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Innovation club - page 7

Inbound marketing, farsi trovare… con valore | INNOVATION CLUB

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Il termine Inbound marketing indica una modalità di marketing centrata sull’essere trovati da potenziali clienti (outside-in) in contrasto alla modalità tradizionale, detta anche outbound marketing (inside-out) che è imperniata su un messaggio direzionato unicamente verso il cliente. I vantaggi dell’inbound marketing possono essere estesi a qualsiasi organizzazione o tipo di azienda, che sia a scopo di lucro o meno, che utilizzi il “canale” (sito web in primis) come mezzo di comunicazione con clienti esistenti e potenziali.

LA TECNOLOGIA A SUPPORTO DELL’INBOUND MARKETING

Quando si affronta il tema “Farsi trovare dai propri clienti sulla rete”  ci si limita spesso ad ottimizzare il proprio sito attraverso le classiche attività di SEO/SEM sui motori di ricerca in particolar modo usando gli strumenti forniti da Google. Oggi esistono strumenti molto più evoluti in grado di realizzare questi processi:

1. Google e gli altri motori di ricerca cambiano il proprio algoritmo di ottimizzazione ogni due giorni ed un lavoro di ottimizzazione SEO/SEM risulta poco efficace se non è supportato da un sistema automatico di ottimizzazione  di ogni singolo articolo e contenuto. E’ necessario che il proprio CMS sia quindi supportato da un processo di costante ottimizzazione per poter essere trovato con più facilità dai propri clienti potenziali.
2. Tracciare in modo personalizzato gli utenti anche se “non iscritti” comprendendo chi sta leggendo il nostro sito o il nostro blog. Attraverso un sistema di analisi dei DNS è possibile risalire facilmente al nome dell’azienda di cui fa parte il generico visitatore del vostro sito. Questo crea, soprattutto nei processi B2B, una premessa per un contatto intelligente segnalando all’azienda in questione gli articoli o i contenuti visitati già letti o un aggiornamento di questi.
3. Automatizzare la relazione con la comunità di clienti/utenti del proprio portale realizzando una comunicazione one-2-one. Dopo che la relazione con il cliente è diventata personale è possibile tracciare in modo completo che cosa il singolo utente consulta e condividere con lui “messaggi profilati” di approfondimento ed analisi sulle tematiche dove  è più sensibile.
4. Monitorare in tempo reale i propri concorrenti o del proprio settore in modo da comprendere velocemente quali argomenti suscitano maggiore interesse nel proprio contesto. Con semplici strumenti oggi è possibile realizzare un verso sistema di Competitive Intelligence.
5. Sviluppare contenuti in modo semplice e con grafica ed immagini accattivanti attraverso un CMS veloce e ricco integrato con le “funzioni evolute” sopra descritte.
6. Integrare la presenza digitale al proprio sistema CRM in modo da tenere traccia non solo delle attività commerciali svolte su un cliente o cliente potenziale ma integrare anche informazioni di inbound marketing relative ad esso (cosa il cliente o gli utenti di un’azienda cliente hanno letto). Questo significa dare in mando alla propria rete commerciale vero uno strumento di marketing digitale.
Tutti questi “superpoteri” oggi sono a disposizione di ogni impresa a fronte di contenuti investimenti economici utilizzando una tecnologia di Customer Experience facilmente gestibile anche da una persona non tecnica.

USARE LO STORYTELLING COME STRUMENTO DI RELAZIONE CON I CLIENTI

Quando si vuole creare una conversazione nel mondo digitale è necessario trasformare prodotti in servizi in storie da raccontare per aumentare la memorabilità dei propri contenuti. Lo storytelling è una metodologia che usa la narrazione come mezzo creato dalla mente per inquadrare gli eventi della realtà e spiegarli secondo una logica di senso. L’atto del narrare, nello storytelling, si ritrova nell’esperienza umana e si può rappresentare in varie forme (individuali o collettive) che connettono pensiero e cultura. Soprattutto le emozioni dell’uomo – attraverso la narrazione – trovano il mezzo più efficace di espressione. Il pensiero narrativo possiede una molteplicità di significati, ma questi necessitano di essere tradotti, affinché si possano costruire una o più forma di comunicazione che siano rielaborate dai soggetti secondo i termini della narrazione. Il discorso narrativo permette di rendere comprensibile, comunicabile e ricordabile il vissuto. Quindi, il pensiero narrativo organizza l’esperienza soggettiva e interpersonale; mentre il discorso narrativo rende possibile la riflessione. Si tratta di un “processo interattivo” dal momento che il discorso narrativo rende possibili interpretazioni molteplici per tutti i soggetti che entrano in contatto con una certa storia.

QUALI SONO GLI INVESTIMENTI DI INBOUND MARKETING PER UN’AZIENDA ?

Se i contenuti vetrina della vostra azienda devono essere resi “liquidi” nel web prima di tutto bisogna dotarsi di uno strumento tecnologico. Esistono diverse piattaforme internazionali che integrano tutte le funzioni evolute di cui abbiamo parlato e che. per questo, facilitano l’operatività di un marketer. Tali piattaforme sono utilizzate spesso da realtà con processi di comunicazione strutturati ed internazionali.
Oggi sono anche messi a disposizione anche una serie di strumenti “Inbound” con investimenti più contenuti adatti a risolvere una singola esigenza di visibilità o gestire una particolare campagna di comunicazione.
Un aspetto molto importante è la capacità di generare contenuti validi per il proprio contesto. Se pur dotati della migliore tecnologia sul mercato senza un contenuto valido per il proprio interlocutore la strategia di Inbound Marketing non porterà risultati. Per questo è fondamentale che all’interno della propria realtà ci sia una persona esperta nella vostra materia che si dedica a questo processo che sappia ideare e sviluppare in modo costante argomenti a valore.
Contatta Innovation Club per realizzare la tua strategia di Inbound Marketing (www.innovationclub.it)

La network analysis nelle imprese | INNOVATION CLUB

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Matteo Casnici

Se vi fosse chiesto di raggiungere con un messaggio il presidente degli Stati Uniti, di certo pensereste che arrivare ad una persona così lontana nello spazio e così estranea alla vostra cerchia di conoscenze sia una follia. Sbagliereste. Recentemente un gruppo di ricercatori dell’Università degli Studi di Milano ha mostrato che questo è possibile, naturalmente tramite il Web. Nel 2011 il Prof. Boldi e colleghi, riprendendo il tema del celebre studio sui “sei gradi di separazione” condotto da Milgram negli anni Sessanta, hanno analizzato le reti di amicizia su Facebook (ai tempi 721 milioni di utenti e 69 miliardi di legami), concludendo che la distanza tra due utenti qualsiasi è, in media, pari a circa quattro passaggi. Vale a dire, per recapitare un messaggio a un utente qualsiasi -anche dall’altra parte del globo-, basterebbe scrivere ad un amico, il quale inoltrerebbe il messaggio ad un suo amico, che lo manderebbe a sua volta ad un altro amico, il quale finalmente lo consegnerebbe al destinatario ultimo. Solo quattro passaggi.

Nell’ultimo decennio, la consapevolezza di vivere in un mondo fortemente interconnesso inizia ad essere di patrimonio comune. La connessione è diventata non solo uno dei principali paradigmi dei nostri tempi, ma anche un aspetto chiave per le aziende. Basti pensare che il concetto di responsabilità sociale d’impresa, approccio innovativo e recentemente molto discusso, si basa sull’assunto che l’azienda sia connessa ad una rete di attori interni ed esterni ad essa, verso i quali essere economicamente ed eticamente responsabile. Molti studi empirici mostrano che anche la capacità di un’impresa di generare innovazione dipende da come essa sia interconnessa all’ambiente che la circonda. Il grado d’innovatività di un’azienda dipende non solo dal talento personale dei manager e dalla cultura aziendale, ma anche dalla presenza di legami con realtà diverse e complementari e, più in generale, di un sistema di relazioni strategiche di condivisione che facilitino l’emersione di nuove idee vincenti.

Relazioni e connessioni permeano la vita quotidiana dell’impresa. All’interno di molte aziende, in particolar modo quelle con strutture organizzative più “verticali”, i dipendenti sono organizzati in una struttura gerarchica, secondo ruoli e mansioni. La forza lavoro di un’azienda forma una rete interdipendente di soggetti che si scambiano informazioni, documenti, prodotti semi-lavorati. La struttura formale di questa rete di relazioni è ben rappresentata dall’organigramma. Ma questo non basta. In ogni organizzazione c’è anche una struttura invisibile di relazioni che legano i dipendenti tra loro. In azienda gli attori si scambiano fiducia, relazioni di supporto operativo, problem solving, idee, amicizia. Tali relazioni non sono osservabili a occhio nudo né tantomeno ricavabili dall’organigramma. Questa struttura è la rete informale di relazioni che vive in ogni impresa, e non è detto che coincida con quella formale, né è detto che sia meno importante di essa. In un recente studio pubblicato su HR Magazine, è stato presentato il caso di un’azienda americana che, per meglio governare il processo di crescita internazionale, si era posta l’obiettivo di coinvolgere le figure aziendali più influenti assieme al change management. Per individuare questi influencer interni, il management si avvalse di uno studio scientifico che coinvolse 200 manager in 10 paesi diversi. L’analisi identificò poco più di una dozzina di soggetti chiave che risultavano fondamentali per connettere tra loro i dipendenti dell’azienda. La grande sorpresa fu che metà di loro erano soggetti che i leader divisionali non si sarebbero mai aspettati (considerando l’organigramma) e che ricoprivano ruoli anche marginali, formalmente. Alcuni di loro risultavano molto più influenti di tanti soggetti con importanti incarichi dirigenziali. E i manager non lo sapevano.

