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Economia - page 257

Notizie economico-finanziarie di Brescia e Provincia

Banca Valsabbina: è ora di trasformarla in una Spa?

in Economia/Opinioni by
Aurelio Bizioli

di Aurelio Bizioli – L’ultima quotazione sul mercato Hi-Mtf delle azioni di Banca Valsabbina ha fermato il prezzo di scambio a 7,17 euro con una riduzione, rispetto ai 18 euro di inizio anno, di circa il 60% del suo valore. La notizia, se considerata all’interno del panorama azionario con specifico riferimento al settore bancario, non è certo significativa: dall’inizio dell’anno Unicredit ha perso il 55%, Ubi Banca il 58% e Monte dei Paschi l’87%; decisamente meglio Intesa (-9%) e Popolare di Sondrio (-21%).

Potrebbe sembrare tutto normale se non fosse che le cinque banche citate sono tutte quotate sulla Borsa di Milano e quindi è chiaro ed evidente, per chi opera su quei titoli, il rischio implicito delle operazioni di investimento azionario. Al contrario le azioni Valsabbina, fino alla primavera del 2016, sono state quotate su un mercato ristretto e per decenni hanno avuto una evoluzione di prezzo limitata che le ha portate ad essere “promosse” come un investimento sicuro per risparmiatori tranquilli.

Banca Valsabbina non è più da anni una piccola banca locale. Con 61 sportelli su 5 province, 480 dipendenti e 4 miliardi di attivo è una realtà economico-finanziaria importante con una caratteristica significativa: è un banca popolare con 40 mila azionisti-risparmiatori che è diventata una “istitituzione” per il territorio valsabbino allargandosi di fatto a tutta la provincia di Brescia.

C’è quindi un interesse ed una attenzione diffusa sia al suo funzionamento quale istituto bancario nei confronti dei clienti che alla gestione della partecipazione azionaria nei confronti dei piccoli azionisti che, proprio per la sua natura di banca popolare, sono la maggioranza della compagine societaria. Ed è quindi importante evidenziare che questi sono due aspetti correlati in un mercato razionale (dove il valore delle azioni riflette il valore della società) che si disgiungono pericolosamente in un mercato speculativo dove il titolo azionario segue dinamiche estranee alle dimensioni reali dell’economia.

L’assemblea di approvazione del bilancio 2015 di Valsabbina, tenutasi nell’aprile 2016, ha evidenziato questa distonia: si approvava un risultato positivo di 8 milioni di euro ma il clima che si percepiva, in parte anche manifestato, era di insoddisfazione per la proposta di svalutazione a 14 euro del valore azionario.

Nello stesso periodo un’altra banca locale, anch’essa a capitale diffuso rientrando nella fattispecie del credito cooperativo, approvava un bilancio in perdita per 4 milioni nella piena tranquillità della compagine societaria.

La differenza stava nella diversa impostazione nella partecipazione al capitale sociale: nella banca di credito cooperativo ogni socio aveva sottoscritto solo la quantità minima, poche centinaia di euro, necessaria per acquisire il diritto di partecipazione.

Nel caso di Valsabbina da anni la società ha invece promosso ed incentivato un processo di crescita sia del numero di azionisti che del numero delle azioni possedute (la media è di circa 890 azioni per socio) che rispondeva, ci si augura, ad un progetto di sviluppo gestionale e societario che coincideva, nel breve periodo, con l’interesse del socio. La criticità dell’operazione viene dalla composizione della compagine societaria, priva di investitori istituzionali od imprenditoriali, che ha trasformato in azionisti dei semplici risparmiatori.

La crisi economica ha evidenziato questa criticità a fronte di un rallentamento della crescita dei soci che non ha permesso, negli ultimi due anni, di dare corso regolarmente agli ordini di vendita che si sono accumulati in attesa di acquirenti. L’insoddisfazione in assemblea era un presentimento di quello che è successo con la quotazione sul mercato regolamentato: ogni settimana ordini di vendita per quasi 1 milione di azioni a fronte di ordini di acquisto per circa 10 mila azioni nel migliore dei casi, un prezzo che è sceso a 7 euro per azione con la preoccupante certezza di assistere nelle prossime settimane ad ulteriori ribassi.

Ci sarà anche “il sospetto di una speculazione” (come titolava il Giornale di Brescia di fine agosto) ma la realtà, al di là di operazioni individuali che possono accelerare il processo ma non modificarlo, è che il riequilibrio fra acquisti e vendite non verrà ristabilito a breve. Vi è infatti la percezione che oltre ai quantitativi offerti in vendita ci siano altre posizioni in attesa di vedere una concreta possibilità di cessione prima di immettere i loro titoli sul mercato.

E’ su questo punto che emergono le contraddizioni di una banca popolare (dove, è opportuno ricordarlo, ogni socio conta un voto indipendentemente dal numero di azioni possedute, il cosiddetto “voto capitario”) in cui i pacchetti azionari sono cresciuti in misura eccessiva.

Perché in questa situazione, se si possono intuire le ragioni di necessità o prudenza che spingono i risparmiatori a vendere, non si riesce ad immaginare le motivazioni che possono spingere gli investitori, privati od istituzionali, ad intervenire in acquisto sul mercato.

