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Indagine Confartigianato: solo 4 aziende su 10 prevedono di riprendere come prima entro un anno

in Associazioni di categoria/Confartigianato/Economia/Tendenze by
Eugenio Massetti, Confartigianato Brescia

I risultati della rilevazione dell’Osservatorio di Confartigianato Lombardia svolta dal 7 al 14 aprile 2020 con oltre 3.700 interviste a micro-piccole imprese e imprese artigiane lombarde, 586 delle quali bresciane, evidenzia un’ampia diffusione di segnali recessivi, intensificati rispetto la precedente rilevazione del 4 di marzo. «Abbiamo coinvolto i nostri associati che hanno risposto in gran numero, quasi 600 dei quali i titolari di imprese bresciane: tra i risultati emerge come il 77 per cento in questo momento è chiuso e la gran parte, il 63 per cento, si è dovuto bloccare per le disposizioni del Governo, più del 14 per cento ha fermato l’attività per una scelta del titolare. Non me l’aspettavo, ma è la dimostrazione di come tutti noi pensiamo soprattutto alla sicurezza di famiglie e dipendenti. Ora, per riprendere serve un segnale di diminuzione del contagio, ma come si fa a dirlo fino a quando non verranno fatti i tamponi? L’abbiamo ribadito anche al Presidente Attilio Fontana: le 4D di Regione Lombardia non bastano senza la 5D: il diritto delle imprese alla sicurezza» così Eugenio Massetti, presidente di Confartigianato Brescia e Lombardia» a commento dello studio realizzato dall’Osservatorio di Confartigianato Lombardia e che ha coinvolto tutte le province lombarde. Solo il 23% delle pmi bresciane ha continuato completamente o parzialmente l’attività. E, di queste, l’83,6% delle imprese rimaste aperte lamenta l’elevata difficoltà riscontrata nel reperire l’apparecchiatura necessaria per continuare ad operare in sicurezza. Il 28,1% delle imprese aperte svolgono tutta o parte dell’attività in modalità a distanza (lavoro agile/smart working). Una micro-piccola impresa su 5 si serve di almeno un canale alternativo di vendita (domicilio, e-commerce, etc.) per proseguire l’attività.

A marzo si rileva un calo del fatturato delle Pmi bresciane del 61,2%. Per il mese di aprile, in cui si estende il lockdown avviato a marzo, le imprese stimano un calo dei ricavi del 70,8%. Il calo del fatturato nel bimestre marzo-aprile equivale ad una riduzione dell’11% del fatturato dell’intero anno. In valore assoluto il calo del fatturato è quantificabile solo per l’intero sistema delle pmi lombarde: a marzo stima l’Osservatorio di Confartigianato Lombardia è  pari a 12 miliardi di euro e ad aprile a 13 miliardi, per una riduzione complessiva nel bimestre di 25 miliardi di euro. Ipotizzando uno scenario di recupero entro la fine dell’anno, la crisi Covid-19 determinerebbe una riduzione del 26% delle vendite delle MPI lombarde nel 2020 rispetto a quelle dell’anno precedente, in valore assoluto pari a 57 miliardi di euro.  

CONSEGUENZA COVID – Lo shock della crisi da coronavirus ha determinato sulla gestione finanziaria delle imprese bresciane nel 93,1% dei casi mancati incassi per caduta del fatturato, nel 75,4% dei casi criticità relativamente al cash flow aziendale e nel 57,4% dei casi ritardi dei pagamenti di privati.

Il 58,9% delle imprese artgiane bresciane ha avanzato almeno una richiesta alle banche. In prevalenza sono state richieste: moratoria (66,8%) e consulenza (53,6%); mentre è crollata la domanda di credito per investimenti (14%).

PROSPETTIVE – Nell’arco di 6-12 mesi solo 4 imprese bresciane su 10 prevedono un recupero della normalità aziendale graduale. Nella fase di progressiva uscita dalla crisi e di ripartenza gli imprenditori indicano che saranno per lo più trainanti un solido sostegno al sistema dei pagamenti e alla finanza d’impresa e il dinamismo e la resilienza che da sempre contraddistingue le micro-piccole.