 

Per indagare le relazioni fuori e dentro l’impresa, università e società di consulenza utilizzano un insieme di tecniche chiamato network analysis. Questa disciplina nasce negli anni Trenta da un gruppo di sociologi che studiavano persone e organizzazioni non come attori a sé stanti, ma come entità interconnesse. Lo scopo era capire come le relazioni potessero influire sui comportamenti. Dagli anni cinquanta la network analysis si diffonde ed assume un carattere ampiamente interdisciplinare. È utilizzata non solo da sociologi e antropologi, ma anche da economisti dell’organizzazione per comprendere le dinamiche di potere e collaborazione in azienda, da analisti finanziari per studiare le interdipendenze tra i titoli, da esperti di comunicazione per analizzare i fenomeni di diffusione di informazioni, da operatori di marketing per massimizzare l’estensione di una campagna pubblicitaria minimizzandone i costi, e persino da biologi e scienziati naturali per studiare le interdipendenze negli ecosistemi. Questa disciplina si basa su rigorose tecniche matematiche e più precisamente sulla teoria dei grafi, che permette di rappresentare sistemi a vari gradi di complessità tramite modelli di rete, in cui i soggetti sono rappresentati come dei punti (nodi) legati tra loro da relazioni (legami). Questi modelli permettono di semplificare la realtà e ottenere informazioni o rappresentazioni che altrimenti sarebbero invisibili.

Le potenzialità e gli impieghi della network analysis in ambito organizzativo-aziendale sono molteplici.

  1. Fusioni e acquisizioni: la network analysis è utilizzata dalla società acquirente per studiare le reti informali della società acquisita, al fine di individuarne gli attori chiave. Tali informazioni sono poi utilizzate a supporto dei processi d’integrazione che seguono all’acquisizione e permettono grande risparmio di risorse e guadagno in termini di efficienza.
  2. Ottimizzazione dei processi: tecniche di analisi delle reti sociali sono impiegate per identificare i flussi d’informazioni o di materiali in azienda e rilevarne eventuali inefficienze. In base ai dati, il management può intervenire modificando la struttura spaziale in azienda (es. avvicinando due risorse strategiche), investendo in infrastrutture tecnologiche (es. intranet per facilitare la comunicazione) o inserendo nuove figure aziendali in aree problematiche.
  3. Gestione del personale: tenendo presente che non sempre i veri leader sono individuabili nella struttura formale dell’impresa, avere una chiara mappa delle relazioni informali in azienda aiuta il management a individuare gli opinion leader, a prendere decisioni di avanzamento di carriera e di incentivazione del personale. Inoltre, fornire un diagramma della struttura di relazioni informali ai nuovi arrivati può essere estremamente utile nelle fasi di inserimento del personale, limitando costi di apprendimento ed inefficienze.
  4. Efficacia manageriale: in generale, per qualsiasi manager è importante sapere chi siano i leader informali dell’impresa. Conoscere i leader significa capire come sia distribuito il potere nell’azienda, aspetto che per un manager si rivela fondamentale sempre e comunque per il buon governo dell’impresa.

Relazioni e connessioni caratterizzano la vita dell’azienda anche al di fuori dalle strutture produttive. Da qualche anno le aziende stanno dedicando una crescente attenzione alle dinamiche d’ingaggio e soddisfazione del cliente. Avere una clientela fidelizzata e soddisfatta significa diminuire i costi di mantenimento del cliente e limitare le oscillazioni di fatturato, fattore d’importanza strategica. Per arrivare a questo obiettivo, le aziende stanno modificando il modo di porsi con i clienti e il teatro di questo cambiamento è ovviamente il Web. Se nei primi anni Duemila le aziende più dinamiche si erano munite di un sito E-commerce, oggi questo non basta più. Le aziende oggi sono chiamate a uno sforzo più articolato. I clienti non utilizzano più il Web solo per acquistare, ma soprattutto per cercare e condividere informazioni, scambiarsi consigli e raccomandazioni. Per le aziende non è più sufficiente avere un semplice E-commerce tramite cui vendere prodotti, ma è necessario prima di tutto creare una comunità di clienti. Tante aziende si stanno muovendo in questa direzione, come dimostra negli ultimi anni l’esplosione del numero di pagine aziendali di piccole e grandi attività su Facebook, Instagram e altri social. I clienti vogliono vedere il prodotto prima di acquistarlo, conoscere l’opinione degli altri consumatori, condividere la loro esperienza con gli altri e capire la filosofia aziendale del venditore. Il cliente non è più un’entità isolata che agisce di proprio conto prendendo decisioni di consumo autonome –ammesso che lo sia mai stato. Oggi più che mai il cliente è da considerarsi un soggetto che si relaziona in più fasi non solo con l’azienda, ma anche con i suoi pari.

Alcune ricerche accademiche hanno descritto il processo decisionale che porta all’acquisto come un percorso a più fasi. A questo proposito, eccone un semplice modello semplificatorio ed esemplificativo. Fase 1: il potenziale cliente riconosce di avere un bisogno. In molti casi questo avviene perché il soggetto entra in contatto con altri soggetti che lo influenzano. Questi influencer sono tanto individui reali con cui il potenziale cliente interagisce faccia a faccia, quanto utenti online con cui egli interagisce all’interno di comunità Web, blog o social networks. Fase 2: il potenziale cliente ha bisogno di un aiuto. Ha davanti a sé una gamma vastissima di prodotti e deve selezionarne uno, per cui chiede consiglio agli utenti della rete, ne legge le recensioni, cerca le opinioni dei clienti che hanno già acquistato i vari prodotti. Fase 3: il potenziale cliente si convince della superiorità di un prodotto e, allora, cerca il miglior modo di comprarlo, se direttamente dall’azienda o da un distributore. Per decidere, osserva che cosa hanno fatto gli altri consumatori e il loro grado di soddisfazione. Il potenziale cliente in questo momento diventa cliente. Diretto, se compra direttamente dal produttore, indiretto se acquista da un distributore. Fase 4: il cliente, in base alla sua esperienza di acquisto e di utilizzo del prodotto, decide infine se scrivere una recensione o lasciare un commento che servirà ad altri clienti in futuro.

La decisione d’acquisto in tutte le sue fasi è influenzata dal contatto con gli altri consumatori. Oggi uno dei temi preponderanti del marketing moderno è la profilazione del cliente, cioè offrire a ogni singolo soggetto un prodotto personalizzato in base ai suoi gusti e alle sue preferenze. Questo è molto importante e assicura un aumento dell’efficacia dell’azione d’ingaggio, vendita e fidelizzazione. Ma forse ancora più importante è capire dove i soggetti prendano informazioni, da chi sono influenzati, quali siano le cerchie sociali in cui i soggetti trovano ed ascoltano i loro influencer, a quali persone o gruppi i potenziali clienti siano connessi. Perché proprio da qui emerge il comportamento d’acquisto.

La social network analysis è uno strumento di marketing con potenzialità molto elevate perché consente di rappresentare ed analizzare le connessioni esplicite ed implicite tra i potenziali clienti di un’azienda. In questo modo, i clienti sono rappresentati come individui appartenenti a comunità e non come soggetti a sé stanti. Ecco alcune applicazioni operative:

  1. Expert targeting: uno dei principi fondamentali del direct marketing è raggiungere i consumatori con valore più alto, da cui ci si attende un profitto più elevato, rispetto al costo dell’azione di marketing. Mentre l’approccio del marketing tradizionale calcola il valore del cliente in base ai suoi acquisti potenziali nel tempo, un approccio più evoluto deve prendere in considerazione anche il potere d’influenza del soggetto stesso, vale a dire quanti altri clienti potenziali sia in grado di influenzare e di convertire. Il potere di influenzare altri soggetti è stato definito network value. La network analysis aiuta a selezionare, su un vasto numero di clienti o clienti potenziali, quelli con network value più alto, in modo da permettere all’azienda di concentrare su di loro l’azione di marketing e non su un numero imprecisato di utenti considerati tutti alla pari. Saper individuare gli influencere investire su di loro significa minimizzare i costi di marketing e massimizzarne efficacia e profitto atteso.
  2. Churn rate: avere idea di come i consumatori si relazionino tra loro e di come si influenzino implica anche la comprensione di quanto velocemente si diffonderanno non solo i comportamenti di acquisto, ma anche i comportamenti di abbandono. Il churn rate è una variabile chiave, in quanto ha un impatto immediato e diretto sul fatturato. La network analysis può aiutare a capire come si relazionano utenti e influencere aiutare a contrastare i tassi di abbandono, ad esempio mettendo in campo politiche di promozione e incentivazione di alcuni clienti chiave.
  3. Social recommendations: per molte aziende il modello di business è strettamente collegato alla capacità di generare recensioni utili. Grandi aziende come Amazon, Google o Tripadvisor, forniscono consigli ai consumatori in base alle scelte compiute dai loro contatti. Ricevere un’indicazione su che cosa ha fatto un amico può influenzare pesantemente il comportamento di consumo. La network analysis permette di definire come i potenziali clienti siano collegati tra loro e consente, quindi, di costruire sistemi di recensione sempre più efficaci, che limitino l’impatto dei costi di marketing diretto a favore di sistemi intelligenti e automatizzati, non solo per le grandi imprese, ma anche per le piccole-medie realtà.

