Magazine di informazione economica di Brescia e Provincia

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Tendenze - page 39

La Gefran di Brescia riceve il premio Best Job 2019 in Italia

in Economia/Gefran/Tendenze by
Patrizia Belotti di Gefran

Gefran, multinazionale italiana specializzata nella progettazione e produzione di componenti per l’automazione e il controllo dei processi industriali, ha conseguito il premio Best Job Italia per la categoria elettronica ed elettrotecnica. Il premio viene assegnato dall’Istituto Tedesco Qualità e Finanza ITQF, in partnership con La Repubblica Affari & Finanza, a seguito di uno studio sulle eccellenze in ambito di cultura aziendale, welfare e opportunità di carriera.

L’ITQF, che fa capo al gruppo Hubert Burda Media, leader di employer branding nei Paesi di lingua tedesca, lo ha realizzato considerando 2.500 tra le aziende italiane con il maggior numero di dipendenti. La classifica è il risultato dell’integrazione ed elaborazione dei dati raccolti attraverso social media listening, ovvero l’individuazione e la valutazione di ciò che viene detto nelle diverse fonti web (social media, blog, forum, portali news, ecc.), e questionari compilati dalle aziende.

Il social media listening ha rilevato commenti su cultura aziendale e carriera per un totale di oltre 360.000 citazioni in un arco temporale di sei mesi.

“Questo riconoscimento è la conseguenza delle azioni che Gefran intraprende con costanza per rendere significativa l’esperienza di lavoro delle proprie persone”, ha dichiarato Patrizia Belotti, Chief People & Organization Officer di Gefran. “Siamo particolarmente orgogliosi che questo risultato sia l’esito di una ricerca oggettiva, svolta da un istituto autorevole, sulla nostra reputation anche nel mondo digitale”.

Gefran (www.gefran.com) è una multinazionale italiana, specializzata nella progettazione e produzione di sistemi e componenti per l’automazione ed il controllo dei processi industriali. Opera direttamente sui principali mercati internazionali attraverso filiali commerciali in Italia, Francia, Germania, Svizzera, Regno Unito, Belgio, Spagna, Turchia, Stati Uniti, Brasile, Cina, Singapore e India, e tramite filiali produttive in Germania, Svizzera, Brasile, Stati Uniti e Cina. Il Gruppo Gefran conta oltre 800 dipendenti.
Know-how specialistico, flessibilità progettuale e produttiva, capacità d’innovazione e qualità dei processi e dei prodotti sono i fattori chiave del successo di Gefran. L’assoluto controllo della tecnologia di processo e il know-how applicativo consentono, inoltre, a Gefran di realizzare strumenti e sistemi integrati per specifiche applicazioni in diversi settori industriali: dalla lavorazione delle materie plastiche, all’industria alimentare e farmaceutica, alle macchine per imballaggio o per pressofusione.
Gefran è quotata al segmento FTSE Italia STAR.

I mestieri di una volta nel Bresciano danno lavoro a 12mila famiglie

in Economia/Tendenze by
Calzolaio

In Italia sono quasi 733mila le imprese che svolgono i mestieri di una volta tra coltivatore, panettiere, pescheria e venditore di tessuti, lavandaia e sarto ricamatori ed altri settori che danno lavoro nel complesso a 862mila addetti in Italia. Settori che, secondo i dati della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi, generano in Italia un business da oltre 30 miliardi di euro in un anno, di cui 7 miliardi in regione.

A dare una spinta ai lavori antichi sono i giovani e gli stranieri. Gli imprenditori under 35 impegnati negli antichi mestieri registrano una crescita del +3,9% rispetto allo scorso anno, per un totale di oltre 54mila imprese attive in Italia di cui 7 mila in Campania, 6.672 mila in Sicilia, 5.686 in Puglia,  seguite da Lombardia (3.688), Piemonte (3.606) e Calabria (3.488). Anche gli stranieri sono in crescita del +4,1% rispetto al 2017, per un totale di circa 6mila imprese, concentrate principalmente in Lombardia (circa 3mila), Lazio e Campania. Le imprese artigiane rappresentano l’8,9% del totale dei lavori storici (65mila imprese) e le imprese femminili il 7,9% del totale (58mila imprese).

Tra i principali settori per numero di attività ci sono l’agricoltura (632mila), la produzione di pane e dolci (quasi 30mila), commercio tradizionale con tessuti, lavanderie (20mila), sarti (oltre 10mila), commercianti di pesce (6.677), di tessuti (5.884) e fiori (3.739) e artigiani del legno (3mila).