Conclude il presidente di Confartigianato Brescia e Lombardia Eugenio Massetti: «Tutti gli imprenditori vorrebbero riaprire dopo un mese e mezzo di fermo e con i danni che stiamo contando: abbiamo suggerito che si riparta partendo dai cantieri, dalla moda e dal Made in Italy. Ma lo si deve fare con una vera regia nazionale, che deve arrivare per forza di cose dalla politica. Noi ci siamo, non solo quando c’è da chiedere il voto e quando lo Stato batte cassa per le tasse: riapriremo anche tra mille difficoltà, perché siamo abituati ad arrangiarci e rimboccarci le maniche, ma abbiamo bisogno di avere la garanzia del credito e un sostegno alla liquidità subito, non possiamo aspettare mesi».

Agricoltura, Rolfi: reintrodurre i voucher per i lavoratori stagionali

in Agricoltura e allevamento/Economia by

“Non servono sanatorie per regolarizzare centinaia di migliaia di immigrati, servono i voucher per i lavoratori stagionali in agricoltura”. Lo ha detto l’assessore all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi Verdi della Regione Lombardia Fabio Rolfi. “Il Governo sta sfruttando le difficolta’ dell’agricoltura, peraltro abbandonata a se stessa, per politiche ideologiche che rischiano di scatenare problemi e costi sociali enormi come gia’ visto in passato”.

SERVE COLLABORAZIONE CON CENTRI IMPIEGO – “La Regione Lombardia – ha spiegato Rolfi – ha una strategia molto chiara in termini
di occupazione in agricoltura. Prevede la collaborazione stretta con i centri per l’impiego al fine di mettere in correlazione domanda e offerta di lavoro. Cosi’ da dare priorita’ a chi e’ disoccupato e a chi percepisce il reddito di cittadinanza”.

NECESSARI VOUCHER IN FORMA SEMPLIFICATA – “Sul tema dei lavoratori stagionali – ha chiarito l’assessore – credo sia necessario reintrodurre i voucher in forma semplificata. I tempi sono stretti e non dobbiamo arrivare a ridosso del periodo di raccolta dell’uva e dell’ortofrutta. E’ necessario fornire agli imprenditori uno strumento che consenta di utilizzare al meglio la manodopera temporanea. Le cifre relative ai voucher del settore agricolo in Lombardia sono importanti: circa 160mila di media all’anno quando erano in vigore”.

Costi industriali: cosa sono e come monitorarli al meglio

in Economia/Finanza by

I costi industriali sono cruciali per il successo o il fallimento dell’azienda. Rappresentano infatti la maggiore oscillazione nella determinazione del profitto. È quindi indispensabile monitorarli e attivare un sistematico controllo dei costi industriali. Uno degli strumenti più utili per compiere questa operazione è l’acquisto di un software di gestione, che consente di capire in maniera molto veloce quali e quante sono le spese che incidono sul costo del prodotto, potendo così comprendere immediatamente quali sono gli aspetti da migliorare.

Cosa sono i costi industriali

I costi industriali sono tutte quelle voci che determinano il prezzo di un prodotto. Si stabiliscono calcolando i costi diretti, ossia quelli necessari a realizzarlo, come le materie prime; i costi di produzione, come la manodopera e infine i costi indiretti, ossia quelle voci di spesa che contribuiscono alla creazione del prodotto, come ad esempio gli impianti e il marketing.
Sommati tutti questi elementi, si va poi ad aggiungere l’importo che rappresenta il margine di vendita, che è solitamente fissato per il 20% del costo totale.
Sembra un processo molto semplice; in realtà presenta diverse falle, perchè con il mercato attuale e tutte le variabili che possono incorrere nella determinazione del prezzo, spesso non si fa una valutazione corretta e si rischia di perdere terreno in termini di fatturato. Bisogna quindi dotarsi di programmi in grado di valutare a livello strategico l’allocazione dei costi e la sua eventuale ridistribuzione.

