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Brutte notizie dai mercati esteri: rallenta l’export bresciano (DATI IN ALLEGATO)

in Economia/Export by

Nel secondo trimestre 2016, su base tendenziale (rispetto allo stesso periodo del 2015), le esportazioni bresciane diminuiscono dello 0,5% e le importazioni aumentano dello 0,6%. In valore assoluto, ammontano, rispettivamente, a 3.848 e a 2.150 milioni di euro. Il risultato delle esportazioni è il secondo negativo dopo ben undici rilevazioni consecutive positive.

Nel secondo trimestre del 2016, rispetto ai tre mesi precedenti, invece le vendite bresciane di beni sui mercati esteri risultano in aumento del 10,6%; gli acquisti dall’estero sono in crescita del 6,6%.

Nel periodo gennaio-giugno 2016, rispetto al primo semestre del 2015, la tendenza negativa delle esportazioni (-1,8%) è in contro tendenza rispetto a quella rilevata sia in Lombardia (+0,7%) che in Italia (0,0%); la dinamica delle importazioni (+0,2%) è invece superiore sia rispetto al dato regionale (-1,7%) che a quello nazionale (-2,9%). I dati scontano, tra l’altro, la persistente stagnazione degli scambi internazionali, la debolezza della domanda proveniente dai Paesi emergenti (Bric, in particolare), nonché l’apprezzamento dell’euro in termini effettivi e nominali, iniziato dalla primavera del 2015.

Questi i risultati più significativi che emergono dalle elaborazioni effettuate dal Centro Studi AIB e dall’Ufficio Studi e Statistica della Camera di Commercio sui dati Istat del commercio internazionale, recentemente diffusi a livello provinciale.

“Nonostante un momento di stallo nell’export, ci sono comunque segnali di recupero”, dichiara Marco Bonometti, Presidente di AIB. “Il dato più confortante è sicuramente la tenuta della produzione. Inoltre, Brescia rimane comunque fra le prime 4 province italiane per le esportazioni. Il nostro sistema economico si è fortemente internazionalizzato, salvaguardando parzialmente la provincia dalla crisi: oltre 300 società bresciane hanno investito all’estero ed un centinaio quelle straniere che hanno trovato da noi la giusta collocazione per i loro impianti produttivi. Dalla crisi le imprese hanno imparato molto: anzitutto il valore dell’internazionalizzazione e l’importanza strategica di investire in ricerca e in innovazione di prodotti e processi, valorizzando la collaborazione nelle filiere tradizionali e nei nuovi comparti ”, conclude Bonometti.

Nel primo semestre 2016, tra i settori, su base tendenziale, la contrazione delle vendite all’estero di metalli di base e prodotti in metallo (-7,6%), prodotti dell’estrazione di minerali da cave e miniere (-42,1%), prodotti delle attività di trattamento dei rifiuti (-21,0%), macchinari ed apparecchi (-2,0%) contribuisce alla caduta dell’export bresciano.

Un aumento delle esportazioni riguarda invece: articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici (+26,3%), prodotti dell’agricoltura, della silvicoltura e della pesca (+15,9%), sostanze e prodotti chimici (+10,9%), articoli in gomma e materie plastiche (+10,0%), computer, apparecchi elettronici e ottici (+6,3%).

▪ Tra i mercati di sbocco, calano sensibilmente le esportazioni verso il Brasile (-54,5%), l’India (-31,1%), l’Algeria (-28,9%) e la Turchia (-20,7%). Diminuisce anche il flusso di merci dirette verso il Regno Unito (-10,3%), la Russia (-8,6%) e gli Stati Uniti (-6,2%). La riduzione delle vendite estere è stata attenuata dalla crescita dell’export verso i Paesi UE28 (+1,4%); in particolare dagli acquisti di alcuni dei principali partner commerciali delle imprese bresciane quali: Germania (+2,0%), Paesi Bassi (+7,2%), Francia (+2,0%), Spagna (+2,5%) e Belgio (+4,6%).

▪ Per quanto riguarda le importazioni, sono in aumento quelle di mezzi di trasporto (+29,3%), computer, apparecchi elettronici e ottici (+20,8%), apparecchi elettrici (+9,6%), articoli in gomma e materie plastiche (+8,5%), sostanze e prodotti chimici (+ 7,9%).