Il mercato azionario ordinario è influenzato dalla presenza di fondi comuni di investimento che, per fini istituzionali, acquistano azioni per raggiungere i loro obiettivi di breve o medio periodo sulla base di analisi specifiche sulla solidità economico-finanziaria della società. Conditio sine qua non per effettuare un investimento azionario è però la contendibilità della società, cioè la possibilità per chi investe di poter esprimere, direttamente o in accordo con altri soci di riferimento, la governance societaria con riferimento anche a processi di aggregazione ed integrazione.

Un reportage giornalistico del recente convegno economico internazionale di Cernobbio titolava “Banche, pressing per le fusioni. Renzi: “Gli istituti devono aggregarsi: ci sono più poltrone e filiali che nel resto del mondo”. L’invito di Renzi alle aggregazioni bancarie trovava (paradossalmente) consensi tra molti dei principali banchieri italiani.

Nel corso dell’assemblea di aprile si è detto che Valsabbina è la prima banca popolare lombarda; si tratta però di capire se sia un aspetto di soddisfazione o di preoccupazione. Una legge specifica infatti ha costretto le prime dieci banche popolari italiane ad abbandonare il voto capitario trasformandosi in società per azioni; Valsabbina non rientra, per limiti dimensionali, nella previsione legislativa che ha interessato istituti bancari rilevanti come Ubi Banca. Ma è un controsenso che per risolvere le criticità emerse nei decenni di economia in crescita (con la abnorme crescita anche delle compagini societarie in tutte gli istituti interessati) sia sempre necessario un intervento legislativo.

Una compagine societaria in sofferenza che non sia in grado di autoregolamentarsi e di autoriformarsi evidenzia delle gravi patologie di funzionamento.

Gli organi direzionali societari che si sono succeduti in Valsabbina (peraltro con poche modificazioni, ed anche questo è un sintomo di avversione al cambiamento) in questi anni hanno evidentemente delle responsabilità sulla gestione del valore del titolo azionario; ma credo che in questa sede sia di scarsa rilevanza il giudizio sul passato.

Difficilmente può risolvere il problema dell’affidabilità del titolo azionario l’annunciata acquisizione di sette sportelli, dislocati su cinque diverse province, da una banca, Hypo Alpe Adria Bank, che non ha certo lasciato un buon ricordo nel territorio bresciano dopo una gestione particolarmente aggressiva nel settore del leasing industriale.

Il futuro di Banca Valsabbina, che non ha come obiettivo solo una ripresa di valore del titolo azionario ma anche il consolidamento e lo sviluppo sul territorio bresciano di una istituzione finanziaria rilevante, non è una questione che riguarda solo gli organi sociali ma l’intera comunità dei 40 mila soci che deve farsi carico di scelte difficili ed incerte nella convinzione che l’immobilismo non è una soluzione.

Presento qui la stessa proposta che ho avuto modo di esprimere, ovviamente con le limitazioni di un intervento nell’assemblea sul bilancio 2015, nel corso della discussione sulla riduzione del valore di riferimento delle azioni a 14 euro: la trasformazione in società per azioni ordinaria con l’eliminazione del voto capitario. Con questa modificazione statutaria ogni socio conta per il capitale investito attuando una correlazione diretta e proporzionale fra numero di azioni e diritti di voto. Una modifica che, anche non considerando l’opzione di quotazione su un mercato azionario più strutturato del Hi-Mtf (che attualmente quota solo sei banche non certo di rilievo), può avviare un percorso di sviluppo e crescita tramite aggregazioni e fusioni.

All’obiezione espressa in assemblea che nelle società per azioni i soci contano meno è facile, soprattutto ora, rispondere che il mercato ha dimostrato che continuando con questa strategia sono i conti degli azionisti-risparmiatori che non tornano.

La trasformazione in una società per azioni ordinaria è una scelta significativa, peraltro nella stessa direzione dell’indirizzo legislativo, che comporta aspetti positivi (non esclusa la ripresa di valore del titolo azionario anche senza bisogno di quotarsi su mercati finanziari più o meno diffusi) che a mio avviso superano gli aspetti negativi; richiede una serie di argomentazioni che non posso qui esplicitare per non abusare della disponibilità del direttore di questo giornale.

Mi auguro peraltro di poter ritornare sull’argomento, esprimendo compiutamente le motivazioni a favore di questa proposta, in un ulteriore intervento qualora si avviasse, approfittando ulteriormente della cortesia di questa testata giornalistica, un dibattito serio e costruttivo fra i soci.

AURELIO BIZIOLI

Socio Banca Valsabbina dal 1996.

aureliobizioli@gmail.com

Valsabbina, niente si muove sul fronte delle azioni

in Banche/Economia/Evidenza/Valsabbina by

Nulla di fatto nella giornata odierna per i soci che vogliono vendere le azioni della Banca Valsabbina. Dopo la fissazione del prezzo a 7,17 euro nella precedente seduta del Hi-Mtf gli ordini per questa settimana non facevano presagire risultati positivi. A fronte di ordini di vendita per 983.887 azioni le offerte di acquisto per sole 24 azioni ponevano un valore di 6,00 euro che, considerato il ribasso massimo del 10%, non permettevano di concludere neppure una piccola frazione di acquisto. Tutto rinviato quindi alla contrattazione della settimana prossima quando probabilmente il valore del titolo si assesterà su 5,74 euro.

