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Lavoro - page 4

Indagine Cna: assunzioni cresciute del 59% a marzo nel Bresciano

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L’occupazione nelle micro e piccole imprese artigiane è aumentata anche nel mese di marzo. Nel Bresciano si registra un aumento delle assunzioni del  59%, nel periodo da gennaio a marzo 2022 e rispetto allo stesso trimestre 2021, con un incremento più che proporzionale delle assunzioni a tempo indeterminato rispetto ai tempi determinati. Va rilevato che, nel 2020, le assunzioni a tempo determinato rappresentavano il 64% e quelle a tempo indeterminato il 36%, un dato vicino a quello del 2022, dove gli indicatori sono rispettivamemte del 60% e del 40%. La vera anomalia si riscontra a gennaio-marzo 2021, quando le assunzioni a tempo determinato costituiscono il 75% e il 25% quelle a tempo indeterminato. Gli effetti della pandemia, in realtà, si notano a cominciare da aprile 2020. E ora che l’effetto incertezza, almeno per quanto riguarda l’emergenza sanitaria, si è ridimensionato, ed anche grazie agli sgravi per le assunzioni a tempo indeterminato, le imprese bresciane s’impegnano per dare stabilità ai lavoratori. 

livello nazionale, l’incremento delle assunzioni è stato dello 0,4% su febbraio e del 2,9% su base annua, sulla scia del risultato complessivamente positivo dell’economia nazionale, registrato dalla maggior parte degli indicatori economici.. Ma il peggioramento del quadro macroeconomico internazionale, che ha determinato il rallentamento della crescita economica italiana, è destinato a incidere dopo il primo trimestre dell’anno anche sul mercato occupazionale. A rilevarlo è l’Osservatorio lavoro CNA, curato dal Centro studi della Confederazione, che analizza a cadenza mensile le tendenze dell’occupazione nelle piccole imprese fin dal 2014, all’inizio della stagione di riforme che ha profondamente modificato il mercato del lavoro nazionale. In linea con quanto  osservato nei mesi precedenti, anche nel mese di marzo il turn over dei lavoratori nelle imprese artigiane, micro e piccole è risultato molto elevato. Rispetto a dodici mesi prima, infatti, le assunzioni sono aumentate del 42,8%, le cessazioni del 49%. Insomma, nonostante le difficoltà, la domanda di lavoro delle imprese più piccole è stata ancora sostenuta e in grado di garantire la sostituzione delle posizioni lavorative cessate. Sul versante delle assunzioni, particolarmente interessante il ritorno all’incremento dei nuovi contratti a tempo indeterminato, che hanno segnato un +59,3% su base annua, rappresentando il 22,3% dei nuovi posti di lavoro. Il contratto più utilizzato per le assunzioni rimane, comunque, il tempo determinato, applicato al 54% delle nuove posizioni di lavoro

Lavoro, cala il tasso di occupazione in provincia di Brescia

in Associazioni di categoria/Confartigianato/Economia/Lavoro by

La guerra in Ucraina ancora lontana dal cessare e l’amplificarsi della crisi energetica peggiora il clima per l’economia e quello di fiducia delle imprese, interrompendo il percorso di recupero dalla recessione causata dalla pandemia e peggiorando le attese sull’occupazione.

