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Tendenze - page 10

Export, Lombardia locomotiva d’Italia: vale il 26% del totale

in Economia/Export/Tendenze by

La Regione Lombardia è la locomotiva dell’export italiano con 135 miliardi di esportazioni pari al 26% del totale nazionale. Importanti anche le performance del 2020/21 che hanno fatto segnare un +6,6% rispetto al 2019/20 periodo precovid, simile al dato nazionale che ha raggiunto, a livello nazionale, 516 miliardi di euro un +7.5% rispetto al precovid.

Questi i dati emersi nel corso degli Stati generali dell’Export in Lombardia, organizzati da ICE, Italian Trade Agency e Ministero degli Esteri e della Cooperazione internazionale, in corso di svolgimento a Palazzo Lombardia, cui hanno partecipato il presidente Attilio Fontana e l’assessore alle Sviluppo economico, Guido Guidesi.

PRESIDENTE FONTANA: PREOCCUPANO PREZZI MEDI MATERIE PRIME – “La Cabina di regia nazionale per l’internazionalizzazione e il Patto per l’export – ha spiegato Fontana – sono le sedi in cui tracciare le direttrici per la ripresa di competitività e per far fronte alla crisi energetica. La straordinaria vitalità del tessuto imprenditoriale lombardo e i dati incoraggianti dell’export 2021 non possono da soli frenare gli impatti su energia, mercati finanziari, commercio internazionale e logistica”.

Il governatore ha quindi elencato gli effetti della crisi russo-ucraina: “Risultano pesantemente compromessi gli scambi commerciali con i Paesi interessati – ha detto – ma è ancor più preoccupante il nuovo shock sui prezzi medi delle materie prime energetiche e non, l’impatto sulle forniture, in termini di disponibilità e tempi di approvvigionamenti, le conseguenze finanziarie sul sistema internazionale dovute al crollo del rublo e alla crisi delle banche russe”.

“L’export totale annuo della Lombardia – ha proseguito – che si concentra in primis nei comparti meccanica, moda, chimica, vale l’1,6% verso la Russia e lo 0,4% verso l’Ucraina. Tuttavia, quando si parla di crisi energetica, è necessario considerare gli effetti che ne deriverebbero sull’intero sistema imprenditoriale e, purtroppo, anche sulla coesione sociale e politica delle nostre società”.

Concludendo il presidente Fontana ha sottolineato la necessità di “considerare tutti questi fattori per porsi di fronte a quella che potrebbe definirsi come una nuova geografia dei flussi commerciali e di investimenti che andrà affrontata in maniera compatta ed unita, a livello nazionale ed europeo”.

ASSESSORE GUIDESI: COINVOLGERE PIÙ IMPRESE –  “La Lombardia ha dimostrato anche nell’ultimo trimestre dello scorso anno – ha continuato Guidesi –  di essere la locomotiva d’Italia e tra le regioni leader in Europa; un dato particolarmente significativo è stato quello del fatturato record sulle esportazioni. Non vogliamo fermarci, sembra paradossale visti i numeri, ma la nostra intenzione, condivisa da tutto il sistema lombardo, è quella di mettere più imprese possibili nelle migliori condizioni per poter ulteriormente contribuire al valore delle esportazioni. Dobbiamo proseguire con il continuo confronto con le imprese lombarde e con le associazioni di categoria così da poter mettere in campo strumenti e misure flessibili e concrete nella piena collaborazione tra istituzioni pubbliche che si integrano e non si sovrappongono nella messa in campo di strumenti a supporto. il protocollo firmato con ICE va proprio in questa direzione”.

CARLO FERRO AGENZIA ICE: 15 MILIONI PER PROMUOVERE PRODOTTI CHE ERANO DESTINATI A RUSSIA – “Le Regioni – ha aggiunto Carlo Ferro, presidente dell’Ice – sono i nostri partner nell’ambito delle collaborazioni del sistema Paese più vicine al territorio, più vicini alle imprese interpreti delle necessità delle imprese. Da qualche tempo abbiamo avviato un dialogo che consente di facilitare i nostri interventi. E il nostro obiettivo con questi Stati Generali è quello di poter raggiungere il più numero più ampio possibile di imprese. E’ stata avviata una collaborazione con le Camere di Commercio e con le Regioni anche grazie al protocollo di intenti firmato proprio con Regione Lombardia lo scorso dicembre. La Lombardia per Ice ha rappresentato nel 2020/21 55 iniziative con 1227 partecipanti e 2101 di operatori esteri. Il 58% dei fondi in Lombardia sono andati a vantaggio di Fiera Milano”.

Ferro ha voluto sottolineare come siano stati messi a disposizione “15 milioni di euro per iniziative di promozione aggiuntive per quei prodotti che erano destinati ai mercati di Russia, Bielorussa e Ucraina che, nel brevissimo termine, devono trovare sbocco su altri mercati”.

Immobiliare: ecco i trend per Brescia e per la Lombardia

in Economia/Edilizia/Tendenze by

In questo inizio di 2022 il mattone in Lombardia registra un andamento positivo, con prezzi in aumento sia nel settore delle compravendite che in quello delle locazioni. Questo è quanto rilevato da Immobiliare.it, portale immobiliare, nell’Osservatorio trimestrale sul settore residenziale curato da Immobiliare Insights. In particolare, se i prezzi di vendita aumentano percentualmente di 2,4 punti percentuali e si attestano a una media di 2.320 euro al metro quadro, quelli di locazione nel confronto con il trimestre precedente crescono dell’1,4% e sono pari a 14,7 euro/mq.

I trend regionali

Nel comparto delle compravendite lo stock di abitazioni invendute nella regione è calato dell’1,7% rispetto al trimestre precedente, in conseguenza di una domanda in crescita di oltre il 14%. Anche il quadro delle locazioni è in ripresa: infatti lo stock di case disponibili in regione segna un -9,7% mentre la richiesta di immobili in affitto si attesta sul +7,3% nello stesso periodo, segno che molte abitazioni sono state locate con successo e il mercato si presenta in fermento.

I trend delle compravendite per città e province

Quando si analizza l’andamento dei prezzi medi richiesti da chi vende casa nei comuni e nelle province della Lombardia si nota come la maggioranza delle province e dei comuni si attestino su una sostanziale stabilità, con l’eccezione di Cremona che perde qualche punto percentuale sia nel comune che nella provincia. Il comune di Milano continua la sua crescita guadagnando un ulteriore 1,7% rispetto al trimestre precedente e fermandosi a poco meno di 5.000 euro/mq, il prezzo più alto in regione. La domanda è in forte crescita in tutti territori considerati, con picchi che superano il +24% nei comuni di Brescia, Lecco e Monza-Brianza, con uno stock di immobili in offerta in calo quasi ovunque. In particolare, sono uscite dal mercato diverse abitazioni situate nel comune di Lodi che segna un -14%.