Aib, tre incontri dedicati al rapporto tra scuola e impresa

in Aib/Associazioni di categoria/Economia/Formazione/Partner by

“Dalla Scuola all’Impresa nel territorio bresciano”. Si intitola così il ciclo di incontri promosso da Associazione Industriale Bresciana, per rendere organico il collegamento tra istituzioni scolastiche e mondo dell’impresa in tema di alternanza scuola-lavoro.

Tre gli incontri in programma, indirizzati in particolare ai docenti coinvolti nella progettazione dei percorsi di alternanza. Si comincia mercoledì 14 settembre alle 14.30 all’Its Battisti di Salò (via IV Novembre, 11). Giovedì 15 settembre, sempre alle 14.30, sarà la volta dell’Iis Capirola di Leno (via Marconi, 7), mentre l’ultimo appuntamento si terrà a Brescia nella sede dell’Iis Tartaglia-Olivieri (via Oberdan, 12/e) venerdì 16 settembre alle 14.30.

Durante i seminari, ai quali prenderanno parte rappresentanti di AIB e dirigenti scolastici, saranno illustrati la realtà economica, il contesto aziendale e le figure professionali più ricercate nella nostra provincia, e in particolare nella zona di riferimento, e sarà possibile un confronto diretto con imprenditori e manager.

La partecipazione agli incontri è aperta anche alle aziende interessate al tema dell’alternanza. Per informazioni è a disposizione l’area Education di AIB (tel. 030.2284.546/512 – mail: education@aib.bs.it – #alternanza).

Il M5S alla Loggia: Omb è da mettere in liquidazione subito

in Economia/Istituzioni/Partecipate e controllate by

Omb è da mettere in liquidazione, non da inglobare in Brescia Mobilità. A dirlo sono i rappresentanti bresciani del Movimento 5 Stelle con una nota che ripercorre la storia dell’azienda inglobata dalla Loggia nel 2009, accusando la giunta Paroli di aver messo in atto un’operazione fallimentare e la successiva giunta Del Bono di aver temporeggiato troppo sulla vicenda.

ECCO IL TESTO INTEGRALE

L’articolo sul Giornale di Brescia del 25 agosto 2016 ci riporta alla luce il buco (finora) di circa 26 milioni di Euro generato dall’acquisizione di OMB, avvenuta nel 2009, da parte dell’ amministrazione Paroli con l’avvallo, a dire dell’ex sindaco, di importanti esponenti del PD locale (cosa che peraltro non stupisce affatto stante il consociativismo soffocante che domina da decenni in città).

Ad aggravare la situazione, il fatto che la nuova amministrazione Del Bono abbia fatto trascorrere troppo tempo prima di trovare una soluzione adeguata, contando in un risanamento che non è mai arrivato e sperando di non rendere chiaramente pubblico il danno che l’operazione avrebbe causato alla finanze del Comune (e quindi ai cittadini).

Questo tergiversare ha causato ulteriori esborsi e quindi un ulteriore aggravamento delle perdite per il Comune, che sono finora stimabili in circa 26 milioni di Euro;

ma non è finita qui.

Brescia Mobilità (che controlla OMB International), dopo la vendita di OMB Technology al gruppo Busi, detiene ancora crediti e quote verso OMB International per circa 11 milioni di Euro; tali importi sono a rischio in quanto la possibilità di OMB International di rimborsarli dipenderà dalla sua capacità di farsi, a sua volta, rimborsare crediti verso propri clienti di dubbia esigibilità. Per questo motivo, il danno economico potenziale dell’operazione per il Comune potrebbe raggiungere i 37 milioni di Euro. Riassumendo, ad oggi il Comune ha sborsato oltre 47,4 milioni di Euro, ottenendo in cambio immobili per 10,4 milioni di Euro; le perdite già accertate sono di 26 milioni, mentre 11 milioni sono a rischio.

Come M5S ci siamo astenuti sulla delibera di indirizzo approvata in Consiglio che dava mandato a Brescia Mobilità di trovare la soluzione migliore per le casse comunali e per la sorte dei dipendenti condividendo la strada delle vendita dell’asset produttivo scorporato in OMB Technology, senza lesinare forti critiche all’operazione torbida di acquisizione della società privata detenuta da Mascialino con motivazioni che troverete qui http://www.beppegrillo.it/listeciviche/liste/brescia/2013/11/

Ora apprendiamo dalla stampa che riguardo a OMB International si sta valutando se procedere con la messa in liquidazione o, piuttosto, con l’incorporazione nella controllante Brescia Mobilità.

Riteniamo che la soluzione migliore sia quella della messa in liquidazione; lasciare ad OMB International la propria autonomia giuridica consentirà infatti di monitorare l’andamento della procedura di liquidazione e quindi l’effettivo incasso dei crediti “dubbi”, permettendo di determinare in modo più trasparente il conto finale di questa sanguinosa operazione per i cittadini bresciani.