Analizzare e comprendere le relazioni sociali dentro e fuori l’azienda è di fondamentale importanza, poiché vuol dire capire come il potere di influenzare le azioni altrui si distribuisce nella vita dell’impresa. Il valore aggiunto per il management, oltre alla consapevolezza (comunque cosa non indifferente), è poter far leva su questi meccanismi per aumentare il valore generato dall’impresa, ad esempio riducendo le inefficienze interne e aumentando l’efficacia delle azioni di marketing.

In questo quadro, la collaborazione tra università e impresa risulta fondamentale, poiché su questi temi c’è una grande mole di ricerca scientifica che, pur avendo un grande valore innovativo potenziale, non è ancora stata applicata. Il terreno è pronto affinché le scienze sociali raccolgano questa sfida, insieme con le imprese.

 

Niccolò Casnici

Dipartimento di Economia e Management

Università degli Studi di Brescia

INNOVATION CLUB – LEGGI LE PUNTATE PRECEDENTI

INNOVATION CLUB – Le nuove tecnologie per prevenire e curare i tumori

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Che cos’è un Tumore ? Una neoplasia altrimenti detta tumore indica «una massa abnormale di tessuto che cresce in eccesso ed in modo scoordinato rispetto ai tessuti normali, e che persiste in questo stato dopo la cessazione degli stimoli che hanno indotto il processo». Nel cosiddetto “tumore benigno” le cellule proliferate restano limitate all’organo in cui sono nate, nel maligno le cellule mutano ancora più profondamente estendendosi agli organi vicini, fenomeno conosciuto come diffusione delle metastasi. Il trattamento dei tumori ha prognosi molto diverse a seconda anche del momento in cui viene individuato e utilizza vari strumenti come la chirurgia, la radioterapia e la chemioterapia. Negli ultimi anni esistono e si stanno rapidamente diffondendo delle novità importanti.

A- I TEST GENETICI

Come una sorta di “palla di vetro”, i test genetici promettono di rivelare alle persone tutti i segreti nascosti nel DNA e di quantificare il loro rischio di ammalarsi. Si tratta di strumenti frutto delle più avanzate ricerche sulle cause delle malattie (in primo luogo del cancro, delle malattie neurodegenerative e cardiovascolari) e come tali costituiscono l’ausilio diagnostico del futuro.

B- LA RADIOTERAPIA MIRATA

La radioterapia in generale è una terapia medica consistente nell’utilizzo di radiazioni ionizzanti. La radioterapia è utilizzata soprattutto nel trattamento di forme di tumore, infatti utilizza un fascio di fotoni penetranti di energia, per danneggiare il patrimonio genetico delle cellule malate.
L’efficacia di un trattamento radiante risulta dalla capacità di somministrare dosi adeguate di radiazione al “target” neoplastico riducendo al minimo l’irradiazione ai tessuti sani adiacenti.
Il recente sviluppo di dispositivi tecnologici dedicati alla radioterapia, associati all’utilizzo degli esami della diagnostica per immagini per la precisa definizione del volume neoplastico da irradiare e la maggiore comprensione degli effetti biologici a breve e a lungo termine delle dosi di radiazioni somministrate, ha apportato un ulteriore miglioramento dei risultati clinici, incrementando la sopravvivenza dei pazienti oncologici. Questo strumento si definisce radioterapia “mirata”.
Oggi esistono strumenti molto potenti quali gli acceleratori lineare con fotoni.
Per le sue caratteristiche tecniche questi strumenti possono eseguire trattamenti a elevata complessità in cui è necessario somministrare alte dosi di terapia radiante in sedi anatomiche non operabili e difficilmente raggiungibili, risparmiando i tessuti sani.
Per merito di questa capacità di precisione possono essere erogati trattamenti mirati ed altamente concentrati in tempi ridotti e con un numero di sedute sensibilmente inferiore a quanto sinora era possibile.

C- LE TERAPIE IMMUNO ONCOLOGICHE

Le terapie immuni-oncologiche sono farmaci particolari che agiscono sul sistema immunitario per stimolarlo ad attaccare le cellule tumorali. Il sistema immunitario è il sistema di difesa del nostro organismo che ci protegge da infezioni e malattie. Quando un organismo estraneo entra nel nostro corpo il sistema immunitario lo riconosce e lo attacca impedendogli di causare un danno. Questo processo prende il nome di risposta immunitaria.
Le cellule tumorali sono molto diverse dalle cellule normali dell’organismo perché hanno un codice genetico (DNA) danneggiato e per questo si riproducono in modo incontrollato. Il sistema immunitario è di solito abbastanza forte da attaccarle quando è in grado di riconoscerle.
Tuttavia le cellule tumorali spesso riescono a mascherare assumendo l’aspetto di cellule normali e ingannano in questo modo il sistema immunitario che non le riconosce più come pericolose. Inoltre come i virus le cellule tumorali possono mutare e quindi essere ancore più difficili da trovare. Le terapie immuno-oncologiche attivano il sistema immunitario attivano il sistema immunitario mettendolo nella condizione di riconoscere e attaccare con precisione le cellule tumorali.

D- PRUOMUOVERE LA PREVENZIONE ATTRAVERSO UN ASSISTENTE VIRTUALE E DINAMICHE LUDICHE

E’ oramai banale dirlo: la battaglia contro il tumore inizia con la prevenzione. Consideriamo che nel mondo moderno si nascondono molti rischi di assumere o venire in contatto con agenti cancerogeni in modo involontario o casuale. Basti pensare che molti alimenti industriali contengono sostante che se assunte in modo costante sono cancerogene. E’ anche per questa ragione che molti tumori connessi dell’apparato digerente sono in aumento. La tecnologia digitale ci può assistere nel costruire uno stile di vita migliore. In particolare è possibile creare un “assistente virtuale” e realizzare attraverso esso delle dinamiche ludiche per abituare ogni persone alle buone pratiche della prevenzione. 

Ecco alcuni esempi:

> Seguire una dieta che riduca il rischio tumorale: Le ricerche ormai condividono che alcuni alimenti (per esempio la carne rossa) possono aumentare il rischio di alcune forme di tumore ed è stato dimostrato che seguire una dieta salutare può ridurre il rischio di contrarre alcuni tipi di cancro come quello al colon. Riducete, quindi, il consumo di carne rossa, degli insaccati e delle salsicce (questi ultimi a causa di molte sostanze chimiche utilizzate nella loro preparazione). Consumate molta frutta e verdura, ricche di fibre e vitamine. Riducete i cibi ad alto contenuto calorico come: i dolci, le farine raffinate, lo zucchero , patatine e canditi. Consumate cibo con alte quantità di calcio e vitamina D, importantissimi per la vostra salute.

> Mantenere il peso salutare simulando la nostra attività fisica: Rimanere normopeso seguendo un regime di attività fisica regolare, orientandosi con il proprio indice di massa corporea, può aiutare a prevenire non solo alcuni tipi di tumore, ma anche problemi cardiaci e il diabete.

> Controllare la vostra esposizione dai raggi solari: Ogni volta che vi esponete ai raggi del sole (sarebbe preferibile una protezione 30, o superiore, in grado di proteggere dai raggi UVA e UVB). Coprite la testa con un cappello e usate degli occhiali da sole. I raggi solari passano attraverso i finestrini dell’auto e, in genere, passano attraverso tutti i vetri, per cui sarebbe consigliabile l’utilizzo di una protezione solare ogni volta che vi esponete al sole, anche se da dietro un finestrino.

> Avvertirci quando la nostra esposizione alle polveri sottili PM 10 e PM 2,5 diventa pericolosa: L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), con sede a Lione, ha ufficializzato l’entrata delle polveri sottili (PM) inserendoli da diversi anni nella categoria 1 ossia negli agenti certamente cancerogeni. In particolare le polveri sottili fanno aumentare del 21% del tumore ai polmoni (con prognosi spesso infauste) e del 50% gli adenocarinomi ossia quei tumori che provengono dalle cellule dell’epitelio ghiandolare, presenti negli organi ghiandolari esocrini (per esempio pancreas, mammelle, tiroide o prostata) e in generale nei tessuti con proprietà secretorie. Renderci consapevoli della nostra esposizione alle polveri sottili quindi è fondamentale anche perché viviamo in un paese ed in una zona come la pianura padana dove l’emergenza smog è costante.