I trend nel comparto della locazione

I trend rilevati raccontano di un mercato delle locazioni che apre il 2022 in positivo. Partendo dai prezzi, stabili o in aumento in tutta la regione, tranne che nelle città di Cremona e Pavia, che perdono attorno al 2%. La città di Milano sempre da record con una crescita del +4,4% e il canone di locazioni medio che si attesta sui 19,4 euro/mq. Lo stop inferto dal Covid al comparto sembra essere stato superato: lo stock si è infatti fortemente ridotto quasi ovunque (con l’eccezione di Cremona dove invece è aumentato di oltre il 9%), mentre nell’ultimo trimestre la domanda ha subito una forte accelerazione, con il picco registrato nella città di Como che segna un +42% circa. Diminuisce invece l’interesse dei potenziali locatari per il comune di Pavia e la provincia di Lodi, al -8,7% e 6,8% rispettivamente.

Di seguito le variazioni dei prezzi richiesti, dell’offerta e della domanda per la tipologia immobiliare residenziale in vendita in Lombardia:

Capoluoghi di provinciaMedia di €/mqDELTA PREZZO
3mesi6mesi9mesi12mesi
LOMBARDIABergamocomune2.243 €-0,1%0,9%2,4%3,7%
provincia senza capoluogo1.303 €0,1%-1,0%-1,9%-2,0%
Bresciacomune1.760 €0,5%0,2%1,1%0,2%
provincia senza capoluogo1.951 €0,1%0,7%3,0%4,4%
Comocomune2.662 €1,3%3,4%4,8%7,7%
provincia senza capoluogo1.827 €-0,7%-0,5%1,1%1,8%
Cremonacomune1.237 €-1,3%-1,1%-0,6%0,2%
provincia senza capoluogo1.197 €-0,1%-1,6%-1,3%0,6%
Leccocomune2.084 €1,3%3,6%5,6%5,8%
provincia senza capoluogo1.488 €0,1%0,8%1,0%0,5%
Lodicomune1.755 €1,4%1,8%3,2%4,5%
provincia senza capoluogo1.210 €0,7%0,8%1,3%2,3%
Mantovacomune1.431 €-0,1%2,6%2,5%2,9%
provincia senza capoluogo1.065 €-0,1%-0,2%0,2%-0,7%
Milanocomune4.985 €1,7%2,2%3,2%4,9%
provincia senza capoluogo1.949 €1,4%2,6%3,2%4,6%
Monza e della Brianzacomune2.432 €2,3%5,2%6,5%9,5%
provincia senza capoluogo1.806 €1,6%2,4%3,4%4,0%
Paviacomune2.170 €0,8%0,8%1,4%2,3%
provincia senza capoluogo1.087 €0,1%0,2%0,5%-0,3%
Sondriocomune1.338 €-1,1%-2,9%3,9%7,5%
provincia senza capoluogo2.138 €3,6%7,6%8,2%7,2%
Varesecomune1.566 €1,9%2,0%2,9%3,1%
provincia senza capoluogo1.449 €0,8%1,4%3,4%4,7%
REGIONE2.320 €2,4%2,6%3,0%4,8%
             
Capoluoghi di provinciaDELTA OFFERTA
3mesi6mesi9mesi12mesi
LOMBARDIABergamocomune-2,6%-5,8%-18,6%-15,5%
provincia senza capoluogo-0,5%-5,2%-8,2%-13,6%
Bresciacomune-1,9%-1,9%-11,0%-19,6%
provincia senza capoluogo-1,5%-10,3%-16,2%-17,6%
Comocomune-6,0%-2,5%-12,1%-19,9%
provincia senza capoluogo-1,9%-5,7%-15,3%-14,6%
Cremonacomune-2,6%-2,0%-13,1%-18,8%
provincia senza capoluogo5,6%-0,7%-6,2%-12,2%
Leccocomune-8,3%-6,3%-27,1%-24,2%
provincia senza capoluogo-11,3%-8,6%-16,2%-15,6%
Lodicomune-14,0%-15,6%-23,6%-25,8%
provincia senza capoluogo-1,5%3,0%-7,2%-14,1%
Mantovacomune2,7%6,6%-7,9%-12,4%
provincia senza capoluogo-9,2%-15,2%-22,3%-26,0%
Milanocomune-3,4%11,5%-16,6%-12,0%
provincia senza capoluogo-0,8%2,2%-13,8%-19,5%
Monza e della Brianzacomune-2,1%0,7%-14,7%-13,8%
provincia senza capoluogo-0,3%5,3%-12,4%-20,0%
Paviacomune-0,1%-2,8%-17,3%-22,4%
provincia senza capoluogo4,6%-5,0%-14,7%-14,0%
Sondriocomune1,2%0,3%-9,8%-20,6%
provincia senza capoluogo-9,8%-14,0%-15,8%-21,4%
Varesecomune-6,3%-6,1%-10,8%-18,9%
provincia senza capoluogo3,4%3,9%-6,8%-13,6%
REGIONE-1,7%-0,2%-13,7%-16,2%
Capoluoghi di provinciaDELTA DOMANDA
3mesi6mesi9mesi12mesi
LOMBARDIABergamocomune15,1%18,4%17,5%1,0%
provincia senza capoluogo12,7%14,9%1,7%-5,9%
Bresciacomune24,5%30,4%13,9%5,7%
provincia senza capoluogo19,9%17,0%5,1%-1,7%
Comocomune14,7%16,9%5,5%0,0%
provincia senza capoluogo11,8%11,4%-6,2%-10,2%
Cremonacomune-0,9%9,8%-3,8%-16,4%
provincia senza capoluogo8,4%-1,6%-5,8%-12,6%
Leccocomune24,2%32,5%10,0%1,6%
provincia senza capoluogo18,3%17,8%3,3%-9,0%
Lodicomune5,7%15,0%3,6%-2,3%
provincia senza capoluogo8,1%9,9%-2,4%-7,8%
Mantovacomune0,0%7,7%-5,5%-11,1%
provincia senza capoluogo12,7%16,8%3,1%6,5%
Milanocomune14,2%27,2%8,8%-10,3%
provincia senza capoluogo14,5%22,7%3,8%-5,5%
Monza e della Brianzacomune24,9%28,3%5,3%-9,1%
provincia senza capoluogo22,2%24,5%1,6%-6,5%
Paviacomune18,6%43,3%18,6%-2,8%
provincia senza capoluogo9,1%8,0%-2,4%-11,4%
Sondriocomune3,3%-3,1%-4,3%-20,8%
provincia senza capoluogo7,7%2,6%6,0%-19,4%
Varesecomune8,9%9,3%-2,5%-9,7%
provincia senza capoluogo12,3%15,6%0,0%-9,9%
REGIONE14,1%24,2%4,7%-7,5%

Di seguito le variazioni dei prezzi richiesti, dell’offerta e della domanda per la tipologia immobiliare residenziale in locazione in Lombardia:

Capoluoghi di provinciaMedia di €/mqDELTA PREZZO
3mesi6mesi9mesi12mesi
LOMBARDIABergamocomune10,4 €3,6%5,0%5,3%5,5%
provincia senza capoluogo7,8 €-0,3%1,4%2,3%3,9%
Bresciacomune9,3 €1,2%3,8%6,3%8,0%
provincia senza capoluogo9,4 €2,6%2,8%6,3%13,5%
Comocomune12,1 €0,0%1,9%2,7%2,1%
provincia senza capoluogo8,9 €-0,1%-0,9%-1,2%-0,6%
Cremonacomune6,7 €-2,0%-2,1%0,0%2,8%
provincia senza capoluogo7,1 €-1,2%-2,8%2,3%4,1%
Leccocomune8,7 €0,1%-1,5%-0,4%0,0%
provincia senza capoluogo8,0 €1,4%-3,7%-4,0%4,1%
Lodicomune9,1 €2,2%2,8%1,5%1,6%
provincia senza capoluogo7,0 €1,0%1,9%0,7%2,8%
Mantovacomune7,8 €1,2%0,8%2,5%4,6%
provincia senza capoluogo6,7 €2,4%4,9%5,5%6,2%
Milanocomune19,4 €4,4%7,3%8,1%6,8%
provincia senza capoluogo10,9 €2,5%3,0%4,1%4,9%
Monza e della Brianzacomune11,5 €2,9%3,0%3,6%5,0%
provincia senza capoluogo9,5 €0,9%0,5%1,5%1,7%
Paviacomune9,0 €-1,8%-0,7%-0,9%-0,1%
provincia senza capoluogo6,7 €1,1%2,3%2,4%0,1%
Sondriocomune7,5 €-0,5%2,2%2,1%6,0%
provincia senza capoluogo9,3 €0,4%-4,3%1,7%15,4%
Varesecomune9,3 €1,5%2,7%4,3%5,6%
provincia senza capoluogo8,5 €-0,1%0,7%2,1%3,4%
REGIONE14,7 €1,4%2,5%4,0%4,3%
Capoluoghi di provinciaDELTA OFFERTA
3mesi6mesi9mesi12mesi
LOMBARDIABergamocomune-8,2%-35,7%-51,2%-54,0%
provincia senza capoluogo-2,6%-23,2%-35,4%-33,8%
Bresciacomune-3,3%-34,8%-32,9%-27,4%
provincia senza capoluogo-12,8%-24,0%-21,2%-21,1%
Comocomune-19,7%-24,6%-45,6%-47,9%
provincia senza capoluogo-11,0%-18,9%-34,6%-43,7%
Cremonacomune9,1%-12,7%-30,6%-37,5%
provincia senza capoluogo-21,1%-29,1%-36,4%-44,0%
Leccocomune-13,3%-27,0%-39,9%-38,6%
provincia senza capoluogo-21,6%-31,9%-38,2%-39,1%
Lodicomune-14,5%-20,7%-37,8%-43,5%
provincia senza capoluogo-10,4%-14,7%-23,5%-23,8%
Mantovacomune0,7%-0,4%-3,2%-13,2%
provincia senza capoluogo-4,4%-16,4%-31,8%-36,0%
Milanocomune-11,5%-49,5%-59,0%-50,3%
provincia senza capoluogo0,7%-11,2%-26,3%-22,1%
Monza e della Brianzacomune-15,6%-31,3%-47,4%-47,2%
provincia senza capoluogo-14,3%-22,7%-35,0%-37,6%
Paviacomune-2,4%-64,9%-63,4%-67,0%
provincia senza capoluogo-6,5%-19,9%-43,7%-35,2%
Sondriocomune4,6%-17,3%-24,2%-7,1%
provincia senza capoluogo-14,2%-16,9%-11,2%-7,2%
Varesecomune-10,7%-27,7%-36,8%-39,3%
provincia senza capoluogo-8,9%-29,0%-39,6%-40,8%
REGIONE-9,7%-40,7%-50,9%-44,6%
           
Capoluoghi di provinciaDELTA DOMANDA
3mesi6mesi9mesi12mesi
LOMBARDIABergamocomune0,1%19,7%72,4%79,5% 
provincia senza capoluogo7,9%23,4%44,6%41,0% 
Bresciacomune15,9%54,4%67,6%48,1% 
provincia senza capoluogo22,5%24,2%14,5%11,8% 
Comocomune41,6%28,3%77,9%71,8% 
provincia senza capoluogo15,9%12,9%41,5%44,7% 
Cremonacomune17,1%5,3%52,4%24,6% 
provincia senza capoluogo21,2%34,0%53,9%22,3% 
Leccocomune15,7%2,3%34,1%17,2% 
provincia senza capoluogo30,0%21,3%22,9%36,9% 
Lodicomune11,2%30,8%77,9%76,7% 
provincia senza capoluogo-6,8%7,0%16,9%11,9% 
Mantovacomune-0,9%1,8%20,8%0,9% 
provincia senza capoluogo10,7%1,0%4,6%15,0% 
Milanocomune1,4%12,8%80,7%70,2% 
provincia senza capoluogo3,4%23,2%61,4%35,9% 
Monza e della Brianzacomune11,6%42,5%93,8%57,7% 
provincia senza capoluogo24,2%36,6%56,8%54,1% 
Paviacomune-8,7%55,1%183,1%188,6% 
provincia senza capoluogo1,7%14,1%57,6%26,2% 
Sondriocomune2,0%24,5%10,0%20,6% 
provincia senza capoluogo-1,0%1,5%10,0%-2,2% 
Varesecomune8,5%18,7%76,6%38,1% 
provincia senza capoluogo13,1%25,4%48,2%48,0% 
REGIONE7,3%21,1%64,7%52,9%
            

In lombardia 401 imprese individuali con titolare russo

in Economia/Tendenze by

In Lombardia, nel 2021, le ditte individuali con titolare russo risultate iscritte al registro delle imprese sono state 401, circa l’8% in più rispetto alle 371 del 2020, con una crescita del 76% negli ultimi 10 anni. Tra queste, 169 sono attive nell’area metropolitana di Milano, 47 in provincia di Brescia, 34 a Bergamo, 30 a Como e 23 a Monza-Brianza. L’aumento più esponenziale nell’ultimo decennio si registra nel lecchese (+325%, 17 totali), a Sondrio (+250%, 7 totali), Monza (+109%) e Milano (89%). Nelle altre province della regione le imprese con titolare russo sono 13 a Cremona, 4 a Lodi, 16 a Mantova, 19 a Pavia e 22 a Varese.

Delle 401 imprese attive in Lombardia, emerge dai dati del registro delle imprese visionati dalla ‘Dire’, 60 operano nel commercio al dettaglio, 53 nel commercio all’ingrosso, 42 per i servizi alla persona e 42 nel settore dei lavori di costruzione specializzati. Solo 11 invece sono riferite all’industria manifatturiera, 20 ai servizi di ristorazione e 10 all’abbigliamento. Le aziende agricole che producono prodotti animali sono soltanto 7.

Le ditte individuali in Lombardia con titolare ucraino sono invece 1.238, con una crescita negli ultimi 10 anni pari al 99%. TESTO DA AGENZIA DIRE.

Edilizia residenziale, a Brescia crescita record nel 2021

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Nel corso del 2021, il mercato residenziale bresciano ha proseguito la crescita iniziata nel 2016. L’intensità della domanda e la dinamica delle compravendite sono stati i fattori trainanti di una performance molto positiva” – è quanto emerge dall’analisi del 1° Osservatorio Immobiliare 2022 di Nomisma dedicato ai mercati intermedi, diffuso dal giornale di Brescia e provincia online BsNews.it.

Il mercato residenziale

In termini di compravendite di abitazioni il mercato bresciano registra una crescita sostenuta sia nel primo sia nel secondo semestre 2021, raggiungendo il numero più elevato di transazioni degli ultimi anni.  Complessivamente, il 2021 si è chiuso con 3.240 compravendite di abitazioni (2.400 nel 2020) con un tasso di crescita del +35% rispetto all’anno precedente.