Le regioni degli antichi mestieri sono la Puglia e la Sicilia entrambe con circa 80mila imprese, e la Campania che segue con oltre 66mila imprese. La Lombardia è settima in Italia con circa 49mila imprese. Tra le prime 10 province italiane della “tradizione” Bari è al primo posto (con quasi 27mila mestieri storici), Foggia (25mila), Cuneo (18mila), Roma (17mila), seguite da Salerno, Bolzano, Catania, Verona, Treviso e Napoli. A crescere di più in un anno sono soprattutto le province del Sud: Avellino che registra una crescita del +2,9% (contro la media nazionale del -0,5%) e del +37,7%  per quanto riguarda le imprese giovanili attive nei settori considerati, Reggio Calabria (+2,5%), Catanzaro (+2,3%) e Benevento (+1,9% e +50,4% i giovani). È quanto emerge da una elaborazione della Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi su dati Registro Imprese e dati Aida – Bureau van Dijk

Mestieri antichi in Lombardia Sono complessivamente quasi 49mila le imprese che svolgono mestieri antichi in Lombardia e circa 100mila gli addetti, per un giro d’affari che ammonta a circa 7,3 miliardi di euro. Al primo posto Milano (8.293 imprese e 26 mila addetti), seguita da Brescia (7.964 imprese e 12 mila addetti) e Mantova (6.844 imprese e circa 8mila addetti). In regione giovani imprenditori nei mestieri tradizionali sono 3.688, gli stranieri 2.917, le imprese femminili ammontano a 6.947 unità e 1 su 5 è un’impresa artigiana (9.782). Accanto ad agricoltori, sarti, panificatori, lavanderie e aziende di piallatura del legno, si contano in Lombardia tra gli altri oltre 800 tessitori, 700 calzolai, più di 300 ricamatori e aziende di produzione di pizzi e merletti, oltre 250 corniciai, circa 450 imprese tra orologiai e riparatori di gioielli, 226 spazzacamini, una quarantina di artigiani del vetro e più di 50 maniscalchi. È quanto emerge da una elaborazione della Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi su dati Registro Imprese e dati Aida – Bureau van Dijk

Lavoro: due imprese su tre utilizzano il welfare aziendale

in Aib/Associazioni di categoria/Economia/Tendenze by

Diffusa l’XI edizione de ‘Il mercato del Lavoro in Lombardia’, indagine di Confindustria Lombardia che analizza le caratteristiche della vita quotidiana delle imprese. Il rapporto 2018, attraverso un campione di oltre mille imprese associate, fornisce un quadro d’insieme di indicazioni per una migliore gestione delle risorse umane.

La rilevazione quest’anno è stata arricchita dalla collaborazione con Ayming, gruppo internazionale di consulenza, che realizza un originale Barometro sull’Assenteismo e la Motivazione orientato all’analisi dei riflessi motivazionali delle assenze, che ha consentito una serie di considerazioni qualitative sui meccanismi legati alle assenze e all’engagement delle persone nelle imprese. Questa prospettiva di una lettura del fenomeno delle assenze a 360 gradi ha permesso, inoltre, di analizzare con maggiore attenzione la diffusione di alcuni strumenti per il miglioramento della qualità della vita aziendale quali i premi variabili collettivi, il welfare aziendale e lo smart working.

ASSENZE DAL LAVORO

Sono 110 le ore complessivamente perdute dall’addetto medio, con un tasso di assenza (percentuale delle ore di assenza su quelle lavorabili) totale pari al 6,7% nel 2017 (6,6% nell’industria e 7,2% nel

terziario). Il tasso di assenza aumenta con il crescere della dimensione aziendale (4,0% nelle micro imprese, 5,1% nelle piccole, 5,9% nelle medie e 7,1% nelle grandi) e con la diminuzione della qualifica (3,4% nei quadri, 5,7% negli impiegati/intermedi, 8,4% negli operai) e risulta più elevato per le donne (9,9%), rispetto agli uomini (5,6%).

Nel corso degli ultimi tre anni il tasso di assenza è passato dal 5,9% del 2015 al 6,8% del 2016 al 6,7% nel 2017. Il fenomeno delle assenze risulta strettamente legato alla motivazione che le persone trovano sul posto di lavoro: l’andamento dell’uno è inversamente proporzionale all’altro.

STRUMENTI PER IL MIGLIORAMENTO DEL CLIMA AZIENDALE:

SMART WORKING

Lo smart working viene utilizzato nel 7,0% delle aziende, con una maggiore penetrazione fra le realtà dei servizi (13,8%) rispetto a quelle industriali (5,6%). Allo stesso tempo lo smart working risulta

crescente all’aumentare della classe dimensionale (3,6% fra le micro imprese, 3,9% fra le piccole, 7,6% fra le medie e 16,4% fra le grandi).

Lo strumento è inoltre attentamente valutato da una buona parte delle imprese che ancora non lo adottano. Stando alle manifestazioni d’interesse, questa modalità organizzativa del lavoro nei

prossimi anni potrebbe arrivare a intercettare il 16,4% delle imprese lombarde (con punte del 24,5% fra le realtà dei servizi e del 32,7% fra le aziende di maggiori dimensioni).