Con la fusione, invece, i conti di OMB International si confonderebbero con quelli della controllante, rendendo meno intelleggibile la chiusura di tutta la vicenda.

Auspichiamo in ogni caso che i cittadini si rendano conto di come le scelte, affrettate e non trasparenti, effettuate senza alcuna condivisione e dibattito pubblico compiute dall’amministrazione si ripercuotano per anni sulle casse comunali e quindi sulla possibilità di rendere ai cittadini bresciani i servizi cui hanno diritto.

Per questo è dovere di ogni cittadino partecipare al dibattito pubblico e fare sentire la propria voce sulle questioni determinanti per la città e per i suoi bilanci.

Ortomercato, fiera ed aeroporto: ecco la posizione unitaria dei sindacati

in Cgil/Cisl/Economia/Infrastrutture/Istituzioni/Sindacati/Uil by

Con una nota congiunta Damiano Galletti (segretario generale Cgil), Francesco Diomaiuta (segretario generale Cisl) e Mario Bailo (segretario generale Uil Brescia) intervengono su alcune delle questioni principali che toccano l’economia bresciana: dalla fiera di Brescia all’Ortomercato passando per “l’aeroporto e altri nodi annosi dell’economia bresciana rispetto ai quali siamo disponibili a confrontarci con tutte le associazioni di rappresentanza, forze politiche e istituzioni locali”.

ECCO IL TESTO INTEGRALE

Nella prospettiva del lavoro dignitoso e dell’equa distribuzione un contributo per lo sviluppo territoriale possibile e sostenibile

Premessa

La crisi economica in corso da oramai otto anni ha bruciato posti di lavoro e imprese, aumentato disuguaglianze e fragilità. La provincia di Brescia, forte di una solida base manifatturiera che in passato ha saputo contenere al minimo i livelli di disoccupazione, ha dovuto fare i conti duramente con questa nuova realtà e con una disoccupazione strutturale, soprattutto fra i giovani, al punto che si sta affermando il fenomeno di una nuova emigrazione. Da tempo sappiamo che questa non è crisi passeggera, ma sta mutando profondamente il tessuto produttivo, lo stile dei consumi e l’idea stessa di lavoro. Nuove strade si intuiscono appena, e faticosa sarà la strada per costruire un nuovo equilibrio e una coesione sociale messi a dura prova da impoverimento diffuso, disuguaglianza, redditi insufficienti, arretramento del modello sociale di welfare che abbiamo conosciuto nella seconda metà del Novecento e nuove sfide globali.

È in tale contesto che vanno inquadrati alcuni dei nodi annosi dell’economia bresciana e il cui superamento, almeno parzialmente, potrebbe alimentare potenziali ambiti di sviluppo, che dovrebbero potersi collocare all’interno di una visione strategica guadagnata attraverso percorsi di valutazione partecipati, dei quali alcune esperienze si stanno facendo all’interno dello Urban Center, ma che richiederebbero una strutturazione più ambiziosa, per delineare in anticipo il futuro della città e del territorio bresciano.

Fra questi, vale la pena di richiamarne alcuni, dal nostro punto di vista, strettamente connessi.

Fiera di Brescia

La Fiera di Brescia è senz’altro uno di questi nodi. Conti in rosso profondo, l’ aumento di capitale deciso per non arrivare al fallimento, un’idea di polo fieristico abbandonata per inseguire il giochino del parco tecnologico (il Nibiru, finito ora nel dimenticatoio) e ora il ritorno dell’idea dello spazio fieristico senza che ci sia stata adeguata riflessione sul perché quello che non andava bene pochi anni fa, certificato dalle perdite, ora dovrebbe andare meglio. Eppure in altre città, italiane e straniere, ci sono tanti esempi di iniziative che nel confrontarsi con declino e crisi economico-ambientale strutturale hanno saputo ripensarsi in maniera efficace e redditizia nel solco della rigenerazione e valorizzazione urbana, ambientale ed economica. A Rovereto il «Progetto Manifattura» che insiste in un’area dismessa, è ad esempio un incubatore di imprese verdi che sta mettendo in dialogo nuove e piccole imprese attive nei settori ad alta innovazione. Pensando ai bisogni imposti dalla necessità di risanamento ambientale, di innovazione della struttura produttiva bresciana e dei servizi, lo spazio della Fiera potrebbe ripensarsi all’interno di un laboratorio aperto a nuove produzioni innovative, start up e alle tante eccellenze bresciane. Il limite rappresentato da una scarsa propensione all’innovazione di prodotto e di processo, all’insegna del risparmio e dell’efficacia energetica, di cui danno conto studi ed analisi disponibili sulla realtà bresciana, ha bisogno di essere affrontato in un’ottica di sistema, per un suo sostanziale superamento.

Musil – Museo dell’industria e del lavoro

A Brescia il Musil – il Museo dell’industria e del lavoro – nell’ambito delle proposte sopra richiamate potrebbe essere propulsore di sinergie ed elaborazione per coniugare passato e, soprattutto, sviluppo futuro di attività e lavoro.