Considerando il comparto residenziale la domanda di acquisto e di locazione registra uno slancio importante dopo il periodo pandemico, ma questa grande euforia potrebbe essere calmierata – per Nomisma – nel 2022 dagli eventi bellici e inflattivi che stanno portando ad una revisione al ribasso delle prospettive di crescita del PIL e del reddito reale delle famiglie. Passando ai prezzi, si notano variazioni annuali positive in tutte le zone cittadine: per le abitazioni nuove la crescita dei prezzi è stata pari all’1,1% nel complesso, con la zona del centro che fa segnare un aumento dell’1,9%. Per le abitazioni usate invece l’aumento dei prezzi medi è pari all’1,4%, e anche in questo caso nella zona centrale i prezzi crescono in modo più deciso con una percentuale pari al 2,5%. L’Istituto bolognese rileva una riduzione dei tempi medi di vendita e di locazione, ora pari rispettivamente a 5 mesi e 1,5 mesi, segnali questi di un mercato residenziale più brillante e in recupero rispetto al periodo pandemico, mentre gli sconti restano pressoché stabili e pari al 6,5% per le abitazioni nuove e al 10,5% per l’usato. Riguardo l’ambito della locazione Nomisma registra un miglioramento dei canoni, leggermente inferiore a quanto registrato a livello nazionale. In dettaglio, sia le zone del centro sia quelle della periferia crescono rispettivamente dell’1,9% e dell’1%.

In seguito all’introduzione degli incentivi del Superbonus e del Sismabonus 110%, la domanda di acquisto di abitazioni da ristrutturare come prima casa è cresciuta per la maggior parte degli operatori. Nell’ultimo anno risulta in aumento la domanda proveniente da nuclei familiari che mostrano un fabbisogno abitativo crescente.

Il comparto non residenziale

Nomisma rileva come anche il settore non residenziale registri un’inversione di tendenza, passando da 255 transazioni del 2020 a 355 nel 2021 con un tasso di crescita pari al 40%.

Nonostante la ripresa delle transazioni, però, per Nomisma permangono diversi elementi di debolezza legati agli andamenti dei prezzi e dei canoni. I dati più recenti mostrano una variazione annuale negativa dei prezzi medi sia per gli uffici (-1,5%) sia per i negozi (-0,7%), mentre i canoni diminuiscono soltanto per gli immobili direzionali (-0,9%).

Nomisma nota un calo piuttosto marcato per i prezzi degli uffici del business district (-3,1%), mentre nelle altre zone il calo risulta più contenuto e pari a -1,1% nel centro e -0,6% nella periferia. Per quanto riguarda i negozi si osserva una dinamica negativa più importante nella zona periferica (-1,3%), a cui si contrappone una variazione lievemente positiva nella zona del centro città (+0,5%).

Un ulteriore elemento di rilievo per Nomisma è rappresentato dalla dinamica positiva di tutte le zone per quanto riguarda i canoni di locazione dei negozi (+1% nel centro). I tempi medi di vendita (10 mesi, sia per gli uffici che per i negozi) e gli sconti (15,5%, sia per gli uffici che per i negozi) rimangono stabili rispetto alla precedente rilevazione, in entrambi i comparti.

Le previsioni sul mercato residenziale

Nomisma rileva un discreto ottimismo tra gli operatori: il 90% ritiene che nel corso del 2022 il mercato delle compravendite residenziali non si indebolirà.

Inflazione ancora in crescita nel Bresciano

in Economia/Tendenze by

Continua nel mese di FEBBRAIO, la crescita dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), sia rispetto al mese di gennaio (+1,1%), sia rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (+5,5%). A renderlo noto è un comunicato dell’Ufficio statistica del Comune di Brescia riportato da Brescia news.

A livello di divisione, presentano incrementi congiunturali superiori alla variazione media generale la divisione “Abitazione, acqua, elettricità e combustibili” (+2,9%, con un elevato incremento dell’Energia elettrica e del Gas), i “Trasporti” (1,8%, con l’aumento dei Carburanti e lubrificanti per mezzi di trasporto privati), “Mobili, articoli e servizi per la casa” (+1,6%, con l’incremento della voce Servizi per la pulizia e la manutenzione della casa) e i “Prodotti alimentari e bevande analcoliche” (+1,5%, con l’aumento dei Pesci e prodotti ittici, della Frutta, dei Vegetali e degli Oli e grassi).

Incrementi minori si registrano per la voce “Altri beni e servizi” (+1,1%, con l’aumento dei prezzi relativi all’Assistenza sociale), “Ricreazione, spettacoli e cultura” (+0,5%, con l’incremento dei Servizi veterinari e altri servizi per animali domestici e degli Articoli per giardinaggio, piante e fiori), “Bevande alcoliche e tabacchi” (+0,5%, con l’aumento delle bevande alcoliche), “Servizi sanitari e spese per la salute” (+0,5%, con l’incremento dei Servizi medici) e le “Comunicazioni” (+0,5%, con un lieve incremento degli Apparecchi telefonici e telefax).

In diminuzione, i “Servizi ricettivi e di ristorazione” (-0,4%, con la diminuzione dei Servizi di alloggio). Variazione nulla per l’”Istruzione”. In termini tendenziali, le divisioni che presentano decisi aumenti sono “Abitazione, acqua, elettricità e combustibili” (+24,7%, con alti tassi dell’Energia elettrica e del Gas) e “Trasporti” (+8,2%, con l’accelerazione dei Carburanti). Aumenti decisi, ma inferiori alla media generale (+5,5%), sono registrati dai “Prodotti alimentari e bevande analcoliche” (+4,8%, con elevati incrementi per la Frutta), “Servizi ricettivi e di ristorazione” (+4,7% con l’aumento dei Servizi di alloggio e dei Ristoranti, bar e simili), “Mobili, articoli e servizi per la casa” (+4,0%), “Abbigliamento e calzature” (+3,0%, con l’aumento della voce Indumenti). In discesa, invece, le “Comunicazioni” (-4,7%), l’“Istruzione” (-0,9%) e “Bevande alcoliche e tabacchi” (-0,3%). Analizzando per tipologia di prodotto, a livello congiunturale, si registra un deciso aumento dei “Beni” (+1,7%) e un lieve incremento dei “Servizi” (+0,5%). Nel dettaglio, sono soprattutto i Beni energetici a subire un deciso incremento (+5,8%) e in particolar modo gli Altri Energetici (+7,5%, inclusi i carburanti per gli autoveicoli, i lubrificanti e i combustibili per uso domestico non regolamentati). Segue l’aumento degli Alimentari non lavorati (+2,2%, cioè i prodotti freschi).

Da segnalare che questo mese è nulla la variazione congiunturale degli energetici regolamentati, ma è decisamente elevata la loro variazione percentuale rispetto a un anno fa (+97,4%).

Con riferimento alla frequenza di acquisto dei prodotti, sono in aumento le variazioni congiunturali e tendenziali di tutte e tre le categorie (alta, media e bassa). Quella alta però presenta incrementi congiunturali maggiori rispetto alle altre (+1,6%). La variazione tendenziale più elevata rispetto alle altre tipologie è registrata dai prodotti a media frequenza (+7,3%).

