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Guardia di Finanza - page 2

Fallimento Medeghini, tre banche sotto la lente della Finanza

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Tre milioni e 845mila euro sequestrati e 51 funzionari indagati. Sono state gli istituti di credito, stavolta, l’oggetto dell’interesse della Guardia di Finanza di Brescia, nell’ambito delle indagini sul crac del gruppo caseario Medeghini: un migliaio di dipendenti e 450 milioni di fatturato prima del clamoroso fallimento, che ha portato alla luce un giro di presunte fatture false per circa 600 milioni di euro. Per tale ragione sono a processo Arturo e Severino Medeghini oltre ad alcuni professionisti bresciani (due erano stati completamente scagionati). Per le tre banche coinvolte l’accusa è di aver trasformato illecitamente in finanziamenti garantiti le linee di credito aperte verso il gruppo, in modo da finire tra i creditori privilegiati in vista del fallimento.

Un milione e mezzo di euro non dichiarato, nei guai imprenditrice di Pisogne

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Circa un milione e mezzo di euro. E’ quanto, secondo la Finanza, avrebbe “dimenticato” di dichiarare al Fisco una immobiliarista di Pisogne. La donna è accusata di non aver pagato le imposte dovute tra il 2010 e il 2014. Stando a quanto ricostruito dai militari, l’imprenditrice ha omesso di versare le tasse su diverse transazioni di mediazione tra proprietari di immobili e clienti (acquirenti o affittuari), provvedendo a dichiarare parte di quanto realmente incassato soltanto nel 2014. Per le Fiamme Gialle l’Iva evasa è di circa 250mila euro.

Evasione, sequestrato un milione di euro a un imprenditore edile bresciano

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Ancora una vicenda di Iva evasa, con un sequestro da un milione di euro, e al centro c’è nuovamente un’azienda amministrata da un imprenditore edile originario di Reggio Calabria. L’uomo, secondo quanto ricostruito dalla Finanza, aveva dichiarato che la sua azienda dava lavoro a un significativo numero di dipendenti (dai 39 ai 72) senza però mai presentare la dichiarazione fiscale obbligatoria per legge. Un “risparmio” da oltre un milione di euro. Per questo la Guardia di Finanza di Brescia ha eseguito il sequestro del capitale sociale dell’azienda, di due unità immobiliari nel comune di Grumello del Monte, di liquidità, titoli e un’autovettura (una modesta Skoda Fabia) per una cifra corrispondente. L’operazione fa parte dell’indagine che la scorsa estate aveva portato all’arresto di dieci persone (tra cui il presidente del Darfo Calcio) per reati fiscali. L’imprenditore è stato denunciato.

Imprenditore camuno nella rete della Finanza: evasi 10 milioni di euro

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Dieci milioni di euro evasi, due milioni di Iva “risparmiata”. E’ questo il bilancio dell’ultima operazione della Guarda di Finanza di Pisogne, che ha fatto visita a un’azienda camuna attiva nel settore della meccanica. L’impresa, secondo un copione ormai noto, emetteva fatture di spesa per acquisti mai effettuati. O meglio: dal 2012 i finti esborsi venivano giustificati con fatture di aziende chiuse o non compatibili con il settore di lavoro dell’impresa, realtà ovviamente ignare dell’accaduto. Lungo il lavoro di vaglio dei documenti e dei conti degli uomini delle Fiamme Gialle. L’amministratore della società è un 40enne di origini bergamasche: l’uomo era già stato denunciato all’Autorità Giudiziaria per dichiarazioni fraudolente tra il 2012 e il 2015.

Fatture false, sequestrati 13,5 milioni di euro a due imprese di Orzinuovi

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Ben 13 milioni e mezzo tra denaro, azioni e immobili. A tanto ammonta il sequestro disposto dalla Guardia di Finanza di Brescia ai danni di due imprese della Leonessa, attualmente fallite. Secondo l’accusa le imprese – entrambe con sede a Orzinuovi – avrebbero emesso fatture false per ben 150 milioni di euro. Le aziende avevano ottenuto importanti appalti anche per la ricostruzione delle aree terremotate d’Abruzzo, e secondo le forze dell’ordine uno dei metodi che mettevano in atto per aggiudicarsi le gare era proprio quello di fare offerte particolarmente competitive grazie al fatto che evadevano le imposte. L’operazione fa è stata denominata Teorema dalle Fiamme Gialle: nella prima fase dell’inchiesta gli arresti erano stati ben 18.