> Utilizzare lo smartphone nel modo migliore: E’ molto importante dire che non esistono studi ad oggi che provano un legame tra uso degli smartphone e tumori in particolare quelli cerebrali. Essendo utilizzato lo smartphone vicino alla testa si è spesso analizzato la correlazione tra i tumori cerebrali maligni come i pericolosissimi gliomi, tra cui il gliobastoma la forma tumorale più veloce e letale che si conosca. I test su animali non hanno evidenziato incidenze mentre quelli epidemiologici hanno dato evidenza alcune correlazioni con forme tumorali benigne come il neurinoma del nervo acustico. Su queste forme benigne si sono già formulate delle sentenze che hanno condannato delle aziende che hanno forzato l’utilizzo eccessivo di uno smartphone a loro manutentori/agenti.

Tuttavia l’effetto degli smartphone lascia qualche dubbio per alcuni motivi di fondo facilmente intuibili:

– I tessuti a contatto con l’apparecchio possono assorbire le onde radio anche tipo di radiazione non ionizzante;

– L’uso degli Smartphone è in aumento, anche tra i bambini che sono irraggiati nella delicata fase della crescita;

– L’utilizzo dello Smartphone è aumentata a dismisura. La gente vive letteralmente in simbiosi con lo Smartphone a volte H24.

Ad oggi International Agency for Research of Cancer (Iarc) ha classificato le radiofrequenze emesse dai cellulari nel gruppo 2B ossia sostanze e fattori considerati “potenzialmente cancerogeni”. Per questo a titolo precauzionale ci son delle “buone pratiche” che vengono consigliate come quella di tenere lo Smartphone lontano dalla testa usando il vivavoce, usalo meno possibile in presenza di poca rete che rende necessario una potenza radiante più alta. Lo smartphone stesso può avvertirci per aiutarci ad evitare un’eccessiva esposizione giornaliera.

INNOVATION CLUB – LEGGI LE PUNTATE PRECEDENTI

INNOVATION CLUB: Vino 4.0, nuovi contenuti grazie al digitale

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Negli ultimi anni il cliente dei prodotti vitivinicoli utilizza con grande frequenza il canale digitale per tracciare le conversazioni sui prodotti in ogni settore. Numerosi portali di comunicazione raccolgono recensioni degli utenti  facendo esplodere anche nel settore vino una modello molto simile a quanto fatto accadere al turismo ristorazione con Tripadvisor. 

Il sistema più importante è sicuramente Vivino che permette di scattare una foto all’etichetta del prodotto e di recuperare le recensioni alla cantina ed al prodotto specifico. Questa applicazione mobile è già stata scaricata da 23 milioni di utenti in tutto il mondo (2 Milioni in Italia) ed è in crescita esponenziale. Esistono altri 20 portali/applicazioni in tutto il mondo meno diffusi e anche in Italia sono nate piazze digitali per lo scambio di informazioni tra consumatori sul vino. Spesso queste informazioni percepite come “super partes” sono ritenute importanti tanto quanto i dati delle più prestigiose guide sul vino.Il cliente deve essere quindi coinvolto con esperienze emozionali più profonde ed memorabili perchè abbia più chiaro le peculiarità di un brand ed il consumatore deve essere ingaggiato con una conversazione non convenzionale e se possibile continuativa.

Abbiamo riassunto alcune practice digitali fondamentali utili per innovare i processi di vendita delle cantine vitivinicole:

Realizzare la propria cantina in 3D navigabile e accessibile

Utilizzando l’ambiente 3D è possibile effettuare delle visite evolute e permettere agli utenti di “incontrarsi” gestendo una presenza evoluta su Mobile App Web Social Smart TV, Oculus Rift . L’idea di permettere una visita alla cantina partendo da “un’informazione” sul packaging di una bottiglia può essere una prospettiva curiosa. Prendo in mano una bottiglia di vino e  posso in questo modo entrare nel mondo del produttore. La cantina digitale identifica e rappresenta la storie e le peculiarità della tecnica di produzione di ogni vino.

“Slow Digital Experience” per arricchire la visita in cantina 

L’esperienza diventa il vero elemento di differenziazione, anche quando si racconta una storia. All’interno della visita in cantina questo significa trasformare il problema in opportunità per diilatare gli istanti di attenzione e aumentare l’esperienza della visita in cantina. Ecco perché parliamo di “slow” digital experience: raggiungere e coinvolgere gli interlocutori quando e dove importa davvero. Prima, durante e dopo la visita.

Applicare il modello B2B2C per l’ingaggio del cliente nel canale HO.RE.CA

Per i produttori di vino è molto interessante dare valore al Canale HO.RE.CA  sempre più importante. Molto interessante può esssere portare avanti un modello B2B2C sul customer engagement cercando di veicolare iniziative per portare clienti ai propri partner HO.RE.CA. E’ possibile creare un’iniziativa digitale per realizzare una dinamica legata all’appuntamento (troviamoci insieme) o per promuovere eventi ed iniziative attraverso “digital coupon”.

Extended Packaging per informare il cliente in GDO

Un’applicazione che può rappresentare un punto di svolta nella relazione digitale tra consumatori e produttori è quella dall’extended packaging. La considerazione di partenza è che sull’etichetta sono riportate solo le informazioni obbligatorie per la normativa vigente più altre che costituiscono la comunicazione che il produttore tenta di veicolare al consumatore. Ma quest’ultimo è oggi molto esigente, informato e capace di costruire un proprio ventaglio di scelte non solo considerando il fattore prezzo, ma anche altri elementi di tipo nutrizionale, di stile di vita, culturale, abbinamenti ecc. A tale scopo possono essere utili le informazioni disponibili tramite un’applicazione mobile che mostra l’informazione corretta a partire da una foto dell’etichetta oppure veicolata in modalità automatica attraverso la comunicazione in prossimità.

Trasformare l’e-commerce in un abbonamento fidelizzando i migliori clienti

Una strategia vincente è quella di trasformare il proprio canale e-commerce in un sistema che può fornire per determinati clienti una selezione dei propri prodotti tramite abbonamento riuscendo così a costruire un rapporto continuativo e aumentare il livello di servizio e la qualità percepita del brand.

Iniziative di comunicazione diretta attraverso i Social Network 

Creare iniziative “instant win” chiedendo ad esempio una fotografia dell’utente con il prodotto vinicolo consumato in un’occasione conviviale (Compleanno, laurea, festività) permette da un lato di far crescere e convertire la propria fanbase Facebook sui Social Network e dall’altro i contenuti prodotti diventano elementi fondamentali per arricchirei propri canali social con informazioni qualificate e “calde” proprio perchè create dagli utenti.

Utilizzare l’Inbound Marketing per attrarre i clienti con lo Storytelling 

Il termine Inbound indica una modalità di marketing centrata sull’essere trovati da potenziali clienti in contrasto alla modalità tradizionale, detta anche outbound marketing che è imperniata su un messaggio direzionato unicamente verso il cliente. La tecnologia digitale oggi permette di realizzare a costi contenuti dinamiche di comunicazione profilata. Quando si vuole creare una conversazione nel mondo digitale è necessario trasformare prodotti in servizi in storie da raccontare per aumentare la memorabilità dei propri contenuti. Il pensiero narrativo possiede una molteplicità di significati, ma questi necessitano di essere tradotti, affinché si possano costruire una o più forma di comunicazione che siano rielaborate dai soggetti secondo i termini della narrazione. Il discorso narrativo permette di rendere comprensibile, comunicabile e ricordabile il vissuto.

a cura di INNOVATION CLUB

INNOVATION CLUB. Il Bando Innodriver per finanziare l’innovazione delle imprese lombarde

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Undici milioni di euro a fondo perduto (a valere sui Fondi POR FESR 2014-2020) per sostenere le piccole e medie imprese lombarde nell’acquisizione e nello sviluppo di servizi avanzati di innovazione tecnologica e di brevetti: è questo, in estrema sintesi, l’obiettivo del bando Innodriver, approvato dalla Giunta Regionale lo scorso  29 Giugno e pubblicato da Regione Lombardia.

Il bando si propone di supportare le imprese lombarde nella partecipazione a programmi di ricerca, sviluppo ed innovazione europei, sostenerne i processi di finalizzati all’ottenimento di brevetti o modelli Internazionali o europei, ma soprattutto di stimolarne la capacità di innovazione tecnologica e di prodotto, mediante una costante collaborazione fra PMI e centri di ricerca.

Fra le tre linee di investimento nelle quali si divide il bando, spicca sicuramente la Misura A, costituita da un fondo di 7.4 milioni. Lo scopo principe di questa linea d’intervento è agevolare la realizzazione di progetti di innovazione di processo, mirando ad incrementare produttività ed efficienza nel ciclo produttivo di beni e servizi, ma anche di innovazione di prodotto, per creare nuovi mercati progettando prodotti originali o aumentando la varietà di quelli esistenti.