Ad analizzarlo, attraverso un focus sulle Mpi lombarde, è l’Osservatorio di Confartigianato Lombardia in una nota in occasione del I° maggio. Per aprile 2022 le entrate previste dalle imprese bresciane rispetto ad aprile 2021, segnano un rallentamento per il Manifatturiero (-15,2%) e per le Costruzioni (-36,8%), mentre salgono nei Servizi (+62,9%), trainate dalla forte crescita dei servizi legati al Turismo. Nel mese in esame, sono le Mpi fino a 49 dipendenti a dare il contributo maggiore alla domanda di lavoro (66,3% del totale entrate sono previste da Mpi). Per il presidente di Confartigianato Brescia e Lombardia Eugenio Massetti: «L’attuale situazione di incertezza globale destabilizza le nostre imprese e le rende più caute nel fare investimenti a lungo raggio. Questo atteggiamento prudente inizia a mostrare ricadute anche sulla determinazione di ampliare il capitale umano delle aziende e da qui il dato, che già oggi si rileva per alcuni settori chiave dell’economia locale, di un rallentamento delle dinamiche occupazionali. Oltre all’instabilità del contesto, gioca un ruolo importante il caro bollette e la fatica a reperire la materia prima, che peraltro fa segnare prezzi da capogiro. A fronte di tutto ciò, il paradosso della mancata occupazione è sottolineato dalla crescente mancanza di figure che le aziende cercano e ritengono nodali per affrontare un momento come questo: il mismatch domanda-offerta di lavoro si amplia sempre più. Ecco allora che la formazione dei giovani, uno tra i temi che stanno più a cuore a Confartigianato, è un aspetto sul quale si gioca il futuro e che va affrontato di petto, con la massima urgenza e risolutezza, strutturando un connubio più solido e coeso tra mondo della formazione dell’impresa. Occorre superare gli stereotipi e i pregiudizi che considerano di serie B il lavoro manuale e le nozioni tecniche. Occorre rilanciare i licei tecnologici proprio per affrontare con un approccio nuovo il tema della formazione dei giovani e prepararli ad affrontare un mondo del lavoro che cambia costantemente, attraversato anche dalle transizioni digitale ed ecologica». Occupati che in provincia di Brescia nel 2021 sono 542 mila, crescono dell’1,5% rispetto al 2020 (+8 mila unità) ma non hanno recuperato i livelli pre-pandemia del 2019 (-2,0%) cumulando un calo di oltre 10 mila occupati (-11 mila unità). In Lombardia, il tasso di occupazione rispetto al 2019 recupera solo nella provincia di Lodi mentre si rileva una più alta difficoltà di recupero per Pavia (-3,2 p.), Lecco (-3,0 p.) e Cremona (-2,8 p.). Brescia, con il 65,7% di tasso di occupazione si attesta con una variazione negativa rispetto al 2019 del -1,6%. Mentre il tasso di inattività peggiora rispetto al 2019 registrando crescite più sostenute a Mantova (+3,7 p.), Pavia (+3,2 p.), Lecco (+3,1 p.) e Cremona (+2,9 p.), così come a Brescia, con un aumento degli inattivi tra 2019 e 2021 del +1,5%. Ad aprile 2022 nella nostra regione sono difficili da reperire più di 4 lavoratori su 10 (42,8%), pari a 30.611 entrate delle 71.520 totali previste, quota in aumento di 14 punti su aprile 2019, mese pre-crisi. A livello provinciale le criticità maggiori si registrano a Lecco (48,0%, +14,7 punti su aprile 2019), Pavia (48,0%, +18,2 punti), Cremona (47,8%, +18,4 punti), Sondrio (47,6%, +18,1 punti) e Varese (47,5%, +16,1 punti). A Brescia la quota di entrate difficili da reperire ad aprile 2022 è del 44,2%, +14,3 punti rispetto ad aprile 2019. Tra i profili per cui è maggiore la difficoltà di reperimento a Brescia, l’Osservatorio di Confartigianato rileva: conduttori di macchinari mobili (69,5%), operai specializzati nell’edilizia e manutenzione edifici (67,8%), operai metalmeccanici ed elettromeccanici (60,6%), conduttori mezzi di trasporti (59,6%), operai specializzati nell’industria della chimica e della plastica (58,7%), del legno e della carta (46,5%), tessile e abbigliamento (41%).Dati che preoccupano, anche alla luce delle incertezze del mercato del lavoro e che, come sottolinea l’Osservatorio di Confartigianato Lombardia, mettono in evidenza tre aspetti sulla difficoltà di reperimento: cresce nel tempo, è maggiore per le Mpi ed è più elevata se si ricercano under 30. «Parte tutto dalla scuola: deve diventare luogo di apprendimento complesso, valida risposta ai problemi del Paese ed anche alle crescenti difficoltà che le nostre imprese incontrano nel reperimento di giovani con una preparazione qualificata – conclude il presidente Massetti – È necessario perseguire una sintesi alta tra scuola e lavoro perché i giovani ricevano una formazione completa e siano avviati alla cultura del lavoro superando la storica separazione tra lavorare e studiare».

Brescia, partite Iva ancora in aumento: +18%

in Economia/Lavoro/Tendenze by
Giovane al lavoro, foto da Pixabay

Nel corso del 2021 in Lombardia sono state aperte 105.610 nuove partite Iva, con un incremento del 37,75 per cento rispetto all’anno precedente. In particolare nella provincia di Brescia sono state registrate 9.980 nuove aperture (+18%).

È quanto emerge dall’Osservatorio sulle Partite Iva del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che evidenzia inoltre come l’incremento a doppia cifra abbia riguardato tutta la penisola: nel corso del 2021 sono state infatti registrate 549.500 partite Iva, in aumento del 18.2% rispetto all’anno precedente, frutto del “rimbalzo” dopo la flessione del 2020.

A riferirlo è il quotidiano online Brescia news.

Husqvarna di Lonato: scongiurati i licenziamenti

in Economia/Lavoro/Sindacati by

“Soddisfazione e amarezza convivono in queste ore alla Husqvarna di Lonato. Soddisfazione perché l’accordo raggiunto dalla Fim Cisl con l’azienda scongiura il licenziamento immediato dei 24 lavoratori della fabbrica. Amarezza perché ha termine un’esperienza industriale”. A dirlo è una nota della Cgil di Brescia.