Valcamonica, scoperto laboratorio clandestino cinese: i dipendenti erano italiani

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In apparenza era un “comune” laboratorio clandestino gestito da cinesi. In realtà c’era una sorpresa: i lavoratori impiegati erano (quasi) tutti italiani. E’ questa la singolare sorpresa che hanno fatto le forze dell’ordine in un capannone abusivo di Artogne, in piena Valcamonica. Quando i carabinieri di Breno e l’ispettorato del lavoro hanno controllato l’immobile, gestito da un 52enne cinese, hanno trovato diverse postazioni allestite con macchine da cucire professionali. I “dipendenti” senza documenti erano dieci, di cui sette del posto e tre cinesi (uno clandestino). La donna ha ricevuto multe per 35mila euro. L’attività è ovviamente stata sospesa.

La Versa, Lanzanova arrestato per bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio

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E’ stato arrestato oggi dalla Guardia di Finanza di Pavia Abele Lanzanova, rampante manager 51enne originario di Urago D’Oglio. Le accuse contro di lui sono bancarotta fraudolenta prefallimentare e autoriciclaggio. Lanzanova, circa un anno fa, si era candidato a rilevare il noto marchio vitivinicolo La Versa, fondato nel 1905 e da tempo alle prese con pesanti debiti (almeno 20 milioni) e successivamente anche all’acquisto del Pavia calcio, di cui La Versa era diventato sponsor. In precedenza Lanzanova aveva anche cercato di acquistare il Chiari Calcio.

L’arresto di Lanzanova è arrivato il giorno dopo la terza richiesta di fallimento di La Versa, presentata dalla Procura di Pavia su istanza di due gruppi di soci e di alcuni fornitori. Secondo gli accertamenti della Gdf, “l’amministratore delegato de La Versa Spa come rilevato anche dal collegio sindacale, si sarebbe appropriato di ingenti somme sottraendole alle scarse risorse finanziarie della Cantina, peraltro già interessata da procedimenti prefallimentari”. Il meccanismo “si basava sulla simulazione di acquisti di vino da società che si sono poi rilevate essere inesistenti o aver cessato da tempo la propria attività”, con una parte dei soldi che finiva poi sul conto di Lanzanova che li riciclava trasferendoli sui conti correnti della La Versa Financial International Spa.

Intestano 9 milioni di euro a una rumena per evadere le tasse: nei guai due imprenditori bresciani

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Hanno intestato tutto a una rumena: nove milioni di euro di “regalo” che per loro sarebbero valsi ben 2,2 milioni di euro di soldi sottratti al fisco. Ma purtroppo per loro la Guardia di finanza di Desenzano ha scoperto tutto. E ora i due imprenditori edili bresciani (C.A. e Z.C. entrambi sessantenni) pagheranno a caro prezzo il tentativo di fare i furbi, perché dovranno rispondere di “omessa presentazione della dichiarazione” e “sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte”.

I due, secondo quanto ricostruito dai militari, hanno venduto un complesso residenziale a Castel Mella per 9 milioni, per poi cedere tutto ad altre società a loro riconducibili e infine intestarne le quote a una 30enne rumena oggi irreperibile e trasferire la sede sociale all’estero. Ai due imprenditori sono stati sequestrati beni per il valore complessivo di 1,6 milioni, di cui 250mila euro in contanti.

Maxi evasione fiscale, c’è anche il bresciano Basilio Gnutti

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C’è anche un imprenditore bresciano – secondo quanto riportato dal Corsera – tra gli indagati dalla Guardia di Finanza di Vicenza per reati fiscali nell’ambito dell’operazione Filo d’Arianna. Si tratta di Basilio Gnutti, nipote dell’ex ministro leghista Vito Gnutti, già finito nei guai nel ‘94 (quando aveva 33 anni) per una vicenda analoga. L’imprenditore sarebbe coinvolto in un giro di fatture false, tramite società cartiere, per un importo che supera i 350 milioni. Le perquisizioni, oltre una cinquantina, sono state compiute oltre che a Brescia, anche a Vicenza, Padova, Bergamo, Milano, Roma, Cremona e Alessandria. Tra le persone indagate spicca il nome di Domenico Di Fonso, già vicepresidente di Confindustria Vicenza.

Evade 60 milioni di euro, nei guai imprenditore camuno

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Fatture false (ben 80mila) per un valore di oltre 250 milioni di euro e 60 milioni di evasione accertata. Sono questi i numeri che inguaiano un imprenditore 50ennedi 50 anni, di Darfo Boario Terme, finito nel mirino della Guardia di Finanza di Pisogne. Il metodo utilizzato – tra il 2011 e il 2015 – sarebbe il solito delle cosiddette società cartiere (13 quelle scoperte in questo caso), società di comodo intestate a prestanome nullatenenti che fanno fatture false e poi chiudono improvvisamente (mediamente nell’arco di un mese).

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