L’indagine conoscitiva presentata recentemente in Parlamento su «Industria 4.0: quale modello applicare al tessuto industriale italiano, individua i cinque pilastri sui quali costruire una strategia: la creazione di una Cabina di regia; la realizzazione del piano banda ultralarga e lo sviluppo e la diffusione delle reti di connessione wireless di quinta generazione; la progettazione di una formazione mirata alle competenze digitali; il rafforzamento della ricerca sia nell’ambito dell’autonomia universitaria sia in quello dei centri di ricerca nazionali e internazionali; l’innovazione aperta quale strumento di competività che si avvale anche di strumenti e competenze tecnologiche, in particolare da startup, università, istituti di ricerca, fornitori, inventori, programmatori e consulenti.

Tali pilastri prefigurano uno sviluppo delle infrastrutture immateriali con cui Brescia può e deve confrontarsi in modo lungimirante, provando prima di tutto a immaginarli come contenitori e hub di nuove attività e lavoro per il quale vanno sviluppati in anticipo percorsi accademici mirati e di formazione professionale con risorse adeguate, riscattando la scuola pubblica dall’impoverimento e superando lo spreco di risorse per non pochi corsi formativi inutili. Progettare il futuro della città significa delineare gli interventi infrastrutturali materiali e immateriali, congiuntamente al lavoro necessario per la loro realizzazione e quello che si svilupperà nel futuro per il quale attivare in anticipo la formazione di competenze professionali.

Fra le attività da progettare e pensando al carattere museale di Musil, il settore del turismo potrebbe ammantarsi di novità – e reddito – se capace di valorizzare le realtà di strutture industriali le cui architetture (casere, ex.Timpini, comparto Milano, ecc) restituiscono lo spaccato di un passato industriale intraprendente, attraverso itinerari e soste che potrebbero fare di Brescia un museo industriale a cielo aperto, capace di attrarre un turismo intelligente, interessato alla bellezza del paesaggio bresciano ma anche della cultura.

Ortomercato

Il vicino Ortomercato versa da tempo in crisi profonda e necessita di uno scatto in avanti. L’impostazione tradizionale va infatti rivista in profondità, per evitare un declino scontato, come ben evidenziato dallo studio promosso da Brescia Mercati a corredo della proposta aperta di sviluppo di un Polo logistico industriale per l’agroalimentare.

Secondo il quadro delineato su dati Istat nello studio sopra richiamato, la strutturazione del mercato ortofrutticolo, dalla sua origine ha incontrato negli anni enormi cambiamenti che ne hanno decretato il forte declino in cui versa, quali la riduzione della spesa mensile in bevande ed alimentari o la contrazione del numero di negozi familiari e aumento del numero di supermercati.

Nell’attuale struttura del Mercato ortofrutticolo, allo stato emergono spazi sottoutilizzati a scapito di un possibile incremento delle vendite a condizione che si persegua una migliore qualità delle merci e l’innovazione della gamma di prodotti ampliando l’offerta (filiera del freddo, floricoltura, ecc.).

Il Piano delineato di Polo logistico industriale per l’agroalimentare, attraverso le opere di risanamento e valorizzazione può rappresentare la salvaguardia delle attività e dell’occupazione dell’Ortomercato e dell’indotto complessivo, e di più decretarne un nuovo sviluppo allargato a tutto l’agroalimentare, settore in cui, sia per la produzione agricola e la trasformazione alimentare Brescia si distingue. Gli interessi nella direzione del polo logistico integrato, possono essere molteplici: dell’industria agroalimentare, di importatori ed exportatori, fornitori di servizi, Università degli studi, operatori della logistica, del facchinaggio, GDO e grossisti, ecc. Verso il polo alle porte della città – che potrebbe recuperare anche l’ex Pietra – dovrebbe essere convogliato il traffico pesante di rifornimento agroalimentare, sollevando la città e sviluppando al suo interno un trasporto di merci più leggero.

Oltre al recupero importante di un’area dismessa, quale quella che insiste fra via Orzinuovi e via Milano, la presenza della “Piccola” dovrebbe favorire scelte più lungimiranti e sostenibili dal punto di vista economico ambientale, potenziando lo sviluppo del trasporto dei prodotti agroalimentari su ferro. Qui, un ripensato rapporto fra pubblico e privato può fare la differenza, nell’ottica di un ampliamento delle gamme produttive, nella riduzione delle distanze fra produttori e consumatori e nello sviluppo di posti di lavoro e distribuzione del reddito.

Intanto va registrata positivamente la novità di investimenti privati per il recupero di immobili e lo sviluppo di attività nel comparto di via Milano, compresa l’iniziativa del Comune di Brescia di un Piano da 18 milioni di euro da presentare al “Bando Perifierie” lanciato dal governo che si propone la riqualificazione della stessa via con interventi per realizzare aree verdi, centri di socialità, spazi per giovani e sanitari, nonché per decongestionare la viabilità con nuovi sbocchi e collegamento suburbano su ferro.