Dopo diverse settimane di confronto con i rappresentanti della multinazionale, i metalmeccanici della Cisl hanno ottenuto la cancellazione della procedura di licenziamento collettivo e l’avvio di un percorso di 12 mesi di cassa integrazione straordinaria, di politiche attive per la rioccupazione, di integrazioni salariali. “Husqvarna chiude, ma non in maniera traumatica – dichiara Stefano Olivari, segretario generale della Fim Cisl – garantendo una fase importante di ammortizzatori sociali in cui si innesteranno azioni di riqualificazione e ricollocazione della forza lavoro”.

L’intesa è stata formalizzata insieme alle Rsu, con il mandato di tutti i lavoratori, in un incontro con i procuratori legali della multinazionale.

“Oggi i lavoratori possono guardare ai prossimi mesi con un atteggiamento diverso rispetto all’assoluta mancanza di prospettive della prima decisione aziendale – aggiunge Alberto Pluda, segretario provinciale della Cisl che fin dal primo momento è scesa a fianco dei lavoratori e a sostegno dei Federazione dei metalmeccanici – ma è evidente che la vicenda ripropone in maniera urgente la necessità di un sistema di contrasto alle delocalizzazioni delle multinazionali, che hanno tutto il diritto di farlo ma rispettando criteri e impegni. Un insieme di regole che possono essere definite e fatte osservare attraverso un sistema di relazioni industriali più efficiente e più partecipativo. Abbiamo bisogno di più concertazione sociale entro cui collocare a livello territoriale un vero e proprio patto sociale”.

“L’accordo sottoscritto- conclude la Segreteria Fim Cisl Brescia- è stato il migliore possibile alle condizioni date per contrastare la scelta di una multinazionale che, nel mese di febbraio, aveva scelto di cessare l’attività con il licenziamento di tutti i dipendenti”.

Brescia, nel 2021 sale l’occupazione (+1,5%), ma il gap con il periodo pre-Covid non è ancora stato colmato

in Economia/Lavoro by
Professionista al lavoro, foto generica da Pixabay

Nel 2021 il mercato del lavoro bresciano ha mostrato generalizzati segnali di ripresa, dopo l’indebolimento riscontrato nel 2020 in occasione della pandemia da Covid-19. Gli occupati complessivi evidenziano una crescita dell’1,5% sul 2020, attestandosi a 542 mila. Tale dinamica vede il contributo positivo della componente femminile (+2,1%) e, in misura relativamente minore, di quella maschile (+1,1%). Questa evoluzione si spiega anche con il fatto che l’occupazione delle donne veniva da un anno 2020 particolarmente penalizzante (-5,1% sul 2019, a fronte di un -2,3% per quanto riguarda i maschi).

A evidenziarlo sono i dati ISTAT elaborati dal Centro Studi di Confindustria Brescia. L’evoluzione dell’occupazione nel territorio bresciano risulta più intensa di quanto rilevato in Lombardia (+0,4%) e in Italia (+0,8%), a certificazione di un sistema economico che nel 2021 ha saputo cogliere la spinta della ripresa dopo la recessione del 2020.

A seguito di tali dinamiche, il tasso di occupazione (15-64 anni) misurato a Brescia e provincia nel 2021 è pari al 65,7%, ancora al di sotto dei livelli pre-Covid (67,3% nel 2019).

“Questi dati evidenziano sempre più la grande richiesta delle nostre aziende di alcune figure e competenze che faticano ad emergere nell’attuale scenario – commenta Roberto Zini, Vice presidente di Confindustria Brescia con delega a Welfare e Relazioni Industriali –. Dovremo continuare a lavorare in questa direzione, ma non solo. Dall’altro lato, infatti, è sempre più centrale il tema della valorizzazione delle risorse umane nelle imprese, in particolare dopo la pandemia. Oggi i lavoratori cercano all’interno dell’azienda non solo una soddisfazione reddituale, ma anche una realizzazione personale e un corretto punto di equilibrio tra vita e lavoro. Non a caso, sempre più spesso si parla del fenomeno “big quit”, la crescita di dimissioni su base volontaria. Su questo, come Associazione, stiamo riflettendo da tempo, lavorando con l’area Risorse Umane per coniugare il rispetto del già citato equilibrio vita-lavoro e la valorizzazione delle risorse.”

Nel 2021 il numero di persone in cerca di occupazione a Brescia è salito a 28 mila, contro i 24 mila rilevati nel 2020, quando erano calati di circa 3 mila unità sul 2019. Tale movimento, apparentemente controintuitivo, trova spiegazione nella maggiore vivacità del mercato del lavoro nel 2021, in contrapposizione alla minore fiducia riscontrata nel 2020, che aveva determinato l’uscita di persone dal mercato del lavoro e la loro entrata nella categoria dei cosiddetti “inattivi”.