Processi di monitoraggio

Una delle azioni fondamentali per la gestione corretta dei costi industriali è il monitoraggio. Mediante questo processo, sostenuto da un programma di elaborazione dati, l’imprenditore sa sempre dove sono collocate le risorse e come incidono sulla determinazione dei costi. Si lavora per aree di produzione, potendo in questo modo comprendere dove e come ottimizzare dei passaggi che incidono negativamente sulle spese e quindi sul profitto dell’azienda. Tenere sotto controllo la produzione, è determinante anche per sbaragliare la concorrenza, perché si può agire per tempo nella sostituzione o nel miglioramento di alcune pratiche aziendali.
Uno dei metodi più quotati per la determinazione dei prezzi in maniera strategica è l’ABC, acronimo di Activity Based Costing, che parte dall’assunto che il costo del prodotto e/o servizio di un’azienda è determinato dalle attività che si svolgono per realizzarlo e non dalle risorse. In questo modo i proprietari delle aziende sanno sempre dove destinare le risorse per migliorare le performance, basandosi sui dati reali dei costi delle attività e non procedendo per approssimazione considerando le singole risorse. Solo così si può ragionare con una politica di prodotti specifica, valutando anche la destinazione del prodotto, ossia il cliente finale che ne usufruirà.
Attraverso la realizzazione di singoli report suddivisi per attività, si può procedere all’analisi precisa di ogni fase, individuando con molta più facilità cosa funziona e cosa no e quindi riservando investimenti per le aree più deboli o studiando meccanismi di miglioramento mirati.
In un mercato in continua evoluzione e in un sistema economico che punta all’ottimizzazione estrema di costi ed attività, è fondamentale ragionare in questo senso, altrimenti si rischia di disperdere le risorse economiche facendo rischiare il fallimento all’azienda.

A2A spinge sulla decarbonizzazione: rivouzione per la centrale di Lamarmora

in A2A/Economia/Energia/Partecipate e controllate by

A2A accelera il percorso di decarbonizzazione del sistema energetico e decide di abbandonare da subito l’utilizzo del carbone alla Centrale Lamarmora di Brescia.

Una decisione che beneficia dello stato di avanzamento accelerato degli investimenti già effettuati per la realizzazione degli accumuli termici alle Centrali Lamarmora e Nord e dei progetti di recupero di ulteriore calore da attività industriali e dal termoutilizzatore, progetti in corso di realizzazione e finalizzati ad una crescente ambientalizzazione e sostenibilità dei siti produttivi.

La decisione punta inoltre a prevenire le criticità di scenario post Covid-19, che già fanno presagire una forte incertezza negli approvvigionamenti del carbone, materia prima il cui trasporto internazionale avviene via nave/gomma.

Questa importante decisione renderà l’anno in corso la prima stagione termica senza carbone in larghissimo anticipo rispetto alle indicazioni del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima del MISE, che ha sollecitato l’uscita dal carbone in Italia nel 2025.

Giova altresì ricordare che già l’iniziale scadenza prevista da A2A – ottobre 2022 – anticipava di un triennio le indicazioni ministeriali: l’ulteriore anticipo costituisce così uno standard ambientale di assoluta eccellenza a livello europeo, rispettando una promessa che i vertici si erano assunti al momento di presentazione del piano di decarbonizzazione.

L’addio al carbone si inserisce nel piano di investimenti da 105 milioni di euro varato per sostituire il calore prodotto dalla Centrale Lamarmora attraverso combustibili fossili (ovvero carbone e gas) con fonti più “green” e a migliorare complessivamente le prestazioni ambientali: il piano, avviato nel 2018, consentirà a regime di conseguire importanti benefici ambientali e il risparmio di 15mila TEP (tonnellate di petrolio equivalenti) l’anno pari al consumo di oltre 26mila autoveicoli.

In questo quadro risulta fondamentale l’identificazione di altre fonti “green”, che possano sostituire il calore attualmente prodotto dalla centrale, quali – ad esempio – il recupero e il riutilizzo di calore industriale (prima disperso nell’ambiente) dalle acciaierie, avviato con il progetto pilota di Ori Martin (che oggi copre il fabbisogno annuo di 2.000 famiglie) e che nei prossimi mesi disporrà di ulteriori allacciamenti ed estensioni in città, anche grazie allo sviluppo assicurato dal progetto congiunto con Alfa Acciai.