Nel 48% delle imprese lo smart working è presente in forma strutturata, tramite un regolamento o un accordo aziendale, mentre nel rimanente 52% dei casi si fa riferimento solamente ad accordi individuali.

La quota di “presenza strutturata” è più alta nell’industria (45%) che nei servizi (38%) e si intensifica al crescere della dimensione aziendale (22% nelle micro, 31% nelle piccole, 39% nelle medie e 61%

nelle grandi). Questa modalità pone l’accento sulla flessibilità organizzativa e aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro favorendo, al contempo, la crescita della sua produttività.

PREMI COLLETTIVI VARIABILI

Il 33,9% delle imprese censite ha applicato nel 2017 un contratto collettivo aziendale che prevede l’erogazione di un premio di risultato; 36,1% delle imprese industriali e 22,9% delle imprese di servizi.

La presenza della contrattazione aziendale con premi di risultato tende ad aumentare al crescere della dimensione aziendale: 5,6% nelle micro imprese, 17,5% nelle piccole, 47,1% nelle medie e 76,0%

nelle aziende con oltre 250 dipendenti. L’incidenza del premio di risultato sulla retribuzione è del 3,5% per i quadri, 4,1% per gli impiegati e 4,2% per gli operai.

I contratti aziendali risultano essere quindi uno strumento che riscontra un buon utilizzo da parte delle imprese lombarde, con percentuali molto significative per alcuni segmenti di impresa.

WELFARE AZIENDALE

L’indagine ha rilevato la presenza di welfare aziendale, in una delle 9 forme previste dal TUIR, nel 65,9% delle imprese (66,9% delle imprese industriali e 60,6% delle imprese di servizi).

La presenza del welfare aziendale cresce all’aumentare della classe dimensionale delle imprese: nelle micro è pari al 49,6%, fra le piccole raggiunge il 58,2%, fra le medie sale al 74,3% e fra le grandi raggiunge addirittura l’84,8%.

Tra gli strumenti previsti al primo posto si colloca l’assistenza sanitaria integrativa (presente nell’80% delle imprese che hanno dichiarato l’utilizzo di almeno una forma di welfare). Seguono la previdenza

complementare (67%), la somministrazione di vitto-mensa (52%) e altri fringe benefit (49%). I rimanenti strumenti si posizionano a maggiore distanza.

Le misure assorbono risorse mediamente il 2,3% del costo del personale. Si tratta di un valore piuttosto significativo, che testimonia, gli sforzi realizzati dalle imprese lombarde per garantire ai propri organici adeguate prestazioni di welfare.

Il welfare aziendale rappresenta sempre più una modalità nuova di investire sulle risorse umane e di coinvolgerle nella mission aziendale e sono un’importante leva di fidelizzazione e valorizzazione del personale, in grado di favorire lo sviluppo di relazioni interne, con evidenti benefici per imprese e lavoratori.

Imprese finanziarie, nel Bresciano sono 427: + 52 per cento in cinque anni

in Economia/Finanza/Tendenze by

Sono 5.419 le imprese specializzate in servizi finanziari in Lombardia su oltre 15 mila attive in Italia, il 36% del totale nazionale e crescono dell’8% in un anno e del 45% in cinque (+7,5% e 38,8% in Italia) secondo i dati elaborati dalla Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi su fonte registro imprese al primo trimestre 2018, 2017 e 2013. Danno lavoro a 129 mila addetti su 332 mila a livello nazionale.

Milano è prima con 3.844 imprese seguita da Roma con 1.412 e Torino con 896. In Lombardia, dopo Milano, vengono Brescia (427 imprese, +7,8% in un anno e +52% in cinque), Bergamo (339 imprese, +6,9% e +53,4%) e Monza Brianza (220 imprese, +13,4% e +36,6%).

Dai dati dell’Osservatorio Supply Chain del Politecnico di Milano il credito di filiera in Italia vale 637 mld di euro, ma solo il 23% è già servito. Convegno in Camera di commercio.

Lombardia, le donne nei Cda sono 423mila, ma solo una su quattro è al vertice

in Economia/Tendenze by

In Lombardia a fine settembre sono circa 423 mila le cariche occupate da donne, di cui 109 mila a Milano città. Cresce il comune milanese con l’1,3% in più dello scorso anno. In pratica il 26% del totale degli amministratori, titolari e soci o dei dirigenti che guidano le  aziende lombarde è donna. Lo è il 24% milanese. Ma, come mostra la fotografia scattata dalla Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi nel quadro dell’Osservatorio dell’imprenditorialità femminile di Unioncamere-InfoCamere, nelle “stanze dei bottoni” le donne, rappresentano solo il 24% degli 807 mila amministratori d’impresa oggi esistenti in Lombardia. Poco meno il peso a Milano città, anche se in crescita, col 22% femminile su 252 mila amministratori. Oggi sul tema dell’impresa femminile, si concentra un convegno in Camera di commercio.