Il tasso di disoccupazione complessivo si è così attestato al 4,9%, in aumento rispetto al 4,4% del 2020 e al 4,7% nel 2019. Tale indice è pari al 3,9% per i maschi e al 6,3% per le femmine. Esso risulta più basso della Lombardia (5,9%) e dell’Italia (9,5%).

Come anticipato, il tasso di inattività – che misura la quota di coloro che non lavorano e non cercano attivamente lavoro rispetto al totale della popolazione – nel 2021 ha subito una contrazione, passando dal 31,9% del 2020 al 30,8%.

Sul versante dei profili maggiormente richiesti nel mercato del lavoro bresciano – secondo le elaborazioni del Centro Studi di Confindustria Brescia effettuate dalla piattaforma WollyBi che monitora gli annunci di lavoro online rilevati nel territorio –, nel 2021 le domande di lavoro formulate dalle imprese bresciane hanno riguardato prevalentemente le macro categorie dei tecnici (19,9% degli annunci complessivi), degli artigiani e operai specializzati (18,2%), delle professioni tecniche e scientifiche (15,5%) e delle professioni non qualificate (15,1%). Più nel dettaglio, la top 5 dei profili più ricercati vede al primo posto gli addetti allo spostamento e alla spedizione dei materiali o delle merci (5,6% della domanda complessiva), seguiti dagli addetti alle pulizie in uffici, esercizi alberghieri ed altri esercizi (4,2%), dai modellatori e tracciatori meccanici di macchine utensili (4,2%), dai disegnatori industriali (3,8%) e dal personale non qualificato non classificato altrove (3,7%).

Va infine segnalato lo sgonfiamento della Cassa Integrazione Guadagni, che tuttavia rimane su livelli più elevati rispetto a quanto riscontrato prima della pandemia. Le ore complessivamente autorizzate in provincia di Brescia nel 2021, rispetto al 2020, sono diminuite del 56% (da 92,7 a 40,8 milioni), con un calo della componente ordinaria del 71% (da 72,2 a 21,1 milioni), a cui si contrappone un aumento di quella straordinaria (+215%, da 3,0 e 9,4 milioni). Il confronto con il 2019 evidenzia ancora una salita (+485%, da 7,0 a 40,8 milioni). A livello settoriale, nell’industria, le ore complessivamente autorizzate sono scese del 59% (da 69,0 a 28,1 milioni), nell’edilizia sono diminuite dell’84% (da 6,0 milioni a 980 mila), nel commercio del 32% (da 17,2 a 11,7 milioni). Sulla base delle ore effettivamente utilizzate è possibile stimare che nel 2021 le unità di lavoro annue (ULA) potenzialmente coinvolte dalla CIG siano state poco meno di 9 mila, contro le oltre 20 mila del 2020 e le millecinquecento del 2019.

NOTA

La Rilevazione Istat sulle forze di lavoro ha subito nel corso del 2021 due cambiamenti importanti. La prima novità è dovuta all’entrata in vigore del Regolamento europeo (UE) 2019/1700, che ha comportato modifiche definitorie e di questionario al fine di migliorare il grado di armonizzazione delle statistiche prodotte dai diversi Paesi dell’Unione Europea. Il secondo cambiamento consiste nell’introduzione di nuove stime della popolazione di individui e famiglie con l’obiettivo di migliorare la qualità delle statistiche demografiche. Le nuove modifiche metodologiche cambiano notevolmente la lettura del mercato del lavoro. I dati appena usciti risultano non confrontabili con la vecchia serie storica e la nuova serie (elaborata con la nuova metodologia) sarà resa disponibile da Istat in un secondo momento

Brescia torna ad assumere: ecco i dati

in Economia/Istituzioni/Lavoro/Provincia di Brescia/Tendenze by
Donne e lavoro, foto generica da Pixabay

Nel 2021, dopo la netta flessione registrata nel 2020 sotto i colpi della prima fase della pandemia, il mercato bresciano del lavoro segna una netta ripresa alla luce dell’incremento significativo delle persone avviate al lavoro. Infatti, i dati di fonte SISTAL Regione Lombardia registrano 160.663 persone avviate al lavoro nel 2021 a fronte delle 135.587 dell’anno precedente, con un incremento di 25.076 mila unità, pari al + 18,5%.

“Si tratta di un incremento rilevante – dichiara Filippo Ferrari, Consigliere provinciale delegato al Lavoro – che tuttavia acquista un significato ancora maggiore se consideriamo che le 160.663 persone avviate al lavoro in provincia di Brescia nel 2021 superano nettamente il valore registrato nel 2019 (149.201) con un incremento, rispetto all’anno che precede la pandemia, di 12.462 unità, pari al +8,3%. Anche tornando al il 2018 lo scarto è netto: +12.705 persone avviate al lavoro, pari al +8,6%. È un rimbalzo positivo non di poco conto se consideriamo che il 2018 e il 2019 sono ancora anni di ripresa dell’economia locale dopo la crisi del 2009 e la flessione nel 2014”.