GLI ELEMENTI PRINCIPALI DEL PIANO

Queste le principali azioni del Piano, che in questa fase sconta inevitabilmente le difficoltà e i rallentamenti – e i possibili ritardi – legati all’emergenza sanitaria, nonché le disposizioni emanate dal Governo e dalla Regione:

  • accumuli termici per il teleriscaldamento: realizzati tre nuovi serbatoi per l’accumulo dell’acqua calda per una capacità complessivi di 10mila metri cubi presso la Centrale Lamarmora e la Centrale Nord; consentiranno di accumulare il calore prodotto nelle ore fuori picco e utilizzarlo quando c’è maggior domanda, migliorando l’efficienza del processo; il completamento è già avvenuto alla centrale Lamarmora e lo sarà a inizio del prossimo anno – emergenza sanitaria permettendo – anche alla Centrale Nord;
  • campo solare presso la Centrale Lamarmora: un impianto fotovoltaico, da 250 KW per una superficie di 1.500 mq, sarà installato entro questa estate alla Centrale Lamarmora per alimentare le pompe del teleriscaldamento riducendo i consumi (anche in questo caso, la conferma delle tempistiche dipenderà dall’emergenza in corso);
  • potenziamento DeNOx della Centrale Lamarmora: in funzione con l’anno in corso un nuovo sistema ad altissima efficienza per abbattere ulteriormente gli ossidi di azoto, già molto al di sotto dei limiti di legge;
  • recupero calore dai fumi del termoutilizzatore: l’apertura cantiere è prevista a metà di quest’anno, con l’attivazione della prima linea nella stagione termica 2021 e previsto completamento nella stagione termica 2022.

La sezione cogenerativa della Centrale Lamarmora rappresenta oggi, dopo il termoutilizzatore, la seconda fonte di generazione del calore per la città e produce ogni anno tra il 25 e il 30% dell’energia distribuita dalla rete di teleriscaldamento.

Il sistema di teleriscaldamento di Brescia è stato riconosciuto dalla Commissione Europea come un esempio di eccellenza a livello europeo: tra i fattori chiave di successo vengono indicati, tra gli altri, la sostenibilità ambientale, dato che il sistema evita ogni anno l’emissione in atmosfera di oltre 400 mila tonnellate di CO2 e il consumo di oltre 150 mila tonnellate equivalenti di petrolio, l’utilizzo di risorse energetiche locali (termovalorizzazione e recupero del “surplus heat”) e la competitività dei prezzi.

Negli ultimi anni A2A ha investito in interventi di miglioramento dei presidi ambientali della Centrale Lamarmora: in particolare, la centrale è stata interessata all’installazione di un nuovo sistema DeNOx per la riduzione degli ossidi di azoto e da interventi di potenziamento dell’esistente impianto DeSOx e del filtro a maniche, mentre sono state realizzate tre nuove caldaie a gas in sostituzione dei vecchi turbogruppi 1 e 2.

L’impianto già oggi non solo rispetta i limiti di emissione attuali, ma è in grado di rispettare anche quelli futuri in relazione all’attesa evoluzione normativa: oggi l’incidenza della Centrale Lamarmora – come peraltro quella del termoutilizzatore – ai parametri che misurano la qualità dell’aria a Brescia è trascurabile, come dimostrato anche dal recente studio dell’Università degli Studi di Brescia.

La sala di controllo e telegestione dell’impianto, inoltre, è stata completamente rinnovata, grazie ad interventi di digitalizzazione ed ammodernamento (25 km di fibra ottica posati e 2.700 i punti di elaborazione tra segnali, comandi e misure) che garantiscono semplificazioni tecniche, velocizzazione dei processi e miglioramento del monitoraggio e delle performance.

Gli investimenti attualmente in corso per la Centrale Lamarmora e il termoutilizzatore si aggiungono ai 140 milioni di euro stanziati tra il 2005 e il 2017 e finalizzati al continuo aggiornamento degli impianti del sistema energetico bresciano.

CORONAVIRUS, Regione: imprese non dovranno restituire contributi se chiuse per Covid

in Economia/Istituzioni/Regione/Tasse by

Un ulteriore aiuto alle micro, piccole e medie imprese ha ottenuto il via libera dalla Giunta di Regione Lombardia.

