L’accelerata sul salario minimo orario a 9 euro lordi impressa dal governo impensierisce e preoccupa il mondo delle imprese bresciane, in particolare quelle di piccole e medie dimensioni e gli artigiani. L’Istat ha stimato in 4,3 miliardi l’aggravio per le imprese, pari a un aumento medio annuo per i 2,9 milioni di lavoratori beneficiari di 1.073 euro, e in 700 milioni la ricaduta sulle casse pubbliche.
A farsi portavoce di questo disagio è la presidente della Cna di Brescia Eleonora Rigotti, che afferma senza giri di parole che “per decreto non si creano né lavoro alle imprese né impiego per i dipendenti”. “Il salario minimo non è la soluzione alla questione salariale italiana o ai problemi del mercato del lavoro, è solo un aggravio enorme che limita la libertà di contrattazione – critica Rigotti -: le imprese sono costrette a tenere i contratti con i clienti-fornitori fermi da anni, per non aumentare i costi ai clienti, e i margini si riducono sempre più”.
Secondo gli artigiani di Cna l’introduzione del salario minimo metterà a rischio migliaia di contratti già in essere, che difficilmente potranno essere adeguati ai costi orari previsti. “In ballo ci sono migliaia di posti anche a Brescia – aggiunge Rigotti –, con un mondo del lavoro che sta diventando sempre meno flessibile anche per la contrazione dei voucher e gli aggravi sui tempi determinati”. In questo frangente giova ricordare che oggi a Brescia ci sono poco meno di 34mila imprese artigiane per circa 90mila addetti.
Per migliorare il mercato del lavoro le misure da adottare sarebbero ben diverse: “Bisognerebbe incidere sul cuneo fiscale, sulle tasse e sui contributi – aggiunge la presidente di Cna Brescia –. È vero, oggi in Italia c’è la necessità di ridare dignità ai salari, ma per farlo vanno in primis sostenute le imprese: se non si abbasseranno contestualmente tasse e contributi diverrà una manovra insostenibile. Non dimentichiamo poi che per avere una retribuzione equa ed equilibrata la contrattazione collettiva ha rappresentato negli anni uno strumento applicabile alla quasi totalità delle imprese e dei lavoratori. Temiamo infine che non si tengano a sufficienza presenti le positive ricadute che il sistema del welfare e della bilateralità artigiana ha finora garantito a imprese e lavoratori in termini di salario indiretto”.
Un pensiero non può infine che andare ai giovani, ai quali dovrebbero essere riservati interventi mirati ed efficaci: nel caso d’introduzione del salario minimo a 9 euro quasi il 60 per cento degli occupati apprendisti avrebbe un incremento di retribuzione annuale media del 22,5 per cento. Un dato enorme, se si pensa al valore che l’artigianato e le piccole medie imprese attribuiscono a questa forma contrattuale.