Il dato riferito agli avviati, cioè le singole persone, trova conferma anche considerando gli avviamenti al lavoro, ovvero le pratiche amministrative, che, in un mondo del lavoro sempre più precario, per alcuni lavoratori possono essere più di una nel corso del trimestre. Le pratiche di avviamento al lavoro in provincia di Brescia, nel 2021, sono state 214.936, anche in questo caso in netto aumento sia rispetto alle 176.285 del 2020 (+38.657, + 21,9%) che rispetto alle 195.581 del 2019 (+19.355, +9,9%). Trova quindi inequivocabile conferma il dato generale che vede nel 2021 una crescita netta rispetto al 2020 con valori decisamente superiori a quelli del biennio pre-pandemia.

I dati relativi agli avviati al lavoro nel 2021, cioè le persone, segnalano un gap di genere che rimane elevato poiché a fronte di 93.796 maschi (58,4%) le femmine sono 66.867 (41,6%) percentuali analoghe a quelle registrate nel 2020.

Rilevante rimane la quota di lavoratori non di origine italiana (extracomunitari e comunitari) tra le persone avviate al lavoro poiché, nel 2021, sono stati oltre 48 mila, il 30,2% del totale. Si tratta di un dato di poco inferiore al quello del 2020 (32%) e del 2019 (32,2%) comunque, conferma la costante e significativa presenza di migranti nei flussi di entrata (e uscita) del mercato del lavoro bresciano.

Anche nel 2021, come oramai da tempo, la maggior parte delle pratiche di avviamento al lavoro interessa attività del commercio e dei servizi alle imprese e alle persone (123.574, pari al 54,5% del totale). Rilevante rimane anche la quota di avviamenti al lavoro nelle attività industriali in senso stretto (56.222, pari al 26,2%) che registrano flussi in entrata nel mercato del lavoro più che dimezzati rispetto al terziario ma, tuttavia, in crescita rispetto ai 40.141 del 2020, valore che corrisponde al 22,9% dello stesso periodo.

Quote decrescenti di pratiche di avviamento al lavoro si registrano per le costruzioni (24.268, 11,3%) e l’agricoltura (10.868, 5%). Nel 2020 gli avviamenti al lavoro nelle costruzioni furono in quantità inferiore, sia in valore assoluto (18.869) che come percentuale sul totale delle pratiche (10,7%) mentre il bilancio si inverte in agricoltura dove gli avviamenti al lavoro nell’anno della pandemia furono maggiori sia in valore assoluto (12.396) che in percentuale sul totale (7%).

Nel 2021 la maggior parte delle pratiche di avviamento al lavoro, quasi i due terzi del totale, si definisce per contratti di lavoro a tempo determinato (127.021, pari al 59,1% del totale) mentre le pratiche relative ad avviamenti al lavoro con contratti a tempo indeterminato sono state 41.587, pari al 19,3% del totale; un valore di poco superiore alle 35.234 relative a lavoro in somministrazione (16,4%). Decisamente minore il numero delle pratiche di avviamento al lavoro con contratti di apprendistato (9.071, pari al 4,2) e ai lavori a progetto (2.716, 1,3%).

Complessivamente, nel 2021, gli avviamenti al lavoro con forme contrattuali flessibili o precarie, ovvero tempo determinato, o somministrazione, o lavoro a progetto, sono state 164.278 pari al 76,4% del totale a fronte delle 50.658 (23,6%) attribuite a forme di lavoro permanenti (tempo indeterminato + apprendistato). Nel 2021 per ogni pratica di avviamento al lavoro con contratti “permanenti” ce ne sono 3,2 relative a contratti flessibili e/o precari.  Nello scorso anno, con i numeri compressi dalla pandemia, le pratiche di avviamento al lavoro “flessibili” furono 130.771 (74,2% del totale) mentre quelle “permanenti” si fermarono a quota 45.514 pari al 21,8% del totale, con un rapporto nell’ordine di 2,9 pratiche precarie per ogni pratica “permanente”.

Giova tuttavia ricordare che nel 2019, prima della pandemia, le pratiche di avviamento al lavoro riferite a tipologie contrattuali “permanenti” furono il 27% del totale a fronte del 73% relativo a tipologie “flessibili” con un rapporto tra le due tipologie di 2,7 a 1. Possiamo quindi evidenziare, nella fase positiva del rimbalzo dei flussi in entrata nel mercato del lavoro bresciano, una ulteriore tendenza alla precarizzazione delle tipologie contrattuali. Ci sono quindi tutti gli elementi per affermare che il mercato del lavoro bresciano è in ripresa: più inserimenti al lavoro, quindi, con il terziario che muove quasi i due terzi del lavoro in entrata e sempre più nel segno della flessibilità.

