Brescia, cresce l’interesse delle imprese verso Asia, Africa e Medio Oriente

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I mercati esteri sono sempre più importanti per le PMI bresciane e consentono margini spesso significativi: così è stato nel primo semestre 2018 e così sarà, almeno nell’Unione Europea, nei prossimi mesi. A rilevarlo è l’analisi semestrale dei dati sullo sviluppo internazionale delle imprese associate realizzata dal centro studi di Apindustria attraverso un’indagine che ha coinvolto un campione di 100 imprese associate, prevalentemente metalmeccaniche. Nel primo semestre 2018 il fatturato nella comunità europea è cresciuto per il 46% delle imprese, nel 15% dei casi in misura superiore al 10%. Segno positivo anche per chi ha esportato negli altri Paesi europei non Ue e, in modo marcato, in Africa e Medio Oriente. Se questa è la fotografia del passato recente, le aspettative sul commercio internazionale per i prossimi mesi sono per lo più stabili. Le note più ottimistiche riguardano il mercato comunitario: la metà del campione ritiene infatti che i commerci intra Ue possano crescere ulteriormente. Col segno positivo anche le previsioni per i mercati europei non Ue, ad eccezione di quello russo, dove quasi un quinto dei rispondenti prevede una sensibile riduzione nel prossimo futuro. Stabile il mercato nordamericano, le prospettive maggiori di crescita vengono individuate nel Nord Africa (67% dei rispondenti) e nel Medio Oriente (50%), aree queste dove negli anni passati (a causa delle tensioni geopolitiche) si erano registrate significative battute d’arresto.

Per quanto concerne le modalità di approccio ai mercati esteri, in linea con i dati rilevati nei semestri precedenti la formula prevalente è l’esportazione diretta, utilizzata dal 64% degli interpellati. Le piattaforme digitali B2B – sviluppatesi negli ultimi anni con l’intento di facilitare l’incontro tra domanda e offerta – sono al momento utilizzate da circa una impresa su dieci. Sei imprese su dieci non mostrano al momento interesse allo sviluppo di questo canale, anche perché impegnate a consolidare i legami diretti già esistenti o da ricostruire dopo gli anni di crisi. Tre imprese su dieci, pur non utilizzando tali piattaforme, dichiarano invece l’intenzione di approfondire la conoscenza di tale strumento. Facile immaginare quindi che, nel prossimo futuro, ci sarà un incremento nell’uso delle piattaforme B2B. Per quanto riguarda l’impegno ad aumentare quote di mercato nel prossimo futuro, l’Unione Europea appare come area di sviluppo naturale di una presenza già consolidata. I maggiori sforzi si rivolgeranno verso l’Asia: «L’80% di coloro che intendono rivolgersi a questo mercato – si legge nel focus estero dell’ufficio studi di Apindustria – investiranno per implementare o sviluppare nuove relazioni commerciali. Interessante notare come l’Asia a cui puntano i rispondenti non sia strettamente la Cina, rispetto alla quale prestano apparentemente poca attenzione». Più che nel Paese del Dragone, le imprese sembrano quindi guardare ad altri Paesi dell’area del Sud-Est asiatico, attraversati da solidi processi di crescita e con la possibilità di costruire relazioni commerciali positive.

Rispetto alle difficoltà, la dimensione aziendale limitata (con annessi problemi di carenza di personale dedicato, costi e talvolta barriere linguistiche) rappresenta per le aziende associate l’ostacolo principale allo sviluppo di ulteriori rapporti commerciali con l’estero. In tal senso va anche letto l’ufficio estero attivato oramai da tre anni da Apindustria, finalizzato proprio a sostenere le imprese nel necessario processo di internazionalizzazione. Oltre che i fattori endogeni, pesano però anche aspetti esogeni, il primo dei quali è rappresentato dalle barriere protezionistiche. «L’analisi del nostro centro studi conferma l’importanza crescente dei mercati esteri per le imprese bresciane – sottolinea il vice presidente di Apindustria Brescia con delega all’internazionalizzazione Alessandro Orizio -, interessate non solo a consolidare la loro presenza in Europa ma desiderose di approfondire le opportunità significative che ci sono in Asia. Emerge però anche una preoccupazione per i venti protezionistici, che certo non aiutano un tessuto produttivo aperto e vocato all’export come il nostro. Il nostro augurio è che si possano trovare soluzioni positive ai dissidi attuali, a tutto vantaggio delle imprese e dei consumatori».

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