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Manifatturiero - page 8

Piccole imprese: segnali positivi da fatturati, ordini e investimenti

in Api/Associazioni di categoria/Economia/Manifatturiero/Meccanica/Tendenze by

Fatturati e ordini in crescita in oltre un caso su due, col segno positivo in quasi un caso su due anche la produzione, input positivi iniziano ad arrivare anche da investimenti, soprattutto nel settore metalmeccanico, e occupazione (in circa un caso su cinque). L’analisi congiunturale relativa al secondo trimestre 2016 realizzata dal Centro Studi di Apindustria segnala una tendenza nel complesso positiva e, anche se ovviamente permangono elementi critici per un discreto numero di aziende del campione, l’analisi incrociata dei dati evidenzia realtà aziendali che vivono una fase di netta ripresa negli indicatori considerati. «I numeri sulla ripresa sono ancora esigui – afferma Douglas Sivieri, presidente di Apindustria Brescia -, ma molte piccole e medie imprese bresciane hanno ricominciato ad investire e questo è sicuramente un bel segnale. Purtroppo non tutte le imprese vanno nella stessa direzione e, collegato a questo aspetto, resta il grande problema di un mercato interno che continua a essere fermo e che rappresenta però il naturale sbocco di tante aziende. I mercati esteri, per chi può, sono necessari ma non sufficienti».

L’analisi dei dati congiunturali si sviluppa dal confronto dei dati del trimestre in esame rispetto al trimestre precedente. Più nel dettaglio, osserva il Centro Studi, i principali indicatori economici del II trimestre 2016 segnalano una tendenza nel complesso positiva, ma in moderata crescita: il campione di riferimento si distribuisce tendenzialmente nella fascia +1/+5%. I dati medi sono incoraggianti e positivi: mediamente, crescono fatturato (positivo nel 57% dei casi) e produzione (in crescita nel 48% dei casi, il 27% dichiara stabilità), a fronte di un aumento degli ordini (56%); aumentano mediamente anche i costi di produzione, che si stagliano tra +1 e +8% per il 40% dei rispondenti (il 53% segnala invece stabilità).

Tendenzialmente fermi gli investimenti (in crescita solo nel 22% dei casi), e l’occupazione, in timida crescita per il 28% degli associati. L’analisi incrociata dei dati evidenzia realtà aziendali che vivono una fase di netta ripresa negli indicatori rilevati, con punte positive particolarmente significative.

Rimangono tuttavia presenti situazioni di crisi aziendale, come emerge dall’analisi del grado di utilizzo degli impianti: come per il trimestre precedente, le situazioni di maggior difficoltà – in cui gli impianti lavorano alla metà (o meno) della loro capacità – segnano ulteriori riduzioni (il 33% di chi ha impianti pesantemente sottoutilizzati) anche marcate, mentre nel 7% dei casi hanno avuto un forte impulso.

La tendenza nell’utilizzo degli impianti tuttavia si muove coerentemente con la produzione, segnalando stabilità, affiancata da un timido ma fermo miglioramento. Positivi anche gli andamenti di ordini e magazzino giacenze: se nel primo trimestre 2016 si segnalava una contrazione degli ordini particolarmente pesante per più dell’8% degli intervistati (calo degli ordini superiore all’8%), mentre più dell’8% degli intervistati subiva un incremento significativo delle giacenze (variazione delle scorte superiori al 9%), in questo secondo trimestre si segnala una contrazione degli ordini solo nell’8% dei casi – di cui 5% particolarmente pesanti.

FOCUS SETTORE METALMECCANICO

Il settore metalmeccanico, circa la metà del campione complessivo, presenta evidenze leggermente discordanti rispetto alla totalità degli associati interpellati, nei principali indicatori: soprattutto, impatta negativamente la sezione “costi della produzione”, in cui il 95% dei rispondenti dichiara un incremento. D’altro canto, i metalmeccanici presentano produzione e fatturato con note più positive, nonostante una crescita degli ordini meno rappresentativa in termini percentuali, ma più significativa quantitativamente (il 31% dei rispondenti sfrutta una crescita degli ordini tra 6 e 8%).

Anche l’occupazione trova terreno fertile in questo settore, dove si evidenza una crescita nel 64% dei rispondenti. Bene gli investimenti, in crescita nel 100% dei casi.