Milano, Monza e Lodi. A Milano, inclusa l’area metropolitana,  sono 82 mila le cariche femminili come amministratori (+2%), a Monza 15 mila (+1,2%) e a Lodi 3 mila (stabili). Per imprese femminili, prima è Milano con 64 mila imprese, +1,6%, circa mille imprese femminili in più in un anno. A Monza e Brianza 13 mila, +2%, il 18% del totale territoriale. A Lodi sono 3 mila, il 19%, stabili. A Milano sono 29 mila le cariche principali di amministrazione e dirigenza, + 5% in un anno. A Monza sono quasi 5 mila, +4%. A Lodi quasi mille, +3,8%.

Milano città, presidenti, direttori, consiglieri, amministratori: quante donne guidano le imprese. Crescono presidenti e vice, + 3% e +6%. In città sono 2 mila circa gli incarichi di presidente del consiglio di amministratore ricoperti da donne, a fronte di 14 mila totali, + 2,6% in un anno. Le donne presidente incidono per il 15% del totale. Sono 347 gli incarichi di vice presidenti (un quinto dei 1.842  complessivi), +5,5%. Tra gli amministratori o consiglieri delegati, inoltre, le cariche al femminile sono 245 (contro 1.307 totali), 1.500 quelle di amministratrici (il 21% dei 7 mila esistenti), 52 (8%) i direttori donna contro 690 incarichi complessivi. Le imprenditrici sono 38 mila a Milano città, il 16%, in crescita del 1,5% in un anno. I settori che sono cresciuti di più sono le attività sportive e artistiche, con 2 mila imprese, +5%, le professionali con quasi 20 mila imprese, +4%. Bene servizi per le imprese e comunicazione, entrambi i settori con circa 10 mila imprese e in crescita del 3% circa.

Lombardia, presidenti, direttori, consiglieri, amministratori: quante donne guidano le imprese. Consigliere + 5%. Sono quasi 7 mila  gli incarichi di presidente del consiglio di amministratore ricoperti da donne, a fronte di 41mila totali. Le donne presidente incidono per il 16% del totale. Quasi 2 mila, invece, gli incarichi di vice presidenti (un quarto dei 6 mila complessivi). Tra gli amministratori o consiglieri delegati, inoltre, le cariche al femminile sono 1.251 (contro 5.484 totali), 9 mila circa quelle di amministratrici (il 26% dei 35 mila esistenti), 151 (il 12%) i direttori donna contro 1.289 incarichi complessivi.

In termini assoluti il numero più elevato di donne si incontra tra i consiglieri: 53mila quelle presenti nei Cda delle aziende lombarde, poco meno del 25% del totale, in crescita del 5% in un anno.

Imprese femminili in Lombardia. Gran parte di queste donne ha fondato o partecipato alla fondazione di una delle imprese femminili oggi esistenti. 179 mila quelle registrate alle Camere di commercio a fine settembre scorso, il 19% del totale, +0,7%, +1.319 imprese. Prima è Milano con 64 mila imprese, +1,6%, circa mille imprese femminili in più in un anno. A Monza e Brianza 13 mila, +2%, il 18% del totale territoriale. A Lodi sono 3 mila, il 19%, stabili. Dopo Milano, imprenditrici concentrate a Brescia, con 24 mila e Bergamo con 19 mila, stabili in entrambe le aree. Più peso di donne a Sondrio, col 24%, quasi 4 mila imprese.

Le liceali milanesi di alcune scuole si raccontano: possiamo accedere a  ogni ruolo (82%) e Milano offre maggiori opportunità (65%) 

L’indagine realizzata dalle scuole in alternanza scuola lavoro per l’incontro di oggi di Camera di commercio “L’Italia che vogliamo è più donna”
Il ruolo delle donne nel mondo del lavoro è determinante per la crescita. A dirlo sono i liceali  delle scuole milanesi, che si sono auto – interrogati, anche preparando l’indagine, realizzandola e analizzando i risultati, coinvolti attivamente, tra alternanza scuola e lavoro, nel convegno della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi “L’Italia che vogliamo è più donna”.

Donne determinanti per far crescere l’economia, molto e moltissimo per circa il 70% delle ragazze (supera il 50% anche l’opinione maschile), abbastanza per il 25% e il 33%.

Possono accedere a  ogni ruolo senza preclusioni per l’82% delle ragazze e il 74% dei maschi.

Milano offre maggiori opportunità. Molto per il 35% delle ragazze e il 51% dei maschi. Abbastanza per il 30% (in totale 65% tra molto e abbastanza) e il 25%. Grazie alle maggiori opportunità di lavoro per circa il 30% e ai diversi livelli di studio.