Infine, per la “Core Inflation” 1 , si registrano una lieve variazione congiunturale positiva (+0,6%) e una variazione tendenziale decisamente elevata (+1,9%). Valori in aumento rispetto ai mesi precedenti.

L’allarme degli agricoltori bresciani: costi di materie prime ed energia alle stelle

in Agricoltura e allevamento/Economia/Tendenze by

Gli agricoltori bresciani vedono nero: la situazione, negli ultimi giorni e nelle ultime ore, è passata da molto critica a insostenibile, al punto che molti dicono di essere “al collasso”. Alla corsa folle dei costi delle materie prime e dell’energia, che ha subito un’accelerata enorme con la guerra in Ucraina, mandando in difficoltà tutti i settori produttivi, da ieri si è aggiunta la preoccupazione di non poter più garantire l’alimentazione degli animali. Nel Bresciano si tratta di oltre 1,3 milioni di suini, circa 450 mila bovini e più di 7 milioni di avicoli. La causa è la decisione del Governo ungherese di stoppare l’export di grano e altri cereali e dei semi di soia e girasole, per assicurare i rifornimenti interni e contenere la crescita dei prezzi. Risoluzione che si aggiunge allo stop forzato dall’Ucraina da ormai due settimane e alla decisione della Bulgaria di aumentare, per precauzione, gli stock pubblici di cereali, riducendo i volumi delle vendite all’estero (la Commissione europea dovrebbe assicurare il regolare funzionamento del mercato unico, respingendo il protezionismo alimentare tra Stati). Ucraina e Ungheria sono i primi esportatori dei cereali per l’alimentazione animale in Italia. Un duro colpo, che si somma ai già gravi problemi del settore agricolo e che rischia di mandare in crisi gran parte delle aziende bresciane. Non è finita qui: c’è tensione anche nel mercato dei fertilizzanti, dopo la sospensione delle esportazioni dalla Russia, principale fornitore dell’Unione europea e del Brasile: a rischio sono i nuovi raccolti.

“In una situazione straordinaria servono misure straordinarie – dichiara il presidente di Confagricoltura Brescia Giovanni Garbelli -: è il momento, senza perdere un solo minuto, di spingere al massimo i raccolti di cereali e semi oleosi nell’Unione europea, modificando le regole vigenti. L’aumento della produzione è indispensabile per compensare il blocco delle importazioni da Ucraina e Russia e lo stop ungherese. A rischio è l’intera filiera, che dovrebbe prendere coscienza della drammaticità del momento. Per questo tutto il settore agroalimentare va incluso tra quelli destinatari dei provvedimenti del Governo per il caro energia: cereali e semi oleosi sono diventati un asset strategico come gas e petrolio, ma con la differenza che nell’Unione europea abbiamo il potenziale per aumentare rapidamente la produzione agricola. Vanno quindi rimossi, in vista dei nuovi raccolti, i limiti all’utilizzo dei terreni agricoli”.

A indicare quali potrebbero essere le misure da intraprendere subito è il vicepresidente di Confagricoltura Brescia Luigi Barbieri: “L’aumento dei prezzi delle materie prime è fuori controllo e scarseggia pure la disponibilità. Serve un supporto finanziario immediato alle aziende zootecniche, la proroga della moratoria dei mutui e da subito la sospensione dell’Iva sull’acquisto dei fattori produttivi, oltre a un intervento sulle filiere per il giusto riconoscimento del prezzo del latte, della carne suina e degli avicoli”.

8 marzo: ricavi in calo per le imprese femminili bresciane

in Associazioni di categoria/Confartigianato/Economia/Tendenze by
Donne e lavoro, foto generica da Pixabay

«Nessuna ripresa dopo l’anno anno nero segnato dal Covid per le “imprese in rosa” nonstante il più generale contesto di crescita nel 2021. Eppure, esaminando le risposte delle imprenditrici emerge, oltre la fatica, tutta la volontà e la resilienza tipica artigiana». Sintetizza così il presidente di Confartigianato Brescia e Lombardia Eugenio Massetti i risultati della Survey curata dell’Osservatorio di Confartigianato Lombardia e realizzata in occasione dell’8 marzo. Due parole chiave emergono dallo studio: fatica e resilienza.

Fatica, perché nonostante il 2021 sia stato l’anno della ripartenza, le MPI e imprese artigiane femminili bresciane non sono state in grado di recuperare i livelli di fatturato precrisi e hanno registrato una variazione media dei ricavi, nel 2021 rispetto al 2019, negativa del -9,7%, più pesante rispetto al -6,1% del totale. Tale risultato trova spiegazione nella maggior presenza di artigianato capitanato da donne in alcuni dei settori più colpiti dalla crisi Covid-19 come quello della moda e del benessere.

Resilienza, perché anche se più colpite dalle conseguenze della pandemia le imprenditrici artigiane bresciane si dimostrano più combattive e pronte a reagire adottando, o esprimendo l’intenzione di adottare nel prossimo futuro, una o più azioni di sviluppo per riuscire a restare sul mercato incrementando la propria capacità competitiva, come dichiarato dal 72,5% di loro, quota superiore al 59,1% totale. Le azioni per ripartire maggiormente intraprese dalle donne a capo d’impresa sono: il miglioramento della qualità del personale attraverso la formazione o nuove assunzioni e il cambiamento dell’organizzazione interna all’impresa. La scelta ad indirizzarsi principalmente verso questi due ambiti di sviluppo da evidenza di come le donne, più degli uomini, vogliono ripartire e recuperare il terreno perso partendo in primis dalle persone e non dall’integrare modifiche che riguardano prettamente l’organizzazione del business dell’azienda intervenendo su produzione, canali di vendita o clienti. La maggior fatica e il grado sempre più elevato di complessità che caratterizza il contesto in cui le imprese operano fa si che siano proprio le imprenditrici quelle per cui si rileva una quota maggiore di incerte rispetto alla capacità di recuperare quanto perso a causa della volatilità odierna e futura che caratterizza, e caratterizzerà in futuro, il mercato (60% > 57,9% totale). Seppur molto incerte le donne che gestiscono imprese artigiane interrogate rispetto alla volontà di voler investire nel 2022 rispondono in modo affermativo nel 71,8% dei casi (> 64,7% del totale). Come per le azioni di sviluppo anche rispetto alle aree di investimento si osserva una predisposizione maggiore della platea femminile a voler puntare su capitale umano e formazione.

LE IMPRESE FEMMINILI ARTIGIANE A BRESCIA. A tutti il 2021 a Brescia sono 5.423 le imprese registrate artigiane guidate da donne che operano per lo più nei settori dei servizi alla persona, dei servizi di pulizia, della moda e delle attività di ristorazione. Più di un’impresa su cinque delle imprese femminili che popolano la nostra provincia (22,3%) opera nel comparto artigiano. Nello specifico di queste 5.423 imprese 832 sono gestite da giovani donne under 35 (28% del totale imprese femminili giovanili e il 15,3% del totale imprese femminili artigiane) e 829 sono gestite da imprenditrice straniera (24,7% del totale imprese femminili straniere e 15,3% del totale imprese femminili artigiane). Confrontando i numeri riferiti all’imprenditoria femminile artigiana del 2021 con quelli del 2019 (anno pre crisi) – tenendo conto che tra le imprese registrate viene conteggiata anche la platea nascosta di imprese cessate, che in attesa di ristori, non hanno ancora chiuso – si nota una difficoltà maggiore nel recuperare i numeri pre Covid-19 per la platea di giovani donne, per quelle di nazionalità italiana e per quelle che operano nel settore della manifattura.