Timken a Camozzi: salvi 100 posti di lavoro

in Economia/Lavoro by

E’ stato annunciato ieri il salvataggio dei circa 100 lavoratori dell’azienda Timken di Villa Carcina (BS). Il sito, infatti – secondo quanto riferisce una nota della Regione – è stato rilevato dal noto gruppo Camozzi della provincia di Brescia.

L’esito positivo è stato reso noto al termine del tavolo delle crisi aziendali presso il Ministero dello Sviluppo Economico. “Il piano di reindustrializzazione – si legge – garantirà il rilancio produttivo con tecnologie innovative ma soprattutto la tutela e la salvaguardia di tutti i lavoratori”.

Soddisfatti gli assessori di Regione Lombardia alla Formazione e Lavoro Melania Rizzoli e allo Sviluppo economico Guido Guidesi.

“Il lavoro di squadra premia sempre” hanno commentato. “Apprezziamo il lavoro svolto – hanno continuato – e ringraziamo tutti gli attori coinvolti a partire dal Mise, in particolare del Ministro Giancarlo Giorgetti e Confindustria Brescia, che ha guidato una efficace mobilitazione sul territorio. Ringraziamo inoltre la Provincia di Brescia e le organizzazioni sindacali”. “Il ringraziamento più grande – hanno rimarcato gli assessori regionali – va al Gruppo Camozzi e al suo presidente Lodovico Camozzi”.

“Durante il periodo di reindustrializzazione che durerà 24 mesi – hanno spiegato Rizzoli e Guidesi – Regione Lombardia metterà in campo e a disposizione tutti gli strumenti di politica attiva, di sostegno al lavoro e di sviluppo alle imprese”.

IL COMUNICATO DELLA PROVINCIA

Il Presidente della Provincia di Brescia, Samuele Alghisi e il Consigliere delegato al Lavoro Filippo Ferrari, esprimono soddisfazione per il rilevamento della Timken di Villa Carcina da parte del Gruppo Camozzi.

‘Una notizia molto gradita – ha commentato Alghisi – che vede ricollocati i lavoratori della Timken, rimasti improvvisamente senza lavoro, in una situazione resa ancora più grave dalla pandemia che abbiamo vissuto e stiamo vivendo”.

La Provincia, unitamente a Comunità Montana e Comune di Villa Carcina, insieme ai sindaci della Valle Trompia, si era sin da subito attivata per portare avanti le istanze dell’azienda.

“Una forte collaborazione – ha aggiunto Ferrari – che si era attivata fino a Roma e aveva coinvolto tutte le Istituzioni politiche e sindacali attraverso tavoli interistituzionali. La Provincia e il mondo politico bresciano non sono rimasti spettatori e, grazie al Gruppo Camozzi, personale qualificato e specializzato potrà continuare a lavorare in un settore, quello della metalmeccanica, nel quale Brescia spicca anche a livello di innovazione”.

Soddisfatto anche il Presidente della Comunità Montana della Valle Trompia, Massimo Ottelli: “La sinergia tra Istituzioni, Sindacati e vicinanza con le famiglie coinvolte ha generato un’attenzione sulla

vertenza Timken che ha portato a una soluzione ottimale, garantendo una continuità industriale e

soprattutto ridando dignità di lavoro a tante famiglie coinvolte”.

Queste le parole di Antonio Ghirardi, Fiom Ggil Brescia: “Questa notizia è l’inizio di un percorso di reindustrializzazione importantissimo per il territorio bresciano, il mantenimento occupazionale e l’insediamento di una nuova realtà imprenditoriale con attività di alta tecnologia. È il risultato dell’impegno e della solidarietà di tutto il territorio, a partire dai lavoratori e dal sindacato che hanno difeso con determinazione i loro diritti e la loro dignità, dai cittadini, dalle  istituzioni locali, l’Amministrazione Comunale di Villa Carcina, la Comunità Montana della Valle Trompia, la Provincia, l’unità pastorale di Villa  e infine l’impegno di Confindustria Brescia, attraverso il suo Presidente, sono stati determinanti, ora bisogna lavorare per portare a termine nel migliore dei modi un’operazione che ha portato la vicenda Timken a essere di modello per tutto il territorio italiano”.

LA DICHIARAZIONE DI FRANCO GUSSALLI BERETTA (CONFINDUSTRIA)

“Confindustria Brescia, sin dall’inizio, ha contribuito alla ricerca della soluzione della vicenda, nell’interesse del sistema economico locale e dei lavoratori. Abbiamo raccolto diverse manifestazioni di interesse per il sito, che dovranno essere valutate con attenzione per garantirne il futuro industriale – commenta Franco Gussalli Beretta, Presidente di Confindustria Brescia –. Allo stesso tempo, una parte importante degli addetti è già stata ricollocata in altre realtà industriali del territorio. Ci auguriamo, anche grazie al protocollo siglato oggi dalle parti coinvolte, di arrivare in tempi rapidi ad una completa e soddisfacente risoluzione della crisi.”