L’innovazione di processo si persegue mediante l’applicazione di un metodo di produzione o di distribuzione nuovo o sensibilmente migliorato, che permetta di ottenere un aumento delle capacità di produzione o di servizio. Quella di prodotto, per contro, si sostanzia nel processo che porta alla genesi di prodotti innovativi, derivanti da processi migliori (innovazione incrementale) o ampiamente differenti (innovazione radicale) da quelli esistenti.

L’ambito di operatività del bando si esaurisce nelle seguenti aree di specializzazione: aerospaziale, agroalimentare, eco-industria, manifatturiero avanzato, mobilità sostenibile, industrie di salute, creative e culturali, mondo delle “Smart Cities e Communities”.

Il finanziamento è aperto a tutte le micro, piccole o medie imprese che intendano dare vita a dei progetti inerenti alle aree di specializzazione sopra citate presentando apposita domanda on-line, dove dovrà essere cura del richiedente l’agevolazione indicare, pena la non ammissibilità, la destinazione ed il contenuto delle diverse voci di spesa, oltre che la ragione sociale e partita IVA del Centro fornitore.

Sono ritenute ammissibili le spese compiute dalla data di presentazione della domanda sino al 240esimo giorno successivo alla data di pubblicazione del decreto di assegnazione del contributo. L’ammissione è subordinata anche alla definizione puntuale di un importo minimo di investimento (40.000,00 €), mentre la normativa non richiede obbligatoriamente che ne venga segnalato uno massimo. Qualora la richiesta fosse accolta, il contributo concedibile sarebbe pari a euro 25.000,00.

Entrando nello specifico, la normativa delinea con precisione quali siano le tipologie di spese ammissibili:

> Costi per acquisizione di servizi e consulenze specialistiche da CRTT registrati in QuESTIO: Spese sostenute per consulenze da operatori specializzati operanti nel sistema QuESTIO, che erogano servizi di ricerca di base o laboratorio. Queste spese devono essere fedelmente documentate e motivate in un preventivo che si attenga ai prezzi di mercato. Consulenze di carattere generale in materia fiscale, legale o amministrativa non sono computabili in questa sezione.

> Costi per strumentazioni o attrezzature funzionali alla realizzazione ed alle finalità del progetto: acquisto o leasing di impianti o macchinari, attrezzature tecnologiche o informatiche essenziali per l’esito positivo del progetto. Ammortamenti di cespiti, solo se non acquisiti in origine con l’aiuto di sovvenzioni pubbliche.

> Costi per materiali, forniture e prodotti analoghi: materie prime o immobilizzazioni immateriali, con peso massimo del 20% della somma delle tre voci di spesa appena elencate.

> Altri costi generali in misura non superiore al 25% della totalità degli altri costi ammissibili.

L’invio della domanda è effettuabile all’interno di due finestre temporali ben delineate: una prima si snoda dal 12 luglio 2017 fino alle ore 15:00 del 31 dello stesso mese, mentre la seconda (che non si aprirebbe se la totalità delle risorse fosse stanziata per progetti presentati nella prima) dura dal 10 al 31 gennaio 2018.

Oltre alla domanda di adesione corredata dalla scheda tecnica del progetto, descritto nei minimi dettagli, è necessario presentare in allegato una pletora di documenti, fra cui la dichiarazione de minimis, i preventivi di spesa dei CRTT individuabili come collaboratori, la dichiarazione ai fini della verifica della regolarità della posizione contributiva.

La valutazione delle domande è ad esclusiva cura del Nucleo di Valutazione e si compone di due aspetti: un’istruttoria formale ed una valutazione tecnica: quest’ultima è parametrata su diversi criteri, fra cui si evidenziano soprattutto la capacità dei proponenti e la qualità progettuale dell’operazione, a sua volta scomponibile in diverse classi (congruità e pertinenza al bando dei costi, dei tempi di realizzazione, del grado di innovatività del progetto). Il punteggio varia da zero a cento, l’esito positivo è subordinato al raggiungimento di un minimo di 65 punti, ed in caso di parità, la precedenza spetta al progetto che più si è distinto per grado di innovazione assoluta.

Entro 120 giorni dalla data di scadenza del termine per la presentazione delle domande la graduatoria dei progetti viene approvata tramite Decreto dal Dirigente pro-tempore della Struttura Ricerca, Innovazione e Trasferimento Tecnologico della Direzione Generale Università, Ricerca e Open Innovation, ed in seguito pubblicata sul bollettino ufficiale della Regione Lombardia (BURL) e sul Portale Regionale. Ciascun partecipante, in aggiunta, riceverà notifica dell’esito sul proprio indirizzo di posta elettronica certificata. Entro 90 giorni dalla pubblicazione sul BURL, l’impresa finanziata deve accedere all’indirizzo web siage.regione.lombardia.it ed accettare il contributo (pena la perdita dello stesso) inserendo data, importo e riferimenti precisi del CRTT erogatore di servizi indicato in fase di domanda. Entro 60 giorni dalla data di conclusione del progetto, l’impresa deve caricare online la rendicontazione e la richiesta di erogazione del saldo, pena la decadenza del contributo.

La società è tenuta ai seguenti ulteriori adempimenti: invio online della relazione tecnica del progetto realizzato, delle fatture e dei documenti contabili quietanzati, del questionario di customer satisfaction.

Regione Lombardia provvede, in conclusione di questo iter così ampolloso nei suoi diversi step, all’erogazione del contributo entro 90 giorni dalla richiesta, previa verifica della correttezza dei documenti presentati e del rispetto di tutte le norme del bando. L’impresa si deve impegnare a conservare per 10 anni la documentazione comprovante l’avvenuto pagamento delle spese e ad allegarla alla rendicontazione online, da sottoscriversi con firma digitale.

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INNOVATION CLUB – Vacanze a 5 stelle: ora è possibile con Fattore Lusso

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La 36 enne bresciana, Mariasole Scalvini, promotrice del progetto Fattore Lusso

Il lusso è il mercato mondiale in maggiore crescita e da una locale ricerca, risulta che in termini numerici, i 380 milioni di consumatori che oggi acquistano per un totale di 730 miliardi in beni di lusso, arriveranno ad essere 440 milioni nel 2020. Una crescita guidata prevalentemente dai consumatori core (che spendono in media 10.000 € annui in lusso personale ed esperienziale, auto escluse), oggi 32 milioni, con una crescita di 10 milioni di nuovi consumatori prevista entro il 2020. Nei prossimi dieci anni il tasso di crescita dei viaggi di lusso si prospetta al 6,2%, quasi un terzo superiore al resto del comparto (4,8%), sintomo della progressiva polarizzazione del turismo, che è di lusso o low cost, stima l’Oxford Economics Group nel 2016.

La 36 enne bresciana, Mariasole Scalvini, con il suo nuovo progetto Fattore Lusso vuole proporre ville con piscine, jet privati, personal concierge, chef personale, e molto di più, nel territorio della Lombardia, che sta divenendo sempre di più una meta per un turismo di élite.

Quale è l’obiettivo di Mariasole?

Offrire un servizio a 5 stelle e tutti i confort possibili ed inimmaginabili, anche a coloro che scelgono di alloggiare in una casa o un appartamento di lusso, e che non vogliono rinunciare ad i confort tipici di una struttura alberghiera a 5 stelle.  Sono sempre di più, infatti, i turisti stranieri che scelgono l’Italia per acquistare la seconda casa o come meta per le loro vacanze. Ed accresce in modo esponenziale il numero dei viaggiatori che optano per una vacanza in casa invece che in Hotel. E proprio nell’ambito della fornitura di alloggi per affitti brevi, l’Italia primeggia. Si attesta infatti al 3° posto della classifica per numero di case affittate attraverso il portale Airbnb. Non solo Lago di Garda, ma sempre di più anche il Lago di Iseo, la Franciacorta, le valli e le città lombarde, sono le mete preferite dagli stranieri che desiderano andare alla scoperta del nostro territorio, ma anche da italiani che vogliono vivere esperienze esclusive di lusso e che non temono di pagare per la qualità. Fattore Lusso desidera coinvolgere tutti gli operatori lombardi di qualità per offrire pacchetti esclusivi a chi se lo può permettere. E non sono pochi, nonostante la forte crisi degli ultimi anni.  Fattore Lusso farà in modo che i vostri sogni diventino realtà!

E oggi, che cos’è il lusso?

Emozione. È una sensazione che si può provare dopo aver vissuto un’esperienza unica. Quando il cliente indossa un vestito di un brand prestigioso, per esempio, sa che qualcuno ha pensato a quel vestito, con il materiale perfetto e la migliore manodopera. E quando lo indossa si senta felice.

Il Lusso è un’esperienza indimenticabile, una storia che ci rende speciali. Significa poter essere se stessi, scegliendo i dettagli, sulla base della propria esperienza.

Ma quali sono i partner che verranno coinvolti nel progetto di Mariasole?

Affittuari di ville e appartamenti luxury, yacht e jet privati, ma anche chef e pasticceri stellati, cantine di prestigio, personal trainer e insegnanti di yoga, massaggiatori, parrucchieri, estetisti, personal shopper e maggiordomi.

Come il canale digitale impatta sul settore del lusso?