Su proposta dell’assessore regionale allo Sviluppo Economico e di concerto con l’assessore Melania Rizzoli all’Istruzione, Formazione Professionale e Lavoro, è stata approvata una delibera che evita la restituzione dei contributi a fondo perduto a piccole e medie che hanno ricevuto agevolazioni regionali ma che non hanno rispettato, alla lettera, tutti i vincoli del bando a causa della crisi provocata dall’emergenza epidemica del Coronavirus, senza quindi poter rispettare il requisito l’apertura  dell’impresa o la sede oggetto di intervento per 3 o 5 anni come previsto nei bandi.

Lo comunica l’Assessorato allo Sviluppo Economico di Regione Lombardia.

FORMA DI SOSTEGNO AL REDDITO – Il provvedimento denominato ‘Genius’ trasforma i contributi concessi a decorrere dal 31 gennaio 2015 e fino al 31 gennaio 2020 in nuovi contributi a fondo perduto per il sostegno alla liquidità delle imprese che hanno ridimensionato l’attività chiudendo la sede, restando comunque impresa attiva e  in una forma di sostegno al reddito per l’imprenditore che ha perso il lavoro ovvero di sostegno alla famiglia nel caso in cui l’imprenditore sia venuto a mancare, per i casi di cessazione in toto dell’attività di impresa.

“Un ottimo lavoro di squadra – ha commentato l’assessore Rizzoli – che risponde a precise necessità del sistema delle imprese e quindi dei lavoratori lombardi. Una grande collaborazione istituzionale nel segno della condivisione di obiettivi strategici, primo fra tutti garantire condizioni di sostenibilità al tessuto economico della nostra Lombardia”.

 

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Inflazione a Brescia: nel mese di marzo tasso tendenziale nullo

in Economia/Tendenze by

Per il mese di MARZO, l’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività registra un tasso congiunturale lievemente positivo (+0,1%), affiancato da un tasso tendenziale nullo. A livello di divisione, l’incremento maggiore è registrato dalle “Bevande alcoliche e tabacchi” (+1,5%), seguito da “Ricreazione, spettacoli e cultura” (+1,0%) dai “Prodotti alimentari e bevande analcoliche” (+0,6%) “Altri beni e servizi” (+0,4%) e “Abbigliamento e calzature” (+0,2%).

In forte diminuzione, invece, sono le “Comunicazioni” (-1,6%), seguite dai “Trasporti” (-0,6%). Altre diminuzioni, più lievi, sono presentate dalle divisioni “Abitazione, acqua, elettricità e combustibili” (-0,1%) e “Servizi ricettivi e di ristorazione” (-0,1%).
Nulle le variazioni congiunturali delle restanti divisioni: “Mobili, articoli e servizi per la casa”, “Istruzione”, “Servizi sanitari e spese per la salute”.
Analizzando per tipologia di prodotto, rispetto al mese precedente, sia i “Beni”, sia i “Servizi” registrano un lieve aumento congiunturale (rispettivamente +0,1%, +0,3%). Tra i Beni, hanno avuto un aumento considerevole i Tabacchi (+2,3%) e i “Beni alimentari lavorati” (+1,0%), mentre hanno subito una flessione gli “Altri Energetici” (-2,2%) e i “Beni alimentari non lavorati” (i freschi presentano -0,5%). All’interno dei Servizi, invece, lievi variazioni si riscontrano nella voce “Servizi vari” (+0,3%), nei “Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona” e nei “Servizi relativi ai trasporti” (entrambi +0,2%).

Con riferimento alla frequenza di acquisto dei prodotti, questo mese l’alta e media frequenza presentano un lieve aumento congiunturale (rispettivamente +0,1% e 0,3%), mentre i prodotti a bassa frequenza diminuiscono lievemente (-0,1%). Infine, la “Core Inflation”, che indica l’andamento della componente di fondo della dinamica dei prezzi, cioè l’inflazione al netto della componente volatile (beni energetici e alimentari non lavorati), registra una variazione congiunturale positiva (+0,3%), con un tasso tendenziale positivo (+0,4%).