L’importanza della gestione delle risorse umane nelle piccole e grandi aziende

in Economia/Lavoro by
Professionista al lavoro, foto generica da Pixabay


La gestione delle risorse umane nelle piccole e grandi aziende è un aspetto fondamentale per un’attività perché influisce direttamente sulla produttività e sulla fama dell’azienda. Chi si occupa di assumere i dipendenti di un’azienda infatti deve avere ben chiare le competenze necessarie e soprattutto deve essere in grado di fare leva sulle motivazioni giuste per legare all’azienda il futuro collaboratore.

La pandemia ha riportato l’attenzione sulla qualità del lavoro e sulla necessità di studiare nuove forme organizzative nello svolgimento delle mansioni. E questo alla luce di un forzato lockdown che ha generato nuove modalità di impiego e innovative soluzioni di controllo delle performance. Così lo smart working e il lavoro agile hanno preso piede e, anche quando l’emergenza è rientrata, sono stati molti i dipendenti a chiedere forme contrattuali più flessibili al fine di organizzare in maniera diversa la vita lavorativa e privata. Dunque la sfida di chi si occupa della gestione delle risorse umane è anche quella di conciliare gli obiettivi dell’azienda con le esigenze delle risorse da selezionare.

Responsabile delle risorse umane: chi è e cosa fa
Il responsabile delle risorse umane si occupa di realizzare piani di assunzione per le aziende, selezionare il personale e gestire il loro percorso all’interno della realtà imprenditoriale con la finalità di far vivere bene l’esperienza lavorativa a tutti i collaboratori. È una figura professionale che può essere interna all’azienda con un ufficio preposto alla gestione delle risorse umane, o anche esterna, lavorando con un ente terzo che fa da mediatore tra l’azienda e i candidati.

Gestione delle risorse umane: formazione e attitudini
Per diventare responsabile della gestione delle risorse umane bisogna conseguire la laurea e poi scegliere il programma di un master in HR più vicino all’area nella quale ci si vuole specializzare. Per lavorare infatti nelle risorse umane non basta avere le competenze base di un corso accademico, come una laurea in lettere o in scienze della comunicazione, ma occorre acquisire competenze specifiche che riguardano gli aspetti legislativi dei contratti di lavoro e anche la componente emotiva e psicologica che caratterizza le relazioni con le persone. Per occuparsi infatti delle risorse umane occorre un’estrema sensibilità, spiccate doti organizzative e relazionali.


La formazione si può svolgere presso le università tradizionali e anche presso le università telematiche, che hanno la particolarità di erogare i loro corsi mediante piattaforme online e che quindi utilizzano l’e-learning come metodo di apprendimento. In Italia sono 11 le università telematiche riconosciute dal MIUR e alcune, come Unicusano, oltre alle sedi territoriali dislocate in tutto il paese hanno anche un campus nella sede principale che costituisce il centro nevralgico dell’ateneo e nel quale si possono frequentare lezioni, tirocini post laurea e svolgere attività sportive e relazionali.


Il fattore umano come valore primario
Il fattore umano nelle piccoli e grandi aziende è ormai considerato un valore assoluto e va coltivato giorno per giorno con l’obiettivo di rendere serene tutte le persone impiegate in ogni realtà lavorativa. Con la pandemia, le sofferenze psicologiche sono state molteplici e le persone hanno un forte di bisogno di essere ascoltate e di ritrovare entusiasmo in ciò che fanno. È dunque di fondamentale importanza curare la gestione delle risorse umane, perché sono un investimento sociale ed economico per un futuro migliore.

Lavoro in somministrazione, nel secondo trimestre 2021 cresce la domanda a Brescia

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Donne e lavoro, foto generica da Pixabay

Secondo i dati forniti dalle Agenzie per il Lavoro, nel 2° trimestre 2021 la domanda di lavoratori in somministrazione in provincia di Brescia mostra un deciso e inedito incremento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, pari al +106% (tendenziale). L’entità dell’aumento è legata al confronto con l’analogo intervallo del 2020, ovvero con la fase più acuta della crisi economica scoppiata in concomitanza con la pandemia, quando molte attività produttive e commerciali operavano a regime ridotto, se non addirittura chiuse.

A evidenziarlo è il tradizionale Osservatorio Confindustria Brescia – Agenzie per il Lavoro, riferito al 2° trimestre 2020.