UOMINI E DONNE A CONFRONTO. «Persistono le medesime disparità tra uomo e donna raccontate un anno fa, dopo un anno di pandemia, così, se non peggio rispetto agli anni precedenti. Le donne seppur fanno meglio degli uomini sul fronte istruzione e formazione, scontano gap rilevanti a loro sfavore sul fronte lavoro, conciliazione e benessere soggettivo: è fondamentale dare risposte adeguate e supporto nelle facilitazioni fiscali, nell’assistenziali per la conciliazione lavoro-famiglia e far si che possano tornare a dare il loro impulso positivo e di stimolo ad una nuova ripresa sociale ed economica» aggiunge il presidente Massetti.

Qui i dati sono a livello lombardo: la quota di donne con almeno un diploma si attesta al 69% superando di 6,8 punti quella rilevata per gli uomini (62,2%), quella di donne laureate si attesta al 38,3% superando di 10,8 punti quella rilevata per gli uomini (27,5%). Mentre la quota di coloro che partecipano alla formazione continua eguaglia quella degli uomini (pari al 7,9% in entrambi i casi). C’è però un ambito dell’istruzione in cui le donne scontano un gap a loro sfavore rispetto agli uomini, quello del digitale: per quota di donne con competenze digitali elevate (per le donne si registra una quota del 23,4% inferiore di 6,3 punti a quella degli uomini di 29,7%) e per quota di laureate in discipline scientifiche e tecnologiche, dove per le donne si rileva una quota del 10,3% inferiore 7,5 punti quella degli uomini di 17,8%. La platea femminile lombarda inoltre sconta condizioni peggiori degli uomini in tutti gli ambiti del lavoro e conciliazione con quote superiore a quelle dei colleghi maschi di 4,4 punti per il tasso di mancata partecipazione al lavoro (pari al 12,9% per le donne> dell’8,5% degli uomini), di 3,8 punti per dipendenti con bassa paga (pari all’8,9% per le donne > del 5,1% degli uomini), di 1,4 punti per occupati sovra istruiti (pari al 22,8% per le donne >del 21,4% degli uomini) e di 12,2 punti per part time involontario (pari al 16,7% per le donne> del 4,5% degli uomini). Tutto ciò comporta una disparità uomo donna anche sul fronte della soddisfazione per il proprio tempo libero: le donne che esprimono livelli elevati di soddisfazione sono il 69,8% quota inferiore di 3,3 punti rispetto a quella rilevata per gli uomini (73,1%).

Persiste inoltre una disparità del 31,1% tra la retribuzione media percepita dalle dipendenti donne rispetto a quella percepita dagli uomini, tale differenza sul territorio lombardo è più accentuata nelle province di Sondrio (-37,9%), di Lecco (-37,6%), di Bergamo (-36,2%) e a Brescia (-35,5%) con 17.335 euro annui contro i 26.887 degli uomini (media annua lavoratori dipendenti provincia di Brescia).

Per la presidente del Movimento Donne Impresa di Confartigianato Brescia Iolanda Pasini: «Le donne imprenditrici vogliono che il loro ruolo venga maggiormente riconosciuto, chiedono una reale integrazione, di essere valutate sulla base del merito, delle capacità e delle competenze. Ci auguriamo che le donne bresciane riescano in tempi brevi a conquistare ciò che per loro è più caro, come: autonomia, rispetto, cambiamento culturale, fiducia, considerazione, condivisione del tempo di cura, libertà di scelta, tutele, opportunità, sicurezza, più tempo e tranquillità. Crediamo sia necessario ripartire da una considerazione: per raggiungere la parità nel mondo del lavoro, dovremmo creare le condizioni perché ci sia reale condivisione anche nel lavoro di cura. I dati a disposizione ci permettono di illustrare l’importanza e la centralità di alcune leve fondamentali per un contesto a ‘favore di donna’ come l’istruzione e la diffusione capillare sui territori di servizi di assistenza negli ambiti della conciliazione (come i servizi per l’infanzia, asili nido), leve su cui poter e dover fare forza per incentivare una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Difatti, si osservano tassi di occupazione femminili più elevati proprio nelle realtà in cui c’è una maggiore diffusione di bambini che frequentano gli asili nido e di donne che hanno titoli di studio elevati (laurea e post-laurea)».

Lombardia, la produzione industriale chiude il 2021 in crescita del 15,6% sul 2020

in Economia/Tendenze by

Nel quarto trimestre 2021 la produzione industriale lombarda cresce del +2,3% congiunturale e chiude così l’anno in rialzo sia rispetto al 2020 (+15,6% la crescita media annua) che al 2019 (+4,3%). Fanno da traino al recupero produttivo gli ordinativi: quelli domestici sono cresciuti dell’11,0% rispetto al 2019 e quelli esteri del +14,7%.

Restano ancora in leggero ritardo le aziende artigiane manifatturiere, le quali però riprendono bene sull’anno scorso (+11,7%) registrando andamenti positivi per tutto il 2021 ma non riescono ancora a tornare sui livelli del 2019 (-1,5%).

In prima linea nella ripresa i settori della siderurgia, meccanica, chimica, gomma-plastica e minerali non metalliferi, mentre si confermano le difficoltà per il sistema moda (abbigliamento, tessile e pelli-calzature).

Rimane alta l’attenzione sui prezzi per i rincari di beni energetici, delle materie prime e dei componenti che non sono interamente trasferiti sui listini di vendita, mentre persistono ancora difficoltà nelle catene di fornitura.

Le aspettative delle aziende sull’andamento della domandarimangono positive e in linea con i livelli massimi storici, pur in leggera flessione per il mercato interno, così come per le aspettative sulla produzione. Ancora in miglioramento le aspettative occupazionali per il prossimo trimestre.

Il quadro congiunturale delinea un 2021 dinamico per la produzione lombarda che consente all’industria di recuperare pienamente il livello 2019 (+4,3%) ma purtroppo non all’artigianato che sconta ancora un differenziale negativo sul 2019 (-1,5%) – dichiara il Presidente di Unioncamere Lombardia Gian Domenico Auricchio. “La domanda rimane vivace con aspettative ancora positive, anche se caratterizzate da un ottimismo più contenuto come anche per la produzione. Rimane alta l’attenzione per l’incremento dei prezzi delle materie prime e dell’energia, generando preoccupazione negli imprenditori anche per l’incertezza sui tempi di normalizzazione delle dinamiche di costi e prezzi.”

“I dati del quarto trimestre 2021 sono molto positivi; in quei mesi si respirava un’aria entusiasmante e i dati lo confermano. Oggi la nuova pandemia, quella energetica, rischia di frenare completamente una ripresa che sembrava essere senza precedenti. Paradossale non riuscire a produrre nonostante i tanti ordinativi – dichiara l’Assessore allo Sviluppo Economico Regione Lombardia Guido Guidesi. “Spero che tutti i ritardi di intervento, rispetto alla calmierazione dei costi dell’energia, vengano affrontati in modo emergenziale perché di emergenza stiamo parlando.”