Risultano, invece, in diminuzione gli acquisti nei settori: metalli di base e prodotti in metallo (-5,8%), prodotti delle attività di trattamento dei rifiuti (-17,9%), coke e prodotti petroliferi raffinati (-16,6%).

▪ Diminuiscono le importazioni da: Russia (-27,3%), India (-18,8%), Algeria (-16,8%), Stati Uniti (-10,6%), Belgio (-9,9%) e Francia (-8,0%). Cresce, invece, decisamente il flusso in entrata di merci provenienti dal Regno Unito (+13,9%) e, in misura minore, quello dalla Turchia (+7,8%) e dalla Spagna (+2,2%).

Il saldo commerciale è positivo (+3.162 milioni di euro), in diminuzione del 4,3% rispetto a quello del primo semestre del 2015 (+3.305 milioni di euro).

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Indagine Api: le imprese guardano all’estero, ma il credito scarseggia

in Api/Associazioni di categoria/Export/Tendenze by

Il Centro Studi di Apindustria Brescia ha recentemente indagato lo stato delle attività estere dei propri associati verso i Paesi extra UE, tramite un questionario che ha rilevato l’attività attuale (dettagliandone presenza nelle macro aree e quindi le modalità di ingresso nei singoli Paesi) e l’intenzionalità di sviluppo futuro, correlandole alle difficoltà fino ad ora riscontrate.
Ne è emerso che il 67% dei rispondenti registra ad oggi una presenza in mercati esteri, mentre il 45% circa intende sviluppare o rafforzare rapporti commerciali con Paesi extra europei.
La principale macro area di destinazione è rappresentata da Paesi europei non presenti nell’Unione (verso cui il 49% dei rispondenti ha sviluppato rapporti commerciali), seguito dall’America (40%) e dal Medio Oriente (32%); nella sola Russia si posizionano i clienti del 29% dei rispondenti.
Nell’approccio ai Paesi esteri, la formula preferita è l’esportazione diretta (79% circa), segue l’appoggio a distributori locali (16% circa). Molto più contenuti i casi in cui si esporta tramite filiali commerciali e uffici di rappresentanza, sporadico il ricorso a joint ventures.

Sono numerose invece le difficoltà riscontrate dalle aziende associate che lavorano al di fuori dei confini europei. Quelle di maggior rilievo sono riconducibili sostanzialmente a:
questioni interne/strutturali delle imprese, che per carenza o inadeguatezza di risorse economiche e umane (o per la propria dimensione aziendale) non sono in grado di sviluppare relazioni commerciali al di fuori dei confini nazionali (52,7%);
finanziarie, in primis in termini di accesso al credito (14,45%);
geopolitiche e culturali/linguistiche tra Paesi (27,3%);
legate alla figura del cliente/partner estero, che presenta caratteri strutturali o di affidabilità che limitano l’instaurarsi della relazione commerciale (18,18%).

Nel dettaglio, la difficoltà più frequente è rappresentata dalla mancanza di economicità dell’operazione, in cui si identifica il 22% circa dei rispondenti; tuttavia si annovera anche la carenza di personale dedicato e, sovente, l’inaffidabilità dei partner locali.
Tra le difficoltà finanziarie, domina il rischio Paese (5,5%), ma anche problemi relativi alla bancabilità del potenziale cliente (poco meno del 2%) e al rapporto commerciale (4% circa), che non sembra sicuro per durata, importo o clausole contrattuali imposte.
Nonostante le difficoltà indicate, le imprese dimostrano ottimismo e intenzionalità di ulteriore sviluppo estero (45% circa dei rispondenti), ma anche necessità di supporto nella ricerca di clienti esteri (57,3%). Meno rilevante la richiesta di sviluppare in loco relazioni con partner (23%) o consulenti (8,6%).

FOCUS METALMECCANICO
Le imprese metalmeccaniche si sono dimostrate particolarmente attive verso l’estero; i risultati rilevati paiono in linea con le dinamiche segnalate dal complesso dei rispondenti.
Marcato, per queste imprese, il ricorso all’esportazione diretta. Tra le difficoltà di accesso ai mercati esteri, l’inadeguatezza della struttura aziendale (47% circa) in termini di onerosità (25% dei rispondenti) e di carenza di personale dedicato (18% circa). Le dimensioni aziendali incidono solo per il 3,5%, mentre le difficoltà legate al Paese e al cliente pesano, complessivamente, per il 43% circa.
Anche nel caso del settore metalmeccanico, la ricerca di clienti esteri sembra essere la necessità più sentita nelle aziende (42% dei rispondenti), mentre la ricerca di partner e/o consulenti in loco incide per il 18% circa degli intervistati.

