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Lavoro - page 4

L’importanza della gestione delle risorse umane nelle piccole e grandi aziende

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Professionista al lavoro, foto generica da Pixabay


La gestione delle risorse umane nelle piccole e grandi aziende è un aspetto fondamentale per un’attività perché influisce direttamente sulla produttività e sulla fama dell’azienda. Chi si occupa di assumere i dipendenti di un’azienda infatti deve avere ben chiare le competenze necessarie e soprattutto deve essere in grado di fare leva sulle motivazioni giuste per legare all’azienda il futuro collaboratore.

La pandemia ha riportato l’attenzione sulla qualità del lavoro e sulla necessità di studiare nuove forme organizzative nello svolgimento delle mansioni. E questo alla luce di un forzato lockdown che ha generato nuove modalità di impiego e innovative soluzioni di controllo delle performance. Così lo smart working e il lavoro agile hanno preso piede e, anche quando l’emergenza è rientrata, sono stati molti i dipendenti a chiedere forme contrattuali più flessibili al fine di organizzare in maniera diversa la vita lavorativa e privata. Dunque la sfida di chi si occupa della gestione delle risorse umane è anche quella di conciliare gli obiettivi dell’azienda con le esigenze delle risorse da selezionare.

Responsabile delle risorse umane: chi è e cosa fa
Il responsabile delle risorse umane si occupa di realizzare piani di assunzione per le aziende, selezionare il personale e gestire il loro percorso all’interno della realtà imprenditoriale con la finalità di far vivere bene l’esperienza lavorativa a tutti i collaboratori. È una figura professionale che può essere interna all’azienda con un ufficio preposto alla gestione delle risorse umane, o anche esterna, lavorando con un ente terzo che fa da mediatore tra l’azienda e i candidati.

Gestione delle risorse umane: formazione e attitudini
Per diventare responsabile della gestione delle risorse umane bisogna conseguire la laurea e poi scegliere il programma di un master in HR più vicino all’area nella quale ci si vuole specializzare. Per lavorare infatti nelle risorse umane non basta avere le competenze base di un corso accademico, come una laurea in lettere o in scienze della comunicazione, ma occorre acquisire competenze specifiche che riguardano gli aspetti legislativi dei contratti di lavoro e anche la componente emotiva e psicologica che caratterizza le relazioni con le persone. Per occuparsi infatti delle risorse umane occorre un’estrema sensibilità, spiccate doti organizzative e relazionali.


La formazione si può svolgere presso le università tradizionali e anche presso le università telematiche, che hanno la particolarità di erogare i loro corsi mediante piattaforme online e che quindi utilizzano l’e-learning come metodo di apprendimento. In Italia sono 11 le università telematiche riconosciute dal MIUR e alcune, come Unicusano, oltre alle sedi territoriali dislocate in tutto il paese hanno anche un campus nella sede principale che costituisce il centro nevralgico dell’ateneo e nel quale si possono frequentare lezioni, tirocini post laurea e svolgere attività sportive e relazionali.


Il fattore umano come valore primario
Il fattore umano nelle piccoli e grandi aziende è ormai considerato un valore assoluto e va coltivato giorno per giorno con l’obiettivo di rendere serene tutte le persone impiegate in ogni realtà lavorativa. Con la pandemia, le sofferenze psicologiche sono state molteplici e le persone hanno un forte di bisogno di essere ascoltate e di ritrovare entusiasmo in ciò che fanno. È dunque di fondamentale importanza curare la gestione delle risorse umane, perché sono un investimento sociale ed economico per un futuro migliore.

Lavoro in somministrazione, nel secondo trimestre 2021 cresce la domanda a Brescia

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Donne e lavoro, foto generica da Pixabay

Secondo i dati forniti dalle Agenzie per il Lavoro, nel 2° trimestre 2021 la domanda di lavoratori in somministrazione in provincia di Brescia mostra un deciso e inedito incremento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, pari al +106% (tendenziale). L’entità dell’aumento è legata al confronto con l’analogo intervallo del 2020, ovvero con la fase più acuta della crisi economica scoppiata in concomitanza con la pandemia, quando molte attività produttive e commerciali operavano a regime ridotto, se non addirittura chiuse.