Streparava, ricavi in crescita a 153 milioni e investimenti per 24 milioni entro il 2018

in Economia/Manifatturiero by

Bilancio 2015 col segno “più” per la Streparava, con nuovi ordini che nei prossimi anni garantiranno ulteriore crescita al Gruppo specializzato nella produzione di componenti per l’automotive (sistemi sospensione e powertrain).
Questa mattina, nel quartier generale di Adro, il presidente, Pier Luigi Streparava, e l’amministratore delegato e direttore generale, Paolo Streparava hanno presentato i conti del Gruppo, cui fanno capo anche i siti produttivi in Spagna, India, Brasile e la Borroni Powertrain di Saronno, acquisita di recente.
Il fatturato consolidato è cresciuto nel 2015 superando i 153 milioni di euro dai 145,6 dell’esercizio precedente. Positiva pure la dinamica dell’Ebitda (margine operativo lordo) passata dal 7,76% del 2014 all’8,52%. Lieve flessione invece per l’utile di Gruppo che si attesta a 3,74 milioni (nel 2014 superava di poco i 4 mln), restando comunque a ottimi livelli e confermando la reddittività dell’azienda, che lo scorso anno ha prodotto 3 milioni di componenti powertrain e altrettanti sistemi di sospensione.
“Archiviamo il 2015 con volumi positivi e la soddisfazione per aver acquisito due nuovi importanti ordini, che comporteranno per noi ingenti investimenti. Una delle commesse arriva dalla Germania, segno ancora una volta che in Italia con la meccanica ci sappiamo fare, visto che siamo in grado di superare i nostri competitor tedeschi, malgrado gli extracosti sostenuti nel nostro paese a cominciare dal prezzo dell’energia”, ha sottolineato il presidente Pier Luigi Streparava.
“Con questo ordine proveniente dalla Germania per fornire componenti per sospensioni indipendenti destinate a un Suv, Streparava fa il suo ingresso in un segmento centrale dell’automotive, quello delle passenger car, che va ad aggiungersi a quelli da noi tradizionalmente serviti, ovvero veicoli commerciali e mezzi pesanti”, ha spiegato l’ad Paolo Streparava.
Il contratto quinquennale di fornitura prenderà avvio nel 2017 e a regime arriverà a valere 18 milioni. Il secondo nuovo ordine, del valore a regime di 9,5 milioni, riguarda invece la fornitura per 5 anni di componenti motore a Magneti Marelli. Anche grazie a queste commesse, Streparava investirà nel triennio 2016-2018 oltre 24 milioni, soprattutto in macchinari.
Si allarga quindi il perimetro delle forniture e i vertici della holding non escludono nuove acquisizioni per crescere, integrare meglio i processi e ampliare il portfolio clienti.
Il Gruppo prevede quindi di aumentare ancora i ricavi sia quest’anno, superando i 159 milioni, sia nel 2017, toccando i 166 milioni. In crescita anche i dipendenti: il prossimo anno saranno 766 contro i 607 del 2015.
Prosegue con soddisfazione anche l’attività di ricerca e sviluppo, specie nel campo dell’alleggerimento delle componenti automotive. Un paio di settimane fa, infatti, Streparava ha ricevuto dall’Associazione Italiana di Metallurgia un premio per lo sviluppo di un innovativo componente per sospensioni in alluminio pressofuso.
A fine settembre l’azienda festeggerà nello stabilimento di Adro il 65esimo compleanno insieme a tutti i collaboratori e i loro familiari. Un’occasione per parlare di quanto è stato fatto negli ultimi anni e di ciò che si farà nel prossimo futuro sul fronte della sostenibilità economica, sociale e ambientale.

Anche Rubinetterie Bonomi nel programma Elite Deutsche Bank Lounge

in Banche/Economia/Manifatturiero/Meccanica by

Si è tenuta oggi nella sede di Borsa Italiana a Milano l’evento di presentazione delle 17 società italiane selezionate per costituire la prima Elite Deutsche Bank Lounge: una classe di aziende clienti della banca che entrano nel programma per accelerare la crescita delle imprese eccellenti. Le aziende sono distribuite sul territorio nazionale, e Brescia è rappresentata dalle Rubinetterie Utensilerie Bonomi

La Elite Deutsche Bank Lounge fa seguito all’accordo strategico siglato tra la Banca ed Elite lo scorso aprile con l’obiettivo di creare un gruppo dedicato di aziende del segmento Mid Cap. Il gruppo di aziende presentato oggi entra nella community Elite e verrà supportato nel percorso di crescita all’interno del programma da Deutsche Bank che ha deciso di investire nelle aziende della Elite Deutsche Bank Lounge contribuendo economicamente nel loro accesso a Elite. L’obiettivo di lungo termine è quello di garantire loro l’accesso a numerose opportunità di finanziamento, migliorare la loro visibilità e la loro attrattività e metterle in contatto con potenziali investitori, affiancandole in un percorso di cambiamento culturale e organizzativo.