Aeroporto di Montichiari

Nella prospettiva di potenziamento della capacità di trasporto delle merci, l’aeroporto di Montichiari necessita di rilancio. Chiaramente allo stato permane la condizione di sottoutilizzo; ma nonostante la sensazione di essere oramai fuori tempo massimo, perché nelle decisioni anche i tempi sono importanti, continuiamo a pensare che la strada del trasporto merci è forse ancora perseguibile, immaginando quindi un potenziamento dei sistemi di collegamento del trasporto su rotaia.

In questa prospettiva, propendiamo sul superamento della realizzazione dello Shunt dell’Alta Velocità con fermata all’aeroporto, ritenendo che al suo posto debbano essere potenziati e realizzati i collegamenti infrastrutturali e tecnologici che consentono il trasporto delle merci.

Trasporto Pubblico Locale

Nell’ottica di riduzione del traffico privato e di sviluppo della mobilità sostenibile, l’ampliamento e il potenziamento del trasporto merci su ferro, deve potersi integrare nello sviluppo più generale della mobilità sostenibile, proponendosi l’allungamento della Metropolitana per favorirne un utilizzo più vasto e più rispondente ai bisogni di mobilità delle persone nel vasto territorio bresciano, investendo il tavolo TPL fra Comune, Provincia, Agenzia e organizzazioni sindacali di un confronto più puntuale e sostanziale.

La programmazione in capo all’Agenzia del TPL di Brescia va pensata in questa prospettiva di potenziamento integrato del trasporto per le merci e le persone, superando per queste ultime le sofferenze e disfunzioni in cui versano. Il processo che ha istituito l’agenzia del TPL di Brescia al fine di garantirne la sua piena operatività gestionale e programmatoria, in vista del rinnovo dei Contratti di Servizio che possono ridisegnare il panorama della mobilità bresciana con ricadute sull’occupazione, deve essere completato con l’insediamento della Conferenza locale del TPL per la consultazione preventiva dei diversi portatori di interesse fra cui le organizzazioni sindacali.

Per Alto Garda e Valsabbia vista l’insufficienza della SS45 bis va studiato un sistema di trasporti pubblici alternativi – semmai riprendendo il percorso “ex tram” che univa il Basso e l’Alto Garda attraversando la Valsabbia con direzione Brescia- rafforzando un’area ad alta vocazione turistica.

Cura e risanamento ambientale e bonifiche

La riqualificazione ambientale di una provincia sotto questo profilo devastata, questione che non riguarda solo la Caffaro, impone uno sguardo sinergico per favorire manutenzione e cura del territorio, bonifiche, trasformazione delle aree dismesse in retroporti fornitori di servizi logistici, rigenerazione dell’edificato esistente.

Non meno che gli interventi infrastrutturali e di manutenzione e risanamento nell’orizzonte della messa in sicurezza delle risorse idriche e del suolo, anche lo sviluppo occupazionale va pianificato, pena pregiudicare per scarsa lungimiranza una ripresa positiva della dinamica economica più che mai necessaria anche nella nostra provincia. Ciò premesso anche a salvaguardia di danni futuri ben più onerosi, considerata la realtà del rischio frane e alluvioni che insiste sulla nostra provincia in potenziale aumento per effetto del cambiamento climatico, nella sua portata inedita, ancora troppo sottovalutata.

Turismo

Il Turismo rappresenta nel nostro Paese una fetta importante del PIL nazionale (12 %). La nostra Provincia, più di altre, può contribuire all’innalzamento di questa soglia attraverso una valorizzazione del patrimonio artistico, culturale, ambientale ed enogastronomico (non delocalizzabile per ovvi motivi) con effetti benefici e stabili sul tessuto economico e occupazionale del territorio.

Sulla scia positiva lasciata dal successo dell’evento The Floating Piers, che ha fatto scoprire a milioni di turisti in tutto il mondo le bellezze della nostra Provincia occorre riuscire a costruire attraverso una rete sinergica di azioni un “brand” (che attraversi i diversi settori) da esportare in tutto il mondo.

Arte, cultura, paesaggio (montagna, Laghi, valli, colline, pianura), terme devono essere il motore di una economia del conoscere, del sapere, del benessere,dell’accoglienza, del gusto, consapevoli dell’indotto che questo potrebbe generare.

La realtà bresciana potrebbe essere motore di esperienze di partenariato con altre provincie limitrofe e perché no, attraverso un approccio interattivo fra soggetti pubblici (Regione, Provincie, Comuni) enti preposti e soggetti privati portatori di interessi, allargare questo modello a confini ben più ampi.

