di Bortolo Agliarti – La crisi – quella che sperabilmente ci stiamo lasciando alle spalle – come tutte le crisi ha qualche aspetto positivo. Secondo la nota riflessione di Albert Einstein, in realtà le crisi sono vicende tutte positive, tutte taumaturgiche, perchè impongono schemi nuovi, indicano strade alternative, segnalano nuove opportunità. Sono considerazioni che hanno il loro valore, anche se, guardandomi alle spalle e segnando le molte aziende in questi anni scomparse e quindi mettendo in conto le fatiche e le lacrime di tanti artigiani, faccio onestamente fatica a gridare “viva le crisi”.
Ma bisogna convenire che su un aspetto, questa tremenda crisi un qualche beneficio l’ha portato. Ed è, a mio parere, una convinzione nuova, diffusa, ragionata, circa la necessità di avere un lavoro; si è un po’ capito – forse più che in precedenti situazioni di difficoltà, forse perchè appunto questa crisi è stata particolarmente feroce – che il lavoro è vita, che senza si fa fatica non solo a tirare a fine mese ma anche a vivere, a dare un senso più pieno alla vita. Il lavoro, parafrasando un vecchio adagio, è come l’aria: ne capiamo l’importanza quando viene a mancare. Il lavoro, quindi, come condizione privilegiata, non come una condanna come lo si leggeva fino a qualche tempo fa. Se quindi il lavoro è importante, importantissimo, a come crearlo, come mantenerlo, come accrescerlo, vanno dedicate attenzioni particolari. Naturalmente ci sono tante cose da fare per ottenere questo obiettivo: fisco più semplice, tasse più basse, incentivi allo sviluppo, agevolazioni a chi vuole fare impresa eccetera eccetera. Ma c’è un aspetto che a mio avviso si sottovaluta, ovvero il ruolo della scuola. Ma come, si potrà obiettare, che c’entra la scuola con il creare lavoro? La scuola deve guidare, preparare e insegnare. Appunto: perchè la scuola non può considerare anche questo aspetto: insegnare a fare l’imprenditore. Intuisco le possibili obiezioni (la scuola ha già tanto da fare, i mezzi sono pochi, poi ci sono i programmi, le leggi e via elencando). Intuisco, ripeto, e in parte comprendo.
Settembre è iniziato e sò bene che il problema primo di presidi e dirigenti è quello di avere cattedre coperte, come si dice, evitando sperabilmente i vuoti e i problemi dello scorso anno. E quindi d’accordo: vediamo e speriamo di partire col piede giusto e di metterci in carreggiata. Ma poi, più avanti, è così impossibile immaginare di avviare un confronto con le associazioni di categoria delle imprese per vedere se e come sia possibile immaginare di insegnare a fare l’imprenditore. Penso naturalmente alle scuole superiori, e non necessariamente agli ultimi anni. Perchè non si potrebbe insegnare a fare l’imprenditore? Perchè non si dovrebbe poter cominciare a spiegare, ad esempio, che cos’è un artigiano, come si diventa, che cosa può fare, che problemi si incontrano ma anche che soddisfazioni dà l’essere padroni di se stessi; perchè non fare incontrare degli artigiani con i ragazzi, capire un mestiere, scoprire le curiosità e sentire dai nostri artigiani perchè hanno deciso (al tempo) di diventare tali e perchè hanno continuato a farlo anche se, magari, avevano qualche alternativa di lavoro. Oppure perchè non raccontare ai nostri ragazzi che l’innovazione non è solo alta tecnologia (anche se ovviamente ci sono artigiani che utilizzano tecnologie avanzatissime) ma che l’innovazione, generata da menti fresche, si presta ad essere inserita anche in mestieri “antichi”.
Perché non dare la possibilità agli insegnanti di conoscere meglio il tessuto produttivo artigiano, le caratteristiche e soprattutto le potenzialità? Sono convinto che anche gli insegnanti apprezzerebbero l’opportunità e lo stimolo di conoscere da vicino un mondo ai più sconosciuto. Perchè, in una parola, non avvicinare di più la scuola alle imprese, perchè non considerarle complementari. In fondo, entrambi – la scuola e le imprese – la stessa cosa vogliamo per i nostri giovani: un futuro migliore; siamo – la scuola e le imprese – un po’ la doppia faccia di una medaglia unica. Solo che, come nella medaglia, il fronte e il recto non si guardano. Spesso così accade. E questo non è positivo. Faccio queste considerazioni offrendo la disponibilità mia personale e quella dell’Associazione che presiedo: ci fosse qualche scuola interessata ad approfondire il tema noi ci siamo. Vediamoci e vediamo se e come un possibile primo percorso in questo senso sia possibile, con l’augurio che, come detto agli inizi, l’avvio del nuovo anno scolastico sia un po’ meno tribolato di quello passato.
Presidente Associazione Artigiani