In questo particolare contesto, l’evoluzione digitale sta cambiando le regole, andando ad impattare sul paradigma dello Status. Sempre più lo status sarà svincolato dal possesso di un prodotto, ma sarà sempre più rivolto all’accesso a community e a servizi esclusivi, ad elevato valore aggiunto. Più di un orologio, un gioiello o un’autovettura, conterà poter accedere ad un servizio esclusivo e raro. Questo trend incrementerà, certamente, molte opportunità per la creatività degli startupper da tutto il mondo, che potranno immaginare nuove forme di accesso a servizi per clienti “luxury”. Fondamentale meccanismo è la gestione della community con strumenti digitali, che permette agli utenti di conoscersi e fare network tra di loro, soprattutto se accomunati da una passione comune. La community abilita il passaparola (advocacy), permettendo una rapida diffusione del servizio.

Il portale fattorelusso.com è ora attivo in italiano, tedesco, inglese, arabo e cinese. Per qualsiasi richiesta di informazioni è possibile contattare l’email info@fattorelusso.com.

 

 

Fonderia 4.0, 12 fonderie scelgono Metal One, la soluzione che integra Ar e Iot

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Metal One, fonderia

METAL One é la soluzione per Fonderie di metalli ferrosi e non, con tecnologia a gravità, bassa pressione e pressofusione. Basata su SAP Business One, è una soluzione aziendale pienamente integrata, caratterizzata da un ottimo rapporto costo-prestazioni, e concepita appositamente per le piccole e medie imprese.

Efficienza, Controllo e Profittabilità

Le Fonderie sono in un processo evolutivo che le vede trasformarsi da produttori di fusioni grezze a partner tecnologici di prodotti finiti; sono parte attiva nella progettazione e prototipazione, la filiera di produzione si è allungata inglobando sempre più lavorazioni. Nel costante miglioramento qualitativo il ruolo di capo commessa della Fonderia impone un controllo ed una tracciabilità in tutto il processo produttivo. METAL One permette di gestire l’intero flusso di processo delle Fonderie dalla prototipazione e preventivazione, ai dati tecnici qualitativi e di processo delle Fusioni, al ciclo attivo e passivo, alla pianificazione della produzione, al conto lavoro, alla logistica, al controllo qualità, all’amministrazione e controllo di gestione.

L’ ERP per le PMI

Per affermarsi, le piccole e medie imprese devono disporre di una soluzione aziendale caratterizzata da piena integrazione e costi contenuti. Un unico sistema che automatizzi i processi di business e fornisca un accesso semplice e immediato a informazioni costantemente aggiornate. I sistemi “tradizionali” di gestione aziendale, che frequentemente sono solo una serie di programmi applicativi obsoleti e scarsamente integrati, non sono in grado di soddisfare le esigenze attuali. Informazioni insufficienti, interruzioni nel flusso che collega i processi di business nonché dati obsoleti e non aggiornati costituiscono gli ostacoli principali che impediscono un controllo efficace ed efficiente delle operazioni aziendali. Grazie a METAL One e SAP Business One l’impresa può essere gestita con un netto incremento di profittabilità e un controllo rigoroso di ogni singolo processo.

Realtà aumentata (AR) in fonderia

Un’applicazione per Smart Glasses permette agli operatori di essere formati nei processi produttivi e logistici.

Internet of Things (IoT) per i processi fusori

Metal One si integra con i sensori di prossimità ce monitorano i processi fusori. La gestione delle tecnologia IoT nel processo di fusione sono articolate. Gran parte delle conoscenze ingegneristiche vengono richiamate: fluidodinamica (riempimento), trasferimento di calore e cambi di fase (solidificazione), metallurgia (microstruttura e difettologie) e molto altro si potrebbe menzionare. I parametri da gestire ed analizzare sono numerosi e le interazioni fra di essi estremamente complesse. L’acquisizione di questi dati è ad oggi possibile, ma raramente è possibile realizzare analisi incrociate in modo veramente semplice ed intuitivo per identificare, ad esempio, le cause di scarto più comuni di un determinato lotto di produzione. Ancor più difficile, se non impossibile, è il confronto fra dati di processo e conseguenze, in termini di efficienza di produzione, resi, extracosti. Ciò che manca è un’infrastruttura che permetta la rilevazione automatica dei dati di processi, la loro elaborazione ed una consultazione chiara e veloce, in modo da permettere una integrazione fattuale fra uomini, macchine e strumenti, ma anche fra operatori, controllori e manager. Questa infrastruttura è finalmente realizzabile, estendendo le capacità degli attuali ERP che ad oggi costituiscono la spina dorsale aziendale. Occorre dotare questi strumenti di occhi, orecchie, mani e memoria per completare il sistema nervoso aziendale. L’ambizione è ottenere un “corpo” armonico, efficiente e reattivo.

Innovation Club è la fabbrica delle idee | INNOVATION CLUB

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Sei una startup che vuole lanciare un nuovo business ? Sei un’azienda che vuole innovare il proprio posizionamento sul mercato costruendo una nuova iniziativa business gestita da uno spin-off ?

Condividi la tua idea con Innovation Club (info@innovationclub.it). I membri del club sono in grado di condividere un percorso per l’implementazione della vostra idea. 

Ecco alcuni servizi che possiamo mettere a disposizione:

BUSINESS MODELLING

Progettazione dei sistemi di business innovativi. Individuazione delle metriche e degli strumenti di monitoraggio per favorire l’evoluzione della tua azienda verso uno sviluppo esponenziale. Il Business Model Canvas è uno strumento che può essere utilizzato utile a sviluppare nuovi modelli di business o formalizzare quelli esistenti. Si tratta di uno schema grafico dove sintetizzare visivamente come un’impresa crea valore, le risorse ed attività necessarie, i segmenti di clienti, e gli aspetti economico-finanziari.

RICERCHE DI MERCATO E STRATEGIE DI VENDITA

La ricerca di mercato è la sistematica raccolta, conservazione ed analisi dei dati relativi a problemi connessi al marketing dei beni e/o dei servizi. Le ricerche di mercato si occupano principalmente dello studio e dell’analisi dei comportamenti espressi e dei processi decisionali (motivazioni) dei consumatori in un’economia di mercato, o della definizione della struttura di un mercato. Sono una fonte di informazione per chi, all’interno di un’azienda che produce beni o servizi, deve prendere decisioni di marketing. La strategia di vendita si compone di numerose attività: Analisi delle buyer persona; mappatura del customer journey; strategie di outbound e inbound marketing; sistemi evoluti per la gestione della relazione con i clienti, integrati con le piattaforme media, di social networking e social commerce.

PRODUCT DESIGN & INNOVATION

Apprendimento e applicazione di processi e metodi di Design Thinking: ideazione, progettazione, sviluppo con approccio “lean” incrementale e iterativo, prototipazione e ingegnerizzazione, validazione sul mercato con metodi di ricerca quali-quantitativi. Sono due i concetti centrali:

> Il “Minimum viable product” (MVP) è la “versione di un nuovo prodotto che consente ad un team di raccogliere la massima quantità di conoscenza validata sui clienti con il minimo sforzo.”

> Il “Pivot” rappresenta una “correzione strutturata della rotta progettata per verificare una nuova ipotesi fondamentale relativa ad un prodotto, una strategia”

TECHNOLOGY STRATEGY

Proponiamo come  sulle nuove tecnologie e gli ambiti di applicazione, con focus sui tre pilastri dell’innovazione. Convenzioni in Italia e all’estero con università, istituti di ricerca ed enti equiparati ci permettono di conoscere anche quelle tecnologie che possono avere delle ricadute industriali.

BUSINESS PLAN

La nascita di una nuova attività imprenditoriale (e di qualsiasi progetto aziendale) deve essere sostenuta da uno studio o un’analisi di fattibilità in grado di fornire una serie di dati di natura economico-aziendale, sui quali tracciare linee guida per la costituzione dell’attività. Lo studio di fattibilità si concretizza nella redazione di un documento: il business plan. Il business plan è un documento che sintetizza i contenuti e le caratteristiche di un progetto imprenditoriale (business idea). Viene utilizzato sia per la pianificazione e gestione aziendale che per la comunicazione esterna, in particolare verso potenziali finanziatori o investitori. Il Business Plan è un documento necessario per ogni progetto innovativo ma da solo è un esercizio matematico: importante affiancare ad esso studi, analisi e esperienze che possano convalidarlo.

BREVETTO O INNOVAZIONE “OPEN”

Un brevetto tutela e valorizza un’innovazione tecnica, ovvero un prodotto o un processo che fornisce una nuova soluzione a un determinato problema tecnico. È un titolo in forza del quale viene conferito un monopolio temporaneo di sfruttamento sull’oggetto del brevetto stesso, consistente nel diritto esclusivo di realizzarlo, di disporne e di farne un uso commerciale, vietando tali attività ad altri soggetti non autorizzati. In particolare, il brevetto conferisce al titolare:

> nel caso in cui l’oggetto del brevetto sia un prodotto, il diritto di vietare ai terzi, salvo consenso del titolare, di produrre, usare, mettere in commercio, vendere o importare a tali fini il prodotto in questione

> nel caso in cui l’oggetto del brevetto sia un procedimento, il diritto di vietare ai terzi, salvo consenso del titolare, di applicare il procedimento, nonché di usare, mettere in commercio, vendere o importare a tali fini il prodotto direttamente ottenuto con il procedimento in questione.