NOTA METODOLOGICA

Gli indici dei prezzi al consumo di marzo 2020 sono stati elaborati nel contesto dell’emergenza sanitaria dovuta al diffondersi del Covid -19 in Italia, con la sospensione di attività di ampi segmenti dell’offerta di beni e servizi di consumo.  L’impianto dell’indagine sui prezzi al consumo, basato sull’utilizzo di una pluralità di canali per l’acquisizione dei dati, ha consentito di ridurre gli effetti negativi dell’elevato numero di mancate rilevazioni sulla qualità delle misurazioni della dinamica dei prezzi al consumo. La situazione che si è venuta determinando e le modalità con le quali è stata affrontata sono illustrate nella Nota metodologica, alle pagine 19 e 20, del Comunicato stampa diffuso oggi dall’Istat.

Come ricordato nella Nota metodologica dell’Istat, gli indici ai diversi livelli di aggregazione che hanno avuto una quota di imputazioni superiore al 50% (in termini di prezzi mancanti e/o di peso) sono segnalati mediante l’utilizzo del flag “i” (dato imputato).
Con il comunicato stampa odierno vengono diffusi gli indici locali dei prezzi al consumo a un livello aggregato (indice generale, divisioni di spesa ECOICOP, tipologie di prodotto) e laddove necessario con il flag “i”. Ciò è coerente con gli indici NIC pubblicati dall’Istat a livello nazionale. Le specifiche realtà locali saranno rappresentate in occasione dell’uscita dei dati di aprile (retrospettivamente anche per marzo) quando saranno resi disponibili anche indici più disaggregati.

Dall’entrata in vigore del DPCM del 9 marzo 2020, la rilevazione delle singole quotazioni relative ai prodotti facenti parte del piano di campionamento del Comune di Brescia, è stata effettuata solo telefonicamente dai rilevatori incaricati, senza che questi si dovessero recare fisicamente presso i punti vendita rimasti aperti, cioè quelli appartenenti all’allegato 1 del citato decreto. Laddove, non è stato possibile rilevare le quotazioni dei punti vendita chiusi dal DPCM citato, l’Istat è intervenuto applicando metodologie di stima condivise in ambito europeo e riportate in modo approfondito nella NOTA ISTAT citata (www.istat.it).

Immatricolazioni: in Lombardia autobus -25,5%, camion -28,9% (prima del Coronavirus)

in Automotive/Economia/Partner/Tendenze by

Nel 2019 in Lombardia le immatricolazioni di autobus sono state 534, con un calo del 25,5% rispetto al 2018. Sempre lo scorso anno le immatricolazioni di veicoli pesanti (e cioè con PTT – peso totale a terra – superiore a 16 tonnellate) per il trasporto merci sono state 3.607, con un calo del 28,9% rispetto al 2018. Questi dati emergono da un’elaborazione del Centro Studi Continental su dati Aci.

Dall’elaborazione è possibile stilare un prospetto dei dati a livello provinciale. Le province della Lombardia in cui le immatricolazioni di autobus sono calate sono Lodi (-61,3%), Varese (-51,8%), Mantova (-44,4%), Cremona (-42,9%), Monza e Brianza (-36,4%), Milano (-36%), Pavia (-31,3%), Lecco (-30%) e Bergamo (-27,4%). Le province in cui è stato registrato invece un aumento sono Brescia (+204,3%), Como (+200%) e Sondrio (+27,3%). Per ciò che riguarda le immatricolazioni di veicoli pesanti per il trasporto merci, tutte le provincie della Lombardia fanno registrare dati in calo, ad eccezione di Monza e Brianza (+4,7%). Si va dal -13,1% di Como al -40,3% di Milano fino ad arrivare al -51,4% di Lodi.

Immatricolazioni camion 2019 in Lombardia

Nel 2019 in Italia le nuove immatricolazioni di autobus sono state 4.321, con una crescita del 31,3% rispetto al 2018. Sempre nel 2019 le immatricolazioni di veicoli pesanti (e cioè con PTT – peso totale a terra – superiore a 16 tonnellate) per il trasporto merci sono state 19.605, con un calo del 30,7% rispetto al 2018.