Damiano Galletti – segretario generale Cgil Brescia

Francesco Diomaiuta – segretario generale Cisl Brescia

Mario Bailo – segretario generale Uil Brescia

Ubi, the single bank project moves ahead

in Economia/ENGLISH by

Bergamo, 6th September 2016 – The Management Board and the Supervisory Board of UBI Banca S.p.A. (“UBI Banca”) met today to resolve the continuation of the corporate procedures for the “Single Bank” project (the “Operation”), following the issue of the required authorisation by the Bank of Italy. As already reported to the market, the Operation involves the merger by incorporation into the Parent Bank, UBI Banca, of the following Network Banks: Banca Regionale Europea S.p.A., Banca Popolare Commercio e Industria S.p.A., Banca Carime S.p.A., Banca Popolare di Ancona S.p.A., Banca Popolare di Bergamo S.p.A., Banco di Brescia San Paolo CAB S.p.A. and Banca di Valle Camonica S.p.A. Therefore, following those board meetings a notice to convene an Extraordinary General Meeting of the Shareholders of UBI Banca will be published according to the procedures and to the terms set by the regulations in force in order to approve the merger and any additional resolutions connected or related to it. The Meeting is expected to take place on 14th October 2016 at 2:30 p.m.. The competent bodies of the network banks will pass their own resolutions concerning the merger in compliance with the terms set by the regulations in force, and at the latest by the date of the UBI Banca Extraordinary Shareholders’ Meeting. Please refer to the press release issued by the Bank on 27th June 2016 for further details on: (i) the procedures, terms and timing of the Operation; (ii) exchange ratios; (iii) date of effect of the Operation; (iv) UBI Banca shareholders post Operation; and (v) related parties involved in the Operation.

***** The merger project, the financial statements of UBI Banca and the Network Banks pursuant to Art. 2501-quater of the Italian Civil Code, the illustrative reports drawn up by UBI Banca and the Network Banks pursuant to Art 2501-quinquies of Italian Civil Code, the report of the expert on the fairness of the exchange ratio calculated in accordance with Art. 2501-sexies of Italian Civil Code and the remaining documentation for the Shareholders’ Meeting will be made available to the public by depositing them at the registered offices of UBI Banca and publishing them on its corporate website at www.ubibanca.it (in the Shareholders section) as well as through the authorised storage facility entitled “1info” (www.1info.it). The financial statements of UBI Banca and the Network Banks for the financial years 2015, 2014 and 2013 will also be deposited within the legal time limits at the registered offices of UBI Banca and published in the aforementioned section of UBI Banca’s corporate website. The information document drawn up by UBI Banca in accordance with Art. 5 of the “Regulations for Related Party Transactions” approved by the Consob with Resolution No.

17221 of 12th March 2010 will be made available to the public with the same procedures indicated above for the merger project and for the remaining documentation for the Shareholders’ Meeting, by 13th September 2016.

La Elg Steel della famiglia Pirlo chiede il concordato al tribunale

in Acciaio/Economia/Manifatturiero by

La Elg Steel – azienda di famiglia del campione di calcio Andrea Pirlo – ha chiesto al Tribunale di Brescia l’ammissione alla procedura di concordato. A riferirlo è il Corsera. La società di Castel Mella produce e distribuisce tubi di acciaio e ha toccato quota 75 milioni di fatturato nel 2011, ma nel 2015 i ricavi delle vendite sono scesi a 35,8 milioni di euro e l’esercizio si è chiuso con un rosso da 54mila euro (l’anno precedente era stato meno 22mila), con un indice di indebitamento pari a 3,77 e debiti che hanno “assunto dimensioni decisamente significative in funzione dei mezzi propri esistenti”. L’azienda della famiglia di Andrea Pirlo controlla altre quattro società (E.B.T. srl al 94,15%, E.C.P srl all’89.64%. The Foemwork srl al 51.70% e Galtec Steel al 98%).

Scalo, al via i corsi di formazione retail organizzati da Foppa Group

in Commercio/Economia/Evidenza/Formazione by

E’ partito ieri il primo dei 3 corsi post-diploma di formazione organizzati da Foppa Group e Scalo Milano, il nuovo quartiere metropolitano che aprirà a fine ottobre a Locate di Triulzi, a sud di Milano, per iniziativa del Gruppo Lonati e di Promos.

Aggregatore delle 3 eccellenze del Made in Italy – fashion, food & design – Scalo Milano proporrà un’esperienza di shopping unica negli oltre 130 negozi di questa prima fase di sviluppo. La Cooperativa Sociale Onlus Vincenzo Foppa, nata a Brescia nel 1985, si occupa di educazione, istruzione e formazione di giovani e adulti, creando una reale sinergia tra formazione e mondo del lavoro.

Per Scalo Milano Foppa Group ha organizzato e gestirà i corsi di formazione post-diploma per personale specializzato nel settore retail che hanno l’obiettivo di formare professionisti alla vendita in grado di riconoscere e anticipare le esigenze del cliente e agevolarne l’inserimento nel mondo del lavoro.

Sono 3 i corsi, riservati a circa 60 giovani scelti con regolare bando, che partiranno nei prossimi giorni nei Comuni di Locate di Triulzi e Opera:

Martedì 6 settembre: Corso per Coordinatore Punto Vendita

Nella storica cornice di Palazzo Cristina di Triulzi Belgiojoso (Locate di Triulzi), fino al 1 ottobre, le lezioni si terranno dal martedì al sabato, per un totale di 122 ore.

Lunedì 12 settembre: Corso per Operatore Vendita Specializzato

Presso la scuola primaria Gianni Rodari (Opera), fino al 30 settembre, dal lunedì al venerdì, per un totale di 92 ore.

Martedì 13 settembre: Corso per Operatore Vendita Specializzato

Sempre a Palazzo Cristina, fino al 1 ottobre, dal martedì al sabato, per un totale di 92 ore.