Il brevetto può essere un elemento che da un valore oggettivo ad un’idea anche se in certi casi non è sempre la soluzione ideale. Spesso i costi legali di una causa nazionale o internazionale per fare valere un brevetto sono proibitivi: per questo si tende oggi a ragionare con una prospettiva di innovazione “open” individuando altri elementi di protezione del proprio know-how.

FUNDRAISING & FINANZA AGEVOLATA

Il processo di fundraising è solo in apparenza molto semplice ma nasconde tante attività. innanzitutto bisogna trovare il modo di ottenere un incontro con i potenziali investitori. Dopodichè, occore spiegare loro in che modo l’iniziativa può riuscire a fargli ottenere guadagni elevati. Ciò significa dovere illustrare molteplici aspetti: la mission aziendale, il prodotto,  la visione futura, il mercato, la concorrenza, quale sarà il vantaggio competitivo nel medio-lungo periodo. Per finanza agevolata si deve intendere il complesso di investimenti che favoriscono lo sviluppo di progetti aziendali, coprendo, per quanto possibile, il fabbisogno finanziario mediante l’ottenimento di agevolazioni comunitarie, nazionali o regionali. Rientra nella finanza agevolata pertanto qualsiasi strumento il legislatore metta a disposizione delle imprese al fine di fornire loro un vantaggio competitivo che incida positivamente sullo sviluppo aziendale e sul rilancio dell’impresa.

INTERNAZIONALIZZAZIONE

Grazie ad una rete di relazioni vasta in molti paesi in grado di identificare il più adatto contesto di applicazione di un’idea.

> Abbiamo relazioni imprenditoriali consolidate in molti paesi europei come Francia, UK, Spagna anche grazie all’esperienza di lavoro di alcuni membri del nei programmi quadro della Commissione Europea;

> Diamo  particolare attenzione a contesti extra-europei come gli Stati Uniti (Silicon Valley, West Coast, East Coast), il Sudamerica, i paesi arabi (EAU, Dubai), L’India, Il Sud-est asiatico;

> Molto importante anche considerare il contesto dei paesi emergenti come molti stati africani che spesso nascondo grandi opportunità o il particolare contesto dei “micro-stati” come le isole, il cui sistema economico ha caratteristiche molto peculiari. 

L’internazionalizzazione di un’idea non è solo relazione ma anche il processo di adattamento di una impresa, un prodotto, un marchio, pensato e progettato per un mercato o un ambiente definito, ad altri mercati o ambienti internazionali, in modo particolare altre nazioni e culture. Nell’estate del 2017 il club ha organizzato un innovation tour che toccherà gli hotspot dell’innovazione europea quali il distretto di Sophia Antipolis nel Sud della Francia ovvero il principale polo tecnologico europeo, Barcellona che è la prima Smart City in Europa, Lisbona contesto emergente che ospita il Web Summit e Monaco di Baviera dove si trova il più strutturato “sistema startup” della Germania.

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I chatbot e l’evoluzione dei servizi al cliente | INNOVATION CLUB

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(a cura di Innovation Club) Discutono con noi; rispondono alle nostre domande; sono sempre pronti ad aiutarci e, spesso, riescono anche ad anticipare le nostre esigenze. Vivono in mezzo a noi ma non sono esseri umani. Sono i chatbot – noti anche come bot o chatterbot – e, secondo gli analisti, sono pronti a diventare i migliori amici delle persone e dei brand.

Non è un caso se chatbot e customer experience sono argomenti che viaggiano insieme, perché questa nuova (ma non tanto) tecnologia potrebbe rivoluzionare per sempre il rapporto tra aziende e clienti. Nel nome dell’intelligenza artificiale.

Qualche tempo fa Satya Nadella, CEO di Microsoft, durante un’intervista ha dichiarato che quella dei bot è una “tecnologia inevitabile”. Basta un giro veloce tra le news online per comprendere la portata di questa ossessione, a partire proprio da Microsoft che, secondo alcuni, starebbe già testando i bot come strumento di supporto di primo livello.

I margini di azione delle reti neurali e del machine learning sono molto sfumati, e i bot ne sono la dimostrazione più evidente:

Si integrano con i siti web, come primo elemento di contatto e customer service (ad esempio sui siti di comparazione prezzi) o come assistente (Siri in versione Mac o Cortana);

Comunicano con le app mobile, imparano dall’utilizzo e forniscono informazioni (i due ‘contenitori di bot più importanti al momento sono Facebook Messenger e Telegram);

Agiscono come centro nevralgico del dispositivo mobile, rendendo possibile accedere ai servizi senza digitare e senza dover passare da una app all’altra (Siri ma anche Google Instant Apps).

Questa loro natura fluida rappresenta il motivo principale per cui i chatbot stanno conquistando velocemente i settori più disparati. Scorrendo le ultime notizie troviamo:

American Express che lavora a un bot per fornire servizi finanziari agli utenti;

Shine che vuole aiutare gli adolescenti in difficoltà con un supporto morale via Facebook Messenger;

Kayak che punta a un ambizioso progetto di agenzia di viaggi intelligente;

Kip che utilizza gli emoji per aiutare gli utenti a trovare e acquistare prodotti;  

DoNotPay che, come un bot ‘avvocato’, contesta le multe per parcheggio non pagato a Londra e New York.

Secondo le ultime stime, solo su Facebook sono già stati diffusi 11mila bot, che stanno evolvendo verso una maggiore interattività e capacità di imparare dal contesto. I tempi in cui uomini e macchine potranno comunicare in una modalità ‘seamless’ sono lontani, ma forse non così tanto come pensano gli apocalittici della tecnologia.

Per guardare al futuro, però, dobbiamo tornare al passato. Cercando di capire, innanzitutto, cosa sono i chatbot e da dove arrivano. Detto in poche parole, i bot sono entità artificiali progettate per automatizzare i compiti che di solito facciamo noi (una prenotazione per la cena, la pianificazione di un appuntamento).

Oggi, sono utilizzati principalmente per mantenere una conversazione intelligente con gli utenti umani, imparando costantemente dal contesto. Negli anni li abbiamo già visti sotto forma di software (SmarterChild) e assistenti integrati (Cortana, Siri). Come detto, però, sono destinati a diventare qualcosa di più complesso.

Non vi è dubbio che l’artificial intelligence contribuirà a ridefinire i confini del business negli anni a venire. Per citare il discorso di Pedro Domingos, l’autore di The Master Algorithm, al SXSW 2016: “La artificial intelligence non è poi così spaventosa come sembra quando si traduce in artificial smartness.” Un gioco di parole che nasconde una evoluzione decisiva.

È la natura delle cose: Proprio come gli esseri umani evolvono, a seguito delle variazioni nell’ambiente sociale e tecnologico, lo stesso fanno i bot. Diventano più raffinati e proattivi davanti ai nostri occhi, tanto che alcuni futuristi hanno già annunciato che stiamo muovendo verso un incubo distopico in cui non si potrà più distinguere ciò che è umano da ciò che non lo è.

Certo, il fallimento dell’esperimento Tay, condotto da Microsoft, dimostra che il percorso verso una macchina davvero ‘smart’ è ancora lungo, ma questo non autorizza a paventare scenari alla Philip K. Dick. Piuttosto, evidenzia come anche la più intelligente delle tecnologie debba imparare a fare i conti con i comportamenti imprevedibili degli esseri umani.

“In sé la tecnologia non è né buona né cattiva, ma gli ingegneri hanno la responsabilità di assicurarsi che non sia progettata in modo da riflettere gli aspetti peggiori dell’umanità.” (TechCrunch)

Arrivati a questo punto, è necessario chiarire un punto importante: non tutti i chatbot sono uguali, così come non sono una invenzione degli ultimi anni. Esistono da decenni, fin da quando Alan Turing definì i confini del celeberrimo Test per riconoscere un uomo da una macchina.

Ancora oggi alcuni bot sono intelligenti, altri non tanto. Alcuni sono utili, altri sono solo ludici. Alcuni lavorano in completa autonomia, altri necessitano di intervento umano. La strada, però, è segnata: l’evoluzione dei bot li porterà a essere indipendenti, intuitivi e capaci di adattarsi al cambiamento.

Ed eccoci alla domanda centrale di questo articolo: I bot rappresentano davvero il futuro della digital customer experience? Oppure si tratta di un trend ancora non ben definito e destinato a svanire? L’idea è quella di creare un bot in grado di fornire assistenza, trovare sempre la risposta giusta e aiutare i clienti senza alcun intervento esterno. Come? Utilizzando le app per andare oltre le app come le conosciamo.

L’obiettivo finale è quello di realizzare qualcosa che – finalmente – renda la vita dei clienti più facile. Invece di perdere tempo a passare manualmente da un servizio all’altro, l’utente dovrà solo esporre vocalmente la sua domanda, e il suo assistente personale full-time farà tutto il lavoro.