Coronavirus, Siderweb: il settore dell’acciaio rischia un calo del 20 per cento

in Acciaio/Economia/Tendenze by

Flero (BS) – Doveva essere un anno interlocutorio, con un tasso di crescita del consumo di acciaio positivo, seppur inferiore a quello registrato nel 2019. Invece, il 2020 sarà a suo modo un anno memorabile per il mondo e, quindi, anche per la siderurgia globale. Un anno contraddistinto da quello che sta assumendo i contorni di un vero e proprio terremoto sanitario, sociale ed economico. Il protagonista, l’innesco dell’incendio è stato il virus SARSCoV-2, responsabile della malattia infettiva respiratoria che sta contagiando tutto il mondo.

Quale sarà l’impatto delle misure volte a contenere la diffusione del coronavirus sulla siderurgia? Questo il tema affrontato nel webinar gratuito organizzato martedì scorso, 7 aprile, da siderweb. «Al momento i ragionamenti che si possono fare – ha spiegato Stefano Ferrari, responsabile dell’Ufficio Studi siderweb – sono di natura indiretta, in quanto ad oggi non esistono previsioni aggiornate sui consumi di acciaio. Si può quindi solo stimare quale sarà la domanda dei settori utilizzatori e farsi un’idea delle ripercussioni sul comparto».

Sul versante delle costruzioni «CRESME LAB, il think tank analitico del CRESME il 26 marzo ha previsto per l’edilizia e il genio civile nel nostro Paese, includendo investimenti in nuova costruzione e manutenzione straordinaria, una contrazione (valutata a valori costanti) del -22,6% rispetto al 2019». Ci potrebbe essere, rispetto alle previsioni (che erano positive per il 2020; +2,4%), una perdita potenziale di 34 miliardi di euro di investimenti. Se invece si guarda al dato del 2019, la caduta è quantificabile in 31 miliardi di euro.

Per il settore dell’auto, «marzo ha visto una contrazione delle vendite del 90% sul mercato italiano – ha proseguito Ferrari -. Per l’anno 2020 le attese degli analisti sono per una riduzione a livello globale del 15% circa». In particolare Standard & Poor’s si attende un -15%/-20% in Europa, seguito da un +9%/+11% nel 2021. Se queste previsioni si avverassero, a fine 2019 avremmo vendite in Europa pari a 19 milioni di autoveicoli, contro i 20,7 milioni di autoveicoli del 2019.

Infine per il settore petrolifero il forte calo dei prezzi del greggio dovrebbe portare secondo IEA ad una riduzione del 50%-85% dei profitti delle compagnie petrolifere rispetto al 2019, con un conseguente taglio degli investimenti. La riduzione dovrebbe essere di circa il 15%-20% rispetto alle attese, con un conseguente calo dei consumi di acciaio.

«Tutti i dati a disposizione ci dicono che la contrazione del settore sarà forte – ha concluso Ferrari durante il webinar -, con l’automotive a -15%/20%, il petrolio a -15/20% e le costruzioni a -20/25%. Anche se alcuni comparti faranno meglio della media (per esempio il biomedicale, l’industria alimentare, ecc.), per la siderurgia mi attendo una contrazione dei volumi in linea con quella dei settori utilizzatori».

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Coronavirus, la Provincia sblocca i pagamenti alle aziende edili