A evidenziarlo è il tradizionale Osservatorio Confindustria Brescia – Agenzie per il Lavoro, riferito al 2° trimestre 2020.

Il confronto con la “normalità pre-Covid”, identificata nel 2° trimestre del 2019, registra una contrazione delle richieste nell’ordine del 13%, stando a indicare che quanto perduto durante l’emergenza del 2020 è stato solo parzialmente recuperato. Per quanto riguarda i macro gruppi professionali analizzati nell’Osservatorio, il confronto con il 2° trimestre 2019 offre una prospettiva particolarmente diversificata, con i profili tecnici in forte sviluppo (+67%), seguiti a distanza dal personale non qualificato (+10%) e dai conduttori d’impianti (+6%). Variazioni negative riguardano invece gli impiegati esecutivi (-14%), gli operai specializzati (-37%) e, in particolare, gli addetti al commercio (-65%), che si conferma come la categoria più penalizzata dalla pandemia.

Dal punto di vista della composizione della domanda, si evidenzia la prevalenza di conduttori d’impianti (39,6%), seguiti dal personale non qualificato (23,5%), dagli operai specializzati (11,7%) e dagli addetti al commercio (9,0%). Più contenuta è la domanda di tecnici (8,9%) e impiegati esecutivi (7,3%).

Con riferimento alle difficoltà di reperimento dei lavoratori in somministrazione, non si segnalano tensioni particolari, a eccezione, in particolare, di alcuni profili appartenenti ai tecnici (tecnici in campo ingegneristico, tecnici informatici), agli impiegati esecutivi (addetti logistica e impiegati contabili), agli addetti al commercio (addetti fast food e addetti assistenza pazienti) e agli operai specializzati (fonditori, saldatori, montatori, manutentori, fabbri).

Lavoro interinale, a Brescia “situazione in leggero miglioramento”

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Dopo tre trimestri di significative cadute della domanda di lavoratori in somministrazione, nell’ultimo periodo dell’anno le richieste hanno evidenziato una variazione di poco negativa (-4%) rispetto allo stesso trimestre del 2019 (tendenziale). Il dato rifletterebbe la ripresa dell’attività dell’industria manifatturiera sperimentata nei mesi scorsi, i cui livelli produttivi si attesterebbero, nel complesso, poco al di sotto della “normalità” pre-Covid, a fronte delle forti contrazioni nell’ambito delle attività legate al commercio e alla ristorazione, penalizzate anche dalle nuove misure restrittive adottate nell’ultima parte del 2020.

A evidenziarlo è il tradizionale Osservatorio Confindustria Brescia – Agenzie per il Lavoro, a cura del Centro Studi di Confindustria Brescia.

“I dati del quarto trimestre 2020 segnano una ripresa per quanto riguarda il lavoro in somministrazione a Brescia, ma la pandemia da Covid-19 ci ha confermato come occorra cambiare il nostro approccio al mercato del lavoro, superando la logica del posto di lavoro per parlare di occupabilità – commenta Roberto Zini, Vice Presidente di Confindustria Brescia con delega a Lavoro, Relazioni Industriali e Welfare –. Bisogna cioè prendersi cura delle persone che lavorano o che vogliono lavorare e spostare l’attenzione sui loro percorsi di educazione, istruzione e formazione professionale”.

La variazione complessiva è la sintesi di andamenti particolarmente differenziati tra i singoli profili. Conduttori d’impianti (+35%) e operai specializzati (+9%) sono in forte crescita, sulla scia del recupero dell’attività nell’industria. Tecnici (+4%), personale non qualificato (-2%) si caratterizzano per un’evoluzione complessivamente piatta, mentre per gli impiegati esecutivi (-25%) e per gli addetti al commercio (-62%) si rilevano le contrazioni più intense.

Nell’intero 2020 la pandemia ha provocato una profonda modifica della composizione strutturale della domanda di lavoratori in somministrazione. Rispetto all’anno precedente è aumentata la quota dei conduttori d’impianti (passati dal 34% al 37%), del personale non qualificato (dal 21% al 24%) e dei tecnici (dal 5% al 7%), a fronte di un significativo ridimensionamento degli addetti al commercio, le cui richieste, alla luce delle forti limitazioni imposte con l’obiettivo di contenere i contagi, sono di fatto dimezzate (dal 20% all’11%).