 “Oggi, ancora una volta e nonostante il momento storico che stiamo vivendo, certifichiamo il dato importante di un modello lombardo che, con grande intraprendenza, cresce e si conferma motore trainante dell’intero Paese”  commenta il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana.

“Se da una parte, dunque, possiamo commentare positivamente l’andamento del quarto trimestre, dall’altra esprimiamo preoccupazione per i costi dell’energia che inevitabilmente si ripercuotono sul nostro sistema imprenditoriale e sulle famiglie”.

LE DINAMICHE SETTORIALI

La maggior parte dei settori nell’industria chiudono il 2021 con un significativo recupero dei livelli produttivi. A consuntivo la crescita media annua 2021/2019 vede le buone performance di Minerali non metalliferi (+7,8%), Gomma-plastica (+7,7%) e Chimica (+7,3%). Seguono tra i comparti positivi la Meccanica (+6,6%) e la Siderurgia (+6,1%). In crescita – sebbene meno accentuata – anche Alimentare (+3,8%), Mezzi di trasporto (+2,5%), Legno-mobilio (+2,5%) e Industrie Varie (+1,9%). La fase di ripresa si è avviata anche per i restanti settori ma con minor intensità non consentendo loro di registrare un dato a consuntivo 2021 migliore di quello del 2019. Il settore della Carta-stampa si ferma a -1,0%, seguito dal comparto moda che appare più in affanno: Pelli-calzature (-4,9%), Tessile (-8,6%) e in fondo l’Abbigliamento (-15,8%).

Meno positivo il quadro dell’artigianato con sette settori che segnalano un risultato a consuntivo ancora negativo rispetto al 2019. Il gap risulta più contenuto per l’Alimentare (-3,4%), la Carta-stampa (-4,4%), il Tessile (-5,5%) e le manifatturiere Varie (-7,9%). Ancora a due cifre il dato negativo per abbigliamento (-11,6%) e Pelli-calzature (-26,7%).

FATTURATO E ORDINATIVI

Il fatturato dell’industria a prezzi correnti segna un ottimo risultato, legato anche agli incrementi di prezzo inflazionistici in atto, con una crescita media annua del +12,1% rispetto al 2019. La dinamica congiunturale rimane caratterizzata da una sensibile crescita (+3,6%). Per le imprese artigiane il fatturato cresce invece solo dello 0,2% rispetto al 2019. Anche in questo caso la dinamica congiunturale è positiva (+3,2%), ma le accelerazioni dei trimestri precedenti nettamente inferiori rispetto all’industria hanno portato a un consuntivo poco entusiasmante.

La crescita media annua sul 2019 degli ordinativi dell’industria è a due cifre sia per il mercato interno (+11,0%) che estero (+14,7%). La dinamica congiunturale non presenta sorprese con un’accelerazione degli ordini interni (+5,0%). Rallenta invece, ma resta sempre in territorio positivo, l’incremento degli ordini dall’estero: +3,9%. Risultati più contenuti per l’artigianato rispetto al 2019: ancora un segno negativo per gli ordini interni (-4,4%) e un incremento del 2,0% per l’estero. Positivo il dato congiunturale con un +2,6% per il mercato interno e un +1,1% per l’estero. La quota di fatturato estero sul totale rimane elevata per le imprese industriali (38,7%) ma resta poco rilevante ed è in calo per le imprese artigiane (7,5%).

PREZZI

I prezzi delle materie prime presentano una dinamica congiunturale in forte rialzo con dati che confermano quanto ormai riscontrato da più fonti. L’accelerazione per l’industria, iniziata a fine 2020 (+2,1%) è proseguita nel corso del 2021 fino a toccare il record di +10,6% a fine anno. Anche l’artigianato mostra una dinamica simile, passando dal +2,6% di fine 2020 al +14,1% di quest’ultimo trimestre. L’incremento medio annuo dei prezzi delle materie prime si attesta al +29,3% per l’industria e del 37,8% per l’artigianato.

I prezzi dei prodotti finiti seguono ancora a distanza l’incremento delle materie prime registrando a fine anno un +5,4% congiunturale per l’industria e un +6,9% per l’artigianato. In questo caso gli incrementi medi annui sono più contenuti e pari a +11,7% per l’industria e +14,3% per l’artigianato.

OCCUPAZIONE

L’occupazione per l’industria presenta saldo positivo (+0,2%) e diminuisce il ricorso alla CIG:la quota di aziende che dichiara di aver utilizzato ore di cassa integrazione scende al 9,1% mentre la quota sul monte rimane ferma a livelli minimi (0,8%).

Saldo occupazionale positivo identico per l’artigianato (+0,2%), con ricorso alla CIG in diminuzione: Cala al 10,9% la quota delle aziende che dichiara di aver utilizzato la cassa integrazione e la quota sul monte ore scende allo 0,8% come per l’industria.

Brescia torna ad assumere: ecco i dati

in Economia/Istituzioni/Lavoro/Provincia di Brescia/Tendenze by
Donne e lavoro, foto generica da Pixabay

Nel 2021, dopo la netta flessione registrata nel 2020 sotto i colpi della prima fase della pandemia, il mercato bresciano del lavoro segna una netta ripresa alla luce dell’incremento significativo delle persone avviate al lavoro. Infatti, i dati di fonte SISTAL Regione Lombardia registrano 160.663 persone avviate al lavoro nel 2021 a fronte delle 135.587 dell’anno precedente, con un incremento di 25.076 mila unità, pari al + 18,5%.

“Si tratta di un incremento rilevante – dichiara Filippo Ferrari, Consigliere provinciale delegato al Lavoro – che tuttavia acquista un significato ancora maggiore se consideriamo che le 160.663 persone avviate al lavoro in provincia di Brescia nel 2021 superano nettamente il valore registrato nel 2019 (149.201) con un incremento, rispetto all’anno che precede la pandemia, di 12.462 unità, pari al +8,3%. Anche tornando al il 2018 lo scarto è netto: +12.705 persone avviate al lavoro, pari al +8,6%. È un rimbalzo positivo non di poco conto se consideriamo che il 2018 e il 2019 sono ancora anni di ripresa dell’economia locale dopo la crisi del 2009 e la flessione nel 2014”.

Il dato riferito agli avviati, cioè le singole persone, trova conferma anche considerando gli avviamenti al lavoro, ovvero le pratiche amministrative, che, in un mondo del lavoro sempre più precario, per alcuni lavoratori possono essere più di una nel corso del trimestre. Le pratiche di avviamento al lavoro in provincia di Brescia, nel 2021, sono state 214.936, anche in questo caso in netto aumento sia rispetto alle 176.285 del 2020 (+38.657, + 21,9%) che rispetto alle 195.581 del 2019 (+19.355, +9,9%). Trova quindi inequivocabile conferma il dato generale che vede nel 2021 una crescita netta rispetto al 2020 con valori decisamente superiori a quelli del biennio pre-pandemia.

I dati relativi agli avviati al lavoro nel 2021, cioè le persone, segnalano un gap di genere che rimane elevato poiché a fronte di 93.796 maschi (58,4%) le femmine sono 66.867 (41,6%) percentuali analoghe a quelle registrate nel 2020.