Ogni non è equa la divisione dei ruoli sul lavoro per l’82% delle ragazze e il 74% dei maschi.

Una società più equilibrata grazie alla partecipazione delle donne per il 37% delle donne (53% dei maschi), un’affermazione di ruolo per il 27%, un buon reddito per il 25%.

Più aiuto per famiglia e figli per favorire il lavoro femminile, secondo il 44% delle femmine e il 42% dei maschi. Positiva anche la maggiore flessibilità sul lavoro per il 27% (40% per gli uomini).

Puntare su gestione di tempi e orari soprattutto per le donne per il 45% delle femmine, anche per i maschi per il 32% degli uomini.

Le giovani si aspettano di guadagnare meno a  parità di lavoro (70%) e anche i ragazzi pensano che le donne saranno penalizzate (58%).

 

Fatturazione elettronica, nel bresciano otto imprese su dieci la bocciano

in Api/Associazioni di categoria/Economia/Tendenze by
Fatturazione elettronica

Fatturazione elettronica? No grazie. A poco più di un mese dalla sua entrata in vigore (1 gennaio 2019), l’indagine flash elaborata dal Centro Studi Apindustria Brescia attraverso un questionario on line tra i propri associati fa emergere un diffuso disagio nei confronti del nuovo strumento. Oltre 8 imprese su dieci (83%) ritengono infatti che la fatturazione elettronica «non sia uno strumento adatto alla realtà delle piccole imprese», 6 su dieci «che generi ansia e preoccupazione negli imprenditori» e ancor più negli addetti ai lavori (8 su 10) per l’elevata complessità tecnica (62%) e per una sentita carenza di competenze tecniche pregresse (57%).

Non solo, la formazione per supportare la fatturazione elettronica assorbe troppo tempo e denaro per 7 imprese su 10: il tempo viene quantificato in poco meno di 24 ore di formazione, il costo intorno ai 1.220 euro (ma con punte che superano i 5.000 euro). In oltre la metà dei casi (52%) la fatturazione elettronica impone ulteriori costi, legati al rinnovamento tecnologico (acquisto-aggiornamento della dotazione tecnologica e rafforzamento rete di connessione innanzitutto). Per due intervistati su tre crescerà anche il conto del commercialista mentre il 63% si dice anche certo che si genereranno problematiche relative alla privacy. «La fatturazione elettronica va bene nelle grandi aziende strutturate – afferma Mario Magazza, vicepresidente e tesoriere di Apindustria Brescia -. Per le piccole aziende è in realtà una fonte di disagio che si tradurrà in maggiori costi operativi, dal momento che in molti casi la si risolverà passando la palla al commercialista. Nel medio periodo esiste però un rischio ancora maggiore, legato alla tutela dei dati aziendali che verranno diffusi: prezzi articoli, clienti. Il garante della privacy è intervenuto sulla tutela dei dati personali, ma esiste anche un problema di sicurezza legato a quelli aziendali».

Se costi e privacy sono problemi, a fronte di questa situazione scarsi sono i benefici percepiti: come rileva l’indagine solo 4 imprenditori su 10 credono che il rischio di perdita di documenti si ridurrà e solo il 27% pensa che ci sarà una «semplificazione amministrativa». Esiste anche un nucleo di imprese più strutturate che, al contrario, ritiene che si ridurranno i rischi di perdita dei documenti (42%), ci sarà una semplificazione amministrativa (27%), semplificherà i rapporti con i commercialisti (23%). Un quinto delle imprese usa già fatturazione elettronica, o nel rapporto con i privati o con la Pubblica Amministrazione (obbligatorio).

Le 100 imprese intervistate compongono un campione di riferimento particolarmente rappresentativo di realtà medio piccole, nelle quali trovano mediamente impiego in amministrazione 2 persone, che si occupano di 73 fatture a settimana (con una variabilità però molto elevata, dalle 2-3 del piccolo produttore manifatturiero alle più di 500 dell’impresa del settore alimentare).

 

 

Gestire le imprese… con la famiglia: il 4 la presentazione del libro di Fornasini e Mazzoleni

in Cultura/Economia/Sei consulting/Tendenze by

Riuscire a governare l’impresa conservando l’armonia familiare: questo il desiderio e questa la sfida per le imprese industriali bresciane che emerge dal libro Convivenze tra generazioni e passaggi di responsabilità nelle imprese industriali, edito da Franco Angeli e scritto da Achille Fornasini e Alberto Mazzoleni (rispettivamente docente di Analisi Tecnica dei Mercati Finanziari e ricercatore di Economia Aziendale). Il libro sarà presentato martedì 4 dicembre 2018, alle ore 15,30, nell’Aula Magna del Dipartimento di Economia e Management dell’Università degli Studi di Brescia, in via San Faustino 74/b.

