«I prezzi delle materie siderurgiche prime basilari, quali minerale di ferro e carbone da coke, si muovono al rialzo in modo equilibrato, sostenuti anche dalla debolezza del dollaro, orientando nello stesso senso la ghisa e i coils. Dopo le ampie ondate rialziste del 2016 e del 2017, i prezzi dei coils si prospettano in via di stabilizzazione, essendosi riposizionati al rialzo con aumenti compresi tra il 130 e il 140% rispetto ai minimi d’inizio 2016».
E’ la fotografia del mercato siderurgico che è stata scattata da Achille Fornasini, Partner & Chief Analyst di siderweb, durante il convegno “Mercato dell’acciaio: le tendenze dei prezzi nel 2018”, che si tenuto nel pomeriggio di oggi a Brescia, nella sede e con il sostegno di UBI Banca.
In campo elettro-siderurgico, Fornasini ha rimarcato come le quotazioni del rottame rallentino la propria marcia rialzista, senza però compromettere «il canale ascendente che guida i prezzi da oltre 2 anni. Ora la situazione appare in via di relativa normalizzazione, ma sarà molto difficile rivedere i livelli del primo semestre 2016».
Il suo intervento ha introdotto la seconda parte del pomeriggio di lavori, dedicata a una tavola rotonda alla quale hanno partecipato Angelo Baronchelli (presidente Gruppo AB), Antonio Gozzi (presidente Federacciai), Rita Paesan (responsabile commerciale MPL) e Tommaso Sandrini (presidente Assofermet Acciai).
Ad aprire il confronto è stato il presidente di Federacciai: siamo di fronte a un «ciclo nuovamente rialzista delle materie prime. Una tendenza così forte che è stata capace di riassorbire nell’ultimo anno una serie di incertezze geopolitiche ed economiche abbastanza grave». All’orizzonte, però, c’è l’incognita della possibile applicazione di dazi sull’acciaio da parte degli USA, che secondo Gozzi «rischiano di fare aumentare ancora di più i prezzi interni. Infatti c’è molta preoccupazione nel downstream. Vedremo quali ripercussioni avrà sul resto del mondo. In questo momento – ha concluso Gozzi – dobbiamo essere vigili in Europa per evitare che i 13-15 milioni di tonnellate che non andrebbero più negli USA si riversino in Ue, che resta il mercato più aperto del mondo».
Proprio la variabile prezzo sarebbe oggi da gestire in modo oculato, sia da parte di «noi distributori che dei clienti a valle» ha dichiarato Tommaso Sandrini, presidente di Assofermet Acciai. «La situazione è di equilibrio tra domanda e offerta, caratterizzata da richieste dei clienti toniche. Assistiamo a un allungamento del magazzino delle acciaierie, a magazzini con stock bassi, a una buona richiesta di materiale. E in un contesto in cui la regionalizzazione dei prezzi è un dato di fatto, il gap delle quotazioni nel Nord e Sud Europa si va assottigliando sempre di più».
Sulla Section 232, oggi ci sono molte incognite: «La mia maggior preoccupazione – ha detto Sandrini – è legata alle possibili dinamiche di reazione e contro reazione. L’effetto dazi potrebbe innescare aumenti di prezzo che penalizzerebbero gli stessi player americani».
A completare il confronto è stato il punto di vista di due utilizzatori di acciaio. Secondo Rita Paesan, direttore commerciale di MPL, «è fondamentale, ma non facile trasferire a valle gli aumenti di prezzo, che nella seconda parte del 2017 sono stati considerevoli e improvvisi, per via dell’ampiezza temporale delle commesse. Il nostro settore, quello delle costruzioni – ha concluso – è tra quelli che soffrono maggiormente e da più tempo. Ci auguriamo che la tendenza all’aumento dei volumi abbia un effetto traino su costruzioni ed edilizia».
«I nostri sono contratti di lungo periodo – ha aggiunto Angelo Baronchelli, presidente del Gruppo AB -. La commessa si prende oggi e si consegna dopo due anni. Il rischio legato alle fluttuazioni di prezzo è tutto a nostro carico e talvolta fatichiamo a farci riconoscere quell’extra valore. Se si vuole operare sul mercato, la marginalità arriva nel tempo».