Il confronto con la “normalità pre-Covid”, identificata nel 2° trimestre del 2019, registra una contrazione delle richieste nell’ordine del 13%, stando a indicare che quanto perduto durante l’emergenza del 2020 è stato solo parzialmente recuperato. Per quanto riguarda i macro gruppi professionali analizzati nell’Osservatorio, il confronto con il 2° trimestre 2019 offre una prospettiva particolarmente diversificata, con i profili tecnici in forte sviluppo (+67%), seguiti a distanza dal personale non qualificato (+10%) e dai conduttori d’impianti (+6%). Variazioni negative riguardano invece gli impiegati esecutivi (-14%), gli operai specializzati (-37%) e, in particolare, gli addetti al commercio (-65%), che si conferma come la categoria più penalizzata dalla pandemia.

Dal punto di vista della composizione della domanda, si evidenzia la prevalenza di conduttori d’impianti (39,6%), seguiti dal personale non qualificato (23,5%), dagli operai specializzati (11,7%) e dagli addetti al commercio (9,0%). Più contenuta è la domanda di tecnici (8,9%) e impiegati esecutivi (7,3%).

Con riferimento alle difficoltà di reperimento dei lavoratori in somministrazione, non si segnalano tensioni particolari, a eccezione, in particolare, di alcuni profili appartenenti ai tecnici (tecnici in campo ingegneristico, tecnici informatici), agli impiegati esecutivi (addetti logistica e impiegati contabili), agli addetti al commercio (addetti fast food e addetti assistenza pazienti) e agli operai specializzati (fonditori, saldatori, montatori, manutentori, fabbri).

Lavoro interinale, a Brescia “situazione in leggero miglioramento”

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Dopo tre trimestri di significative cadute della domanda di lavoratori in somministrazione, nell’ultimo periodo dell’anno le richieste hanno evidenziato una variazione di poco negativa (-4%) rispetto allo stesso trimestre del 2019 (tendenziale). Il dato rifletterebbe la ripresa dell’attività dell’industria manifatturiera sperimentata nei mesi scorsi, i cui livelli produttivi si attesterebbero, nel complesso, poco al di sotto della “normalità” pre-Covid, a fronte delle forti contrazioni nell’ambito delle attività legate al commercio e alla ristorazione, penalizzate anche dalle nuove misure restrittive adottate nell’ultima parte del 2020.

A evidenziarlo è il tradizionale Osservatorio Confindustria Brescia – Agenzie per il Lavoro, a cura del Centro Studi di Confindustria Brescia.

“I dati del quarto trimestre 2020 segnano una ripresa per quanto riguarda il lavoro in somministrazione a Brescia, ma la pandemia da Covid-19 ci ha confermato come occorra cambiare il nostro approccio al mercato del lavoro, superando la logica del posto di lavoro per parlare di occupabilità – commenta Roberto Zini, Vice Presidente di Confindustria Brescia con delega a Lavoro, Relazioni Industriali e Welfare –. Bisogna cioè prendersi cura delle persone che lavorano o che vogliono lavorare e spostare l’attenzione sui loro percorsi di educazione, istruzione e formazione professionale”.

La variazione complessiva è la sintesi di andamenti particolarmente differenziati tra i singoli profili. Conduttori d’impianti (+35%) e operai specializzati (+9%) sono in forte crescita, sulla scia del recupero dell’attività nell’industria. Tecnici (+4%), personale non qualificato (-2%) si caratterizzano per un’evoluzione complessivamente piatta, mentre per gli impiegati esecutivi (-25%) e per gli addetti al commercio (-62%) si rilevano le contrazioni più intense.

Nell’intero 2020 la pandemia ha provocato una profonda modifica della composizione strutturale della domanda di lavoratori in somministrazione. Rispetto all’anno precedente è aumentata la quota dei conduttori d’impianti (passati dal 34% al 37%), del personale non qualificato (dal 21% al 24%) e dei tecnici (dal 5% al 7%), a fronte di un significativo ridimensionamento degli addetti al commercio, le cui richieste, alla luce delle forti limitazioni imposte con l’obiettivo di contenere i contagi, sono di fatto dimezzate (dal 20% all’11%).

Grazie all’elevato livello di dettaglio disponibile, l’Osservatorio offre inoltre una particolareggiata fotografia sull’evoluzione delle richieste di professionalità legate all’utilizzo delle nuove tecnologie, in una fase di evoluzione dell’industria manifatturiera caratterizzata dall’automazione e dalla digitalizzazione dei processi produttivi. Tali figure non sembrano risentire della crisi: nel 2020 la loro domanda ha intercettato ben il 23,9% delle richieste complessive, in leggero incremento rispetto a quanto rilevato nel 2019 (21,9%) e in forte accelerazione nei confronti del 2018 (8,5%), a certificazione che il processo di digitalizzazione delle imprese industriali bresciane è oramai avviato e non sembra essere stato scalfito dalle problematiche rilevate nel 2020.

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