Vuoi sapere quale sarà la temperatura nel prossimo fine settimana? Chiedi a un bot. Vuoi prenotare un pacchetto completo per la prossima vacanza? Lasciati guidare da un bot. Hai bisogno di restituire un paio di scarpe che non sono della misura giusta? Fatti aiutare da un bot.    

In questi termini, i chatbots sono l’ultimo, il più grande tentativo di migliorare la user experience, senza dover assumere legioni di operatori di customer service che prendano per mano i clienti.

La lista di modalità con cui le aziende tentano di connettersi con i clienti è già molto lunga. La differenza essenziale è che i chatbots “danno agli esseri umani l’illusione che stanno comunicando con un’entità che capisce e può rispondere con frasi che abbiano un senso.” (Marketplace)

Visti da questa prospettiva, i chatbot sembrano impostare una situazione win-win per gli sviluppatori e clienti:

Da un lato ci sono gli sviluppatori, che hanno scommesso sul successo dei mercati conversazionali e che creano nuovi bot intelligenti e piattaforme per venderli (come fanno già Telegram e Kik).

Dall’altro lato abbiamo le organizzazioni, ormai consapevoli che le persone vivono al tempo stesso online e offline. Le aziende hanno nuovi strumenti ma lo stesso problema di sempre: imparare a coinvolgere e monetizzare i propri clienti, offrendo esperienze significative in tutti i canali e touch point.

Ecco perché pensiamo che i bot potrebbero rappresentare un’opportunità preziosa per i brand (soprattutto i brand retail) per allineare l’esperienza offline del negozio con la costante presenza online dei loro clienti.

La vera sfida sarà nella capacità di realizzare strumenti in grado di uscire dalla dimensione ludica, per apportare un effettivo miglioramento della customer experience. La differenza si vedrà quando i bot riusciranno ad apparire e agire in modo del tutto naturale.

Customer Journey: 5 passi per reinventare la relazione con il cliente | INNOVATION CLUB

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(a cura di Innovation Club) “Un viaggio di mille miglia comincia sempre con il primo passo.” Con l’emergere di una nuova generazione di clienti – immersi in un ecosistema digitale – le aziende non possono più fare affidamento sulla customer journey map tradizionale. Ovvero ogni singola mappa che abbia più di cinque anni.

Il mondo intorno a noi è cambiato – e continua a cambiare – così velocemente che tutto ciò che era utile allora potrebbe non esserlo più oggi. L’esperienza dei clienti cambia e, con essa, le regole dell’engagement e della loyalty.

Qual è, quindi, la differenza tra il customer journey tradizionale e il digital customer journey? Proviamo a schematizzare i due processi di seguito:

Viaggio tradizionale: una sequenza dall’awareness all’acquisto e poi alla loyalty, attraverso pochi punti di contatto (conosciuti e presidiati dalle aziende). Il cliente può scegliere tra una serie limitata di alternative; la comunicazione è mono-direzionale e gestita dal brand; la scelta è influenzata da fattori quali pubblicità, prezzo, abitudine e dalle opinioni di una cerchia ristretta di influencer.

Viaggio digitale: un percorso circolare che attraversa numerosi punti di contatto, sia fisici che virtuali. La mappa non necessariamente inizia dalla awareness o finisce con la loyalty. Il cliente può scegliere tra un set potenzialmente infinito di alternative, e la scelta quasi mai è influenzata da pubblicità, prezzo o abitudine. Le opinioni fidate ora includono anche le comunità online (social network, recensioni sui siti e-commerce, forum, blog), persone che conosco a stento o non conosco affatto.

Se il client journey definisce i presupposti della tua strategia di marketing, a sua volta viene determinato da fattori sempre diversi, e spesso fuori dal controllo dell’azienda:

> Aumento del potere d’acquisto dei clienti più giovani – i millennial così esigenti, consapevoli e pronti a spendere.

> Diffusione dei dispositivi mobile – smartphone, tablet, smartwatch.

> Crescita delle tecnologie connesse – activity tracker, tecnologia indossabile, Internet delle Cose.

> Comparsa dei micro momenti – interazioni in tempo reale, determinate da esigenze specifiche.

Le persone nate e cresciute in un ecosistema digitale sono sempre connesse e in costante bilico tra fisico e virtuale. Costruiscono la loro identità interagendo con le loro community offline e online, e non riconoscono altra modalità di esperire il mondo.

In un mercato reso sempre più piatto dalla globalizzazione, i digital customer mostrano un netto rifiuto nei confronti della massa, sensazione ancora più urgente quando si parla di decisioni d’acquisto. Il rigetto della massificazione costringe le aziende a focalizzare sforzi e budget sulla personalizzazione, mettendo al centro del discorso la customer experience piuttosto che il prodotto.

Se davvero i clienti si ritrovano a dover scegliere tra decine – se non centinaia – di alternative, perché dovrebbero scegliere proprio te? È evidente che non stai combattendo solo contro il tuo vicino; ti trovi nel bel mezzo di una battaglia con migliaia di protagonisti. In un contesto simile, anche il prodotto migliore del mondo potrebbe non essere sufficiente per vincere.

La soluzione – dovrebbe ormai essere chiaro – è puntare sulla customer experience, che diventa il vero elemento di differenziazione. E la creazione di una nuova journey map rappresenta la base di un’esperienza davvero innovativa e coinvolgente. Non fosse che i clienti oggi pretendono un approccio personalizzato, con il risultato che identificare pattern comuni diventa sempre più difficile.

Esistono, però, dei requisiti base che non sono cambiati da quando il concetto di customer journey map è stato introdotto per la prima volta. Anche se il quadro di riferimento cambia con l’evolvere della tecnologia, questi sono – e saranno sempre – le fondamenta della pianificazione:

> Clienti

> Ricerca

> Touch point

> Obiettivi (di azienda e cliente)

> Misurazione

Possiamo distinguere due forze contrastanti: da un lato la necessità, da parte delle aziende, di raggiungere i clienti fin dalle prime fasi del viaggio; dall’altro la moltiplicazione dei punti di contatto, che rende sempre più difficile per le stesse conoscere i propri clienti. Le metodologie classiche non sono più in grado di mostrare cosa davvero le persone pensano e fanno prima di entrare su un sito o in un negozio.

Ecco perché hai bisogno di una nuova metodologia, che tenga conto dei cambiamenti e parta dall’identificazione dei seguenti nodi focali.

RIVOLUZIONA IL VIAGGIO

Ogni singolo trend evolutivo che abbiamo segnalato finora porta alla inevitabile rivoluzione del journey. Non c’è valore alcuno in una mappatura che ignori le differenti fonti di interazione generate a ritmo continuo dalla tecnologia. L’innovazione estende la relazione tra brand e clienti, producendo valore aggiunto per entrambi. Il brand migliore è quello che osserva con attenzione ciò che accade, ed è pronto a raccogliere la sfida per trovare nuove modalità di engagement per conquistare il cuore dei clienti.

NON DIMENTICARE IL CLIENTE

Qual è l’elemento centrale del viaggio? Il viaggiatore, naturalmente. Eppure sareste sorpresi di scoprire quanti professionisti disegnano la mappa partendo dall’azienda piuttosto che dai clienti. Dal momento che lo scopo ultimo è di migliorare la customer experience, però, l’unica strada che porta al successo è quella che parte dalla prospettiva del cliente: analizza e descrivi non tanto l’esperienza che tu vorresti offrire quanto quella che i clienti vorrebbero ricevere da te.

STUDIA IL COMPORTAMENTO

Abbiamo detto che conoscere clienti che urlano la loro unicità non è affatto semplice. Questo non significa certo che devi rinunciare a studiare il loro comportamento. La chiave per migliorare la strategia è comprendere come i digital customer decidono cosa e come comprare. Non tutti i percorsi nascono uguali: le persone partono da punti diversi, attraversano fasi diverse e decidono in base a criteri differenti. Se non riconosci questa diversità non potrai mai pianificare contenuti e azioni tagliate su misura.

PENSA MOBILE, AGISCI LOCAL

La tecnologia mobile ha contribuito a plasmare la connessione tra clienti e aziende – influenzando il tempo e lo spazio dell’interazione. Secondo un recente report di Nielsen, la metà dei clienti considera il mobile come la risorsa più importante nella fase di decisione di acquisto. Le piattaforme mobile già ora raccolgono il 60% del tempo totale speso sui digital media. La tua strategia dovrebbe pensare mobile e agire local, combinando localizzazione e comportamento per costruire contenuti utili, ovunque i clienti si trovino.

SBLOCCA IL POTERE DEI DATI

Sebbene sia diventato più difficile comprendere cosa fanno le persone nelle prime fasi del journey, d’altro canto le aziende possono sfoderare una nuova arma per cambiare le carte in tavola. Un’arma chiamata Big Data. Le tecnologie connesse generano una quantità incredibile di informazioni sul percorso del cliente. Una mole che le aziende devono imparare a plasmare per sbloccare il vero potere dei dati. Ciò che crea il vero valore, infatti, non è l’informazione in sé ma l’utilizzo che ne fai.

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