi delle famiglie e il crollo del turismo e penalizzato duramente anche questo comparto a forte prevalenza artigiana. Per il presidente di Confartigianato Brescia e Lombardia Eugenio Massetti: «In prima linea, ma in crisi. Da una parte la conferma: riconosciuto il ruolo essenziale delle pulitintolavanderia, dall’altra la recessione. Ricerche condotte da leader europei produttori di solventi hanno dimostrato infatti che il Covid 19 è sensibile all’etere, al cloroformio e solventi e poiché gran parte delle lavanderie sono dotate di almeno una macchina da lavaggio che utilizza dell’idrocarburo clorurato, l’azione di tali macchine rende inattivo il virus comprovando il lavaggio a secco e le lavanderie tradizionali fondamentali nella lotta alla diffusione del virus. Inoltre, una ricerca promossa proprio da Confartigianato eseguita da autorevoli centri di analisi attraverso test microbiologici, ha certificato che i livelli di pulizia garantiti dalle pulitintolavanderie artigianali si avvicinano ad una vera e propria sanificazione». Ma anche in questo settore, incombe la crisi, il rischio chiusure: «L’azzeramento delle presenze turistiche associato a restrizioni sulla mobilità delle persone nell’anno della pandemia – continua il presidente Massetti – ha influito sull’attività di ristoranti e alberghi e sull’utilizzo – e la relativa manutenzione – di capi di abbigliamento. La chiusura degli impianti sciistici ha ridotto la manutenzione dell’abbigliamento tecnico. Il diffuso utilizzo di smart working e la cancellazione di eventi e cerimonie ha diminuito l’utilizzo del vestiario di più elevata qualità, su cui viene richiesto un maggiore utilizzo dei servizi di pulitintolavanderia. Ora ci auguriamo che nel nuovo e atteso Decreto Sostegni ci saranno spazi anche per questa categoria. Anche se poco sotto i riflettori per le dimensioni di azienda, l’apporto all’economia del territorio è fondamentale come quello di tutte le attività artigiane, ossatura del nostro sistema economico e sociale».

Imprese, MPI e dinamica del fatturatoNel 2020 in Lombardia il comparto della lavanderia e pulitura di articoli tessili e di pelliccia, è costituito da 2.324 imprese artigiane del settore. Nel comparto è consistente la quota di lavoro indipendente. Le micro e piccole imprese (MPI) del settore, che ne rappresentano la quasi totalità, si stima che nel 2019 hanno generato un fatturato valutato pari a oltre 300 milioni di euro. Con la crisi Covid-19, nel 2020, il fatturato delle MPI lombarde del settore ha registrato minori ricavi per 144 milioni di euro. Si stima a livello provinciale cali di fatturato più elevato per Milano (-43 milioni di euro) seguita da Brescia, con 17 milioni di ricavi in meno e Bergamo (-10 milioni).

Alta vocazione artigiana diffusa nel territorio – A Brescia il comparto delle pulitintolavanderie presenta un’alta e diffusa vocazione artigiana: sono 261 le imprese artigiane registrate su 405, pari al 64,4 % del totale e rappresentano l’11,2% del totale lombardo.

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