Nello specifico si tratta di 17 aziende distribuite sul territorio nazionale (con una particolare concentrazione in Triveneto, Lombardia, Emilia-Romagna e Puglia) che operano in vari settori tra cui l’alimentare, l’arredamento e l’ingegneria industriale.

Le aziende di Elite Deutsche Bank Lounge si vanno ad aggiungere alle già 389 società internazionali che ad oggi costituiscono Elite, portando a oltre 400 il numero di aziende all’interno del programma.

Più nel dettaglio, il programma Elite per la squadra di Deutsche Bank prevede: la partecipazione del top management delle aziende a otto giornate (tra giugno e novembre) formative suddivise in quattro moduli (crescita e internazionalizzazione, governance e organizzazione, ruolo del Cfo, fund raising); la partecipazione a workshop formativi nell’arco temporale di un anno; l’organizzazione di company check-up con un team di consulenti coordinati da Borsa Italiana per verificare i cambiamenti da mettere in atto al fine di perseguire il percorso di cresciata. Alla fine del percorso le aziende otterranno il certificato Elite.

Cdo in visita da Bonometti: nuovi spunti per collaborare

in Associazioni di categoria/Cdo/Economia/Manifatturiero/Meccanica by

Nei giorni scorsi un incontro speciale si è tenuto presso OMR (Officine Meccaniche Rerzzatesi) dove oltre 50 imprenditori associati CDO Lombardia Sud Est guidati dal presidente Paolo Paoletti, dal vice presidente Giovanni Cristini e dal direttore Chiara Brunori, sono stati accolti dal titolare Marco Bonometti per una visita aziendale e una conversazione tematica su produttività, competitività e internazionalizzazione. Questo è il terzo incontro dell’iniziativa CDO ‘Ci vediamo in azienda’ (il primo è stato presso ‘Leonardo srl’ e il secondo presso ‘La linea verde S.p.A’) grazie alla quale sempre più numerosi imprenditori accolgono l’invito a confrontarsi con colleghi che hanno esperienze significative da condividere.

“Un bel confronto, senza peli sulla lingua, che ha messo in evidenza le criticità e le esigenze vissute oggi dal mondo imprenditoriale – commenta Paolo Paoletti, presidente CDO Lombardia Sud Est. Spunti interessanti su cui lavoreremo insieme come, ad esempio, i rapporti con l’università per avvicinare in maniera più concreta le conoscenze accademiche alle realtà aziendali. L’internazionalizzazione sarà un altro tema che approfondiremo per trovare la giusta formula tra costi e opportunità concrete. Sburocratizzazione e snellimenti procedurali sono altri due punti critici comuni a tutte le imprese, che non hanno ancora trovato soluzione efficace. Credo si sia fatto troppo poco fino ad ora per favorire la competitività. Anche qui abbiamo ampio margine di lavoro”.

“La novità assoluta che ho particolarmente apprezzato – conclude Paolo Paoletti – è la condivisione di vedute, soprattutto sul cambiamento che il mondo associazionistico sta attraversando. Un dialogo trasversale che va oltre il campanilismo e l’autoreferenzialità molto spesso tipici di tali contesti. Ringrazio Marco Bonometti per la sua disponibilità e per la lucidità che da sempre lo caratterizza, oltre che per aver voluto condividere con noi alcune sue chiavi di lettura del successo e del mondo che rappresentiamo, utili a proseguire il percorso di crescita che ognuno di noi sta portando avanti”.

L’85% circa dei soci presenti apparteneva al comparto dei ‘produttivi’ e il 15% a quello dei servizi. Il 65% sul totale dei partecipanti proveniva dal comparto della meccanica.

Franco Gussalli Beretta defends the family-run gunmaking company

in Armi/Economia/ENGLISH/Manifatturiero by
(DAL FINANCIAL TIMES) Telephoning the Lombardy headquarters of Beretta, the world’s oldest gun manufacturer, I am blasted with the familiar first bars of “Take My Breath Away” by Berlin, the theme song from the film Top Gun.

“My father chose it a long time ago and we have never changed it,” says Franco Gussalli Beretta, 51, when we meet at his penthouse apartment in a fortress-like palazzo in Brescia, near Milan. As president of Fabbrica d’Armi Pietro Beretta, which has been doing business since the 1500s, Beretta perhaps knows something about deferring to the wisdom of his forefathers.

In fairness, Top Gun is fitting, given that since 1985 the company has had the lucrative privilege of supplying the US military with its standard issue side arm. Beretta Holding, the umbrella company, which includes accessory lines and other arms brands such as Benelli, makes about 2,500 guns a day, bringing in €623m in revenue in 2014. It employs 3,000 people worldwide.