Grazie all’elevato livello di dettaglio disponibile, l’Osservatorio offre inoltre una particolareggiata fotografia sull’evoluzione delle richieste di professionalità legate all’utilizzo delle nuove tecnologie, in una fase di evoluzione dell’industria manifatturiera caratterizzata dall’automazione e dalla digitalizzazione dei processi produttivi. Tali figure non sembrano risentire della crisi: nel 2020 la loro domanda ha intercettato ben il 23,9% delle richieste complessive, in leggero incremento rispetto a quanto rilevato nel 2019 (21,9%) e in forte accelerazione nei confronti del 2018 (8,5%), a certificazione che il processo di digitalizzazione delle imprese industriali bresciane è oramai avviato e non sembra essere stato scalfito dalle problematiche rilevate nel 2020.

Bonometti (Confindustria): sblocco selettivo e graduale dei licenziamenti, sì alla linea Draghi

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“Finalmente sta emergendo la consapevolezza che prorogare sine die il blocco dei licenziamenti sarebbe un grave errore, e non solo per le imprese che devono ristrutturarsi adeguandosi ai livelli di mercato imposti dal Covid, ma soprattutto per i lavoratori stessi, la cui tutela deve essere una priorità e disgiunta da quella dello specifico posto di lavoro. In particolare, viene avanzata una proposta selettiva, che comporti una modalità graduale di sblocco, dando priorità all’industria e alle costruzioni. Condivido pienamente la linea indicata dal presidente Draghi – “vanno tutelati i lavoratori, non i posti di lavoro” – questa è la strada da percorrere”.

“Serve urgentemente una seria riforma del lavoro e degli ammortizzatori sociali, in cui l’erogazione della cassa integrazione si possa trasformare in un assegno di riqualificazione professionale e, contemporaneamente vengano formati i lavoratori acquisendo nuove competenze dell’era digitale per far incontrare la domanda e l’offerta di lavoro”.

A dirlo, in una nota, è il presidente di Confindustria Lombardia Marco Bonometti.

Medtronic, dipendenti di Invatec Roncadelle trasferiti a Bci

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Invatec, oltre 300 posti di lavoro a rischio nel Bresciano

Oggi il gruppo Medtronic trasferisce in via definitiva a Business Creation Investments (BCI) la forza lavoro ovvero i dipendenti degli impianti produttivi Invatec di Roncadelle, come previsto dagli accordi siglati il 18 dicembre 2019.

“È il passo formale e conclusivo – si legge in una nota – di un percorso iniziato nel giugno 2018, quando Medtronic annunciò la propria decisione di cessare le attività negli stabilimenti Invatec di Brescia. Da allora, per ridurre al minimo l’impatto sulle persone e sull’economia del territorio, Medtronic ha lavorato, in stretta collaborazione con le parti sindacali, Confindustria Brescia e le Istituzioni regionali e nazionali, per trovare una soluzione di reindustrializzazione del sito e di salvaguardia dei posti di lavoro”.

“Medtronic riconosce il valore di ciascun dipendente e si è voluta impegnare per garantire il futuro a chi, a Brescia, con il proprio lavoro, ha contribuito significativamente negli anni ai risultati del gruppo. L’importante esito della reindustrializzaione è stato possibile solo grazie all’impegno di molte persone e molte organizzazioni”, spiega Michele Perrino, Presidente e Amministratore delegato di Medtronic Italia. “Il nostro ringraziamento va ai dipendenti Invatec, alle rappresentanze sindacali, al Governo italiano, a Regione Lombardia e a tutti coloro che hanno contribuito a questo risultato. Un lavoro lungo, intenso, ma che rappresenta un esempio bellissimo di lavoro di squadra per il raggiungimento di un obiettivo comune. Un esempio per altre situazioni simili. Oggi vogliamo augurare alla nuova proprietà ogni successo”.

“Medtronic – conclude la nota – mantiene una forte presenza in Italia, paese nel quale ha triplicato il numero dei propri dipendenti nell’ultimo decennio. Nel panorama europeo, l’Italia è seconda solo all’Irlanda per le attività operative del gruppo”.