Il volume è il frutto di un lungo lavoro svolto dall’Osservatorio per lo sviluppo e la gestione delle imprese del Dipartimento di Economia e Management, coordinato dal prof. Claudio Teodori, che ha condotto negli ultimi anni una ricerca sul campo sulla continuità delle imprese familiari. Tale ricerca si è basata su un campione di 100 imprese della provincia di Brescia intervistate direttamente, e su di un campione di imprese lombarde raggiunte in parte con intervista diretta e in parte con un questionario online.

Dall’indagine è emerso, tra l’altro che, nel 57% dei casi, le imprese bresciane del campione sono gestite da Consigli di amministrazione formati esclusivamente da familiari, e che la leadership aziendale appartiene nel 74% dei casi a persone di età compresa tra i 40 e i 64 anni. Tra gli errori più frequenti, ammessi dagli stessi imprenditori, la tendenza a ritardare la concessione delle deleghe operative. Il desiderio più ricorrente dei capi azienda bresciani è riuscire a governare l’impresa conservando l’armonia familiare, in un contesto che cambia molto più rapidamente rispetto al passato.

La pubblicazione del volume è stata preceduta da un convegno svoltosi nel febbraio 2017 sempre al Dipartimento di Economia e Management, e dalla costituzione, presso l’Osservatorio, di un Laboratorio permanente sul tema del passaggio generazionale, diretto dal prof. Alberto Mazzoleni. Inoltre, l’ambito territoriale della ricerca si è gradualmente esteso al di fuori del territorio bresciano. 

Oltre alla presentazione del libro, punto di forza del convegno del 4 dicembre sarà una tavola rotonda tra imprenditori bresciani (e non) coordinata da Ivan Losio (partner di Sei Consulting EY, sponsor tecnico della ricerca), che offriranno punti di vista differenti in funzione della specifica esperienza aziendale. Al tavolo già confermati Giuseppe Pasini, Presidente AIB e Presidente Feralpi Holding, nonché prefatore del volume,Metal Work, Federico Sella a.d. di Banca Patrimoni Sella (famiglia di imprenditori e banchieri dal 1700) e Matteo Dell’Acqua, neo presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria Lombardia.v

In provincia di Brescia le imprese dello sport sono 786

in Economia/Sport/Tendenze by

Lo sport piace agli italiani secondo i dati della Camera di commercio. Sono 22 mila le imprese che si occupano di sport in Italia, di cui 4 mila in Lombardia, tra cui rispettivamente 7 mila e oltre mille imprese che promuovono eventi sportivi, 4 mila e quasi mille palestre, 4 mila e quasi mille club sportivi, 4 mila e circa settecento gestori di impianti, quasi 2 mila e circa quattrocento organizzatori di corsi sportivi. Sono 42 mila gli addetti in Italia di cui circa 10 mila in Lombardia e circa 5 mila a Milano. Business da oltre 3 miliardi in Italia, quasi 1 miliardo in Lombardia, quasi 600 milioni a Milano, prima nel Paese.

E l’intero settore cresce in Italia del 25% in quasi cinque anni, da fine 2013 a metà 2018. In Lombardia cresce del + 27%. La regione più “in forma” è la Lombardia con 4.105 imprese. Bene anche Lazio, Emilia Romagna, Veneto e Toscana. Emerge da un’elaborazione della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi su dati del registro imprese al secondo trimestre 2018 confrontati con fine 2017 e fine 2013. I dati si riferiscono alle sedi di impresa attive.

Trainano i corsi sportivi (+57% in Italia in circa cinque anni, +83% in Lombardia e +74% a Milano), la promozione di eventi sportivi (+61%, +57%, +52%). Bene anche palestre, club sportivi e gestione di impianti (+10% circa in Italia e + 20% circa a Milano).

Tra le province italiane, prime Roma, Milano, Torino. Prima Roma con 1.903 imprese attive nei settori dello sport, +3,6% in sei mesi, +40% dal 2013. Seconda Milano con 1.307 imprese, +4% e + 31%. Poi Torino (916 imprese, +1,7% e +23,6%). Brescia (786, +3% e + 26%) è davanti a Napoli (767, +1%, +14%)

La Lombardia è tra le regioni più in crescita: +27% in quasi 5 anni. Milano da sola pesa un terzo lombardo, +31% in quasi cinque anni. Seguono Brescia con 786 imprese (+26%) e Bergamo con 482 imprese (+21%). Superano le 280 imprese anche Monza e Brianza (+34%) Varese (+16%)

Industria e artigianato, si indebolisce la ripresa – ECCO I DATI

in Artigianato/Economia/Manifatturiero/Tendenze by

Nel terzo trimestre del 2018 – rileva una nota dell’Ufficio Studi e Ricerche AIB – l’attività produttiva delle imprese manifatturiere bresciane subisce un arresto, in buona parte dovuto alla tradizionale chiusura delle aziende nel periodo estivo.