in Economia/Edilizia by
Raccogliendo immediatamente la richiesta dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili e delle ditte operanti sul territorio bresciano di un’iniezione immediata di liquidità per sostenere le migliaia di imprese che in queste settimane sono state costrette a sospendere i lavori per tutelare la sicurezza dei propri lavoratori, il Presidente della Provincia di Brescia, Samuele Alghisi, ha firmato oggi un decreto attraverso il quale  autorizza i dirigenti al pagamento dei lavori realizzati in esecuzione di contratti d’appalto stipulati dalla Provincia di Brescia, sospesi, a causa delle conseguenze delle disposizioni vigenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, per gli importi maturati al momento della presentazione della domanda, in deroga alle eventuali previsioni dei limiti di importo previsti dal contratto e/o capitolato di appalto, previa emissione ai sensi dell’art. 113 bis del D.lgs. n. 50/2016, di stati d’avanzamento e dei certificati di pagamento e fatte salve le ulteriori condizioni previste dal contratto e dalle norme per la liquidazione degli acconti.
“Il rallentamento dell’esecuzione dei contratti d’appalto di lavori da realizzare – ha dichiarato Alghisi – a causa  delle limitazioni allo svolgimento delle attività produttive disposte dai provvedimenti normativi assunti dal Governo e dalla Regione ai fini del contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, richiede da parte delle Stazioni Appaltanti una valutazione circa l’opportunità di procedere alla liquidazione dei lavori eseguiti fino alla data di sospensione, anche in deroga ai termini di pagamento previsti dai contratti, per venire incontro alle inevitabili ripercussioni che il presente momento emergenziale comporta in tema di liquidità delle stesse imprese”.
La Provincia si impegna dunque a riconoscere all’appaltatore quanto effettivamente realizzato,  permettendo cosi allo stesso di poter a sua volta liquidare fornitori, subappaltatori e maestranze, in un momento storico in cui l’emergenza ha congelato improvvisamente le filiere produttive e, conseguentemente, i relativi flussi economici.
“Riteniamo essenziale in questa fase –  ha concluso Alghisi – compiere ogni azione che possa supportare il sistema produttivo, al fine di evitare per quanto possibile il fermo dei lavori e in ogni caso creare i presupposti per un rapido ed efficace riavvio degli stessi non appena le condizioni di diffusione della pandemia lo permetteranno”.

 

Confartigianato: consegnati altri due respiratori agli ospedali di Brescia

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Continua la distribuzione dei 20 ventilatori polmonari pressometrici che Confartigianato e ANCoS, l’associazione del sistema Confartigianato Imprese che si occupa di progetti solidali e che a Brescia realizza l’evento culturale Librixia Fiera del Libro di Brescia, hanno messo a disposizione delle strutture ospedaliere italiane impegnate in prima linea nell’assistenza ai pazienti colpiti da coronavirus. Oggi ne sono in consegna due agli Spedali Civili di Brescia e due all’Ospedale Maggiore di Cremona. Nelle scorse settimane tre respiratori erano stati donati all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo e tre all’Ospedale Luigi Sacco di Milano. «In questo drammatico momento abbiamo sentito il dovere di aiutare il personale medico e infermieristico che senza sosta sta lavorando per garantire assistenza ai malati. Mai come ora sentiamo forte il richiamo alla solidarietà, per la quale ci adoperiamo da sempre: ogni gesto che serva a salvare vite umane noi lo faremo, nei limiti delle nostre possibilità. Vogliamo offrire un contributo concreto alla battaglia che tutto il Paese sta combattendo contro il virus, a cominciare dalle strutture sanitarie che sono in prima linea a fronteggiare l’emergenza. Siamo convinti che facendo tutti la nostra parte, uniti, responsabili e solidali al fianco delle persone e degli imprenditori, potremo superare l’emergenza sanitaria e costruire le condizioni della ripresa economica. Nei prossimi giorni altre apparecchiature saranno distribuite agli ospedali maggiormente congestionati e in difficoltà per la carenza della strumentazione indispensabile alla cura dei pazienti. Con questa iniziativa gli artigiani di Confartigianato fanno un gesto concreto di aiuto alle situazioni più drammatiche con la caratteristica che li contraddistingue: fatti e non parole» così Eugenio Massetti, presidente di Confartigianato Brescia e Lombardia che conclude: «Sono 33mila le imprese artigiane bresciane e rappresentano il motore economico della nostra provincia, oggi in ginocchio ma sempre pronte a rispondere e ad agire, come in questo frangente, con un contributo concreto, come sono concreti gli artigiani che sin dall’inizio hanno sostenuto la raccolta fondi in parte già donati – 10mila euro da parte di Confartigianato Brescia, 8mila da parte del Movimento Giovani di Confartigianato Brescia – e che sta proseguendo in questi giorni e che si unisce alle tante iniziative di solidarietà che i nostri artigiani stanno realizzando singolarmente a fianco delle proprie comunità».

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