Prima campanella per gli studenti del Liceo “Guido Carli”

in Aib/Associazioni di categoria/Economia/Formazione by

Sono già tornati sui banchi gli studenti del Liceo Internazionale per l’Impresa “Guido Carli”. Accolti lunedì mattina in sala Beretta dal vice presidente di AIB per l’Education e presidente di Fondazione AIB, Paola Artioli, dall’amministratore delegato della Fondazione, Daniele Fano, e dal nuovo dirigente scolastico, Donatella Preti, gli allievi e i loro genitori hanno potuto incontrare i docenti e conoscere l’innovativa offerta didattica del liceo, tra i pochi in Italia a prevedere l’esame di Stato in quattro anni.

“Lingue straniere, internazionalizzazione, nuove tecnologie, valorizzando il merito e la qualità dell’insegnamento. Sono questi i pilastri alla base del nostro progetto”, ha sottolineato il vice presidente di AIB, Paola Artioli, davanti ai ragazzi che, prima di trasferirsi in aula per un nuovo anno scolastico, hanno potuto vedere in anteprima alcune immagini della nuova sede del Liceo Guido Carli, ormai prossima all’inaugurazione.

L’Economia è ferma, serve una sferzata radicale

in Api/Associazioni di categoria/Economia/Opinioni by

di Douglas Sivieri – Il Governo ha annunciato che la prossima legge di bilancio sarà pro crescita e il presidente del Consiglio ha detto che l’unica ricetta è abbassare le tasse. Molto condivisibile e speriamo che sia vero questa volta perché i segnali delle ultime settimane hanno confermato, se mai ce ne fosse stato bisogno, che l’Italia è ferma. Da troppo tempo, oramai.

Nelle scorse settimane l’Istat ha inanellato una serie di report preoccupanti, l’ultimo dei quali è la nota mensile di lunedì nella quale si osserva che l’economia italiana ha interrotto la fase di crescita e che nei prossimi mesi proseguirà la fase di debolezza. Nei giorni scorsi era stato sempre l’Istat a dirci che l’indice di fiducia è in ribasso, che l’occupazione aveva poco da gioire, che nel secondo trimestre 2016 il Pil è rimasto invariato rispetto al periodo precedente. Gli ottanta euro, la decontribuzione per i nuovi assunti, i bonus dati qua e là non hanno quindi cambiato il verso dell’economia italiana, che continua a muoversi intorno agli zero virgola in più o in meno. Il motivo per cui siamo così fermi è probabilmente proprio questo: tanta, troppa attenzione alla congiuntura, in modo quasi ossessivo, e rimozione al contempo dei problemi di fondo che attanagliano il nostro Paese da ben prima della crisi.

Come ricorda anche l’Istat lo stato dell’economia è condizionato dal contributo negativo della componente interna e dalla caduta produttiva del settore industriale. La domanda interna è in situazione asfittica da troppo tempo, con conseguente avvitamento verso il basso dell’intero sistema: stipendi bassi, difficoltà crescenti per le imprese, mancata nuova occupazione. Un problema che viviamo in modo forte anche nella provincia di Brescia, che da anni si trova ad avere livelli di disoccupazione inimmaginabili fino a pochi anni fa e che, al pari di tante altre provincie, dovrà fronteggiare una radicale trasformazione delle forme stesse del lavoro. Molti lavori, e ancor più avverrà in futuro, stanno infatti scomparendo e per crearne di nuovi serviranno nuove competenze, formazione, capacità di innovazione

Dall’altro, collegato, il problema di fondo della produttività, che negli ultimi 15 anni in Italia è cresciuta dell’1% rispetto a una media del 17% dei Paesi concorrenti europei. Un dato che si commenta da solo e che trova conferma anche sul fronte della crescita, in Italia sempre più bassa rispetto ai partner europei. Questo per dire che c’è un problema europeo, e dell’area euro in particolare, ma c’è anche un malato italiano.

La soluzione, lo sappiamo, non è semplice e nemmeno di breve periodo. La strada da percorrere è però innanzitutto una: abbassare in modo consistente le tasse, sia per i lavoratori sia per le imprese. Solo in questo modo si potrebbe ridare davvero sollievo alla domanda interna. Tagliare la spesa pubblica, come ha osservato anche nei giorni scorsi l’ex commissario alla revisione della spesa pubblica Roberto Perotti, è una strada lunga e complicata, richiede programmazione e visione. Ma è questo che bisogna fare: tagliare sul fronte della spesa, ridurre le tasse in modo consistente, finalizzare le poche risorse a disposizione in misure estremamente mirate, presentarsi in Europa con un piano credibile e coerente. Di alternative non ce ne sono, troppo tempo è stato perso e ne resta sempre meno a disposizione.

In questi anni tante piccole e medie imprese hanno chiuso anche a Brescia, altre sono riuscite a ristrutturarsi, altre ancora sono a metà del guado. Pensando a queste, all’ossatura del Paese in termini di Pil e occupati, è necessario cambiare verso davvero: pensare, dopo tanto tempo, che basti qualche bonus o incentivo, o che ci si possa accontentare di qualche spostamento millimetrico del Pil non solo è illusorio, ma è foriero di nuovi guai.

  • presidente Apindustria
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