La tendenza positiva del made in Brescia, in atto dal primo trimestre del 2015, viene comunque confermata, ma risulta relativamente più debole. Questo, in linea con il contesto nazionale, in cui gli indicatori congiunturali confermano un rallentamento dell’attività, per il minor supporto della domanda interna (consumi e investimenti).

Nel dettaglio, la produzione industriale in provincia di Brescia registra un calo congiunturale del 2,8%: in termini destagionalizzati (al netto degli effetti derivanti dal minor numero di giorni lavorativi nel trimestre estivo rispetto a quello precedente) rileva un aumento dello 0,1%. Il tasso tendenziale (variazione dell’indice nei confronti dello stesso periodo dell’anno scorso) risulta positivo per la ventesima rilevazione consecutiva (+2,7%), ma in frenata rispetto a quanto registrato nei trimestri precedenti. Il tasso acquisito, la variazione media annua che si avrebbe se l’indice della produzione non subisse variazioni fino alla fine del 2018, è pari a +2,5%. Il recupero dai minimi registrati nel terzo trimestre 2013 si attesterebbe così al 14% circa, mentre la distanza dal picco di attività pre-crisi (primo trimestre 2008) sarebbe di poco inferiore al 22%.

L’artigianato manifatturiero bresciano – secondo il Servizio Studi della Camera di Commercio di Brescia –  segna nel terzo trimestre una decelerazione che frena il percorso di crescita lento, ma costante, intrapreso dalla seconda metà del 2016. Tra luglio e settembre la produzione è diminuita sul trimestre precedente dello 0,6%, il fatturato dello 0,3%, gli ordini dello 0,9%. Il tasso di utilizzo degli impianti è calato al 69,8% (contro il 72,5% del 2° trimestre).

Nonostante il rallentamento trimestrale, il quadro complessivo tendenziale rimane parzialmente positivo. La produzione è cresciuta dello 0,5%, il fatturato dell’1,2%, gli ordini, all’opposto sono calati dello 0,4%. I risultati dei primi tre trimestri permettono di tracciare un quadro, seppur parziale, dell’andamento del comparto nel 2018. Nella media dei primi tre trimestri 2018, la produzione è cresciuta, su base annua, del 2,5%, il fatturato del 4,4% e gli ordini del 2,4%.

I principali indicatori dell’industria:

§  Con riferimento ai settori, l’attività produttiva è diminuita significativamente nei comparti: metallurgico e siderurgico (-4,6%) e meccanica tradizionale e costruzione di mezzi di trasporto (-4,4%). E’ diminuita con minore intensità nel maglie e calze (-2,7%), chimico, gomma, plastica (-1,8%), abbigliamento (-1,6%), tessile (-1,5%), calzaturiero (-1,0%), meccanica di precisione e costruzione di apparecchiature elettriche (-0,9%), materiali da costruzione ed estrattive (-0,9%), legno e mobili in legno (-0,5%), agroalimentare e caseario (-0,3%). È invece aumentata nel settore carta e stampa (+0,3%).

§  Le vendite sul mercato italiano sono aumentate per il 10% delle imprese, diminuite per il 52% e rimaste invariate per il 38%. Le vendite verso i Paesi comunitari sono incrementate per il 9% degli operatori, scese per il 32% e rimaste stabili per il 59%; quelle verso i Paesi extra UE sono cresciute per l’8%, calate per il 29% e rimaste invariate per il 63% del campione.

§  I costi di acquisto delle materie prime sono saliti per il 25% delle imprese, con un incremento medio dello 0,6%. I prezzi di vendita dei prodotti finiti sono stati rivisti al rialzo dal 12% degli operatori, per una variazione media dello 0,2%.

§  Le aspettative a breve termine appaiono coerenti con la prosecuzione della fase di moderata espansione del manifatturiero provinciale. La produzione è prevista in aumento da 31 imprese su 100, stabile dal 56% e in flessione dal rimanente 13%.

§  Gli ordini provenienti dal mercato interno sono in aumento per il 29% degli operatori, stabili per il 60% e in calo per l’11%; quelli dai Paesi UE sono in crescita per il 15% degli operatori del campione, invariati per il 70% e in flessione per il 15%; quelli provenienti dai mercati extracomunitari sono in incremento per il 17% delle imprese, stabili per il 70% e in diminuzione per il 13%.

I principali indicatori dell’artigianato:

§  Il fatturato del comparto artigianato chiude il trimestre con risultati tendenziali positivi sebbene in leggera decelerazione rispetto a inizio anno, grazie al sostegno del fatturato interno.

