Troppe le differenze tra i diversi territori: Cna Brescia, anche con una comunicazione destinata ai sindaci, torna a chiedere che siano escluse dal calcolo della tariffa le aree dove vengono prodotti rifiuti speciali, nell’attesa del decreto di assimilazione che porrebbe fine alla duplicazione dei costi
Nell’applicazione della Tari per le imprese serve uniformità, almeno a livello provinciale: è inaccettabile che il metodo di calcolo della tassa cambi da comune a comune. Nella gestione dei propri scarti, oggi le aziende sono costrette a far fronte ad una ingiustificata e dannosa duplicazione dei costi: in quanto produttrici di rifiuti speciali devono sostenere le spese per la loro raccolta e smaltimento, ma allo stesso tempo devono saldare la tassa comunale su quegli stessi rifiuti.
Ne è convinta la Cna di Brescia, che chiede che in tutti i regolamenti comunali vengano escluse dal calcolo per la definizione della tariffa della Tari le aree dove vengono prodotti in via continuativa e prevalente rifiuti speciali, per i quali le imprese già sostengono in proprio i costi di smaltimento.
Per questo Cna Brescia, per la seconda volta in due anni, si prepara ad inviare una comunicazione ai sindaci bresciani per chiedere che siano recepite le indicazioni della nota del Ministero dell’Economia che già nel 2014 aveva chiarito l’obbligo di «considerare intassabili le aree sulle quali si svolgono le lavorazioni industriali e artigianali poiché per loro natura sono generalmente produttive in via prevalente di rifiuti speciali» e che quindi venga «opportunamente aggiornato il regolamento di applicazione della Tari là dove necessario».
«Sulla Tari c’è una discrepanza tra normativa nazionale e locale – ricorda la presidente di Cna Brescia, Eleonora Rigotti -. La prima prevede che le aree che producono rifiuti speciali non assimilabili, per i quali le imprese già pagano lo smaltimento, non siano assoggettate alla Tari. Ma non tutti i comuni l’hanno recepita nei propri regolamenti». «Serve uniformità di applicazione della norma – invoca la presidente -, per non penalizzare ingiustamente alcune attività, che si trovano a pagare per due volte».
«Anche in questa partita Cna è vicina alle imprese» ribadisce la presidente Rigotti, ricordando che «l’associazione resta aperta al dialogo ed al confronto non solo con gli imprenditori, ma anche con le amministrazioni, al fine di giungere ad un sistema di gestione dei rifiuti che non penalizzi nessuno degli attori in esso coinvolti, sia pubblici che privati».
A livello nazionale, inoltre, Cna ha chiesto al Ministero dell’Ambiente di emanare il decreto di assimilazione previsto dal Codice ambientale e atteso da molti anni, con il quale determinare i criteri qualitativi e quantitativi per l’assimilazione dei rifiuti delle imprese a quelli delle famiglie. In assenza di tale decreto, i comuni hanno fatto un utilizzo improprio del principio di assimilazione, riportando quanto più possibile dentro la gestione pubblica i rifiuti speciali prodotti dalle imprese e applicando a questi la Tari. Così si è arrivati ad avere una situazione a macchia di leopardo, in cui i criteri di assimilabilità e le tariffe variano da comune a comune, a seconda dei regolamenti adottati.