Brescia seconda in Lombardia per export… di pesce

in Alimentare/Economia/Export/Tendenze by

Mercato del pesce conservato e lavorato: dalla Lombardia parte il 41% dell’export italiano per un valore che nei primi tre mesi del 2016 supera i 40 milioni di euro, +22,7% rispetto allo stesso periodo del 2015. Il pesce lavorato e conservato parte soprattutto da Como (84,8% del totale regionale). Seguono Brescia (4,8%), Milano (2,1%), Cremona (1,3%) e Lodi (1,2%). Nel 2016 i principali Paesi di destinazione sono Grecia e Arabia Saudita: entrambe rappresentano un decimo del totale verso il mondo ma è l’Arabia Saudita a spiccare per la crescita più consistente, +76%. Terza la Germania (era al primo posto lo scorso anno). E sono 1.505 le imprese ittiche, tra produzione e commercio di pesce fresco e conservato, attive in Lombardia nel 2016, una su venti in Italia, +5,1% in un anno. Sono soprattutto commercianti all’ingrosso (840, +7,8%), al dettaglio ambulante (255, +3,7%) o negozi al dettaglio (178, +6%) di pesce.

Il maggior numero di attività a Milano (652, +6,4%), Brescia (212, +2,9%), Varese (119, +12,3%) e Bergamo (99, +5,3%). Emerge da un’elaborazione Camera di commercio di Milano su dati Istat e registro imprese al I trim. 2016 e 2015. Da dove arriva il pesce lavorato sulle tavole lombarde? Soprattutto dalla Spagna, per un import di circa 59 milioni di euro in tre mesi, +5,3%. Seguono l’Indonesia (+14,3%) e i Paesi Bassi (+2,5%). In forte crescita l’Ecuador, +61,8%.

Pesce lavorato e conservato: l’Italia in tre mesi importa per quasi un miliardo di euro. Circa dieci volte di più di quanto esporta. Ma sia l’import che l’export sono in aumento: rispettivamente +6,5% e +7,3%. E nel settore ittico, che tra produzione e commercio conta quasi 30 mila imprese (+1,8%), prima Napoli con 2.233 attività (+3% in un anno) seguita da Rovigo con 2.134 (+0,7%). Vengono poi Ferrara, Roma e Venezia.

Brescia, l’interscambio con la Turchia vale mezzo miliardo di euro

in Economia/Export/Tessile by

Tra Lombardia e Turchia l’interscambio commerciale ha superato i 4 miliardi nel 2015, +4% rispetto all’anno precedente, oltre un quarto del totale italiano. Un trend che si conferma anche nei primi tre mesi del 2016: più di un miliardo di euro, +3%, 27,3% del totale nazionale.

Quasi la metà di questo commercio estero si concentra a Milano (2 miliardi di euro nel 2015), seguono Brescia e Bergamo con quasi mezzo miliardo a testa. Superano i 300 milioni anche Varese e Mantova che cresce del 19,4%. I prodotti lombardi più richiesti sul mercato turco sono i macchinari (25% dell’export totale), le sostanze chimiche (18,7%) e i metalli (13,5%) mentre i più importati sono i prodotti tessili (22,2%) e i mezzi di trasporto (19,4%). Emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati Istat, anni 2015 e 2014 e primi tre mesi del 2016.

Le specializzazioni per provincia. Nell’export in Turchia, macchinari da Varese, Sondrio, Bergamo, Brescia, Pavia, sostanze chimiche da Milano, Lodi e Monza e Brianza, tessili da Como, articoli in gomma e plastica da Cremona, mezzi di trasporto da Mantova e metalli da Lecco. Nell’import dalla Turchia, prodotti tessili a Varese, Como, Bergamo, Pavia, Cremona e Lodi, chimici a Sondrio, mezzi di trasporto a Milano, metalli a Brescia, Mantova e Lecco, apparecchi elettrici a Monza e Brianza.

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