§  Gli ordini nel complesso sono diminuiti dello 0,4%, rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, risultato che ha invertito il trend positivo in atto dalla fine del 2016. Entrambe le componenti, estera ed interna, hanno contribuito al calo registrato, anche se determinanti sono stati gli ordini provenienti dal mercato interno (-0,4%) che rappresentano la quota più consistente.

§  L’occupazione, al netto degli effetti stagionali, chiude il terzo trimestre con una leggera variazione positiva (+0,4%) anch’essa in decelerazione rispetto al risultato del trimestre scorso (+1,2%). Il ricorso alla Cassa Integrazione è in aumento rispetto ai livelli dello scorso trimestre, la quota di imprese che ne ha fatto ricorso si colloca al 3,1 % contro l’1,5% del 2° trimestre.

§  Le attese degli imprenditori artigiani per la fine dell’anno sono moderatamente positive con riferimento alla produzione, al fatturato, alla domanda estera ed all’occupazione anche se resta molto alta la quota di imprenditori che prevedono una sostanziale stabilità. Sul fronte della domanda interna il saldo tra le ipotesi di aumento e diminuzione vede prevalere i secondi (-3,9%).

L’Indagine AIB viene effettuata trimestralmente su un panel di 250 imprese associate appartenenti al settore manifatturiero. L’indagine sull’artigianato della Camera di Commercio, la cui fonte è l’indagine congiunturale Unioncamere Lombardia, ha coinvolto 192 imprese della provincia, pari a una copertura campionaria del 100%.

Agricoltura, Brescia capitale della Lombardia: le imprese sono 10mila

in Agricoltura e allevamento/Economia/Tendenze by

Sono 46 mila le imprese agricole in Lombardia. Prima per imprese agricole Brescia con circa 10 mila, poi Mantova con 8 mila, Pavia con 6 mila, Bergamo con 5 mila, Cremona e Milano con quasi 4 mila. A Como 2 mila imprese, a Varese quasi 2 mila imprese mentre a Lecco se ne contano oltre mille. Sono questi i numeri dell’agricoltura in Lombardia che emergono da un’analisi della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi e di Coldiretti Lombardia sugli ultimi numeri delle imprese di fine settembre 2018.

“Il settore agricolo lombardo – spiega Giovanni Benedetti, direttore di Coldiretti Lombardia e membro di giunta della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi – da una parte conferma le produzioni tradizionali della nostra regione, che rimane al vertice in Italia per la produzione di latte, dall’altra guarda con sempre maggiore attenzione alle produzioni che rispondono alle esigenze di benessere e sostenibilità espresse dai consumatori ”.

Quasi una impresa su quattro è femminile, crescono gli stranieri, stabili i giovani, che crescono a Brescia, Milano, Lecco, Monza, Sondrio, Varese. Sono circa 10 mila le imprese di donne nei settori agricoli. In crescita gli stranieri, +5%, arrivano ad avere 676 imprese. Giovani stabili a oltre 3 mila attività.

Bene il lago, tra Como e Lecco, insieme a Milano e Varese. Continua l’aumento delle imprese agricole nell’area di Como e sul lago, oltre 2 mila +1,3% in un anno. Bene anche Lecco con 1.125, +1,2% in un anno. Cresce in particolare la produzione di uva a Como (+31%) e a Lecco (+7%) e di ulivi (+7% e +14%), le spezie a Como (+29%).

Stabili Milano area metropolitana con 4 mila, di cui oltre mille in città (sono 1032 nel 2018 ed erano 1023 nel 2017). Stabile Varese con quasi 2 mila.

Crescono le donne a Como (+1,2%) e a Lecco (+0,7%). Bene i giovani a Brescia (+0,9%, a quota 677 da 671 lo scorso anno), a Lecco, +3,5%, 117 imprese, 4 in più in un anno, a Milano con +6,7% a quota 223, a Monza con 59, 8 in più, +16%, a Sondrio, +3% per i 310 attivi, a Varese, +3,7% per i 168.

Gli stranieri crescono di più a Como da 48 a 57, a Milano, da 61 a 68, a Pavia da 69 a 75. Gli stranieri imprenditori restano più numerosi a Brescia e Mantova, con oltre 100 imprese.

In forte crescita in regione la coltivazione di piante tessili (da 6 a 73), le spezie (da 103 a 133, +29%), gli ortaggi protetti (da 151 a 173, +15%) e in piena aria (da 1.148 a 1.205, +5%), i frutti oleosi (da 441 a 462, +5%), gli alberi da frutta (da 397 a 454, +14%), la riproduzione di piante (da 413 a 439, +6%), l’allevamento di bufali (da 370 a 393, +6%), i servizi di supporto agli agricoltori (da858 a 901, +5%). Bene anche il riso (da 243 a 266, +10%).v

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