The ritzy apartment, where Beretta lives with his wife, Umberta, is a showcase for both big game trophies, including a zebra hide in the hall, and contemporary art, often with references to the family business. We sit on striped sofas, facing a drawing of a pistol by Andy Warhol.

Beretta, a bit of a dandy in a chequered, bright-blue suit with a gaucho-style belt, recalls the family’s history furnishing Europe’s warring armies with guns and ammunition.

The company can trace its origins to 1526, when Master Bartolomeo Beretta received payment of 296 ducats for 185 arquebus barrels from the Doge of Venice, a musket so heavy it had to be propped up with supports. When Napoleon occupied Venice in 1797 the family helped supply his arsenals, and when he was defeated in 1815, Austria provided a new market. “The history of Beretta has followed the history of the world, really,” he says.

It was Beretta’s father, Ugo, who made the “great leap” of entering the US market in 1977, securing the contract that would make the Model 92 one of the most widely produced guns in history. Ugo also transformed the company into a lifestyle brand, selling hunting attire and binoculars, a far-sighted move in the 1980s.

Beretta and his brother Pietro began managing the business about 15 years ago, although their father stood down as president only last year. They have since expanded into wine and high-end hunting lodges, selling a range of products from spaniel-head bottle stoppers to safari skirts. Their London boutique is in Jermyn Street, but there is also a Harrods concession, next to Shoe Heaven on the fifth floor of the department store. “He goes there and I go to Shoe Heaven,” says Umberta.

The couple married in 1994. Their backgrounds are well matched. Umberta, an enthusiastic contemporary art collector, was educated in Switzerland, Rome and London, but her family factory is in the next valley and at one time made swords.

Beretta was first taught to shoot aged 15, by his great-uncle Carlo. He studied political science in Urbino, before doing military service with the Carabinieri police, where he says he acquitted himself “respectably” during firearms training with the state-issued Beretta.

He prefers clay pigeon shooting and target practice to hunting, and rarely accepts the frequent invitations he receives to shoots. “I’m more of a sailor than a hunter.” His third-floor bedroom, wood-panelled and resembling a ship’s cabin, is testament to this passion, filled with pictures and models of boats, mostly gifts.

The Beretta family own the entire 1940s palazzo in the centre of Brescia, built by the same architect in the same grey stone as their home next to the factory in Gardone, 20km away. As a boy, Beretta dreamt of having the top-storey apartment, with views over the city’s cathedral and castle, and was given it when he married.

After the birth in 1997 of their son Carlo, now 19 and a student in Milan, the couple acquired the apartment below and knocked them together to create “an inspired combination” of the homes that he and Umberta grew up in, Beretta says. “We took the architect to see both our parents’ houses.” The columned staircase is a tribute to the Siena yellow marble staircase at Gardone. The dining room, panelled in dark wood, with four nudes by the British painter Lucian Freud, was inspired by Umberta’s family house.

Touring the apartment with Umberta is like visiting a mini-Saatchi Gallery. A negative print of a $100 bill by the photographer David LaChapelle adorns the staircase. A Tracey Emin light installation reading “Be Brave” was an 18th-birthday present to Carlo, who is in turn immortalised listening to his iPod in a life-size, white resin sculpture by the Italian artist Fabio Pietrantonio. A photograph by Terry O’Neill of the actress Raquel Welch, wearing little more than a gun and holster, sits opposite a portrait of the family by the fashion photographer Miles Aldridge. A laughing Beretta is shown loading a rifle surrounded by cream cake, while Umberta drinks champagne.

Beretta prizes the master craftsmen who engrave his customised rifles “just as much” as the artists that hang in his home. Their work can be equally costly, too. A pair of engraved hunting rifles can fetch €200,000 to €300,000. One pair, in seven different shades of gold, a gift for Ugo Beretta’s 70th birthday, would cost €1m were they replicated.

The sitting room, with a wood fire, is more hunting lodge than art gallery, with ivory tusk lamps and a corner bar. On one shelf is the entire collection of Bond films. “In the early Ian Fleming books, Bond has a Beretta,” he points out, although these days 007 prefers a Walther PPK.

Berettas have appeared in numerous films, but have also attracted negative attention. In 2014 Jaylen Ray Fryberg, 15, used his father’s Beretta pistol to shoot and kill four high school students in Marysville, Washington. Jiverly Wong, 41, killed 13 people in Binghamton, New York, with two Beretta handguns in 2009. And Terry Michael Ratzmann used a Beretta handgun to kill seven members of a church congregation before committing suicide in 2005.