Rilevante rimane la quota di lavoratori non di origine italiana (extracomunitari e comunitari) tra le persone avviate al lavoro poiché, nel 2021, sono stati oltre 48 mila, il 30,2% del totale. Si tratta di un dato di poco inferiore al quello del 2020 (32%) e del 2019 (32,2%) comunque, conferma la costante e significativa presenza di migranti nei flussi di entrata (e uscita) del mercato del lavoro bresciano.

Anche nel 2021, come oramai da tempo, la maggior parte delle pratiche di avviamento al lavoro interessa attività del commercio e dei servizi alle imprese e alle persone (123.574, pari al 54,5% del totale). Rilevante rimane anche la quota di avviamenti al lavoro nelle attività industriali in senso stretto (56.222, pari al 26,2%) che registrano flussi in entrata nel mercato del lavoro più che dimezzati rispetto al terziario ma, tuttavia, in crescita rispetto ai 40.141 del 2020, valore che corrisponde al 22,9% dello stesso periodo.

Quote decrescenti di pratiche di avviamento al lavoro si registrano per le costruzioni (24.268, 11,3%) e l’agricoltura (10.868, 5%). Nel 2020 gli avviamenti al lavoro nelle costruzioni furono in quantità inferiore, sia in valore assoluto (18.869) che come percentuale sul totale delle pratiche (10,7%) mentre il bilancio si inverte in agricoltura dove gli avviamenti al lavoro nell’anno della pandemia furono maggiori sia in valore assoluto (12.396) che in percentuale sul totale (7%).

Nel 2021 la maggior parte delle pratiche di avviamento al lavoro, quasi i due terzi del totale, si definisce per contratti di lavoro a tempo determinato (127.021, pari al 59,1% del totale) mentre le pratiche relative ad avviamenti al lavoro con contratti a tempo indeterminato sono state 41.587, pari al 19,3% del totale; un valore di poco superiore alle 35.234 relative a lavoro in somministrazione (16,4%). Decisamente minore il numero delle pratiche di avviamento al lavoro con contratti di apprendistato (9.071, pari al 4,2) e ai lavori a progetto (2.716, 1,3%).

Complessivamente, nel 2021, gli avviamenti al lavoro con forme contrattuali flessibili o precarie, ovvero tempo determinato, o somministrazione, o lavoro a progetto, sono state 164.278 pari al 76,4% del totale a fronte delle 50.658 (23,6%) attribuite a forme di lavoro permanenti (tempo indeterminato + apprendistato). Nel 2021 per ogni pratica di avviamento al lavoro con contratti “permanenti” ce ne sono 3,2 relative a contratti flessibili e/o precari.  Nello scorso anno, con i numeri compressi dalla pandemia, le pratiche di avviamento al lavoro “flessibili” furono 130.771 (74,2% del totale) mentre quelle “permanenti” si fermarono a quota 45.514 pari al 21,8% del totale, con un rapporto nell’ordine di 2,9 pratiche precarie per ogni pratica “permanente”.

Giova tuttavia ricordare che nel 2019, prima della pandemia, le pratiche di avviamento al lavoro riferite a tipologie contrattuali “permanenti” furono il 27% del totale a fronte del 73% relativo a tipologie “flessibili” con un rapporto tra le due tipologie di 2,7 a 1. Possiamo quindi evidenziare, nella fase positiva del rimbalzo dei flussi in entrata nel mercato del lavoro bresciano, una ulteriore tendenza alla precarizzazione delle tipologie contrattuali. Ci sono quindi tutti gli elementi per affermare che il mercato del lavoro bresciano è in ripresa: più inserimenti al lavoro, quindi, con il terziario che muove quasi i due terzi del lavoro in entrata e sempre più nel segno della flessibilità.

Brescia, produzione industriale a +14,8%: recuperati i livelli pre-Covid

in Aib/Associazioni di categoria/Economia/Tendenze/Uncategorized by

Il 2021 si chiude per il Made in Brescia con una crescita media annua della produzione pari al 14,8%, dopo la pesante caduta del 2020 (-16,2%). La dinamica rilevata nello scorso anno è la più intensa da quando è disponibile la serie storica ed è giustificata dalla vivacità dell’industria locale, che ha saputo velocemente interamente recuperare quanto perduto durante il lockdown nella primavera 2020.

A evidenziarlo è l’indagine congiunturale del Centro Studi di Confindustria Brescia sui dati relativi al 4° trimestre 2021.

Con riferimento al solo periodo tra ottobre e dicembre, l’attività produttiva ha registrato una variazione rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente (tendenziale) ancora in significativo incremento (+13,0%), che tuttavia è frutto principalmente dei recuperi sperimentati nei primi mesi dell’anno. Nella seconda metà del 2021, il sistema produttivo bresciano è stato protagonista di un movimento più contenuto, giustificato da un fisiologico rallentamento e dall’emergere di alcuni fattori che hanno limitato la produzione, quali la scarsità delle più rilevanti materie prime e semilavorati, nonché gli ingenti rincari del costo dell’energia, che hanno impattato significativamente sui comparti più energivori.

Nel dettaglio, la produzione industriale evidenzia un aumento sul trimestre precedente (congiunturale) di +4,1%, in parte influenzato dalla ripresa dell’attività, dopo la pausa nel mese di agosto. La crescita media annua rilevata nel 2021 è frutto di quanto ereditato dal 2020 (+4,9%) e di una componente propria pari a +9,4%. La variazione trasmessa al 2022 è positiva (+3,2%): ciò sta a indicare che la crescita nell’anno in corso troverà beneficio, dal punto di vista algebrico, dalla dinamica rilevata nel 2021.

“Il recupero nel 2021 dei volumi persi a causa della pandemia è un dato di partenza incoraggiante e le prospettive per il Made in Brescia dal lato della domanda sono positive, aspetto che contribuirà a dare sostegno ai livelli produttivi – commenta Franco Gussalli Beretta, Presidente di Confindustria Brescia –. Tuttavia, i recenti e ingenti rincari degli input energetici rischiano di compromettere questa situazione, determinando una serie di incognite sulla competitività delle nostre imprese per i mesi a venire e incidendo in modo importante sulle marginalità. In questo senso ci stiamo muovendo come associazione per cercare una soluzione comune al problema, pur nella consapevolezza di come la dinamica sia legata a fattori mondiali.”

Le prospettive a breve termine rimangono positive, nonostante le molteplici nubi recentemente addensatesi sullo scenario previsivo: le aziende che stimano un miglioramento della situazione nei prossimi tre mesi sono il 45%. Quelle che prevedono di mantenere i livelli attuali sono il 44%, mentre l’11% stima un calo dell’attività. In tale contesto, i maggiori elementi di incertezza riguardano, tra l’altro, la nuova ondata pandemica (che frena i consumi nei servizi) e la persistente scarsità di commodity industriali e i prezzi abnormi dell’energia (che minano i margini aziendali). È opportuno inoltre ricordare come importanti segmenti dell’industria locale siano a rischio di dover sospendere l’attività per eccesso di costi che vanno a erodere la marginalità, nonostante la forte domanda proveniente dalla clientela. Infine, non vanno dimenticate le inedite pressioni inflattive (che limitano il potere d’acquisto delle famiglie) e le crescenti tensioni geopolitiche nell’ex Unione Sovietica.

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