Lavoro interinale: a Brescia nel terzo trimestre frena la caduta

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Professionista al lavoro, foto generica da Pixabay
  • Il calo registrato nel periodo tra luglio e settembre, rispetto allo stesso periodo del 2019, è del 29%; la contrazione è inferiore a quella del trimestre precedente (-54%).

Secondo quanto dichiarato dalle Agenzie per il Lavoro, nel 3° trimestre del 2020 le richieste di lavoratori in somministrazione in provincia di Brescia hanno subito un calo del 29% rispetto all’analogo periodo del 2019. Si tratta di una contrazione che in qualche modo mitiga la caduta registrata nel secondo periodo dell’anno (-54%).

A evidenziarlo è il tradizionale Osservatorio Confindustria Brescia – Agenzie per il Lavoro, a cura del Centro Studi di Confindustria Brescia.

La dinamica, fortemente negativa, risulta coerente con un quadro ciclico penalizzato dalla pandemia, che ha pesantemente colpito il settore industriale locale – nonostante il recupero dell’attività produttiva nei mesi estivi – e ha profondamente lacerato le attività legate al commercio e alla ristorazione.

La caduta ha interessato tutti i sei macro-gruppi professionali presi in considerazione, con i cali più intensi registrati, in particolare, dai tecnici (-33%), dagli operai specializzati (-34%), dagli impiegati esecutivi (-44%) e dagli addetti al commercio (-68%). Per quanto riguarda la composizione della domanda, si evidenza la prevalenza di conduttori d’impianti (40,6%), seguiti dal personale non qualificato (24,3%), dagli operai specializzati (15,3%) e dagli addetti al commercio (8,9%). Più contenuta è la domanda di tecnici (5,7%) e di impiegati esecutivi (5,1%).

Il dettaglio dei profili professionali vede in testa gli operatori robot industriali (14,1% della domanda complessiva), seguiti dagli addetti consegna merci (7,9%), dai non qualificati in imprese industriali (7,2%), dagli addetti macchine per lavorazioni metalliche (5,9%) e dai conduttori macchine movimento terra (5,8%).

Come già rilevato nel primo semestre dell’anno, il profilo più domandato riguarda gli operatori robot industriali; si tratta di un dato che certificherebbe il forte interesse nel territorio per questa categoria professionale, di questi tempi particolarmente ricercata, sulla scia della transizione in atto al 4.0.

Come effettuare il licenziamento per giusta causa

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La disciplina del mondo del lavoro è uno di quei settori per i quali le discussioni a livello giurisprudenziale, ma anche nella vita di tutti i giorni, sono sempre molto accese e ricche di sfaccettature, aperte a molteplici tipi di interpretazione semplicemente in base al punto di osservazione dal quale ci si pone per proporre le proprie soluzioni o trarre delle conclusioni. Come in tutti i settori non è mai facile schierarsi in toto a favore di una posizione netta e senza sfumature.

La lunga diatriba sul licenziamento

Nell’ambito di questa diatriba, uno degli argomenti più “caldi” riguarda la possibilità di licenziare un dipendente. Ovviamente dalla parte delle ragioni dei dipendenti e di chi sostiene che la possibilità di licenziare crei una evidente ingiustizia sociale, c’è la motivazione che questo creerebbe una società in cui non esiste stabilità lavorativa, certezza del proprio futuro e quindi conoscenza delle proprie prospettive, rendendo instabile qualsiasi tipologia di attività progettuale del privato, come singolo e come membro di una famiglia e di una collettività. D’altra parte chi ha un’impresa sa benissimo cosa vuol dire assumere una persona, e i costi che questo impegno comporta, anche per la enorme quantità di contributi che nel nostro Paese sono previsti in relazione all’assunzione di dipendenti. Inoltre, essendo il rischio di impresa totalmente in capo all’imprenditore, lui sa che un eventuale calo delle commesse o una sostanziale diminuzione del giro d’affari lo costringerebbe, a parità di personale impiegato nella propria azienda, a sostenere dei costi che potrebbero diventare eccessivi rispetto ai ricavi.