Yet according to Beretta, arms manufacturers bear no responsibility for mass shootings like these. “[Our] philosophy”, he says, is that “it is up to every population in a democratic country to decide what it thinks is right in its territory”. He adds: “We just follow the rules.” In Europe there are countries with a higher density of guns than the US, such as Finland and Switzerland, “and nothing happens”, he argues. (Reliable data on gun ownership is scant, but the Small Arms Survey of 2007 calculated that the number of guns per 100 residents was close to 90 in the US, almost double that in Switzerland and Finland.)

Beretta insists that shootings are a “psychological problem”, citing President Barack Obama. “That’s freedom. It’s understandable that a weapon can be dangerous in the hands of someone who isn’t from the right culture. But in the hands of someone who is familiar with guns and does not have mental problems, it’s fine.”

Umberta chips in. “Those kids are all on pharmaceutical drugs. Maybe if I were American I would be more worried about that.” Beretta is vehemently opposed to further gun control in the US, saying it would violate the rights of those living in isolated places to defend themselves from “criminals” or even — strangely — “jaguars and bears”.

In April Beretta opened a new factory in Tennessee, which will allow the company to manufacture “handbag guns” and assault weapons that cannot legally be imported into the US. The previous factory in Maryland was “in the wrong place”, Beretta says. “The south is the natural home of the gun lobby and the huntsman.”

(ARTICOLO ORIGINALE: FINANCIAL TIMES)

Comet acquisisce anche Laborsil per diventare leader nel settore gomma

in Economia/Evidenza/Manifatturiero by

L’azienda di Coccaglio (BS) acquisisce la Laborsil di Bergamo. Un’acquisizione che sottolinea l’importanza strategica dell’asse Bergamo – Brescia in questo cruciale settore.

Comet S.r.l., azienda leader nel settore delle mescole di gomma, annuncia l’acquisizione, avvenuta il 31 maggio 2016, di Laborsil S.r.l., azienda fondata nel 2006 che produce mescole siliconiche e fluorosiliconiche.
«L’acquisizione è un tassello importante per la strategia di crescita di Comet – dichiara Matteo Bernini, amministratore delegato di Comet – perché consente alla nostra azienda di completare l’offerta dei prodotti verso i propri clienti disponendo da oggi anche delle mescole siliconiche».

È grazie anche a queste scelte strategiche che Comet rafforza il proprio ruolo confermando la sua leadership sul mercato italiano e internazionale. Il costante lavoro di ricerca e di sviluppo del prodotto da parte di Comet comprende sin qui oltre 4.000 diverse formulazioni di mescole in gomma, suddivise in ricette standard e ad hoc, che vanno a fornire diversi ambiti industriali dagli elettrodomestici all’automotive, dal settore dell’edilizia a quello del gas, come a quello idrico, e ancora dall’industria mineraria a quella calzaturiera.

La spinta a una continua innovazione – raggiunta oggi con l’acquisizione del 100% di Laborsil – rappresenta un ulteriore tassello nel processo di sviluppo di Comet: che a partire dal suo trasferimento nel nuovo stabilimento di Coccaglio (BS), inaugurato lo scorso 27 maggio 2016, dimostra come la crescita si accompagna ad un investimento sulla qualità, anche nell’attenzione dell’impatto ambientale. Con la sua esperienza ultra-trentennale, Comet, che è nata nel 1980 ed è controllata al 100% da BHF S.r.l., l’holding di proprietà della famiglia Bernini, ha chiuso il 2015 in crescita con un fatturato di 43 milioni di euro, con una produzione annua di circa 20 mila tonnellate di mescole in gomma e con un numero di 86 dipendenti.

L’acquisizione, da parte di Comet, di Laborsil, che ha sede a Bergamo e ha un fatturato di 5,8 milioni di euro e 12 dipendenti, conferma anche il radicamento dell’azienda di Coccaglio (BS) sull’asse strategico di Bergamo e Brescia. Gli ex soci operativi di Laborsil, Aristide Plebani e Tiziano Tresoldi, resteranno in azienda garantendo continuità aziendale e il trasferimento di competenze necessario. «L’importanza di questa acquisizione – sono ancora le parole dell’amministratore delegato di Comet Matteo Bernini che gestisce l’azienda insieme alla sorella Simona ed al padre Lorenzo – consente a Laborsil di proseguire nel percorso di crescita che ha intrapreso, potendo investire maggiormente nella ricerca e nello sviluppo, come sulla crescita commerciale e tecnica, potenziando la propria presenza all’estero».

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