Il licenziamento per giusta causa

Caso a parte, escluso da questa diatriba, è il licenziamento per giusta causa: si tratta di una forma di licenziamento in tronco, senza preavviso, con il quale il datore di lavoro recede unilateralmente dal contratto di lavoro a causa di un comportamento talmente grave da parte del dipendente da far venire meno il rapporto di fiducia che deve intercorrere fra datore di lavoro e lavoratore e senza il quale è impossibile proseguire il rapporto di collaborazione.

La giusta causa può essere quindi riscontrata non solo nelle inadempienze di natura contrattuale ma anche nei comportamenti del dipendente che, seppur estranei alla sfera lavorativa, siano talmente gravi da riflettersi nell’ambito del lavoro e in particolare nel far venire meno la fiducia che ogni datore di lavoro deve riporre nel proprio collaboratore. Per saperne di più sul licenziamento per giusta causa, verifica quali siano i casi in cui si può esercitare e come sia realizzabile senza andare in tribunale.

 

 

Agenzie del lavoro, a fine 2019 richieste di interinali calate del 15 per cento

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Secondo quanto dichiarato dalle Agenzie per il Lavoro, nel IV trimestre del 2019 le richieste di lavoratori in somministrazione in provincia di Brescia hanno subito un calo del 15% rispetto all’analogo periodo del 2018, che intensifica la discesa riscontrata nel periodo precedente (-7%). Tale flessione è di fatto imputabile a una categoria professionale (personale non qualificato -42%), non controbilanciata dal forte incremento di un’altra categoria (conduttori d’impianti, +36%).

A evidenziarlo è l’Osservatorio AIB – Agenzie per il lavoro, a cura dell’Ufficio Studi e Ricerche di AIB, con riferimento al IV trimestre 2019.

“Dal report appare evidente come le competenze siano sempre più importanti e strategiche per le imprese – commenta Roberto Zini, Vice Presidente di AIB con delega a Lavoro, Relazioni Industriali e Welfare –, anche all’interno di un mercato, quello della somministrazione, che storicamente ha intercettato profili con esiguo contenuto professionale, almeno nel territorio bresciano. Allo stesso tempo, la minore domanda complessiva risulta coerente con la fase di debolezza che attualmente sta investendo l’industria bresciana”.

Per quanto riguarda la composizione della domanda, si evidenzia la prevalenza di conduttori d’impianti (30,4%), seguiti dal personale non qualificato (23,8%), dagli addetti al commercio (22,4%) e dagli operai specializzati (11,5%). Più contenuta è la domanda di impiegati esecutivi (7,1%) e tecnici (4,8%), che insieme assorbono il rimanente 12% delle richieste.

Il dettaglio dei profili professionali vede primeggiare camerieri di ristorante (11,0% della domanda complessiva), seguiti dagli operatori robot industriali (10,0%), dai non qualificati in imprese industriali (9,0%), dagli addetti consegna merci (7,5%) e dai non qualificati nei servizi di pulizia (6,0%).

Per la prima volta da quando è istituito l’Osservatorio il profilo più richiesto non riguarda l’industria, bensì le attività terziarie (camerieri di ristorante). Si tratta di un dato che, se da una parte trova giustificazione nella fase di difficoltà che sta attraversando il comparto manifatturiero locale, dall’altra appare coerente con fattori stagionali legati alle festività natalizie, quando più intenso è il ricorso a figure da impiegare nell’ambito della ristorazione. Tale tendenza appare confermata dall’ampia richiesta di addetti consegna merci, categoria che trae beneficio, oltre che dal particolare periodo dell’anno, anche dalle mutate abitudini dei consumatori, oggi particolarmente orientati agli acquisti on line.

Con riferimento alle difficoltà di reperimento dei lavoratori in somministrazione, non si segnalano tensioni particolari, a eccezione di alcuni profili appartenenti ai tecnici (tecnici in campo ingegneristico, tecnici della produzione, tecnici della gestione dei processi produttivi, tecnici della distribuzione commerciale e tecnici informatici) e agli operai specializzati (fonditori, saldatori, fabbri, montatori, manutentori). É una lettura coerente con quanto emerso dalla recente Indagine sul manifatturiero bresciano condotta dall’Ufficio Studi e Ricerche AIB e dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, in cui si evidenzia come il 79% delle imprese intervistate segnali difficoltà nel reperimento di tecnici e di operai specializzati.

 

In fuga dall’Italia: 816 mila gli italiani all’estero, 3 su 4 giovani

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Aeroplano, foto generica da Pixabay

Sono ormai anni che lo “Sportello dei Diritti” dimostra le conseguenze di una crisi economica che attanaglia il Paese e che troppo spesso si cerca di nascondere. Questa volta, a Giovanni D’Agata, presidente dell’associazione, segnala con una nota il rapporto sulle migrazioni dell’Ista,t che riguarda la voglia di scappare fuori dal Belpaese (forse oggi un eufemismo) di una fetta troppo significativa di nostri connazionali.

Secondo lo studio, sono giovani e laureati i nuovi emigrati che lasciano il meridione per cercare un’occupazione più congeniale alle competenze acquisite e un reddito adeguato verso il Centro-Nord o l’estero. Nel 2018 l’Aire, l’anagrafe degli italiani all’estero, ha registrato 157 mila unità, l’1,2% in più rispetto all’anno precedente. Se si considera il numero dei rimpatri, pari a 46.824, si ha un saldo negativo di 69.908 unità, ovvero il 2,1 per mille. Sono invece 332 mila le iscrizioni anagrafiche dall’estero, una variazione negativa del 3,2% rispetto al 2017. Tra questi 5 su 6 sono cittadini stranieri (286 mila, -5,2%), mentre il resto sono rimpatri di italiani dall’estero. A rivelarlo è il rapporto sulle migrazioni per l’anno 2018 dell’Istat, secondo cui sono 816 mila gli italiani emigrati all’estero in dieci anni. Secondo lo studio oltre il 73% degli emigrati ha 25 anni o più e un livello di istruzione medio alta. Lascia l’Italia in cerca di opportunità di lavoro.

In particolare, Campania e Sicilia nel 2018 hanno perso 8.500 residenti per lo più giovani laureati, che partono per il Centro- Nord o per l’estero in cerca di occupazione. In totale a lasciare il mezzogiorno sono 117 mila, il 7% in più rispetto al 2017, mentre volume totale della mobilità interna totale è di 1 milione 358 mila trasferimenti(+1,8%). Nel decennio 2009-18, la regione da cui emigrano più italiani, in valore assoluto, è la Lombardia con un numero di cancellazioni anagrafiche per l’estero pari a 22 mila. Seguono Veneto e Sicilia (entrambe oltre 11 mila), Lazio (10 mila) e Piemonte (9 mila). Le città da cui sono partiti più residenti, invece, sono: Roma (8 mila), Milano (6,5 mila), Torino (4 mila) e Napoli (3,5 mila). Per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, un quadro impietoso e preoccupante quello che emerge dal rapporto sulle migrazioni per l’anno 2018 dell’Istat.

Lavoro, La Risorsa Umana inaugura la nuova filiale di Brescia

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Donne e lavoro, foto generica da Pixabay

Il 1° ottobre, dalle ore 16 l’evento inaugurale. La nuova filiale di Brescia de La Risorsa Umana apre le porte in via G. Camozzi, n. 1/a, l’inaugurazione si terrà il 1° ottobre dalle ore 16: offerte di lavoro, sviluppo di carriera e supporto alla ricollocazione sono i servizi a disposizione dei candidati.

Inoltre, solo per la giornata inaugurale, sarà possibile registrare in diretta il proprio VIDEO CV, un nuovo servizio a disposizione dei candidati che vogliono “mettere la faccia” nel proporsi alle aziende del territorio.

La Risorsa Umana.it è uno dei maggiori gruppi italiani specializzati nell’ambito delle Risorse Umane ed ha più di 10 sedi in tutta Italia.

Sul mercato da oltre dieci anni, La Risorsa Umana si occupa di ricerca e selezione di personale aziendale, somministrazione di lavoro come agenzia interinale, consulenza e progettazione nell’ambito della formazione.

I profili qualificati in cerca di lavoro possono anche iscriversi sul portale www.larisorsaumana.it e saranno convocati in filiale per un colloquio di presentazione.

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